Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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A fine 2024 gli scambi internazionali di merci sono risaliti, ma le attese per il commercio globale restano negative e ulteriormente aggravate dalla possibile escalation delle tensioni commerciali e geopolitiche.
La crescita economica dell’area euro è stata rivista al rialzo nell’ultimo trimestre dell’anno, con prospettive in moderato miglioramento. Tuttavia, il dinamismo economico in Europa è risultato sensibilmente inferiore a quello di altre aree, quali Stati Uniti e paesi asiatici.
Nel 2024 il Pil dell’Italia è cresciuto in volume dello 0,7%, mostrando una progressiva decelerazione nel corso dell’anno.
L’indice della produzione industriale destagionalizzato ha segnato a gennaio un forte rimbalzo, con un aumento congiunturale del 3,2%, che ha più che compensato il marcato calo di dicembre (-2,7%).
La fiducia delle imprese è peggiorata in tutti i comparti a eccezione della manifattura. Quella dei consumatori, invece, ha mostrato un miglioramento, trainato soprattutto dalle valutazioni sulla situazione economica personale.
A gennaio si è registrata una crescita dell’occupazione, che ha coinvolto gli uomini, le donne e gli individui di tutte le età, ad eccezione dei 35-49enni. Per posizione professionale l’occupazione è salita sia tra i dipendenti sia tra gli autonomi.
Per l’intero 2024, a fronte di un incremento più contenuto dei prezzi, si è rilevato un forte aumento delle retribuzioni contrattuali in termini nominali (+3,1%). La crescita è stata più ampia nel settore privato (+4,0%).
A inizio anno, l’inflazione in Italia, seppure in leggero rialzo, è rimasta inferiore a quella media dell’area euro. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo ha segnato, sia a gennaio sia a febbraio, un incremento tendenziale del 1,7%.
Focus: Nel 2024, oltre il 48% del valore dell’export italiano è stato indirizzato al di fuori dell’Ue, una quota superiore a quelle tedesca, francese e spagnola. Tra i principali partner commerciali, gli Stati Uniti hanno assorbito circa il 10% delle vendite all’estero dell’Italia, e più di un quinto di quelle di prodotti italiani destinati ai mercati extra europei. L’analisi svolta in questo focus suggerisce che l’applicazione dei dazi preannunciati dall’amministrazione statunitense nei confronti dell’UE potrebbe avere effetti rilevanti sul nostro paese.
Il contesto internazionale è caratterizzato da un’elevata incertezza. L’entrata in vigore, seppur ancora parziale, dei dazi statunitensi del 25% verso le importazioni di Canada e Messico, e l’ulteriore 10% imposto ai prodotti cinesi, suggerisce una crescente probabilità di escalation nelle tensioni commerciali. Queste ultime si aggiungono alle preesistenti turbolenze geopolitiche e potrebbero incidere negativamente sulla domanda mondiale, l’inflazione e le catene globali del valore.
A fine 2024 gli scambi internazionali di merci hanno mostrato un recupero. Il commercio di merci in volume è aumentato dell’1,1% a dicembre rispetto al mese precedente, (-0,1% a novembre). In particolare, per quel che riguarda le importazioni, Stati Uniti (+3,8%), Cina (+3,0%) e Giappone (+3,1%) hanno registrato un aumento, il Regno Unito una diminuzione (-3,4%). Sul fronte delle esportazioni, il Giappone (+7,6%) ha registrato un aumento sostanziale, dopo due mesi consecutivi di cali, mentre gli Stati Uniti (-4,3%) e l’America Latina (-6,3%) hanno segnato una contrazione.
Le prospettive per la domanda mondiale sono ancora negative ma in marginale miglioramento: l’indice composito globale dei manager degli acquisti (PMI) per i nuovi ordini all’esportazione, che anticipa la dinamica degli scambi internazionali, a febbraio ha segnato un incremento, rimanendo tuttavia ancora sotto la soglia di espansione dei 50 punti (49,8 da 49,6, Figura 1).
Continua il trend crescente del prezzo del gas. Le quotazioni delle principali materie prime nelle ultime settimane hanno continuato a mostrare una certa volatilità e andamenti differenziati. L’indice del gas naturale ha raggiunto a febbraio un livello pari a 133,1 (128,4 il mese precedente e 87,4 la media nel 2024). Questa tendenza continua a essere legata soprattutto al perdurare della guerra in Ucraina e all’incertezza circa la sua futura evoluzione. L’andamento del prezzo del Brent, diversamente da quello del gas, è rimasto, con poche eccezioni, su un percorso discendente iniziato a partire dallo scorso aprile, toccando la quotazione media di 75,2 dollari al barile a febbraio (79,2 a gennaio; 80,7 dollari nel 2024).
Nei primi mesi del 2025 l’euro resta stabile dei confronti del dollaro. La valuta europea, a gennaio e febbraio, si è stabilizzata a 1,04 dollari per euro, in deprezzamento rispetto alla media del 2024 (1,08 dollari). A partire dai primi giorni di marzo, le dichiarazioni della nuova amministrazione USA hanno creato tuttavia una certa volatilità sul mercato finanziario e su quello dei cambi e l’euro ha mostrato una nuova tendenza all’apprezzamento.
L’inflazione non è più il problema economico principale a livello internazionale ma continua a rappresentare un rischio rilevante. In questa fase, le pressioni al rialzo sui prezzi sono limitate ma non trascurabili e nuovi rischi inflazionistici, legati allo scenario economico e geopolitico, stanno emergendo. In tale contesto, la BCE a marzo ha annunciato per la sesta volta consecutiva una riduzione del tasso di interesse di policy. Sulle future scelte di politica monetaria in Europa, analogamente a quelle negli Stati Uniti, pesa l’incertezza associata al quadro internazionale che riduce la probabilità di ulteriori tagli nei prossimi mesi in entrambi i lati dell’Atlantico.
L’economia USA mostra un lieve ma diffuso dinamismo. Il Beige Book, pubblicato dalla Federal Reserve, che riporta le più recenti tendenze dell’economia americana (in concomitanza con le riunioni della Federal Open Market Commitee), ha rilevato nei primi mesi del 2025 un moderato ma generalizzato aumento dell’attività economica. La spesa dei consumatori è cresciuta e l’occupazione è salita marginalmente, soprattutto nei servizi e nell’edilizia. Si registrano incrementi moderati sia dei prezzi di vendita sia dei costi degli input produttivi. Permane un cauto ottimismo delle imprese, anche se vi sono timori che l’entrata in vigore dei dazi possa innescare aumenti dei costi e ridurre i margini di profitto. L’indice di fiducia dei consumatori, misurato dal Conference Board, è invece sceso di 7 punti a febbraio, arrivando al livello più basso da giugno 2024 (98,3), a causa del deterioramento delle aspettative, che sono scese sotto la soglia di 80, fornendo segnali di una possibile recessione.
Nell’area euro, il PIL nel quarto trimestre 2024 è stato rivisto al rialzo, registrando un tasso di crescita congiunturale pari a 0,2%. Si conferma la tenuta della domanda interna, in rallentamento tuttavia rispetto ai tre mesi precedenti (i consumi decelerano da +0,6% a +0,4%, gli investimenti da +1,8% a +0,6%) a fronte di un calo marginale delle esportazioni, dopo il forte decremento dei tre mesi precedenti (-0,1%, da -1,4%).
Le prospettive per l’area euro sono in moderato miglioramento. L’Economic Sentiment Index della Commissione Europea, che sintetizza la fiducia di famiglie e imprese, a febbraio è salito lievemente, toccando il livello più elevato degli ultimi 5 mesi (96,3 da 95,3 punti, Figura 2). L’aumento dell’indice è derivato dal miglioramento della fiducia nell’industria e tra i consumatori, solo parzialmente bilanciato da una diminuzione nelle costruzioni. La fiducia nel commercio al dettaglio e quella nei servizi è rimasta sostanzialmente stabile. Nelle principali economie dell’area, l’ESI è aumentato significativamente in Francia (+2,3 punti) e Germania (+1,2) mentre Italia (-0,4) e Spagna (-2,0) ha registrato un calo.
Gli investimenti fissi lordi hanno evidenziato un incremento significativo (+1,6%), trainato dalla spesa per impianti, macchinari e armamenti (+3,2%) e per i fabbricati non residenziali e altre opere (+4,1%). Sono diminuiti, invece, gli investimenti in abitazioni (-1,4%), mentre quelli in prodotti di proprietà intellettuale sono aumentati dello 0,3%. Dal lato dell’offerta, nel quarto trimestre si sono registrati andamenti congiunturali positivi nel valore aggiunto dell’industria in senso stretto (+0,8%) e delle costruzioni (+1,2%).
Nei servizi si è osservato un lieve calo del valore aggiunto (-0,1%), con contrazioni marcate nelle attività artistiche, di intrattenimento e in altri servizi (-0,5%), nei servizi di informazione e comunicazione (-0,7%) e nelle attività finanziarie e assicurative (-0,8%). Il comparto del commercio, riparazione di veicoli, trasporto, magazzinaggio, alloggio e ristorazione è rimasto stabile, mentre le attività immobiliari e quelle professionali hanno mostrato un incremento (+0,1% e +0,4%).
Produzione industriale in decisa ripresa. A gennaio, l’indice della produzione industriale destagionalizzato ha registrato un forte rimbalzo, con una crescita congiunturale del 3,2%, che ha più che compensato il marcato calo di dicembre (-2,7%). Di conseguenza, nella media del trimestre novembre-gennaio, l’indice è rimasto stabile rispetto ai tre mesi precedenti. Nello stesso periodo, si è osservato un rallentamento generalizzato in tutti i raggruppamenti industriali, ad eccezione del settore dell’energia (+3,7%). Il calo è stato più marcato per i beni strumentali (-0,9%) e più contenuto e di simile entità per i beni di consumo e intermedi (-0,1% e -0,2%).
Nel 2024, la produzione nelle costruzioni, è cresciuta del 5,0%, al netto degli effetti di calendario, evidenziando un moderato rallentamento rispetto al 2023 (+6,9%). Nel quarto trimestre, nonostante il calo di dicembre (-1,7%), l’indice destagionalizzato della produzione ha registrato un forte recupero (+1,5% congiunturale), invertendo la tendenza dei trimestri precedenti, quando si erano osservati rallentamenti nel secondo (-1,1%) e terzo trimestre (-0,1%).
Nel 2024, la crescita annuale dell’indice del fatturato dei servizi in volume, al netto degli effetti di calendario, è stata pari a 0,3%, segnando un rallentamento rispetto al 2023 (+1,3%). In particolare, la variazione congiunturale dell’indice destagionalizzato del fatturato dei servizi in volume per il quarto trimestre è stata positiva, nonostante la decelerazione registrata a novembre e dicembre, e pari a +0,7% dopo un secondo e terzo trimestre in cui l’indice era diminuito (rispettivamente -0,4% e -0,8%). La crescita, ad eccezione dei trasporti e magazzinaggio (-0,5%) e delle attività immobiliari (-0,1%), è stata diffusa a tutti i settori. Gli incrementi maggiori sono stati registrati per le Attività professionali, scientifiche e tecniche (+1,8%), i Servizi di informazione e comunicazione (+1,4%) e Agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+1,2%). Leggermente più contenuta e di simile entità è stata la crescita per gli Altri servizi (+0,9%) e per le Attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+0,8%). L’indice per il Commercio all’ingrosso, commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli, invece, è rimasto stazionario rispetto al trimestre precedente.
Fiducia delle imprese in peggioramento a febbraio. L’indice è diminuito nelle costruzioni e nei servizi di mercato (con tutte le componenti che hanno registrato una dinamica negativa) e in modo più marcato nel commercio al dettaglio. Nella manifattura si è invece registrato un lieve incremento, grazie al miglioramento dei giudizi sugli ordinativi, con scorte ritenute stabili e aspettative sulla produzione in calo.
Nel 2024 gli scambi con l’estero in valore hanno mostrato una flessione rispetto all’anno precedente, proseguendo il rallentamento osservato già a partire dal 2023. Le esportazioni sono calate dello 0,4% (la variaizone è stata nulla nel 2023) e le importazioni del 3,9%(+10,3% l’anno precedente). Nonostante ciò, entrambi i flussi mantengono livelli al di sopra di quelli pre-crisi.
Tali dinamiche hanno determinato un ulteriore miglioramento del saldo commerciale, che ha superato lo scorso anno i 54 miliardi di euro (era pari a più di 34 miliardi nel 2023, Figura 4). L’andamento delle esportazioni riflette un trend peggiore in termini reali: i volumi esportati sono calati di oltre il 2,0%, con flessioni rilevanti sia nei mercati Ue sia in quelli extra Ue (rispettivamente -3,0 e -2,0%) a fronte di un aumento dei prezzi all’export, misurato in termini di valori medi unitari, su entrambi le aree (+1,1% e +3,3%).
Sulla performance dell’export italiano ha inciso la debolezza delle vendite in valore verso i principali partner commerciali sia UE sia extra UE: si è infatti registrata una contrazione verso Francia e Germania (rispettivamente – 2,1 e -5,0%), che da soli assorbono oltre il 20% delle vendite italiane sui mercati esteri, ma anche verso Stati Uniti (-3,6%), Russia (-7,2%) e Cina (-20%). Sono aumentate invece le esportazioni dirette nei Paesi Bassi (+4,5%), Spagna (+4,3%) , Turchia (+23,9%), Giappone (+2,5%) e verso i paesi dell’America Latina e del Medio Oriente.
La flessione delle esportazioni ha interessato quasi tutti i principali prodotti, coinvolgendo i beni dei comparti tradizionali, dal tessile abbigliamento pelli e accessori (-4,5%), ai macchinari (-1,3%) e i mezzi di trasporto (-12,2%). Hanno continuato a mostratare invece una variazione positiva i beni alimentari, le bevande e il tabacco (+7,9%), i prodotti della farmaceutica (+9,5%) e gli altri manifatturieri (12,4%).
Vendite al dettaglio in calo a inizio anno, dopo il recupero del mese precedente: a gennaio hanno registrato una variazione congiunturale negativa sia in valore (-0,4%) sia in volume (-0,6%). Nel trimestre novembre 2024 – gennaio 2025, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,1% in valore e dello 0,5% in volume. In particolare, quelle dei beni alimentari sono aumentate in valore (+0,4%) e calate in volume (-0,6%), mentre quelle dei beni non alimentari hanno registrato una flessione sia in valore sia in volume (rispettivamente -0,2% e -0,3%).
A gennaio si registra un aumento diffuso dell’occupazione, con il numero di occupati che risulta pari a 24 milioni 222mila di unità. La crescita ha coinvolto gli uomini, le donne e gli individui di tutte le età ad eccezione dei 35-49enni. Per posizione professionale l’occupazione è aumentata sia tra i dipendenti sia tra gli autonomi. Il tasso di occupazione, è salito al 62,8% (+0,4 punti da dicembre). Rispetto al mese precedente, è diminuita la disoccupazione per effetto di un calo che coinvolge i soli uomini e tutte le classi d’età tranne i 25-34enni. Nel confronto mensile il tasso di disoccupazione totale, che nell’area euro è rimasto stabile al 6,2%, risulta in calo al 6,3% (-0,1 punti), quello giovanile al 18,7% (-0,3 punti). Rispetto a dicembre 2024, infine, è in diminuzione al 32,9% (-0,4 punti) anche il tasso d’inattività.
I dati trimestrali confermano la crescita dell’occupazione: confrontando il trimestre novembre 2024-gennaio 2025 con quello precedente (agosto-ottobre 2024), si registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,4%, per un totale di 85mila occupati, che interessa i maschi, i dipendenti permanenti e solo i maggiori di 50 anni di età. La crescita dell’occupazione, osservata nel confronto trimestrale, si associa alla crescita delle persone in cerca di lavoro (+1,4%, pari a +22mila unità) e alla diminuzione degli inattivi (-0,8% pari a -99 mila unità). Nel confronto tendenziale gli occupati sono 513mila in più (+2,2%) con il tasso di occupazione in crescita di 1,0 punti rispetto a gennaio 2024 (Figura 5). Si conferma negativo il saldo tendenziale del numero di disoccupati che in un anno è diminuito di 194mila unità, pari al 10,7%. Nel confronto con l’anno precedente, il tasso di disoccupazione cala di 0,8 punti e di 3,1 punti tra i giovani. Diminuiscono su base annua il numero di inattivi (-1,3% pari a -158mila unità) e il tasso di inattività (-0,5 punti).
A dicembre 2024, l’indice mensile delle retribuzioni contrattuali orarie è cresciuto dello 0,1% rispetto a novembre, in calo dello 0,6% rispetto a dicembre 2023. In particolare, il dato tendenziale è stato pari al 4,8% per i lavoratori dell’industria e al 3,6% per quelli dei servizi privati, mentre si rileva una diminuzione del 14,1% per la pubblica amministrazione, che riflette l’anticipo a dicembre 2023 dell’indennità di vacanza contrattuale per il 2024. Per l’intero 2024, a fronte di un incremento molto ridotto dei prezzi, emerge un primo rilevante miglioramento delle retribuzioni contrattuali (+3,1%). La crescita è più consistente nel settore privato (+4,0%), soprattutto nell’industria (+4,6%).
Cresce il tasso di posti vacanti destagionalizzato nel quarto trimestre 2024, per il totale delle imprese con dipendenti, di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, attestandosi al 2,1%. Per le imprese con almeno 10 dipendenti, il tasso di posti vacanti è sostanzialmente stabile sia nell’industria, sia nei servizi.
Migliora il clima di fiducia dei consumatori a febbraio, trainato soprattutto dalle valutazioni sulla situazione economica personale.
… ma peggiorano le attese sull’andamento dell’occupazione rispetto al mese precedente nei settori delle costruzioni, del commercio al dettaglio e, in maniera più significativa, dei servizi di mercato. Tali attese sono rimaste invece invariate nel settore manifatturiero.
L’inflazione al consumo in Italia è contenuta ma con segnali di ripresa.. La dinamica tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) è stata pari a 1,7% a febbraio (dato preliminare), in lieve aumento dal 1,5% di gennaio, mentre in termini congiunturali l’indice è cresciuto dello 0,2% (+0,6% nel mese precedente). Il dato conferma la tendenza al rialzo dell’inflazione iniziata nell’ultimo trimestre del 2024 (passata da +0,7% di settembre a +1,3% di dicembre) sostenuta dall’accelerazione dei prezzi dei beni (da -0,9% di settembre, a +0,7 a gennaio 2025 e a +1,2% a febbraio) che ha più che compensato il moderato rallentamento di quelli dei servizi (+2,8% a settembre, +2,6% a gennaio 2025 e +2,4% a febbraio). L’inflazione acquisita per il 2025 sale dunque a 1,2% per l’indice generale e a 0,7% per la componente di fondo.
… per l’aumento delle quotazioni dei beni energetici.. La tendenza al rialzo dell’inflazione ha riflesso in primo luogo la crescita su base congiunturale dei listini dei beni energetici (aumentati quasi del 4,0% tra ottobre e gennaio e di ulteriori 8 decimi di punto a febbraio), che si è tradotta dapprima in un rallentamento del calo su base tendenziale (da -9,0% in ottobre a -0,7 in gennaio 2025), per poi registrare a febbraio il primo valore positivo da ottobre 2023 (+0,6%).
… e dei prezzi dei beni alimentari. Una ulteriore spinta inflazionistica è stata dovuta ai listini dei beni alimentari (cresciuti del +2,2% da ottobre 2024 fino a gennaio 2025 e del +0,2% a febbraio), registrando una decisa accelerazione in termini tendenziali (+1,9% a gennaio e +2,5% a febbraio) sia per la componente dei beni lavorati (+1,7% e +2,2%) sia per i beni non lavorati (+2,2% e +2,9%). L’inflazione per gli altri beni rimane bassa in termini tendenziali e pari allo 0,2% in febbraio (+0,1% in media da agosto 2024 a gennaio 2025), pur manifestandosi anche in questo comparto una risalita dei prezzi in termini congiunturali (+0,6% da dicembre a febbraio). Considerando il carrello della spesa (beni alimentari e beni per la cura della casa e della persona), l’inflazione ha mostrato una forte accelerazione a febbraio, portandosi a 2,2% (da +1,7% registrato nel bimestre precedente).
L’inflazione nei servizi rallenta lievemente nell’ultimo quadrimestre del 2024 (da +2,8% a settembre a +2,6% a dicembre) dopo l’accelerazione dei mesi estivi, per poi stabilizzarsi a gennaio 2025 e decelerare a febbraio (2,4%), riportando i prezzi ai livelli di giugno 2024.
La dinamica dei prezzi in Italia resta inferiore alla media dell’area euro. L’inflazione armonizzata dei prezzi al consumo (IPCA) in Italia ha continuato a crescere, portandosi a gennaio e febbraio a 1,7%; la variazione congiunturale, dopo la flessione dello 0,8% di gennaio dovuta agli effetti dei saldi invernali (non considerati nell’indice NIC), è stata pari a 0,1% a febbraio. La dinamica dei prezzi rimane in Italia, anche a febbraio, al di sotto di quella registrata nella media dell’area euro (+2,4%), in Germania (+2,8%) e in Spagna (+2,9%), mentre in Francia si registra un deciso rallentamento (+0,9%), dovuto alla forte riduzione decisa dal governo dei prezzi dell’energia nel mercato regolamentato.
Moderata l’inflazione dei prezzi all’importazione. A dicembre 2024 la variazione tendenziale dei prezzi relativi ai beni e servizi importati, dopo il -1,4% registrato a novembre, è stata pari a 0,1%, continuando a crescere in termini congiunturali (+0,3% a dicembre e +0,2% a novembre). La dinamica riflette l’aumento congiunturale dei listini degli energetici importati e la leggera riduzione di quelli degli altri beni.
In accelerazione i prezzi alla produzione dei beni energetici e stabili quelli nelle costruzioni. I prezzi alla produzione dell’industria registrano a gennaio una decisa accelerazione, sia in termini congiunturali (+1,6% che segue il +0,6% di dicembre) sia in termini tendenziali (+4,4%; +1,1% di gennaio), interrompendo la serie di valori negativi che durava dall’aprile 2023. La dinamica tendenziale riflette essenzialmente il forte rialzo nel settore dell’energia, pari al 15% (da +2,6% di gennaio), a fronte di un più moderato aumento per il comparto non energetico, pari a 0,8% (+0,4% a gennaio).
A gennaio, i prezzi di costruzione degli edifici residenziali risultano stabili rispetto al mese precedente e in riduzione in termini tendenziali (-0,5%); i prezzi di costruzione degli edifici non residenziali aumentano dello 0,7% (sia in termini congiunturali che tendenziali) e quelli per la realizzazione di strade e ferrovie registrano rispettivamente aumenti dello 0,6% e dello 0,1%.
Tra i consumatori prevalgono le attese di un rialzo dell’inflazione. Nel primo bimestre 2025 tra i consumatori si registra, per la prima volta da novembre 2022, una prevalenza delle attese di aumento dell’inflazione per i prossimi dodici mesi. A febbraio, la quota di consumatori che si attende un rialzo è pari al 42,1% contro il 38,8% di chi si aspetta una diminuzione.
In lieve aumento la quota di imprese che intende rialzare i listini. Tra le imprese del comparto manifatturiero, delle costruzioni e dei servizi di mercato, e, seppure in misura minore, nel commercio al dettaglio continua a prevalere l’intenzione di mantenere stabili i propri prezzi nei successivi tre mesi. Il saldo tra attese di rialzo e di ribasso aumenta nel comparto manifatturiero, in quello delle costruzioni e del commercio mentre diminuisce nei servizi.
LE ESPORTAZIONI ITALIANE VERSO I PRINCIPALI MERCATI EXTRA UE*
Nel 2024, l’Europa ha fornito un contributo negativo alla crescita degli scambi internazionali, penalizzata dalla guerra tra Russia e Ucraina e dalla debolezza dell’economia tedesca. Le esportazioni europee hanno segnato risultati particolarmente negativi nel settore automobilistico e in quelli dei prodotti chimici e farmaceutici che, dopo il forte aumento degli anni della pandemia di Covid-19, sono tornati ai trend normali. Nel 2025, in base alle stime del WTO, la tendenza negativa dovrebbe invertirsi e l’Europa potrebbe tornare a fornire un contributo positivo all’andamento delle esportazioni e importazioni mondiali di beni in volume[1].
Sul futuro degli scambi europei pesano tuttavia numerosi rischi al ribasso, tra cui gli attriti commerciali internazionali e la possibile escalation delle tensioni geopolitiche che creerebbero nuovi ostacoli alle catene globali di distribuzione e approvvigionamento. L’uso crescente di politiche industriali “introverse” in molti paesi e gli orientamenti protezionistici nella politica commerciale, soprattutto degli Stati Uniti, potrebbero, inoltre, influenzare negativamente la crescita del commercio nel breve e medio termine. In questo contesto, uno sguardo al grado di esposizione degli scambi dell’Italia, in termini merceologici e geografici, appare rilevante per comprendere quanto i provvedimenti di natura tariffaria annunciati dalla nuova amministrazione USA possano incidere sull’andamento dell’export italiano nei prossimi mesi. In questo focus si intende pertanto analizzare la composizione dell’export italiano di beni in due rilevanti mercati extra Ue coinvolti al momento dagli attriti commerciali: gli Stati Uniti e la Cina.
Nel 2024, oltre il 48% del valore dell’export totale italiano risultava indirizzato al di fuori dell’Ue, una quota superiore a quelle tedesca e francese (45% in entrambi i paesi) e a quella spagnola (oltre il 37%). Tra i principali partner dell’Italia, gli Stati Uniti nel 2024 hanno assorbito oltre il 10% delle vendite totali all’estero del nostro paese, (un valore simile a quello della Germania, ma superiore a quello della Francia e della Spagna) e oltre un quinto delle vendite di prodotti italiani destinati ai mercati extra europei (Figura F1).
* Il Focus è stato realizzato da Francesca Luchetti. Le analisi qui riportate anticipano quelle contenute nell’edizione 2025 del Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, in uscita il 20 marzo.
[1] WTO, (20 novembre 2024) Overview of developments in the international trading environment. Annual report by the director-general. Per il dettaglio dei paesi incusi nell’aggregato Europa del WTO si veda https://www.wto.org/english/res_e/statis_e/technotes_e.htm
L’Italia, così come la Germania e in misura minore la Francia, nel 2024 ha registrato un avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti, fornendo un forte contributo al surplus dell’Unione Europea. Il surplus italiano ha riguardato maggiormente i settori manifatturieri della Meccanica, Alimentare, bevande e tabacco, Tessile, abbigliamento, pelli e accessori e dai Mezzi di trasporto[1].
[1] Si veda Istat (2024) https://www.istat.it/comunicato-stampa/commercio-con-lestero-e-prezzi-allimport-dicembre-2024/
La Cina, invece, riveste nel complesso un ruolo relativamente minore come mercato di destinazione delle merci italiane. Nel 2024, le vendite dirette verso questo mercato hanno rappresentato circa il 3,0% delle esportazioni totali italiane, contro quasi il 6,0% di quelle tedesche, il 4,0% di quelle francesi e l’2,0% di quelle spagnole. D’ altro canto, la maggior rilevanza della Cina come mercato di provenienza delle importazioni italiane ha determinato un saldo commerciale ampiamente negativo (-34 miliardi), superiore a quello delle altre principali economie, in particolare di quella tedesca (-5 miliardi).
Sotto il profilo merceologico, nel 2024 l’export in valore di beni italiani diretto verso gli Stati Uniti è stato principalmente costituito dalle vendite di medicinali e altri preparati farmaceutici, di autoveicoli, navi e imbarcazioni, macchinari (Tavola F1); tra i principali gruppi di prodotti[1], figurano inoltre le vendite di bevande (vini), di articoli di abbigliamento e di altri prodotti tradizionali quali i mobili. In particolare, nel caso della farmaceutica, delle bevande, delle navi e imbarcazioni, la quota di export negli Stati Uniti rappresenta circa il 20% dell’ammontare totale esportato nel mondo, per gli autoveicoli circa il 15%.
[1] Si fa qui riferimento ai 3 digit della Classificazione delle merci secondo le attività economiche (Cpa) adottata a livello europeo.
La composizione per prodotto dell’export italiano negli Stati Uniti si discosta solo parzialmente da quello delle altre principali economie europee; l’export tedesco, tuttavia, appare maggiormente concentrato in autoveicoli e prodotti farmaceutici, che da soli assorbono complessivamente un terzo delle vendite tedesche dirette nel mercato statunitense. Per la Francia, viceversa, maggiormente orientata verso l’export di Aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi e delle bevande, gli autoveicoli rivestono un ruolo meno rilevante: oltre il 70% delle vendite di autoveicoli francesi è infatti diretto sui mercati Ue.
Rispetto al 2019, nel 2024 le vendite di prodotti italiani verso gli Stati Uniti sono fortemente aumentate (+42,2%), in particolare per i prodotti farmaceutici e i macchinari; al contrario, nel caso degli autoveicoli, le esportazioni sono invece lievemente diminuite (-2,0%). Nell’ultimo anno, questi ultimi, al pari degli altri mezzi di trasporto, hanno invece registrato un crollo (rispettivamente del -29,4% e -62,3%).
Per quanto riguarda il mercato di destinazione cinese, l’insieme di prodotti italiani maggiormente esportati è composto, oltre che dai macchinari, anche dai prodotti di abbigliamento e dai prodotti in cuoio. La Cina, rappresenta invece il principale mercato di sbocco per l’export tedesco di autoveicoli e loro parti.
Tra il 2019 e il 2024 le vendite di prodotti italiani diretti nel mercato cinese sono complessivamente aumentate (+18,3%), mostrando tuttavia una flessione nell’ultimo anno (-20%). Anche in questo caso, come per gli Stati Uniti, gli autoveicoli hanno subito una marcata riduzione delle vendite sia rispetto al 2019 (-14,3%), sia rispetto al 2023
(-18,4%), unitamente ai macchinari per impieghi speciali (rispettivamente -24,3% e -18,4%). Sono aumentate, al contrario, le esportazioni di macchine di impiego generale (+19,4% e +6,0%) e di articoli di abbigliamento (+97,7% e +17,2%).