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UNIMPRESA * FISCO: «PRESSIONE FISCALE, DAL 42,1% DEL 2024 AL 42,3% NEL 2027, 100 MILIARDI IN PIÙ DI TASSE»

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11.03 - giovedì 25 aprile 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Analisi del Centro studi dell’associazione: insufficienti i provvedimenti attuati finora e quelli programmati. Il vicepresidente Spadafora: «La prossima settimana il Consiglio dei ministri ha una formidabile occasione per cambiare passo». Lo squilibrio sul versante delle prestazioni sociali (pensioni comprese): per 424 miliardi di spesa nel 2023, l’incasso è stato di 269 miliardi

La pressione fiscale in Italia è destinata a salire ancora: se, nel 2024, il peso delle tasse rispetto al prodotto interno lordo si fermerà al 42,1%, nei prossimi anni aumenterà sistematicamente. L’anno prossimo si arriverà al 42,4%, nel 2026 al 42,2% e poi ancora un altro aumento al 42,3% nel 2027, quando nelle casse dello Stato entreranno quasi 100 miliardi di euro in più rispetto al 2023: l’incasso totale passerà infatti da 996 miliardi del 2023 a 1.094 miliardi del 2027. Le stime del governo contenute nell’ultimo Documento di economia e finanza, analizzato dal Centro studi di Unimpresa, dimostrano che gli interventi del governo in campo tributario finora attuati non consentiranno di ridurre il peso delle tasse che grava su cittadini e imprese. Ma nemmeno le misure programmate sono destinate a sforbiciare la pressione fiscale.

Tant’è che il volume delle entrate, in valori assoluti, resterà a livelli altissimi: rispetto ai 996 miliardi del 2023, il gettito dello Stato, tra imposte e contributi vari, salirà a quota 1.011 miliardi nel 2024, a 1.054 miliardi nel 2025, a 1.079 miliardi nel 2026 e a 1.094 miliardi nel 2027. Nell’arco di quattro anni, dunque, si assisterà a una crescita del gettito pari al 9,8%. «Siamo delusi perché riteniamo la riduzione della pressione fiscale un punto imprescindibile del piano del governo per poter mettere il Paese nelle condizioni di crescere, sul piano economico, a un ritmo più robusto rispetto alle previsioni da prefisso telefonico. Noi siamo convinti che qualcosa si possa fare, magari agendo sul versante della spesa, per poter trovare le risorse necessarie. La prossima settimana il Consiglio dei ministri esaminerà una serie di provvedimenti fiscali, per intervenire sull’Irpef e ridurla: è una occasione formidabile per cambiare passo» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

Elaborazioni del Centro studi di Unimpresa sulle cifre del Def consentono di osservare che è previsto un costante aumento sia dell’imposizione diretta sia dell’imposizione indiretta. Nel primo caso si tratta principalmente di Irpef, Ires, Irap e Imu: 320 miliardi nel 2023, 325 miliardi nel 2024, 334 miliardi nel 2025, 342 miliardi nel 2026 e 354 miliardi nel 2027. Per quanto riguarda le imposte indirette – di cui l’Iva è la voce principale – il gettito, arrivato a 294 miliardi l’anno scorso, è destinato a salire come segue: 306 miliardi nel 2024, 312 miliardi nel 2025, 320 miliardi nel 2026 e 327 miliardi nel 2027.

I contributi sociali – per lo più si tratta di versamenti agli enti previdenziali – si sono attestati a quota 269 miliardi nel 2023 e saliranno a 276 miliardi quest’anno, a 300 miliardi nel 2025, a 309 miliardi nel 2026 e a 317 miliardi nel 2027. Ambito che, se analizzato sul fronte della spesa, mostra un evidente squilibrio: le prestazioni sociali in denaro ammontavano a 424 miliardi nel 2023, saliranno a 447 miliardi quest’anno, a 455 miliardi nel 2025, a 467 miliardi nel 2026 e a 480 miliardi nel 2027. Lo sbilancio tra entrate e uscite oscilla da 155 miliardi a 171 miliardi. Una situazione assai pericolosa che porta a generare un indebitamento netto, per le finanze pubbliche, sempre troppo alto, anche se in calo, anche per rispettare i vincoli di bilancio imposto dall’Unione europea, a partire dall’anno in corso, rispetto ai 149 miliardi del 2023: il buco del 2024 sarà pari a 93 miliardi, a 81 miliardi nel 2025, a 69 miliardi nel 2026, a 51 miliardi nel 2027.

Una incidenza negativa sarà apportata dalla spesa per interessi sul debito pubblico: il costo per la remunerazione di sottoscrittori di bot e btp, arrivato a 78 miliardi nel 2023, arriverà a 84 miliardi alla fine di quest’anno, a 88 miliardi nel 2025, a 95 miliardi nel 2026 e a 103 miliardi nel 2027. Quanto alla spesa per gli stipendi dei dipendenti pubblici, che farà registrare un aumento di 10 miliardi nel 2024 rispetto ai 186 miliardi del 2023, arrivando dunque a quota 196 miliardi, non ci dovrebbero essere variazioni significative in futuro, con una previsione di 198 miliardi per tutto il triennio 2025-2027. Discorso diverso, invece, alla voce “consumi intermedi” ovvero tutti gli acquisti di beni e servizi da parte dello Stato, recinto nel quale gli sprechi non sono mai pochi: il 2023 si è chiuso con 173 miliardi di uscite, mentre per quest’anno la previsione è di 176 miliardi. Per il triennio 2025-2027 è prevista una cifra identica: 181 miliardi.

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