Il grande malato è la Sanità trentina di Rolando Fondriest e Renzo M. Grosselli (Onda).
Si spingono più in là assessorato e Azienda Sanitaria. Verso la privatizzazione del settore portante dello Stato Sociale. Dopo aver cercato, con passi disastrosi o inconcludenti, di affidare ai privati, magari amici, la realizzazione dell’ospedale di riferimento provinciale, Trento, e di quello di Fiemme, Fassa e Cembra, facendo sparire nottetempo i finanziamenti già in bilancio per la sua ristrutturazione, che ora dovrebbe avvenire in località inadatta e con distruzione di una fetta delicata di territorio.
Intanto il settore annaspa: non si trovano più “medici condotti”, i pronti soccorso e le maternità rischiano di rimanere sguarniti, gli ospedali sul territorio dopo anni di “castigo” non hanno ancora trovato una nuova identità e verso la medicina territoriale basata sui distretti sanitari non si è fatto nulla. Se non dare i numeri: tre distretti, sei dipartimenti, cosa ripetuta in successivi documenti di assessorato ed Azienda che più in là non sono andati.
Caratteristica comune delle ultime amministrazioni, anche di centrosinistra autonomista, che hanno governato il Trentino è la mancanza di una programmazione a lungo raggio: la Sanità è stata ed è oggetto di tagli indiscriminati, processi di profonda burocratizzazione e trattata alla stregua di una semplice voce passiva nel bilancio.
Se consideriamo necessario e prioritario garantire l’efficienza della sanità pubblica, le strategie individuate e attuate hanno dimenticato che al centro ci sono soggetti umani con i loro bisogni, aspettative, esigenze, responsabilità. Dignità. Questi soggetti si chiamano ‘pazienti’ e ‘operatori’. I primi sembrano ridotti ormai a produttori di profitto per il sistema sanitario provinciale.
I secondi faticano a trovare considerazione da parte di chi governa e gestisce la sanità con rigorose logiche di aziendalizzazione, lamentano carichi di lavoro insostenibili ed eccessivi compiti burocratizzati, non trovano idoneo riscontro in termini di rinnovo contrattuale e di adeguamento remunerativo, patiscono effetti crescenti di demotivazione professionale, sfiducia e azioni di contenzioso da parte dell’utenza. A cosa è servito istituire in Trentino una scuola di formazione per medici di base, una scuola delle professioni sanitarie e, ultima nata, una facoltà di Medicina, se poi si correrà il rischio di perdere parte di questo importante capitale umano?
La politica al governo dell’autonomia e della ‘eccellenza trentina’ ha dato prova di incapace gestione della sanità, attraverso ripetuti cambiamenti di direzione e costante protervia: debole, senza un chiaro pensiero di riforma, dipendente in tutto e per tutto dalla burocrazia.
L’Assessora Segnana, l’Azienda Sanitaria… ma l’Azienda Sanitaria ha fallito nei suoi fondamentali principi, di ascolto, coinvolgimento attivo e valorizzazione dei collaboratori, sapiente capacità organizzativa. I casi noti o meno di mobbing e disagio in ambito lavorativo ne sono testimonianza.
Malessere profondo percepibile anche presso il personale delle case di riposo e della medicina territoriale. Risultato? Perdita di attrattività nel settore medico e infermieristico, dall’emergenza alla specialistica a quello del privato convenzionato, con dilagante fenomeno di dimissioni fra il personale sanitario.
Le grida di allarme sono state lanciate da tempo, attraverso proposte articolate di società scientifiche e denunce dei sindacati e degli Ordini. Ma nel nostro Trentino è allarme personale sanitario. La carenza di medici (pronto soccorso e 118, anestesia-rianimazione, pediatria, ginecologia, psichiatria, fra i servizi più in sofferenza) viene riferita dall’assessora Segnana come un problema comune a molte regioni.
Evidentemente, la peculiarità autonomistica e ambientale del Trentino non è in grado di rendere appetibile l’offerta di lavoro in questo territorio per la classe medica. Quali alternative nell’immediato?
La privatizzazione dei servizi: soluzioni rischiose sul piano della sicurezza e delle competenze cliniche, attraverso il reclutamento di medici e infermieri di cooperative per garantire la continuità di servizi come il pronto soccorso e i punti nascita, in tutti gli ospedali della nostra provincia. Con una contropartita svantaggiosa per il bilancio pubblico. E pensare che in azienda, già una ventina di anni fa, si parlava in maniera blasfema di “valorizzazione delle risorse umane”…
Altra soluzione, indicata da questa Giunta, l’estensione di servizi in convenzione con le strutture private accreditate… La gestione della ‘res publica’ affidata alla tecnocrazia del privato, con socializzazione degli oneri e privatizzazione dei profitti, senza che la qualità dei servizi ne risenta in maniera rilevante.
La realtà ospedaliera come servizio pubblico, pur tecnologicamente più sviluppata, è rimasta culturalmente e organizzativamente inadeguata alle istanze dell’utenza, vittima di politiche sbagliate come l’aziendalizzazione, la razionalizzazione intesa come drastica riduzione del personale, l’economicismo esasperato, la mancata analisi dei bisogni e l’assenza di ascolto delle varie componenti.
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Rolando Fondriest e Renzo M. Grosselli (Onda)