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LETTERE AL DIRETTORE

WALTER PRUNER * ANALISI POST-VOTO: « IL “MELONISMO” NON È RABBIA, MA CONSAPEVOLEZZA IDENTITARIA DELLA FIDUCIA AD UN’ATTRICE DELLA SCENA POLITICA DI CUI SI SA TUTTO »

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07.44 - venerdì 30 settembre 2022

Lo stesso ciclone che quattro anni fa portò al traino di Salvini la vittoria leghista in regione, travolge oggi, lo stesso ciclone, a fattori invertiti, il Carroccio locale. Quando si parla di Terra immune ed impermeabile si commette ormai l’errore di confondere la parola Autonomia con quella di chiusura auto-protetta, quasi che i virus sanitari, sociali, politici, si fermino improvvisamente a Borghetto. Non credo sia così.

Un voto, quello andato a bulimizzare Fratelli d’Italia, che si sposta quasi con funzione matematica dalla Lega a Fratelli d’Italia in quantità tanto massiccia che qualche dirigente di partito stordito, non è in grado di abbozzare non un’analisi, ma neanche la necessità di un’analisi, piuttosto che preferire la tana. Una Lega che perde qui 50.000 voti travasandoli in seno ad un unico partito all’interno della stessa coalizione è anche la dimostrazione di una volatilità del voto che non può essere ignorata. Ma incasellare il fatto all’interno di una sorta di rivolta popolare d’urna, ci porterebbe a valutare con gli arnesi del vecchio millennio un voto assolutamente atipico. Non è stata questa una scelta di protesta. La protesta si è espressa invece nel non voto. Il partito del non voto ha fatto una scelta ponderata optando per la fuga dai seggi e facendolo in forma precisa e cosciente. Mai come in questa tornata tanta gente ha socializzato apertamente e senza problemi la volontà di astenersi dal voto non ritrovandosi nelle proposte in campo.

Ma il melonismo anche in Trentino non è stato questa roba qua, non è stato la rabbia ma la consapevolezza identitaria della fiducia conferita ad una attrice della scena politica di cui si sa tutto, dalla sua militanza mai rinnegata nelle fila della Fiamma tricolore, al fatto che fa politica da quando era bambina, per arrivare addirittura ad una sua autobiografia con tanto di libro e specchiata franchezza. Ben oltre la sua condivisibilità, non è questo il tema, la proposta Meloni ha fondato le sue fortune su responsabilità verso l’attuale delicatezza del momento e forte empatia “patriottica”. La non partecipazione della Meloni al governo è stata vista poi come rifiuto di logiche poltronistiche che certamente ha favorito la crescita di consenso attorno al suo movimento.

Da una parte dunque un decalogo semplificato e percepito, dall’ altra una nascente offerta prematura, ancora in fase di incubazione rispetto all’anticipata chiamata alle urne. Pur tuttavia in condizioni di oggettiva difficoltà, la costruzione dell’alternativa che avrebbe dovuto risultare concorrente, è riuscita ad abbozzare una resistenza vincendo solo con le prime impalcature due battaglie, una completa, l’altra solo politica, rispettivamente al Senato di Trento e Rovereto.

A dimostrazione che il superamento delle barriere coalizionali trova decisive risposte partendo dai contenuti per arrivare agli assetti e non viceversa. Al di là del cappotto evitato, la demonizzazione di un voto “nazionale” dalle forti connotazioni non è e non sarebbe la strada. Evocare come fatto da qualcuno l’antico spettro “dell’ arco costituzionale” allo scopo di delegittimare l’esito è antistorico. Certo è invece, questo sì, che la libera elezione ed il conseguente legittimo esito di questa consultazione, pone sul tavolo delle scrivanie trentine e regionali, ipotesi di lavoro inedite. L’esito legittimo di una originale e mai vista opzione di destra/centro con la quale nessuno nel dopoguerra ha mai avuto modo di confrontarsi va rispettato; esso affonda radici profonde in una Terra partecipata tutto tondo da “confondimenti” mediatici, di rete, di globalizzazione che sono nelle cose, nella attualità, e fanno parte di una contemporaneità che dobbiamo saper riconoscere. Ai cambi di maggioranza rapidi occorrerà abituarsi e non è detto che ciò sia un male. I tempi dei lunghi cicli appartengono ad un secolo che non c’è più: ciò non toglie però la necessità che un pensiero lungo sia invece indispensabile.

Come indispensabile, vista la severità della fase, è la assunzione di responsabilità di tutti gli attori, al fine di mettere in campo, ogni forza politica col proprio portato valoriale, il massimo, senza diserzioni o auto-referenti tatticismi. Essere refrattari all’ autocritica poi, non aiuta, a nessuna latitudine partitica. Non aiuta l’adulterazione della lettura del risultato, e men che meno la sottovalutazione del lamento popolare che non può rappresentare un disturbo, ma la richiesta di aiuto cui la politica non può sottrarsi.

A cornice di tutto ciò queste elezioni hanno registrato un tasso di imbarbarimento e personalizzazione dello scontro intollerabili.Sono fortemente preoccupato dal livello traverso col quale la politica ragionata ha completamente abdicato al suo ruolo di mediazione e di confronto. Si è trasformata in una tifoseria urlante e becera dove a dominare è l’insulto, l’arroganza, l’ aggressione verbale come risposta, quella che alla discussione plurale ha sostituito la viltà del pugno in faccia. Se non si recupera anche in chiave locale la “bellezza” della politica che deve prima di tutto piacere, per piacere alla gente, non se ne esce. L’ Autonomia, pure su questo fondamentale aspetto del linguaggio è chiamata ad una immediata dimostrazione di maturità.

Su questo tema dell’ Autonomia comunicata , quella capace di opporsi al caravanserraglio dello scontro frontale, del grido, della esclusione, le forze che più di altre vi si rifanno, sono obbligate ad un supplemento di sforzo, dimostrando nei fatti di esserne culturalmente distanti.

 

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Walter Pruner

Trento

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