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Intervista a Cesare Hoffer, Coordinatore provinciale Nursing up – Trento

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DEMAGRI – ROSSI – ZANELLA – ZENI * SANITÀ TRENTINA: « » SULL’ORLO DEL BARATRO CAUSA ASSENZA DI VISIONE E GOVERNANCE, È NECESSARIO CAMBIARE PROSPETTIVA »

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13.32 - giovedì 16 giugno 2022

SANITÀ TRENTINA SULL’ORLO DEL BARATRO: ASSENZA DI VISIONE E DI GOVERNANCE. È NECESSARIO CAMBIARE PROSPETTIVA

È sotto gli occhi di tutti lo stato drammatico in cui versa la sanità trentina. La mancanza di personale sta minando la tenuta del sistema e le scelte della Giunta provinciale e dell’Azienda sanitaria rischiano di alimentare il problema, invece di risolverlo o quantomeno gestirlo. Gravi carenze di medici nei pronto soccorso, zone scoperte da medici di base e pediatri, radiologie degli ospedali periferici senza medici e tecnici, punti nascite periferici che sopravvivono solo con gettonisti, salute mentale – reparti e territorio – senza più psichiatri, neuropsichiatrie e neurologie in affanno. A questo si aggiungono ritardi nell’erogazione delle prestazioni, a partire da quelle con codici RAO urgenti, riduzione degli interventi oncologici, impossibilità di garantire a tutti i turisti la dialisi, RSA perennemente alla ricerca di personale infermieristico e assistenziale.

Il problema non è solo la carenza di personale dovuta a un’errata programmazione (in passato sul numero chiuso alla Scuola di Medicina e nell’accesso alle specialità, il governo provinciale ha sempre portato in Conferenza Stato – Regioni l’esigenza di sbloccare l’accesso), ma oggi è anche la fuga di professionisti dal sistema pubblico per scarsa attrattività. Condizioni lavorative peggiorate, scarse possibilità di sviluppo professionale e di carriera, trattamento economico che non valorizza le tante responsabilità, strutture obsolete che non agevolano il lavoro: tutto ciò non solo non attira nuovi professionisti, ma non trattiene nemmeno quelli già dipendenti dell’Azienda sanitaria.

Le timide risposte della Giunta e dell’APSS, purtroppo, rischiano solo di peggiorare la situazione, portando a una progressiva privatizzazione della sanità, tra l’altro con un paradossale aumento dei costi e con una riduzione della qualità dei servizi. La soluzione di ricorrere a gettonisti con costi astronomici e di aumentare i compensi ai libero professionisti sta portando al licenziamento dei dipendenti che poi tornano a lavorare in Azienda con meno stress e più soldi.

È necessario fermarsi, sedersi attorno a un tavolo con tutte le parti coinvolte (assessorato, APSS, UPIPA e Spes, Consiglio dei sanitari, tutti gli ordini professionali della salute, Consulte della salute e delle politiche sociali, Università – con la Scuola di Medicina e il Polo per le professioni sanitarie – e sindacati) per trovare soluzioni condivise alle questioni urgenti e per definire strategie di medio e lungo periodo per dare risposte ai bisogni di salute dei trentini.

Nell’immediato servono risposte alla carenza di medici che devono passare necessariamente da un aumento dell’attrattività e della capacità di trattenere i professionisti da parte del pubblico. La carenza di personale nei pronto soccorso, assieme a quella dei medici di base e delle guardie mediche, con sovraccarico di lavoro, è di sicuro la questione più urgente. I problemi sono collegati, visto che oggi il 57% degli accessi in PS è rappresentato da codici bianchi e verdi che potrebbero essere gestiti sul territorio. Dare maggiore supporto amministrativo ai medici di base, anche a quelli che per dislocazione geografica sono svantaggiati nel partecipare a medicine di gruppo integrate, è quindi cruciale in questo momento.

Capire come riorganizzare i servizi di guardia medica, sempre più carenti, anche in relazione alla prossimità ai pronto soccorso, è una priorità. Pronto soccorso che devono garantire una presa in carico sicura e di qualità, con professionisti preparati e con expertise nel trattare le urgenze, non con medici a rotazione presi dai reparti di degenza, dove sono già oberati di lavoro. Vanno migliorate le condizioni lavorative sgravando i professionisti di lavoro burocratico e organizzativo con figure amministrative (segreterie di reparto, bed manager per ridurre conflittualità tra PS e degenze). Vanno migliorati i contratti e incentivati i professionisti dipendenti per recuperare le liste d’attesa, specie delle prestazioni urgenti. Serve efficientare l’organizzazione, accentrando alcuni servizi per acuti, altrimenti con medici gettonisti non integrati nell’equipe e non selezionati tramite concorso, sicurezza e qualità delle cure verranno meno.

Nel medio termine serve invece garantire la formazione dei professionisti sanitari, in modo da uscire al più presto da questa impasse. Sui medici non sarà tanto la nuova Scuola di Medicina, quanto piuttosto l’aumento dei posti in ingresso e nelle specialità a livello nazionale e con le borse di studio provinciali, a dare risposte al problema, anche se ci vorranno diversi anni per compensare i pensionamenti in atto. Sulla carenza di personale infermieristico e delle altre professioni sanitarie, invece, le risposte potrebbero arrivare in tempi più brevi, se si aumentassero i numeri nella formazione – trovando però spazi adeguati e formatori, se non si vuole ridurre la qualità – rendendo la professione attrattiva sia dal punto di vista dello sviluppo professionale che economico. Serve poi giungere rapidamente alla realizzazione di un nuovo presidio ospedaliero, ripensato alla luce della necessità di modularità palesatesi con la pandemia e formative legate alla nuova Scuola di Medicina.

Un presidio ospedaliero che deve essere centrale nella gestione dell’acuzie e in base al quale ripensare l’organizzazione di cure appropriate e sostenibili sui territori, che mettano al centro prevenzione, medicina e assistenza di base. La programmazione sanitaria provinciale va fatta includendo tutti i servizi della rete, sia ospedaliera che territoriale. Ai cittadini va spiegata l’identità che si vuole dare agli ospedali trentini – che non possono rispondere a criteri elettoralistici, ma di qualità, sicurezza e appropriatezza delle cure – e ai servizi territoriali. A tal proposito le Case della comunità non sono (solo) una struttura da realizzare coi fondi del PNRR, ma devo essere soprattutto un modello di presa in carico integrata socio-sanitaria che mette al centro i bisogni del cittadino e che va progettato e reso sostenibile nel tempo.
Siamo molto preoccupati per la salute dei trentini e per il futuro della nostra sanità. Le risposte alla crisi che il sistema sanitario sta vivendo vanno trovate in modo condiviso con chi nella sanità ci lavora e mettendo al centro appropriatezza, sostenibilità, sicurezza e qualità delle cure cittadini e cittadine.

 

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Paola Demagri – PATT
Ugo Rossi – Azione
Paolo Zanella – Futura
Luca Zeni – Partito Democratico del Trentino

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