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ISTAT * INFORMATICA E WEB (2021): « CLASSIFICA REGIONI CON COMPETENZE DIGITALI PIÙ DIFFUSE, LAZIO 52,9% / FRIULI-VENEZIA GIULIA 52,3% / TRENTINO 51,7% »

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11.39 - giovedì 22 giugno 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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ITALIA TRA GLI ULTIMI PAESI IN EUROPA PER COMPETENZE DIGITALI ALMENO DI BASE DELLA POPOLAZIONE

Nel 2021 poco meno della metà delle persone di 16-74 anni residente in Italia ha competenze digitali almeno di base (45,7%). Il divario tra i diversi Paesi europei risulta piuttosto elevato. L’Italia occupa le ultime posizioni della graduatoria europea.

 

DIVARI DI GENERE A FAVORE DEGLI UOMINI SOPRATTUTTO TRA LA POPOLAZIONE ANZIANA

Le competenze digitali almeno di base sono caratterizzate da un forte divario di genere a favore degli uomini, che, nel nostro Paese è di 5,1 punti percentuali. Va però sottolineato che fino ai 44 anni tale distanza si annulla e in alcuni casi si inverte di segno.

 

AMPIO IL DIVARIO TERRITORIALE

Nel nostro Paese è presente un forte gradiente tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ad eccezione della Sardegna, che si attesta sul valore medio. Le regioni dove le competenze digitali almeno di base sono più diffuse sono il Lazio (52,9%), seguito dal Friuli-Venezia Giulia (52,3%) e dalla Provincia Autonoma di Trento (51,7%).

 

8 PERSONE SU 10 DI 25-54 ANNI CON UN’ ISTRUZIONE TERZIARIA HANNO COMPETENZE DIGITALI ALMENO DI BASE

L’80,3% delle persone di 25-54 anni con un’istruzione terziaria possiede competenze digitali almeno di base, valore quasi in linea con quello medio EU27 (83%), mentre tale quota cala al 25% per quelli con titolo di studio primario, con una distanza di circa 8 punti percentuali rispetto al valore medio EU27.

 

COMPETENZE DIGITALI ELEVATE PER COMUNICAZIONE E COLLABORAZIONE

Nel 2021 le persone hanno competenze digitali più avanzate per e-skill legati ai domini della “Comunicazione e collaborazione” (75,8%) e dell’“Alfabetizzazione su informazioni e dati” (58,5%) rispetto a quelli legati alla “Risoluzione di problemi” (47%), alla “Creazione di contenuti digitali” (41%) e alla “Sicurezza” (36%).

 

LIMITATE LE COMPETENZE DIGITALI SPECIALIZZATE NELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

Le competenze digitali specialistiche interne alle imprese sono appannaggio di quelle con almeno 250 addetti (75,0%) e di quelle del settore ICT (64,1%). Le PMI italiane sono tra le prime in Europa a esternalizzare la gestione delle funzioni ICT (il 57,2% utilizza solo consulenti esterni).

 

Italia al quart’ultimo posto in Europa per competenze digitali di base

I dati dell’indagine armonizzata a livello europeo “sull’utilizzo delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione da parte degli individui e delle famiglie”, permette di misurare i livelli di competenza digitale dei cittadini, individuati dal Digital Competence Framework 2.0, il quadro comune europeo di riferimento per le competenze digitali.

Le competenze digitali rientrano nel piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali e in quello per l’istruzione digitale. L’obiettivo target fissato per il 2030 è l’80% di cittadini (utenti di Internet negli ultimi 3 mesi e tra i 16 e i 74 anni) con competenze digitali almeno di base (per tutti i 5 domini individuati dal framework 2.0, ossia “alfabetizzazione all’informazione e ai dati”, “comunicazione e collaborazione”, “creazione di contenuti digitali”, “sicurezza” e “risoluzione dei problemi”). Nel 2021 tale quota a livello europeo è pari al 53,9%

Il divario tra i diversi Paesi europei risulta piuttosto elevato, con un campo di variazione di 51,4 punti percentuali. In fondo alla graduatoria si colloca la Romania con il 27,8%, preceduta dalla Bulgaria (31,2%), dalla Polonia (42,9%) e dall’Italia (45,7%). La Finlandia (79,2%) e l’Olanda (78,9%) già nel 2021 presentano valori quasi in linea con l’obiettivo target del 2030. Per raggiungere il medesimo obiettivo il nostro Paese dovrà far registrare nei prossimi anni un incremento medio annuo di 3,8 punti percentuali. Si tratterebbe di un incremento piuttosto elevato in un lasso di tempo limitato, che si è finora registrato per l’indicatore sull’uso regolare della rete durante gli anni della pandemia (2020-2021) dove la quota è passata dal 76,4% al 80,1%. Un’accelerazione, questa, che ha consentito all’Italia di ridurre considerevolmente il gap con gli altri paesi europei in riferimento al divario digitale di primo livello.

Dall’analisi delle singole regioni italiane emerge un forte gradiente tra Centro-nord e Mezzogiorno, con l’eccezione della Sardegna che si attesta sul valore medio. Se alcune regioni come il Lazio (52,9%), il Friuli-Venezia Giulia (52,3%) e la Provincia Autonoma di Trento (51,7%) per raggiungere l’obiettivo target del 2030 dovranno registrare un incremento medio annuo attorno ai 3 punti percentuali, altre – come la Calabria (33,8%), la Sicilia (34%) e la Campania (34,2%) – necessiterebbero di un incremento medio annuo di circa 5 punti percentuali (Tavola 1 in allegato).

È importante sottolineare, inoltre, che le regioni che presentano i tassi più bassi di persone con competenze digitali almeno di base sono anche quelle ancora caratterizzate da una quota più contenuta di utenti di internet rispetto al valore medio nazionale.

 

Età e titolo di studio i principali fattori discriminanti

In Italia, come negli altri paesi europei, le competenze digitali sono caratterizzate da forti divari associati alle caratteristiche socio-culturali della popolazione. Nel 2021 il 61,7% dei ragazzi di 20-24 residenti in Italia che ha usato internet negli ultimi 3 mesi ha competenze digitali almeno di base. Tale quota decresce rapidamente con l’età per arrivare al 41,9% tra i 55-59enni e attestarsi al 17,7% tra le persone di 65-74 anni.

Per tutte le coorti considerate, persino tra le più giovani, si evidenziano valori nettamente inferiori a quello medio EU27. Tra i giovani di 16-19 anni si riscontra una distanza di 10,5 punti percentuali mentre tra i 20-24enni si sale a 11 punti di differenza.

Questo livello di competenze risulta caratterizzato da una forte disparità a favore degli uomini, che nel nostro Paese è di 5,1 punti percentuali mentre è più contenuta a livello europeo (3,3 punti percentuali). Va però evidenziato che tali diseguaglianze sono proprie delle classi di età più anziane. In particolare, in Italia fino a 44 anni di età il divario di genere è nullo e in alcune classi di età inverte il segno, come ad esempio tra i 20 e i 24, dove le ragazze registrano un vantaggio di 9 punti percentuali sui ragazzi (Figura 2).

 

Le competenze digitali sono ancora una prerogativa delle persone con titoli di studio elevati. Infatti, l’80,3% delle persone di 25-54 anni con istruzione terziaria ha competenze digitali almeno di base, valore quasi in linea con quello medio EU27. La quota cala al 25% (sempre in riferimento alle persone della stessa coorte) ma con titolo di studio basso (fino alla licenza media), che presentano una distanza di circa 8 punti percentuali rispetto al  valore medio EU27. Differenze sensibili si riscontrano anche considerando la condizione occupazionale. In Italia il divario tra gli occupati che hanno usato internet negli ultimi 3 mesi e che hanno competenze digitali almeno di base rispetto a chi è in cerca di occupazione è di 17,8 punti percentuali. Inoltre, osservando la posizione professionale degli occupati, emerge come gli operai presentino i livelli più bassi di competenza digitale, con una distanza di 34,8 punti percentuali rispetto a quella riscontrata tra direttivi, quadri e impiegati (75,2% contro 36,7%).

 

Più competenze digitali per “Comunicazione e collaborazione” meno per “Sicurezza”

Dall’esame delle cinque dimensioni che compongono l’indicatore sulle competenze digitali è possibile tracciare una mappa degli elementi di forza oltre che dei ritardi nei livelli di competenza dei cittadini residenti in Italia rispetto al quadro europeo. I divari rispetto alla media EU27 sono minimi per il dominio “comunicazione e collaborazione”, dimensione legata all’interazione via Internet e all’uso dei social media (75,8% rispetto al 77,5% EU27).

I divari si presentano già significativi invece per il dominio “creazione di contenuti digitali”, dominio legato all’utilizzo di applicativi per la creazione o la modifica di contenuti digitali (41% contro il 45,2% EU27) e alla “risoluzione di problemi”, area legata all’utilizzo dei servizi online e di alcune abilità di gestione software (47% contro il 52,7% EU27). Si evidenzia, infine, un netto ritardo per “alfabetizzazione su informazioni e dati”, dominio legato alla ricerca di informazioni, di dati e alla capacità di giudicare la rilevanza della fonte (-9,8 punti percentuali rispetto alla media EU27), seguito da quello relativo alla “sicurezza”, ovvero l’area legata alla protezione dei dispositivi e dei dati personali negli ambienti digitali (-7,6 punti rispetto alla media EU27).

Sul territorio italiano, per ciascuno dei cinque domini si confermano i divari registrati per l’indicatore complessivo delle competenze, ossia quelli legati al genere, all’età, al titolo di studio e all’occupazione. Va tuttavia evidenziato che nel dominio “Comunicazione e collaborazione” i divari relativi al genere risultano pressoché inesistenti.

 

 

Limitate le competenze digitali specializzate nelle piccole e medie imprese

Il programma strategico della Commissione europea per la transizione digitale prevede, oltre all’obiettivo sulle competenze digitali dei cittadini, anche il monitoraggio della quota di imprese che erogano ai propri addetti formazione in materia di ICT.

La “Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese” permette di stimare la quota di imprese che impiegano personale con competenze digitali specializzate. Nel 2022 il 13,4% delle imprese con almeno 10 addetti impiega esperti ICT, il 4,9% ha provato ad assumere questo tipo di esperti o li ha assunti nell’anno precedente e il 19,3% ha organizzato nell’anno precedente corsi di formazione per sviluppare o aggiornare le competenze ICT dei propri addetti. L’impiego di specialisti ICT rimane stabile rispetto al 2020, confermandone l’impiego ridotto da parte delle aziende italiane rispetto alla media europea (21%). In particolare, l’Italia risulta piuttosto distante da Germania (22,2%), Francia (17,6%) e Spagna (16,3%).

A livello dimensionale si registrano importanti divari tra imprese con 10-249 addetti (PMI) e quelle di maggiore dimensione (con almeno 250 addetti) sia per l’adozione di specialisti (rispettivamente 12,2% e 75,0%) sia per la decisione di investire in formazione ICT nel corso dell’anno precedente (18,4% contro il 65,4%).

Del resto, il 57,2% delle PMI italiane ha dichiarato di utilizzare esclusivamente fornitori esterni all’impresa per la gestione delle funzioni ICT (45,6 la media EU27), contro il 14,2% delle grandi imprese (10,9% EU27).

Come atteso, gli indicatori di adozione di specialisti ICT e di formazione informatica per i propri addetti non sono neutrali rispetto alle attività economiche svolte dalle imprese: le migliori performance vengono registrate dalle imprese appartenenti al settore della domanda di ICT specializzata e strategica: i servizi di telecomunicazione (72,4% nell’impiego di addetti e 60,4% nell’organizzazione di formazione) e l’informatica (65,2% e 56,0%) si distinguono su tutti, seguono le attività di fabbricazione di computer (39,5% e 32,8%) e quelle editoriali (35,3% e 32,8%). Rientrano tra le attività interessate al coinvolgimento di almeno una impresa su quattro: i servizi postali, la fabbricazione di mezzi di trasporto e di apparecchiature elettriche nella adozione di specialisti ICT e quelle delle attività professionali, della fabbricazione di coke e della fornitura di energia e gestione dei rifiuti per la formazione ICT.

 

 

Nota metodologica

L’analisi presentata si basa su dati provenienti dall’indagine sull’uso delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione da parte di famiglie e individui e dall’indagine omonima sull‘uso delle ict nelle imprese Entrambe le rilevazioni sono annuali e campionarie e realizzate nel rispetto del Regolamento Ue n. 2019/1700 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 ottobre 2019, e di quello Ue n. 2019/2152. Le rilevazioni forniscono indicatori utilizzati dalla Commissione europea per misurare gli stati di avanzamento in materia di digitalizzazione da parte degli stati membri.

Di particolare importanza è l’indicatore composito sulle competenze digitali, costruito su set di attività relative all’uso di Internet in riferimento ai cinque domini definiti dal Digital competence framework 2.0: “alfabetizzazione all’informazione e ai dati”, “comunicazione e collaborazione”, “creazione di contenuti digitali”, “sicurezza” e risoluzione dei problemi”.  Per ogni dominio viene definito un livello di competenze digitali che classifica così gli individui con competenza digitale “sovra base”, “di base”, “nessuna” in corrispondenza delle 5 aree. Viene poi calcolato un indicatore complessivo sulle competenze digitali che definisce quelle “almeno di base” se per tutti e 5 i domini si hanno competenze “di base” o “sovra base”.

 

La Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte degli individui e delle famiglie

L’indagine per l’anno 2021 si è svolta nei mesi di marzo-maggio su un campione di circa 25.000 famiglie distribuite in circa 800 comuni italiani di diversa ampiezza demografica. Le famiglie vengono estratte casualmente dall’elenco dei nominativi coinvolti nelle rilevazioni censuarie del 2019, secondo una strategia di campionamento volta a costruire un campione statisticamente rappresentativo della popolazione residente in Italia. In questa edizione di indagine hanno risposto 19.829 famiglie e oltre 45.000 individui.

Le informazioni vengono raccolte attraverso una tecnica mista, che si avvale di un questionario online che viene autocompilato dai rispondenti (tecnica CAWI, Computer-Assisted Web Interviewing) oppure di una intervista diretta con questionario elettronico (somministrato da un intervistatore con tecnica CAPI, Computer-Assisted Personal Interviewing) e di un questionario cartaceo autosomministrato.

Il disegno di campionamento ha una struttura generale che ricalca quella degli schemi campionari della maggior parte delle indagini sulle famiglie, ossia un disegno a due stadi comuni-famiglie, con stratificazione dei comuni. Dal 2019 il campione è stato integrato con il disegno campionario del Master Sample del Censimento permanente.

I domini di studio (gli ambiti di riferimento per i parametri di popolazione oggetto di stima) sono:

l’intero territorio nazionale; le cinque ripartizioni geografiche (Italia nord-occidentale, Italia nord-orientale, Italia centrale, Italia meridionale, Italia insulare); le regioni geografiche (a eccezione del Trentino-Alto Adige le cui stime sono prodotte separatamente per le province di Bolzano e Trento); la tipologia comunale ottenuta suddividendo i comuni italiani in sei classi formate in base a caratteristiche socio-economiche e demografiche: A) comuni appartenenti all’area metropolitana suddivisi in: comuni centro dell’area metropolitana (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Catania, Cagliari) e comuni che gravitano intorno ai comuni centro dell’area metropolitana; B) comuni non appartenenti all’area metropolitana suddivisi in comuni aventi fino a 2.000 abitanti, comuni con 2.001-10.000 abitanti, comuni con 10.001-50.000 abitanti, comuni con oltre 50.000 abitanti.

I principali risultati dell’Indagine vengono resi disponibili sul sito dell’Istat attraverso il data warehouse I.Stat e le “Statistiche report” su vari argomenti. Ogni anno, inoltre, i dati raccolti vengono analizzati e pubblicati anche su volumi a carattere generale (Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile, Rapporto annuale, Annuario statistico italiano, Noi Italia, Italia in cifre) e, occasionalmente, nelle collane di approfondimento o analisi dell’Istat.

 

La Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese

L’indagine è stata effettuata tra i mesi di maggio e luglio 2022. L’unità di rilevazione è l’unità giuridica mentre quella di analisi, cui sono riferite le stime, è l’impresa complessa se costituita da più unità giuridiche appartenenti a uno stesso gruppo oppure indipendente se coincidente con l’unica unità giuridica da cui è composta. La rilevazione è campionaria nel caso di imprese con almeno 10 addetti e meno di 250 addetti, mentre è censuaria per quelle di maggiore dimensione.

 

 

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