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LANCIO D'AGENZIA

CONSIGLIO PAT * QUINTA COMMISSIONE: « AUDIZIONI DDL MASÈ PER INTEGRAZIONE NIDI-SCUOLA MATERNA / MURO CONTRO MURO PER PETIZIONE “PRO VITA” SULLA LIBERTÀ EDUCATIVA »

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14.49 - mercoledì 11 gennaio 2023

Quinta commissione, le audizioni sul ddl Masè sull’integrazione tra nidi e scuola materna. Muro contro muro sulla petizione di Pro Vita sulla libertà educativa. Sì al nuovo regolamento per la valutazione dei ragazzi che scelgono l’educazione parentale. Si è parlato di scuola oggi in Quinta commissione, presieduta da Mara Dalzocchio (Lega). In apertura si sono tenute le audizioni sul ddl n. 135 proposto da Vanessa Masè (La Civica) che punta a introdurre un sistema integrato di educazione e di istruzione per l’infanzia: in sostanza l’integrazione tra nidi e scuole materne, dagli 0 ai 6 anni. Si è passati poi alla discussione delle petizione, presentata dall’esponente di Pro vita e famiglia, l’avvocato Alessandro Fiore, con la quale si chiede l’approvazione di un ddl sulla libertà educativa e un argine all’educazione di genere. Infine, via libera unanime della commissione al regolamento sulla valutazione dei ragazzi che seguono l’educazione parentale. Fenomeno in forte crescita e che oggi riguarda 400 ragazzi.

 

Il sindacato: si rischia di danneggiare un sistema che funziona

I primi ad essere ascoltati sono state i sindacalisti della Cgil, Cisl e Uil. Raffaele Meo segretario della Flc – Cgil ha affermato che non appare chiara, in primo luogo, l’idea pedagogica che sta alla base del ddl. Sul piano strettamente sindacale c’è il problema dell’armonizzazione dei contratti dei lavoratori che lavorano nei nidi e nelle scuole d’infanzia. Ci sono contratti Pat, ha ricordato, contratti con enti gestori, le coop, quindi va chiarito come si pensa di tenere assieme queste differenze. Il problema, per Meo, sta soprattutto qui, perché c’è il rischio di creare forti diseguaglianze e complicazioni, mentre il sindacato punta a una semplificazione dei contratti. Un altro problema di armonizzazione è quello dei tempi di lavoro delle diverse figure professionali e della programmazione. Da parte sindacale dubbi ci sono anche sulla previsione contenuta nell’articolo 5 del ddl che prevede la possibilità della Pat di integrare i titoli di accesso all’insegnamento. Inoltre, Meo ha chiesto se ci sono dati sperimentali sulle esperienze di integrazione nelle altre regioni. Candida Berlanda della Cisl ha posto attenzione sulla formazione difficile per bambini che vanno da 6 mesi a sei anni. Perché se per i più piccoli è facile imparare e integrarsi per i più grandi accade l’opposto. La scuola dell’infanzia dovrebbe invece diventare sempre più scuola e meno un servizio conciliativo. Giovanna Terragnolo della Uil ha affermato che la scelta dell’allungamento dell’anno scolastico a luglio delle scuole dell’infanzia sembra legato a questo ddl. Anche per la sindacalista Uil ci saranno problemi contrattuali, e questa proposta sembra un contenitore ma non si capisce come verrà riempito.

Dal punto di vista pedagogico lo zerosei è consolidato in Finlandia e da noi in Toscana. Ma queste novità sono state affrontate creando condizioni ex novo. Il sistema finlandese, ha detto ancora, è tutto armonizzato dal nido all’università. Quindi, non si chiede il mantenimento dello status quo ma non si può dimenticare che la scuola d’infanzia trentina è un fiore all’occhiello che questo progetto non migliorerà. L’impressione è che il ddl punti soprattutto alla conciliazione, un problema che però non si può affrontare creando un calderone. Si dovrebbe andare oltre anche ai problemi gestionali o economici, che hanno una posizione importante dal ddl, come ha ricordato la stessa Coesi. Ci sono problemi, inoltre, con le qualifiche diverse e si rischia l’esodo degli insegnanti verso le scuole d’infanzia. Da chiarire anche, per l’esponente Uil, l’integrazione dei titoli da parte della Pat che sembra interessare le tagesmutter. Quindi, dei miglioramenti servono, ma la strada di questo disegno di legge non sembra quella giusta. Dubbi anche sul metodo che, per l’esponente Uil, dovrebbe partire dal progetto pedagogico. La soluzione sarebbe, invece, quella degli investimenti per creare servizi di conciliazione diversi per permettere alla scuola d’infanzia di diventare una vera scuola, anche obbligatoria. Daniela Tabarelli, sempre della Uil, ha detto che le sezioni “primavera” non hanno dato riscontri e sono durate un solo anno senza migliorare le condizioni dei bambini. Meo ha ribadito che è importante semplificare non complicare e si dovrebbe lavorare con ordine per evitare di scuotere e terremotare un settore che funziona.

 

Coppola e Maestri: giuste le posizioni del sindacato
Lucia Coppola (Europa Verde) ha appoggiato le posizioni del sindacato e delle insegnanti che hanno esperienza nell’ambito dell’infanzia. Le difficoltà di amalgamare nidi e scuola è difficile, anche nella prospettiva di dare vita ad una scuola dell’infanzia a tutto tondo. Le differenze psicologiche e comportamentali tra i bimbi 0 – 3 e quelli dallo 0 – 6 sono troppo marcate: i contatti tra questi due tipi di scuola ci devono essere, ma il ddl sembra un salto nel buio che deregolamenta un settore che funziona molto bene. Lucia Maestri (Pd) ha affermato che i problemi contrattuali sollevati dai sindacalisti sono centrali, ma alla base del ddl manca una programmazione pedagogica e si limita alla riorganizzazione di spazi e l’obiettivo sembra più quello della conciliazione famiglia – lavoro. Sui problemi degli spazi meglio sarebbe, per l’esponente Pd, potenziare i trasferimenti ai comuni.

 

Masè: la proposta è il linea con i cambiamenti culturali

Vanessa Masè, dando la disponibilità a un confronto col sindacato, ha affermato che il ddl non stravolge nulla e non va a sostituire la legge 13 e la legge sui nidi. Anche Masè ha concordato che il sistema attuale funziona, ma intervenire sullo zerosei può prevenire molti dei problemi che anche il sindacato ha sollevato. Purtroppo, ha continuato, nell’audizione ci si è centrati sulle materne e comunque, ha aggiunto, il suo ddl non si sovrappone assolutamente all’allungamento dell’anno scolastico a luglio deciso dalla Giunta. Si tratta di binari completamente separati. Quella dello zerosei, inoltre, è una linea nazionale e non è un’invenzione creata dal nulla. Con questo ddl, ha aggiunto, si è avviato un dibattito sull’infanzia che è sempre stata trattata dal punto di vista organizzativo e non da quello del pensiero che sta alla base della proposta Masè. Rispondendo a Paola Demagri (Casa autonomia) ha affermato che tra nidi e scuole d’infanzia per gli insegnanti esistono percorsi formativi completamente diversi difficilmente integrabili.

 

La professoressa Vitali: una soluzione particolarmente utile per le zone periferiche

Seconda audizione quella della professoressa Agnese Vitali docente di demografia all’ Università di Trento. Per l’esperta lo zerosei potrebbe rappresentare una forte azione a favore dell’uguaglianza. Sarebbe importante approntare monitoraggi scientifici sul benessere dei bambini nei servizi integrati zerosei. Un servizio che potrebbe favorire i genitori che hanno bambini vicini d’età e potrebbe avere un effetto incentivante a favore della natalità. Nelle zone periferiche lo zerosei, secondo la docente di Unitn, sarebbe importante perché nei piccoli centri non ci sono alternative, se non quella di rimanere a casa, per i bambini sotto i tre anni con conseguenze evidentemente negative anche per le madri. Quindi, la valutazione della professoressa Vitali sul ddl è positiva, anche se non ha dimenticato di sottolineare i problemi che possono nascere dalla diversa flessibilità tra nidi e scuole d’infanzia e sui calendari scolastici. C’è poi un problema che nidi e scuole poggiano su due leggi e due contratti di lavoro. Nel 2020 in Trentino, ha ricordato, sono nati 4190 bimbi, mentre 11 anni fa erano 5500 ma, ha continuato la professoressa, non è detto che la contrazione continui anche perché le nascite da noi sono a livello degli anni ‘80 – ‘90. Al 31 gennaio 2022 la fascia 0 – 3 anni era composta da 31200 mila piccoli e la situazione della nostra provincia è quindi molto diversa dal resto del Paese. Condivisibile infine la previsione di un Osservatorio permanente sull’andamento demografico, contenuta nel ddl, così come l’analisi sui bisogni delle famiglie che però andrebbe coordinato a livello centrale.

 

Il ministero: il ddl va nella direzione delle direttive nazionali

Ultima audizione le rappresentanti della Commissione per il sistema integrato di educazione e istruzione. La dottoressa Maria Rosa Silvestro del Ministero dell’istruzione e del merito ha fatto alcune osservazioni nel merito tecnico, in particolare in relazione al coordinamento con le norme nazionali, come nel caso delle integrazione dei titoli da parte della Giunta e delle tagesmutter che, per le leggi nazionali, non possono lavorare nei nidi. Preoccupazioni sono state sollevate sulla possibile commistione di bambini di età diverse e insegnanti con formazioni diverse. Ma, in generale, Maria Rosa Silvestro ha detto che viene visto con piacere lo sforzo per un’integrazione zerosei, passo avanti il cambio di definizione degli asili nido con nidi d’infanzia e bene l’avvio di una sperimentazione di due anni. Anche la dottoressa Stefania Bigi ha ricordato che potrebbero nascere problemi per il riconoscimento dei titoli che vengono riconosciuti a livello europeo.

Vanessa Masè, ha ricordato che il Trentino ha una buona tradizione nei servizi all’infanzia e ha risposto alle domande tecniche e ha spiegato che da noi per la fascia 3 – 6 c’è una copertura quasi al 99% e, in seguito al calo demografico, ci sono spazi utilizzabili anche per i nidi. Inoltre, ci sono già esperienze di continuità nido – infanzia, almeno per quanto riguarda le strutture. Sull’articolo 5 sui titoli di studio Masè ha ricordato che c’è un’evoluzione delle professionalità e sarebbe utile inserire figure con esperienze educative diverse, Infine, il ddl punta a rinforzare il riconoscimento del ruolo educativo delle tagesmutter che fanno parte integrante del sistema educativo. Alla base della proposta, ha concluso la consigliera, sta la presa di coscienza, prima di tutto culturale, che i primi mille giorni di vita sono fondamentali per lo sviluppo della persona.

 

Petizione contro l’ “ideologia gender”

Si è affrontata poi la petizione popolare n. 20 che chiede l’approvazione di una legge sulla libertà educativa. L’avvocato Alessandro Fiore, legale dell’onlus Pro Vita e famiglia, e referente della raccolta firme, ha ricordato che la petizione è partita da una caso che ha riguardato una scuola elementare, ma in generale ha l’obiettivo di arginare la diffusione di quella che viene definita ideologia gender. I messaggi che vengono veicolati, ha detto il legale, puntano spesso a mettere in luce positiva il cosiddetto gender fluid, l’utero in affitto e la diffusione nelle scuole della pratica di prendere in considerazione gli studenti in base alla loro dichiarazione di appartenenza sessuale al di là di quella biologica. Una pratica, ha continuato Fiore, che si sta diffondendo e che sta spingendo molti studenti a dichiararsi di sesso diverso da quello biologico. Al punto da arrivare, in molti casi, alla richiesta di un cambio effettivo di sesso. Per Fiore questo fenomeno è stimolato dall’emulazione sociale, che si diffonde anche attraverso i social. Quindi, per l’esponente di Pro vita, c’è la necessità di riportare il dibattito su questi temi in modo profondo e di riconsegnare la libertà e la responsabilità educativa delle famiglie. Potenziando il consenso informato e bloccando iniziative che vanno anche al di là della legge, la transizione di genere e l’utero in affitto. Per questi l’avvocato ha elogiato il ddl n. 148 di Claudio Cia (FdI).

 

Zanella: nessuno può indottrinare un ragazzo a essere quello che non è

Paolo Zanella (Futura) ha ricordato che si sta cercando creare, definendo il gender un’ ideologia, un “mostro” e ha ricordato che la crescita di scelte diverse dal proprio sesso biologico, non deriva dall’influenza sociale, ma dalla maggiore libertà di esprimere, fin da bambini, la propria tendenza di genere non conforme. Comunque, Zanella, riconoscendo la legittimità del ddl Cia, ha annunciato l’ostruzionismo. Un no deciso alla proposta di legge perché limita la libertà delle persone e va nella direzione di creare divisioni e alimenta le teorie complottiste che alimentano l’odio. Nessuno indottrina nessuno, ha aggiunto, tanto meno bambini e ragazzi. Anche perché non si possono indottrinare le persone a diventare quello che non sono. In realtà il retro pensiero è che non bene che le persone siano così liberi. Quindi, per Zanella la petizione è irricevibile. Anche se, ha aggiunto la presidente della Quinta, non spetta alla commissione decidere se una petizione è accoglibile o no. Paola Demagri ha detto che si dovrebbe chiedere una legge sulla libertà e non solo di quella educativa. Anche perché l’evoluzione del pensiero va verso l’autodeterminazione delle persone, e non è pensabile retrocedere alle condizioni nelle quali molte persone in passato venivano emarginate e spinte verso la malattia mentale. Bene quindi, il confronto anche non condividendo la posizione espressa dall’avvocato.

 

Moranduzzo: la proposta di Pro Vita è opportuna

Devid Moranduzzo (Lega), condividendo la petizione, e ha detto d i non capire la posizione di Zanella che non ritiene opportuna una proposta come quella proposta da Pro Vita. Così anche Gianluca Cavada, anche lui della Lega, il quale s’è detto felice della bocciatura del ddl Zan e ritiene sbagliato che nelle scuole, nella fase delicata dell’età evolutiva, entri l’ideologia gender.

 

Coppola: si deve tutelare la diversità dei bambini

Lucia Coppola ha detto di non condividere la petizione perché il punto è che non si diventa si è. E questo risulta evidente nella scuola fin dai primi anni. Se non si tutela la diversità dei bambini e degli adolescenti si incrementa al bullismo e si deve capire che dare un diritto a qualcuno non significa toglierlo a qualcun altro. Se ci sono maggiore persone che appartengono alle categorie Lgbt significa che si vive un una società che accetta chiunque altro. Quindi, la petizione va nella direzione opposta alla libertà educativa anche perché non c’è alcun indottrinamento gender nelle scuole. C’è invece un’educazione alla libertà e alla non discriminazione che stanno alla base della Costituzione. Quindi, anche per l’esponente di Europa Verde la petizione è inaccettabile.

 

Dalzocchio: va rispettata la libertà di espressione di tutti

Mara Dalzocchio ha ribadito che questi temi non sono un tabù e vanno affrontati nel rispetto della libertà di tutti. L’avvocato ha ribattuto che l’espressione teoria di genere viene tranquillamente usato in Francia e nel Regno Unito, quindi il termine non è stato creato per creare mostri. Nessuno poi vuole impedire a giovani con disforie sessuali di seguire i percorsi con i propri psicologi. Non solo, ha aggiunto, in molte realtà inglesi e svedesi si sta tornando in dietro con gli interventi sul cambio di sesso. Anche perché, secondo l’associazione degli psichiatri americani, nell’80 – 90% i minori non hanno una vera disforia di genere. C’è invece un’influenza culturale e informativa che richiede una grande cautela.

 

Sì unanime al regolamento per valutare i ragazzi in educazione parentale

Ultimo punto il parere, favorevole all’unanimità, alla delibera sullo schema di regolamento per la valutazioni degli studenti che scelgono l’educazione parentale (gruppi di genitori che scelgono di educare i figli in alternativa alla scuola pubblica). L’assessore Bisesti ha affermato che si regolamenta ulteriormente quella che viene definita l’educazione parentale che si è rilevata importante nel periodo Covid, anche se al centro deve rimanere la scuola pubblica che è un elemento, oltre che di formazione. Il dirigente generale del dipartimento istruzione Ceccato ha detto che si è evidenziata una forte crescita dell’educazione familiare e quindi la scuola pubblica deve intervenire per valutare la preparazione di questi ragazzi. La dottoressa Monica Zambotti ha affermato che l’obiettivo è quello di tutelare le competenze dei bambini e delle bambine in coerenza con gli obiettivi della scuola pubblica. Il fenomeno è in grande espansione, ha ricordato: si è passati da 40 studenti nel 2014 – 2015 e oggi, anche sotto la spinta del Covid, ci sono 400 studenti che seguono l’educazione parentale. Il regolamento perfeziona il sistema di valutazione, tutelando la scelta dell’istituto. C’è, inoltre, anche la possibilità di regolamentare le esperienze delle scuole non equiparate e dei percorsi di quelli che un tempo si chiamavano istitutori. Condivisione da parte di Lucia Coppola.

 

Rinviato, infine, il ddl n. 148 di Claudio Cia, che ha l’obiettivo di limitare quella che viene definita l’ideologia di genere nelle scuole trentine.

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