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Intervista a Cesare Hoffer, Coordinatore provinciale Nursing up – Trento

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MASÈ (LA CIVICA) * PROPOSTA DI MOZIONE: « RIVEDERE IL DIVIETO DI IMMISSIONE SPECIE ITTICHE NON AUTOCTONE »

Scritto da
11.02 - giovedì 11 aprile 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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A causa del decreto direttoriale 02.04.20 “Criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di cui all’allegato D del DPR 357/1997, e per l’immissione di specie non autoctone, gli ultimi anni sono stati pesantemente condizionati dalle scelte imposte a livello
nazionale anche alla provincia di Trento, sull’immissione di trote fario e altre specie ittiche e per il ripopolamento delle stesse.
Di fatto con il divieto generalizzato di ripopolamenti ittici non autoctoni – che per quanto riguarda il Trentino si tratta appunto della trota fario, il coregone, la trota lacustre e il salmerino alpino – si è completamente stravolto quello che era un paradigma storico del nostro territorio, e cioè la coltivazione delle acque. Un modello ultradecennale che in Trentino ha saputo conciliare la conservazione della fauna ittica autoctona con la diffusa “coltivazione ittica” delle acque ferme e correnti, in cui le associazioni pescatori sono state delegate dalla Provincia alla gestione diretta delle acque e in cui il lavoro di miglioramento sul patrimonio genetico ittico fatto nei 18 incubatoi ha richiesto lunghi anni di lavoro serio, attento e minuzioso sui riproduttori.

La cons. Masè ha voluto quindi raccogliere gli appelli delle associazioni pescatori del Trentino depositando una proposta di mozione per impegnare la Giunta provinciale a interloquire con il Ministero competente per giungere ad un superamento del decreto direttoriale 2 aprile 2020 per
riconsiderare la definizione di non autoctonia data per le specie coregone (Coregonus lavaretus) e trota fario (Salmo trutta) , trota lacustre e salmerino alpino affinché siano riconosciute come para-autoctone o, in alternativa, perché si giunga a semplificare l’attuale previsione normativa che disciplina il contenuto dello studio del rischio per l’immissione di specie non autoctone.

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Proposta di mozione. Revisione del decreto direttoriale 02.04.20 “Criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di cui all’allegato D del DPR 357/1997, e per l’immissione di specie non autoctone. Con l’emanazione del decreto direttoriale del 02 aprile 2020 “Criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di cui all’allegato D del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e per l’immissione di specie e di popolazioni non autoctone”, e in particolare con l’elenco delle specie ittiche di interesse alieutico di cui alla circolare esplicativa prot. 55247/2021, una sorta di tsunami si è abbattuto sul mondo della pesca. Con il divieto generalizzato di ripopolamenti ittici di quelle specie che la citata circolare ha definito come non autoctone – andando pertanto ad escludere, per quanto riguarda il Trentino, la trota fario, il coregone, la trota lacustre e salmerino alpino – si è completamente stravolto quello che era un paradigma storico del nostro territorio, e cioè la coltivazione delle acque. Un modello ultradecennale che in Trentino ha saputo conciliare la conservazione della fauna ittica autoctona con la diffusa “coltivazione ittica” delle acque ferme e correnti, in cui le associazioni pescatori sono state delegate dalla Provincia alla gestione diretta delle acque e in cui il lavoro di miglioramento sul patrimonio genetico ittico fatto nei 18 incubatoi ha richiesto lunghi anni di lavoro serio, attento e minuzioso sui riproduttori.

Se il principio di contenimento di specie invasive e dannose per le acque per cui la normativa europea originariamente nasce è totalmente condivisibile, ben diversa è stata la traduzione normativa e l’applicazione pratica che lo stato italiano ha fatto di questo principio.
Da quell’aprile 2020 sono stati numerosi gli interventi legislativi che si sono susseguiti, che però non hanno di fatto permesso di giungere ad una definizione normativa giusta ed equilibrata. Con la legge 234/2021, art. 1 co. 835 erano stati sospesi i criteri per la redazione dello studio di valutazione del rischio, che è il documento indispensabile per procedere ad autorizzare l’immissione delle specie alloctone, ed è stato istituito un Nucleo di valutazione, composto da rappresentati delle regioni e del Ministero dell’Ambiente, con il compito di analizzare le condizioni che determinano il divieto di immissione di specie non autoctone.

Nel frattempo, la Provincia autonoma di Trento, con due distinti interventi dell’agosto e del dicembre 2021 ha modificato l’articolo 8 della legge provinciale sulla pesca, introducendo il principio per cui lo studio del rischio – contenuto nella carta ittica provinciale – debba avere il solo parere non vincolante di ISPRA e non anche del Ministero competente.
I lavori del Nucleo di valutazione, in seno al quale siede un rappresentante della Provincia autonoma di Trento, sono cominciati nel corso del 2022 e dovevano concludersi al 31.12.2023. Il c.d. Decreto Milleproroghe, convertito in legge il 23 febbraio u.s., ha però da un lato prorogato fino al 30.09.2024 i lavori del Nucleo, e, contestualmente, ha consentito la proroga del periodo transitorio che era stato precedentemente concesso per coloro che si erano avvalsi delle deroghe già ottenute.

Il Trentino aveva però scelto la via dello studio del rischio; il documento per l’immissione della trota fario, adottato con la delibera 1187/2022 vale per tutto il 2024, al termine del quale il Servizio Faunistico dovrà procedere alla stesura di un nuovo documento per gli anni successivi. Al momento dell’elaborazione del documento il Servizio aveva dovuto tenere conto delle indicazioni contenute nell’allegato 3 del citato decreto direttoriale 2 aprile 2020, “Contenuti dello studio del rischio per l’immissione di specie o popolazioni non autoctone per motivazioni diverse dal controllo biologico”, che richiedeva una ingente serie di informazioni di particolare complessità e connotate da una rigidità avulsa dal contesto territoriale.

Tenuto conto che molte sono state le iniziative parlamentari volte a sollecitare una revisione della tabella delle specie ittiche proposta dal Ministero, onde superare le incertezze causate dalla circolare n. 55247/2021, affinché si decreti la para-autoctonia delle specie coregone (Coregonus lavaretus) e trota fario (Salmo trutta), come già stabilito per la specie carpa (Cyprinus carpio) e persico reale (Perca fluviatilis), specie ittiche che non sono peraltro ricomprese nella lista delle specie aliene invasive di cui al regolamento UE 1143/2014; e anche per ridefinire i contenuti dell’allegato 3 del citato decreto direttoriale al fine di rendere i criteri per l’ottenimento dell’autorizzazione più attuabili;

considerato che il citato decreto è di natura direttoriale e che potrebbe essere agevolmente superato da un decreto ministeriale che tenga conto delle moltissime criticità sollevate, peraltro confermate anche dagli esiti contrastanti emersi in seno al Nucleo di valutazione;

considerato inoltre quanto questa impostazione legislativa stia inficiando la sopravvivenza stessa delle associazioni pescatori trentine, fulcro della gestione delle acque provinciali, che stanno subendo una costante diminuzione degli associati con un costante calo anche delle molte attività ambientali nel tempo organizzate; infatti, non poter più coltivare a trote le acque minori e le acque lacustri, significa andare incontro a una inevitabile perdita degli iscritti (che per alcune associazioni sono già arrivati ad un -40%), fino a rendere insostenibili le gestioni, compresa anche l’azione di sostegno e di ripopolamento delle specie più bisognose di tutela come la marmorata: avere le sole marmorate negli impianti ittiogenici può renderne insostenibile, dal punto di vista economico, il mantenimento senza poi trascurare il fondamentale ruolo di sentinelle delle acque che i pescatori hanno sempre avuto;

valutato quanto ciò impatti dal punto di vista sociale e sanitario – considerato ad esempio quanto la pratica dilettantistica della pesca rappresentasse occasione di movimento e socialità – ma anche economico ed occupazionale. Giova infatti ricordare che oltre a minare gli esercizi commerciali specifici, la pesca professionistica, la compromissione della storica attività di pesca mette in discussione anche un lavoro capillare di offerta turistica costruita sulla pesca, che aveva il pregio di allungare la stagione oltre i normali periodi e in località non necessariamente inserite nei circuiti turistici più frequentati. Non da ultimo, i risvolti negativi in termini occupazionali si riflettono anche sui dipendenti delle associazioni pescatori più strutturate, che avevano unità di personale ulteriore rispetto a quello finanziato dalla Provincia, per coprire tutti i fabbisogni;

visto che innegabilmente le zone vocate alla marmorata non coprono l’intero reticolo idrografico provinciale e dato che nei corsi d’acqua minori e in quota essa non vive, si determina di fatto la scomparsa della vita alieutica in molte delle acque trentine, messa in discussione anche dei massici prelievi di pesci causati dagli uccelli ittiofagi; correlato a ciò, non è inoltre trascurabile il ruolo che fino ad oggi hanno avuto pescicolture ed incubatoi come strutture volute per integrare nell’ambiente giovani esemplari finalizzati alla sopravvivenza della popolazione, tenuto anche conto dei frequenti fenomeni di pieni o eventi che vanno ad incidere sulla portata dei corsi d’acqua, oltre che, come detto, della minacciosa presenza di cormorani e aironi;

attestato che solo nel 1829 si è individuata la trota marmorata come specie distinta dalla fario: prima di tale data, anche il padre della sistematica, Linneo, parlava solo di trota. Pertanto, la data del 1500 individuata come linea spartiacque per definire l’autoctonia o
meno di una specie non può risultare attendibile posto che per i tre secoli successivi si è parlato solo di trote, senza distinguere tra fario, lacustre e marmorata.

Tutto ciò premesso il Consiglio provinciale impegna la Giunta provinciale
interloquire con il Ministero competente per giungere ad un superamento del decreto direttoriale 2 aprile 2020 con un decreto ministeriale che:
riconsideri la definizione di non autoctonia data per le specie coregone (Coregonus lavaretus) e trota fario (Salmo trutta) , trota lacustre e salmerino alpino affinché siano
riconosciute come para-autoctone;
o, in alternativa, semplifichi l’attuale previsione normativa che disciplina il contenuto dello
studio del rischio per l’immissione di specie non autoctone, affinché si superi la sua inattuabilità attuale, rendendolo uno strumento più semplice e più rispondente alla realtà territoriale cui si applica, avvicinandolo alla Carta Ittica, e stabilendone una durata almeno triennale.

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