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COMUNE DI TRENTO * EMERGENZA COVID: MANARA, « LE PERSONE SONO MOLTO PROVATE DAL PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO ED ECONOMICO »

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09.00 - martedì 28 aprile 2020

“Le persone che sosteniamo sono molto provate dal punto di vista psicologico ed economico”. L’attività del gruppo di Ravina e Romagnano è cambiata con l’emergenza Covid. Rosanna: “Non ci sono più rapporti diretti ma cerchiamo di tenere viva la comunità”.

“Con l’arrivo di questa epidemia il volontariato diventa ancora più importante di prima. Ora il nostro lavoro è diverso, la routine è cambiata. È un’altro modo di fare rete, che ci disorienta un po’, ma bisogna andare avanti”

A raccontarlo è Rosanna Manara, del Gruppo Volontari di Ravina e Romagnano. Un gruppo composto da una quindicina di persone che fa capo alle parrocchie dei due sobborghi e collabora con Trentino Solidale e con la Caritas. Questi volenterosi, anche se non più giovani, dimostrano ogni giorno il valore del darsi da fare per la propria comunità. “Non vogliamo essere solo noi a dare una mano, non abbiamo bisogno di sentirci dire bravi, chiunque lo può fare ed è ben accetto. Perché il volontariato è una cosa che chiama in causa tutti noi, tutta la comunità” spiega Rosanna.

 

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Con l’arrivo del virus cosa è cambiato per voi volontari?
Con l’arrivo del virus siamo rimasti un poco disorientati. Abbiamo dovuto riorganizzarci e capire bene che cosa potevamo ancora fare. Infatti gran parte dei volontari della nostra associazione hanno una certa età e quindi uscire di casa e fare la spesa per gli altri diventava troppo pericoloso. Però la rete di contatti e conoscenze dirette che abbiamo costruito negli anni passati è diventata una risorsa da poter condividere con le associazioni e i soggetti che, in questo momento di difficoltà, si occupano di aiutare gli altri come la Caritas e il Polo sociale. In questo modo abbiamo potuto comunicare i nominativi delle persone che seguivamo e che avevano bisogno di aiuto.

 

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Al momento il punto di ascolto è chiuso?
Per i motivi accennati sopra, in questo momento il punto di ascolto non può essere attivo e allora diventiamo noi il punto di ascolto, con i nostri telefoni. Manteniamo i contatti con tutti i nostri utenti, cerchiamo di capire come stanno, scambiamo due parole. Cerchiamo di sostenerli e capire come se la passano. Le telefonate le facevamo anche prima, ma adesso valgono molto di più, sono più importanti.

 

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E i vostri utenti apprezzano le chiamate?
Ci sono persone molto provate dalla situazione. Provate psicologicamente, ma anche economicamente. Per questo quando telefoniamo ci ringraziano sempre tutti, sono contenti dell’aiuto che diamo. Anche noi volontari siamo un poco provati. Certo possiamo darci da fare lo stesso, ma ora manca il contatto con le persone, non ci sono più i rapporti vivi, diretti. La tristezza per l’inattività è tanta, ma ci sono le telefonate con gli utenti, cerchiamo di mantenere i contatti e di tenere viva la comunità.
Com’era la vostra attività prima del Covid19?
Fino all’11 marzo si distribuiva il cibo offerto da Trentino Solidale e, una volta al mese, portavamo i prodotti a lunga conservazione della Caritas a chi ne aveva bisogno: olio, pasta, alimenti in scatola e tutti quei prodotti che sono essenziali per il sostentamento di una famiglia. Inoltre all’ufficio parrocchiale era aperto anche un punto di ascolto. Per chi aveva bisogno di conforto, ma anche per poter chiedere una mano.

 

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Dunque il punto d’ascolto dava anche un aiuto concreto.
Non basta ascoltare e poi non fare niente. Noi per esempio davamo una mano a compilare le pratiche per richiedere i buoni alimentari del Comune, perché se non sai la lingua allora tutto diventa più difficile e magari non conosci neanche i numeri utili da chiamare in caso di bisogno e neppure le scartoffie che ci sono da fare per richiedere gli aiuti. Altre volte l’aiuto era finanziario, quando ce n’era necessità, altre volte ancora dovevamo essere proprio noi ad aiutare perché spesso la cosa più difficile è fare quel primo passo e ammettere che abbiamo bisogno dell’aiuto di qualcuno.

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