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CONSIGLIO PAT * QUARTA COMMISSIONE: «CASE COMUNITÀ / SOSTEGNO VITTIME VIOLENZA DI GENERE / PROMOZIONE VOLONTARIATO – CITTADINANZA ATTIVA – TERZO SETTORE»

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18.27 - martedì 14 maggio 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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In Quarta commissione il tema delle case di comunità

Ordine del giorno nutrito per la Quarta commissione permanente che si è tenuta questo pomeriggio. I lavori si sono aperti con la presentazione dei disegni di legge 12 e 14, di integrazione della legge provinciale 6 del 2010 sulla violenza di genere. Il primo è concernente interventi a favore degli orfani di vittime da reato di violenza di genere ed è firmato da due consigliere di maggioranza; il secondo porta la firma di 7 consiglieri di minoranza e introduce ulteriori misure per l’autodeterminazione e per il sostegno delle donne vittime di violenza. Aperta anche la trattazione dei ddl 21 e 25, rispettivamente di minoranza e di maggioranza, relativi al sostegno e alla valorizzazione del volontariato in Trentino. Infine si è tenuto l’incontro con i referenti dell’Apss e con l’assessore alla Salute sul tema delle case della comunità.

 

 

Sostegno agli orfani da reato di violenza di genere e alle vittime di violenza di genere

Il ddl 12 è pensato per introdurre un fondo integrativo e cumulabile dedicato agli orfani di vittime di violenza di genere e prevede interventi economici (con la creazione di un fondo ad hoc dedicato) e di tipo psicologico pensati per permettere il recupero post-trauma. Presentando il testo, le proponenti (due consigliere di maggioranza) hanno ricordato che la riflessione è scaturita dal femminicidio di Valfloriana; il fondo, hanno spiegato, integrativo e cumulabile è voluto per riconoscere i bambini orfani di una violenza di genere come figli dell’Autonomia e per cercare di ridurre il gap legato al loro vissuto rispetto alle loro esperienze di vita. Un’attenzione della Provincia a bambini che di fatto rimangono senza madre e senza padre, hanno aggiunto, da integrare con le misure esistenti a livello nazionale. Hanno preannunciato un emendamento all’articolo 2.

Il ddl 14 è pensato per potenziare gli interventi rivolti alle donne vittime di violenza fisica e psicologica nella fase successiva al primo periodo dell’emergenza. Introduce la possibilità per le donne vittime di violenza, di attualizzare l’Icef e di essere considerate nucleo a sé, con i figli a carico. A presentarlo la prima firmataria, una consigliera di minoranza, che ha ricondotto la proposta a casi concreti in cui, ha detto, si sono riscontrati vuoti normativi: si tratta di un modo di sostenere la donna in una fase delicatissima, in uscita dalla protezione. Ha sottolineato l’introduzione di un “case manager” da affiancare nella fase di post-protezione di aiuto concreto della donna che si viene a trovare sola anche di fronte a incombenze pratiche.

Le proponenti dei ddl hanno espresso la disponibilità ad audizioni congiunte, pur non procedendo all’unificazione dell’iter di legge, mantenendo quindi separati i due testi. Un consigliere di minoranza ha sottolineato l’assenza dell’assessore competente e ne ha chiesto le ragioni indicando il ddl come a scavalco tra le competenze di presidente e vicepresidente. Interpellati, i rappresentanti della Provincia presenti hanno ricordato che la competenza è del presidente; la presidente della Commissione ha ricordato che si era incardinata la presentazione sull’assessore alla Salute e che le proponenti erano informate del suo arrivo successivo in Commissione (per un impegno indifferibile) e comunque d’accordo alla presentazione dei ddl. Una consigliera di minoranza ha chiesto di lasciare comunque al presidente della Provincia stabilire chi eventualmente delegare. La trattazione dei due ddl proseguirà con le audizioni.

 

Promozione di volontariato, cittadinanza attiva e terzo settore

 

Il ddl 21, firmato da 11 consiglieri di minoranza e abrogativo della lp 8 del 1992, persegue lo scopo di semplificare, sostenere e innovare l’attività di volontariato svolta sul territorio della provincia di Trento. Prevede, tra l’altro, la valorizzazione dell’attività del Csv, l’istituzione della conferenza provinciale del terzo settore, l’indizione a cadenza biennale dell’assemblea provinciale del volontariato e l’istituzione di una banca dati informatica e di una piattaforma informatica del volontariato. Lo ha presentato una consigliera di minoranza che ha parlato di un quadro normativo e di una società mutati negli anni: di qui la volontà di riscrivere un nuovo testo nel senso di facilitazione e sburocratizzazione per il mondo del volontariato. Ha sottolineato la valorizzazione del Csv e delle reti associative: assieme si coprono più aspetti sul territorio e si è più forti a interfacciarsi con le istituzioni, ha detto. Ha descritto la conferenza del terzo settore come una possibile interfaccia con le istituzioni e ricordato che il volontariato è diventato competente, rendendo necessaria un’adeguata formazione.

Il ddl 25, firmato da due consiglieri di maggioranza, interviene a modifica della lp 8 del 1992 e si pone l’obiettivo di affiancare gli enti e le associazioni di volontariato anche tramite l’apertura di sportelli territoriali del Csv eventualmente in collaborazione con gli ordini professionali. Prevede inoltre la semplificazione delle procedure e l’informatizzazione, il potenziamento di formazione e tutela del capitale umano e introduce un osservatorio provinciale del terzo settore e del volontariato. Il testo istituisce poi l’elenco degli enti di volontariato. La prima firmataria ha presentato il ddl citando il disagio che si è evidenziato da parte degli operatori del mondo del volontariato nel dover dedicare tanto tempo alla burocrazia e agli adempimenti e meno all’attività di volontariato in sé.

Ha spiegato l’approccio: mantenere la specificità della legge provinciale e introdurre concetti nuovi e maggiori approfondimenti senza stravolgere l’impianto della lp esistente. Tra le modifiche ha sottolineato la creazione di un elenco diviso in due sezioni A e B dove vengono iscritte le realtà iscritte al Runts e quelle che non ci sono iscritte. Ancora, ha ricordato il focus sulla formazione, sull’aggiornamento e sulle assicurazioni, sul Csv, sul tema degli immobili. Una consigliera di maggioranza ha ricordato la volontà di presentare un ddl sulla stessa materia e chiesto di poter entrare, qualora si voglia procedere in questo senso, nella trattazione congiunta dei ddl. Una possibilità su cui c’è stata condivisione da parte dei firmatari dei due ddl.

 

Case di comunità: l’approfondimento

 

Del tema case di comunità hanno trattato in Commissione il direttore sanitario di Apss, la direttrice per l’integrazione socio-sanitaria di Apss e l’assessore provinciale alla Salute. Le case di comunità, ha spiegato il direttore sanitario di Apss, sono edifici previsti dal Pnrr dove sarà garantita una continuità di assistenza sanitaria e socio-sanitaria: il cittadino dovrà trovare risposta a situazioni che non sono di vera urgenza. Alcune case di comunità sono da costruire (il termine previsto dal Pnrr è la primavera 2026), come Predazzo, Cles e Trento Nord (questo ultimo edificio è da ristrutturare), altre invece sono esistenti e da completare da un punto di vista edile e impiantistico. Le cifre: 10 (8 “hub” e 2 “spoke”) sono le strutture previste con il Pnrr, a cui si aggiungeranno altre strutture poliambulatoriali eccedenti rispetto al Pnrr che permetteranno di avere un accesso all’assistenza su tutti i territori. Ha parlato del lavoro in corso: si stanno definendo gli accordi con i medici di medicina generale, di continuità assistenziale e pediatri di libera scelta che dovranno entrare nelle strutture.

La direttrice per l’integrazione socio-sanitaria ha indicato la delibera 223 del febbraio 2023 come il riferimento per il tema e ricordato che le case “spoke” finanziate dal Pnrr saranno quelle di Malé e di Cles, mentre quelle “hub” saranno a San Jean de Fascia, Predazzo, Borgo, Pergine, Ala, Rovereto, Trento Riva. Prossimità, facile accessibilità ed elevata integrazione socio-sanitaria sono le caratteristiche delle case di comunità che ha indicato. Le case saranno anche sede di Pua e Uvm, ha spiegato e ricordato la differenza prevista tra le dotazioni obbligatorie, facoltative e raccomandate previste. Ancora: le case di comunità saranno collegate con i servizi presenti sul territorio. Ha parlato di due esempi, quello del Centro di salute mentale e quello dei consultori (per i quali ci sono 10 sedi territoriali e per cui il Dm 77 prevede invece un consultorio ogni 20.000 abitanti): se i servizi hanno già una sede si potrà creare un collegamento tramite Cot, altrimenti si può valutare una sede all’interno di una casa di comunità, sono soluzioni previste ma non ancora normate.

 

Il dibattito

 

Un consigliere di minoranza ha parlato di una questione allarmante rispetto alla pianificazione delle case di comunità: è partita male, ha dichiarato, si sono previste 10 case di comunità mentre il Dm 77 ne prevede tra le 10 e le 13 “hub”. Invece si sono previste 8 case “hub” e 2 “spoke”: sono state sorteggiate queste ultime? ha chiesto ricordando che la val Rendena rimane scoperta. Si naviga a vista gestendo salute e bisogni sociali dei cittadini trentini, ha proseguito. Ancora: si è programmato quanto personale serve? Sui consultori: sono meno della metà di quelli che servono. Sulle Cot ha espresso una grande perplessità.

Una consigliera di maggioranza ha detto di non ravvisare una mancanza di pianificazione, anzi, che tante sono state le interlocuzioni portate avanti anche a livello di medicina generale e infermieri, tanti i documenti elaborati, i piani di lavoro creati. Sul numero di case “hub” e “spoke” ha detto che il Pnrr prevedeva una quota per ogni casa di comunità: le interlocuzioni a livello nazionale sono durate mesi come ad esempio nel caso di Predazzo per riuscire a mettere in piedi un progetto e trovare risorse. Intanto si sono trovate anche le risorse per mettere in sicurezza l’ospedale Santa Chiara, ha

aggiunto, per l’antincendio, per l’ospedale di Rovereto: l’impegno organizzativo e del Dipartimento dell’Apss che si occupa delle infrastrutture è stato importante. Stando dentro alle cose, ha concluso, si coglie il lavoro che c’è dietro: l’impegno è tanto. Una consigliera di minoranza ha ricordato che dietro alle case di comunità non c’è un mero finanziamento Pnrr, sono un obiettivo finale individuato in un percorso che vede una trasformazione della medicina di cui sono anni che si parla, pensato per cambiare faccia alla medicina. Ha fatto riferimento al modello della medicina delle “4 p”, non si può parlare di “riempire case della comunità”. Ha inoltre citato il tema della moderna tecnologia che va presidiata.

Una consigliera di maggioranza ha detto che potrebbe essere rafforzato il punto di vista della progettazione e della visione: ha detto di non sentirsi di imputare la colpa ad Apss, ha parlato di un problema di approccio e forma mentis. Come quando si parla di formazione, ha dichiarato, non serve un segretario che scrive il progetto, serve un progettista; su un tema così importante, ha affermato, bisogna pensare a strategie. Un’altra consigliera di minoranza ha posto l’obiettivo del processo in corso non nel mero trasferimento di spazi, ma in un upgrade. L’impressione, ha affermato, è che non ci sia una presa di posizione precisa da parte di Apss che muove nel senso dell’integrazione. Ha parlato di un’opportunità da cogliere e messo in guardia contro il rischio di perdere l’occasione.

Un consigliere di maggioranza si è detto preoccupato per i tempi di realizzazione: una volta che ci sono le case di comunità si possono modificare, finché non sono operative si attendono. Ha auspicato che si realizzino in fretta, per poi eventualmente ritarare il servizio. Un’altra consigliera di maggioranza ha ricordato l’iter del Pnrr e detto che sarebbe bello avere sempre le idee chiare a monte, ma ha detto che si deve fare i conti con una condizione di evoluzione e con tempi strettissimi per procedere. Ha definito il fatto che non sia tutto già così ben delineato come una sfida.

Il direttore sanitario di Apss ha detto che bisogna tenere conto della situazione di rapidità di messa a disposizione dei finanziamenti e tempi molto stretti per presentare una serie di dati e azioni programmatorie. Non si parla solo della costruzione di muri, ha precisato. Nuovi finanziamenti portano a nuove scelte, ha proseguito, e ricordato che ci si scontra con le costrittività del sistema pubblico. La direttrice per l’integrazione socio-sanitaria ha detto che non si stanno tirando i dadi sulle case di comunità: il Ministero chiede di dimostrare il raggiungimento di “milestone”, traguardi intermedi, e il Trentino è in regola su tutte. C’è una cabina di regia aziendale che si trova ogni tre settimane, ha raccontato, e in cui ci si confronta sullo stato di avanzamento della progettazione, sia sulle infrastrutture sia sull’organizzazione. Il Trentino è stata l’unica regione in Italia a centrare e superare l’obiettivo dell’assistenza domiciliare per gli over 65. Ancora, l’integrazione socio-sanitaria è obbligatoria, non facoltativa, rRaccomandata ma non obbligatoria la funzione consultoriale. Non si urli alla disfatta di Waterloo quando si stanno portando a casa i punti che devono essere portati a casa, ha concluso.

Un consigliere di minoranza ha detto che una provincia autonoma potrebbe ambire a fare qualcosa di più rispetto ai “milestone” nazionali. Nessuno parla di disfatta di Waterloo, si è preoccupati per la sanità e la salute dei cittadini trentini, non tutto sta funzionando nel migliore dei modi. Ha ricordato il piano della salute della Provincia in scadenza: riprogettiamolo, ha invitato.

L’assessore alla Salute ha ricordato di aver parlato del tema nella scorsa Giunta di programma come un impegno da raggiungere nella legislatura e ha indicato la sua presenza oggi come un impegno a condividere un percorso con la Commissione. Ha fatto riferimento ai diversi tavoli e momenti di confronto sul tema in atto in questo momento e si è detto convinto dell’importanza di trovare gli spazi per favorire la nascita di quelli che dovranno divenire i punti di riferimento per i cittadini. Su denatalità e invecchiamento della popolazione, ha aggiunto, bisogna impostare un modello diverso da quello del passato (che pur rispondeva alle esigenze ora mutate) e attraverso le case della comunità arrivare a interpretare i nuovi bisogni, attraverso nuovi modelli organizzativi. Ha ripreso le parole del consigliere che aveva auspicato una via autonoma per il Trentino autonomo e si è detto convinto di ciò: il tempo per lavorare in questa direzione c’è. Ha citato il lavoro in corso con gli Ordini degli Infermieri e dei Medici per condividere un modello e un percorso che tenga conto delle necessità. Ha infine concluso il proprio intervento con un’apertura affermando che ci sono ancora i tempi per poter lavorare assieme e condividere i percorsi anche con chi ha un ruolo nelle realtà: solo se si farà così si potrà essere distintivi in Trentino per quello che potrà essere un modello innovativo. Ha ribadito la propria disponibilità al confronto e l’apertura a 360 gradi agli apporti dei consiglieri, individuando la Commissione come il luogo adatto per condividere un percorso: se lo riusciremo a fare i risultati li otterremo, ha detto, raccoglieremo i bisogni e li tradurremo in soluzioni concrete.

La presidente della Commissione ha chiesto volentieri di riportare il tema in Commissione.

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