(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –
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Oggetto: osservazioni alla variante PUP 2022
PREMESSA. Non si ha memoria di varianti a un piano urbanistico (o territoriale, qual è realmente il PUP) altrettanto prive di contenuto: in particolare, con riferimento al sistema infrastrutturale, la si confronti con il PUP del ’67, nel quale le autostrade per connettere il Trentino con il resto d’Italia erano disegnate in dettaglio, anche se, purtroppo, si trattava di segni tracciati sulla carta senza il minimo riguardo alla loro fattibilità. L’esempio più eclatante rimane l’autostrada per la Lombardia (che oggi chiameremmo “corridoio ovest”) in galleria da Nago con pendenza al venti percento, tre svincoli in due chilometri nella piana della Sarca e un tracciato in roccia fino al confine lombardo. Per evitare altri imbarazzanti fallimenti, le successive versioni del PUP hanno usato spesso simboli generici per indicare ipotetici collegamenti tra due punti del territorio provinciale. Tuttavia, la variante approvata il 28 ottobre va oltre, introducendo nel PUP l’indefinita prospettiva di un possibile potenziamento della connettività con il Veneto, senza indicare il modo, neppure pressappoco. Senza pertanto considerare, neppure approssimativamente, le conseguenze. Ci si chiede che senso abbia – e come si possa approvare – una variante agli strumenti di gestione del territorio così vacua e inconsistente.
In realtà, la reticente locuzione “corridoio est” ha un ovvio significato: il prolungamento in Trentino dell’autostrada A31 (detta della Valdastico) e la sua connessione all’autostrada del Brennero A22. Siamo nuovamente di fronte a un fatto inedito: non si era mai visto nel governo del territorio un caso altrettanto spettacolare d’ipocrisia politica, d’intenzioni goffamente nascoste dietro centinaia di pagine che parlano d’altro, evitando così di fare i conti con l’insostenibilità e l’inutilità dell’opera vagheggiata, cui tuttavia alcune parti politiche devono (o credono di dovere) una quota rilevante dei loro consensi. Quindi, per confutare le reali motivazioni della variante, occorre preliminarmente rifarsi allo studio recentemente commissionato dalla Giunta alla società Price waterhouse Coopers Business Services (CwP) di Londra, riferimento indispensabile per dare un qualsiasi significato agli elaborati che costituiscono la variante.
LA RELAZIONE DELLA CWP
In realtà, dalla relazione sull’impatto socio‐economico della Valdastico commissionata dalla PAT alla CwP si ricavano più interrogativi che risposte. Eccone alcuni.
Sostenibilità economica. Che senso ha investire 3300 milioni di euro in un’autostrada da cui si spera di ricavare appena 53 milioni lordi all’anno? Per ammortizzare l’opera – nell’ipotesi assurda che la sua gestione sia a costo zero – non basterebbero 62 anni. La manutenzione (ordinaria e straordinaria) di un’autostrada con queste caratteristiche costa annualmente, in media, circa 1,25 % del costo di costruzione, cioè oltre 41 milioni l’anno. Includendo i costi generali di gestione il profitto prevedibile è nullo o negativo. Dunque: che senso ha un investimento di 3300 milioni di euro in perdita totale?
Quanto costa, veramente? I conti non tornano: l’autostrada è lunga quasi 50 km, il costo per chilometro è stimato in 113 milioni, quindi il costo dell’autostrada dovrebbe essere circa 5600 milioni, non 3300. Che credito si può dare a un’analisi economica che contiene incongruenze così grossolane?
Chi paga? A caval donato non si guarda in bocca? La relazione guarda a questo progetto come al dono di un anonimo filantropo, ma i 3300 (o 5600?) milioni non sono risorse prelevate da fondi privati, sono risorse che saranno fornite dai cittadini con il pagamento dei pedaggi sulla rete autostradale gestita dal Concessionario. Quindi, soldi pubblici che non possono essere sprecati in opere di scarsa o nulla utilità.
Vantaggi sui tempi. Il risparmio di tempo per il trasporto leggero sarebbe di 20 minuti (un minuto risparmiato ogni 165‐ 280 milioni). Il vantaggio va però ponderato in relazione alla durata del viaggio: su un viaggio di un’ora, si risparmierebbe un terzo del tempo, un discreto vantaggio. Ma per viaggi di questa durata, la relazione prevede un uso irrilevante dell’autostrada: la maggior parte del traffico è ipotizzata su viaggi di almeno due ore, dove il risparmio di tempo è molto meno incentivante (un sesto o meno), a fronte del disagio di percorrere 40 km di gallerie quasi ininterrotte (alcune estremamente lunghe) e della totale perdita del paesaggio trentino, tanto celebrato. Il vantaggio di tempo sul trasporto pesante (25 minuti) appare ancor meno rilevante, considerati i tempi medi del trasporto delle merci.
Vantaggi per la Valsugana. La relazione riporta quanto già noto, e cioè che il traffico sulla SS 47 è in gran prevalenza provinciale. Con il completamento della Valdastico, infatti, nella Valsugana la riduzione prevista per il traffico leggero è un impalpabile 4 % e per il traffico pesante un modestissimo 14 %. Si sostiene che la riduzione salirebbe a ben il 55 % con l’introduzione di un pedaggio. Ammettiamo sia vero: se a essere efficace è il pedaggio – non l’autostrada – tanto vale introdurlo subito, risparmiando 3300 (o 5600?) milioni, sette anni di lavori e i danni paesaggistici e ambientali.
Occupazione. La tesi che opere per varie migliaia di milioni creeranno molti posti di lavoro merita il premio La Palice: qualcuno dovrà pur essere impiegato per realizzarle, per quanto inutili e assurde, come il keynesiano scavare buche per poi riempirle. Quindi, qualsiasi infrastruttura di pari valore – anche la più antieconomica e la più dannosa – produrrebbe la stessa occupazione. Ma costruire un’opera che divorerà risorse per tutta la sua esistenza non è certo il modo migliore di creare occupazione stabile. Esistono impieghi indubbiamente più produttivi per quel cospicuo capitale.
Incremento turistico. Non si sa da dove scaturisca la stima di un aumento del 20 percento delle presenze turistiche dal Veneto e dal Friuli Venezia Giulia (incremento ipotetico che vale meno del 3 percento delle presenze turistiche complessive) interamente causato dal minor tempo di viaggio.
Ne siamo certi? Per un percorso di tre o quattro ore, venti minuti – il tempo di una sosta in un’area di servizio – sono un decimo scarso del tempo di viaggio. Oltretutto, per risparmiarli si dovrebbe usare una scorciatoia da incubo (40 km di gallerie). Difficile pensare che sia un’opzione incentivante nella programmazione delle vacanze. Soprattutto considerando che, per chi proviene dal Friuli Venezia Giulia o dal Veneto orientale è già oggi (e rimarrà domani) più conveniente passare per la Valsugana in termini di tempo, chilometri e pedaggi: si risparmiano 16 minuti, 84 km, 19 € (A4 Meolo‐Roncade, A22 Trento nord). Il presunto vantaggio di 20 minuti si riduce in realtà a 4, con una spesa aggiuntiva di circa 30 euro tra pedaggi e carburante: da queste zone l’incremento turistico prevedibile è pari a zero.
Danni
La relazione non dedica neppure una riga ai costi ambientali e paesaggistici causati dalla sua realizzazione, come non facessero parte dell’impatto socio‐economico.
LA VARIANTE AL PUP. Chiarito in premessa di cosa tratti realmente la variante, prima di valutare la sua documentazione si devono ancora ricordare alcuni eventi: appena annunciata la sua adozione, al coro dei dissenzienti si sono aggiunti gli industriali di Vicenza, che (sapendo benissimo cosa nasconde la metodologica vacuità della variante) reputano inutile un prolungamento verso Rovereto, ritenuto invece una ghiotta opportunità dai loro colleghi trentini. Il presidente della Provincia si è affrettato a chiarire che le indicazioni della variante (quali?) non sono vincolanti e che lo sbocco in Trentino può essere qui o là, a scelta, purché l’autostrada si faccia. Ciò conferma l’inutilità dell’opera e spiega l’ineffabile vaghezza di questa variante.
Poiché le ragioni di questo irriducibile desiderio autostradale rimangono tuttora inesplicate, non resta che esaminare la documentazione prodotta, tutt’altro che persuasiva nonostante la corposa mole. Sostenere l’insostenibile richiede abilità non comuni: dati inesatti o argomenti fallaci prima o poi
rivelano la loro inconsistenza. Nella variante, la Provincia si è ben guardata dal tentare di dimostrare l’utilità dell’opera fornendo dati e previsioni. Il goffo tentativo, come si è visto, è stato affidato alla PricewaterhouseCoopers Business Services di Londra che, per produrre una relazione possibilista, ha dovuto arrampicandosi sugli specchi, a sprezzo del ridicolo.
Reticenze. Per la variante al piano urbanistico provinciale si è ritenuto preferibile evitare persino le parole “autostrada”, “A31” o “Valdastico”. Si dichiara, piuttosto, che l’obiettivo è “valutare l’opportunità di prevedere una ridondanza dei punti di interconnessione tra il Corridoio Est e i Corridoi Scandinavo‐ Mediterraneo e Mediterraneo”. Ridondanza è termine usato qui opportunamente, visto che il collegamento autostradale con il Veneto esiste già.
Ovvietà. Ci si affida alla mole dei documenti, come se le decisioni pubbliche si valutassero a peso o in base al numero di pagine. Si può immaginare che produrre diligentemente questa documentazione abbia richiesto un notevole sforzo, e il risultato è certamente interessante per chi voglia approfondire la conoscenza del nostro territorio: l’analisi multicriteria si estende dalle dinamiche demografiche e migratorie all’andamento dei vari settori economici (agricoltura, industria, turismo, servizi). Da questi dati “scelti e pesati dal decisore” si ricava il “fabbisogno di potenziamento della connettività”. Scoprendo così, dopo innumerevoli mappe e tabelline, che il Primiero e il Tesino sono le parti peggio collegate del Trentino. Come già ben si sapeva. Quello che rimane ignoto è il modo in cui il loro indubbio “fabbisogno di potenziamento delle connettività” troverebbe soluzione con il prolungamento dell’A31. Se non, indirettamente e marginalmente, per il presunto minore traffico sulla SS 47; che tuttavia, come tutti ormai dovrebbero sapere, è quasi interamente generato dalla Valsugana. Dall’analisi multicriteria si dovrebbe concludere, piuttosto, che è la SS 47 ad avere necessità di qualche opera non ridondante, come il by‐pass dei laghi di Caldonazzo e Levico.
Descrizioni enciclopediche e valutazioni ipotetiche. Il documento più interessante è la Valutazione ambientale: una relazione di 250 pagine in gran parte dedicate a una descrizione analitica dell’intero territorio provinciale: orografia, idrografia, sismicità, assetto floristico e faunistico (esaminato con straordinario dettaglio), cambiamenti climatici, inquinamento ecc. La parte relativa alla valutazione delle conseguenze dell’opera (non è chiaro in quale tracciato ipotetico) è invece molto sintetica. E s’intuisce la ragione: in primo luogo, perché è impossibile valutare gli effetti di un’opera di cui non esiste una descrizione ma solo l’indicazione di vaghi obiettivi; in secondo luogo, perché entrando nel dettaglio si rischiano brutte figure. Ma si possono collezionare figuracce anche rimanendo nel vago, come quando si afferma: “è del tutto evidente […] che si può considerare integrato nella proposta del PUP l’obiettivo della riduzione delle emissioni climalteranti e di inquinanti in atmosfera”. Perché perdere tempo a calcolare quanti anni occorreranno per assorbire la CO2 prodotta per realizzare e tenere in esercizio l’opera a fronte della modesta riduzione del percorso, dell’aumento del dislivello e dello scarso traffico prevedibile, quando l’obiettivo è già “integrato”? Perché perdere tempo a valutare gli effetti ottenibili impiegando quelle risorse economiche in altri scenari della mobilità? È quantomeno dubbio che, in questo caso, l’affermazione “è del tutto evidente” sia scientificamente accettabile. A costo d’essere tacciati di scetticismo pregiudiziale, avremmo gradito una dimostrazione esaustiva.
Sul problema del consumo di suolo la vaghezza è, se possibile, ancora maggiore. Si afferma che “non è possibile stimare l’incremento della superficie urbanizzata dovuta all’attuazione del piano, che dovrà essere valutata nelle successive fasi” (come – data l’assenza di un progetto, sia pure di massima – ogni altra valutazione). La Valutazione ambientale presume, tuttavia, che la variante “potrà avere anche effetti positivi sulla componente suolo in relazione, ad esempio, a potenziali dinamiche di valorizzazione delle produzioni di particolare qualità e tipicità localizzate lungo il percorso.” Difficile immaginare quali benefici attendono la “componente suolo” attraversata da una serie di gallerie.
Risultati paradossali di una valutazione immaginaria. Oscillando tra l’impossibilità di prevedere l’ignoto e l’ottimistica speranza che tutto andrà comunque per il meglio, il Rapporto ambientale si conclude con un capitolo surreale sulle “Misure di mitigazione e compensazione” dove, in sostanza, si sostiene che le “eventuali infrastrutture”, devono essere pensate come “un sistema multimodale, gerarchicamente inter‐connesso, di infrastrutture e servizi per la mobilità delle persone e il trasporto delle merci, piuttosto che come un semplice collegamento tra i suoi estremi”. Si suggerisce, inoltre, “di evitare la creazione di una specializzazione esclusiva e di ricercare, piuttosto, integrazioni reciproche tra le diverse infrastrutture in grado di creare un effetto rete.” Tutto il contrario di un susseguirsi per 40 km di tunnel autostradali per collegare l’A31 all’A22. Insomma: lette attentamente le “misure di mitigazione e compensazione”, che in realtà sono prescrizioni a carattere ipotetico, si dovrebbe concludere che “quest’autostrada non s’ha da fare”. Ma allora, a che serve la variante? Pare che nessuno abbia spiegato alla società bolognese che ha redatto la Valutazione ambientale quali siano le reali intenzioni delle Giunte venete e trentine.
Eccipienti normativi e procedurali. Non manca, infine, una cospicua rassegna del contesto normativo e pianificatorio, dall’ambito locale a quello sovranazionale, né un’articolata disamina delle fasi procedurali passate e future. Tuttavia, le domande fondamentali rimangono senza risposta: a chi e a cosa serve “l’eventuale infrastruttura”? Quali effetti produrrà sui flussi di traffico? Che impatto avrà sulla mobilità generale? Che impatto avrà sull’ambiente e sul paesaggio? Quanto costerà e chi la pagherà, realmente? Forse qualcuno lo sa, di certo nessuno lo dice.
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Reali obiettivi. L’inconsistenza o l’assenza di argomentazioni rendono ormai evidente lo scopo del vagheggiato prolungamento dell’A31: non si sta progettando un’autostrada, si sta architettando – con la complicità della Provincia autonoma di Trento – uno stratagemma per conservare una lucrosissima concessione facendo finta d’impegnarsi nella costruzione di un’opera totalmente inutile ed economicamente insostenibile. Lo dimostra, in ultimo, la stessa relazione CwB, che affronta il compito impossibile di dimostrare l’indimostrabile con argomentazioni stravaganti e omissive. S’invita il Consiglio provinciale a riesaminare criticamente il suo contenuto e a leggere attentamente l’esplicita avvertenza finale:
You should not act upon the information contained in this publication without obtaining specific professional advice.
(Cioè: non agire in base alle informazioni contenute in questa pubblicazione senza una specifica consulenza professionale).
Reale contenuto della variante. La variante al PUP adottata non affronta nessuno dei temi implicati nella realizzazione dell’opera (di cui non indica neppure vagamente il tracciato e le caratteristiche) ma assume come indimostrabile articolo di fede “l’opportunità di prevedere una ridondanza dei punti di interconnessione tra il Corridoio Est e i Corridoi Scandinavo‐Mediterraneo e Mediterraneo”.
Nella sostanza, la Giunta chiede al Consiglio provinciale una delega in bianco per la realizzazione di un’opera di cui è impossibile dimostrare razionalmente l’utilità, di cui sono evidentissimi i danni economici, ambientali e paesaggistici, e di cui è palese l’incoerenza con gli indirizzi nazionali ed europei per la mobilità. Assodata l’improponibile inconsistenza e l’ipocrita vaghezza della variante, Italia Nostra chiede che sia ritirata o – qualora giunga in Consiglio provinciale – sia respinta dal voto dei consiglieri che ancora antepongono, a ogni altro, l’interesse della comunità che rappresentano, auspicando siano la maggioranza.
Una proposta. Con una frazione dell’enorme capitale che i cittadini sarebbero indirettamente chiamati a fornire, si potrebbe significativamente migliorare la SS 47, infrastruttura fondamentale per la mobilità trentina, a cominciare dal by‐pass in galleria della zona dei laghi di Levico e Caldonazzo, con effetti certamente positivi su turismo, paesaggio e ambiente. L’ipotizzato pedaggio, oltre a scoraggiare il traffico pesante, potrebbe concorrere al suo finanziamento e a quello delle altre opere di adeguamento e mitigazione che dovrebbero comporsi in un quadro complessivo e definitivo di riqualificazione infrastrutturale, paesaggistica e ambientale della Valsugana. Se la Concessionaria veneta vorrà offrire il suo contributo, sarà la benvenuta.
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Il Consiglio della sezione trentina d’Italia Nostra