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LANCIO D'AGENZIA

ISTAT * RAPPORTO BES 2023 * PAESAGGIO E LUOGO DI VITA, « LA MAGGIOR QUOTA DELLE PERSONE SODDISFATTE È AL NORD, AL TOP IL TRENTINO ALTO ADIGE (92,6%) »

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11.39 - mercoledì 17 aprile 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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L’Istat presenta l’undicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes).. Attraverso l’analisi di un ampio set di indicatori statistici, integrata da approfondimenti tematici, il Rapporto offre una lettura approfondita dei livelli, delle tendenze e delle disuguaglianze di benessere che si possono osservare nei 12 domini in cui si articola il framework Bes: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi. In questa edizione l’attenzione è posta, in particolare, sugli andamenti più recenti e sul confronto con il periodo pre-pandemico. Oltre la metà dei 152 indicatori analizzati nel Rapporto è aggiornata al 2023 con dati definitivi.

 

Il Benessere equo e sostenibile in Italia, una visione di insieme

L’andamento recente degli indicatori Bes è prevalentemente positivo: poco più della metà dei 129 indicatori per cui è possibile il confronto sono migliorati rispetto all’anno precedente, il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile. Si discostano dal quadro generale i domini Ambiente e Sicurezza, dove le dinamiche sono meno positive. Soltanto quattro dei 16 indicatori di Ambiente migliorano nell’ultimo anno a fronte dei sette che peggiorano. Peggiorano in aggiunta gli indicatori relativi al meteo clima. Nel dominio Sicurezza migliorano soltanto due indicatori soggettivi: la percezione di sicurezza camminando da soli quando è buio e la presenza di elementi di degrado nella zona in cui si vive. Invece sono in peggioramento tutti gli indicatori sui reati predatori e la percezione del rischio di criminalità nella zona in cui si vive.

Anche rispetto al 2019 la tendenza è prevalentemente positiva: migliorano 67 indicatori sui 131 per cui è possibile svolgere il confronto, 24 sono stabili, 40 si trovano invece su un livello peggiore del pre-pandemia. Tra i domini caratterizzati dall’andamento meno favorevole, con la maggiore quota di indicatori in peggioramento (quattro su nove in entrambi i casi) ci sono Paesaggio e patrimonio culturale e Relazioni sociali.

L’analisi per genere evidenzia uno svantaggio femminile per 38 degli 88 indicatori disponibili per il confronto. Lo squilibrio maggiore tra i livelli degli indicatori riferiti alle donne rispetto a quelli degli uomini, riguarda la composizione degli organi decisionali e dei Consigli regionali. Gli svantaggi femminili più numerosi si osservano invece nei domini Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (sette indicatori su 12) e Benessere economico (cinque indicatori su nove). Le donne sono svantaggiate anche rispetto alla percezione di sicurezza camminando da soli quando è buio nella zona in cui si vive (il 72,4% degli uomini si sente sicuro rispetto al 52,1% delle donne).

Gli indicatori di benessere per i quali la condizione delle donne è più favorevole sono nel complesso 27, concentrati nei domini Salute (otto indicatori su 15) e Istruzione e formazione (sette su 13).

La popolazione con titoli di studio più bassi, nell’ultimo anno di aggiornamento dei dati, risulta in svantaggio per 49 dei 60 indicatori disponibili per il confronto. Il divario è particolarmente marcato per la percentuale di occupati che lavorano da casa, che nel 2023 varia tra il 2,1% per le persone con al massimo la licenza di scuola secondaria di primo grado e il 27,4% dei più istruiti.

Il livello di istruzione più elevato costituisce un elemento di protezione rispetto a numerosi indicatori di disagio economico. Tra i laureati lo 0,6% vive in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale nel 2022 (la percentuale sale al 7,5% tra coloro che hanno al massimo la licenza media) e l’1,7% ha dichiarato di arrivare a fine mese con grande difficoltà, la quota tra i meno istruiti è di oltre sei volte più alta (10,7%). L’incidenza della povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio: nel 2022 è pari al 13,6% tra chi ha al massimo la licenza di scuola media e scende al 2,2% tra chi ha conseguito un titolo terziario.

Le persone con alti titoli di studio sono più favorite nel mercato del lavoro. Il tasso di occupazione
(fascia di età 20-64 anni) dei laureati è infatti pari all’81,6%, quasi 28 punti percentuali in più rispetto allo stesso tasso calcolato tra la popolazione con al massimo la licenza media.

Più elevati livelli di istruzione si associano anche a migliori condizioni in termini di partecipazione, sia sociale che culturale. Nel 2023 tra i laureati l’attività di volontariato raggiunge il 13,4% (il triplo rispetto a chi possiede al massimo la licenza media), la partecipazione sociale è quasi tre volte più alta rispetto a quella riscontrata tra la popolazione meno istruita (44,8% rispetto al 16,6%) e la partecipazione civica e politica è quasi doppia (80,5% rispetto al 47,4%).

L’analisi dei 132 indicatori Bes per cui è disponibile il dettaglio regionale, nell’ultimo anno di riferimento dei dati, delinea un chiaro gradiente tra le regioni del Centro-nord, su livelli di benessere migliori, e quelle del Mezzogiorno. Classificando le regioni italiane in cinque classi di benessere relativo (bassa, medio-bassa, media, medioalta e alta), le regioni del Nord-est si caratterizzano per i maggiori livelli di benessere, con oltre la metà degli indicatori nelle due classi più elevate e non più di un quinto nelle due classi di coda. Per le regioni del Mezzogiorno la situazione si inverte, con oltre il 55% degli indicatori nelle classi bassa e medio-bassa (circa il 70% in Campania e Sicilia) .

Nel confronto con le altre regioni della ripartizione di appartenenza, Liguria, Veneto e Lazio presentano profili meno favorevoli mentre Abruzzo, Molise e Sardegna sono meno sfavorite .

Nell’ultimo anno di riferimento dei dati la più alta disuguaglianza tra le regioni si osserva nei domini Benessere economico e Paesaggio e patrimonio culturale, seguiti da Ambiente. Nel primo dominio, le maggiori disuguaglianze territoriali sono rilevate dagli indicatori di grande difficoltà di arrivare a fine mese (che varia tra l’1,4% e il 24,3%) e grave deprivazione materiale e sociale (dall’1,0% al 14,0%). Nei domini del Paesaggio e patrimonio culturale e Ambiente numerosi indicatori rilevano una notevole variabilità territoriale. Tra questi la densità e rilevanza del patrimonio museale, la densità di verde storico, la diffusione delle aziende agrituristiche, l’impatto degli incendi boschivi e l’esposizione della popolazione al rischio di alluvioni. All’opposto nei domini Salute, Politica e istituzioni e Benessere soggettivo la disuguaglianza tra le regioni è bassa per tutti gli indicatori.

Il confronto con l’Europa, possibile per 38 indicatori che coprono tutti i domini del Bes a eccezione del Paesaggio e patrimonio culturale, mostra una situazione peggiore per l’Italia nella maggior parte dei casi (25 indicatori).

Eccezioni positive sono rappresentate dai risultati dei domini Sicurezza, Salute e Ambiente, dove tutti i sette indicatori disponibili per il confronto rilevano per l’Italia livelli di benessere migliori della media dei paesi dell’Unione europea. Tra le differenze più rilevanti si segnalano: il tasso di omicidi che in Italia è ben al di sotto della media dei 27 Paesi (0,5 per 100mila abitanti nel 2021 rispetto a 0,8); la mortalità evitabile della popolazione italiana di 0-74 anni che è di oltre 10 punti più bassa del valore medio Ue27 (19,2 rispetto a 29,4 per 10mila); la speranza di vita alla nascita (82,8 anni in Italia contro 80,6 nell’Ue27 nel 2022).

Nel dominio Benessere economico la grave deprivazione materiale e sociale (4,5% in Italia, 6,7% nel’Ue27) e il sovraccarico del costo dell’abitazione (6,6% in Italia e 8,7% nel’Ue27 ) segnalano per l’Italia una condizione di minor sfavore rispetto alla media dei Paesi dell’Unione, ma tutti gli altri indicatori disponibili invece, descrivono una condizione peggiore della media Ue27. I gap maggiori riguardano la bassa intensità lavorativa (9,8% in Italia e 8,3% nel’Ue27) e il rischio di povertà (20,1% in Italia e 16,5% nel’Ue27).

Divari molto ampi riguardano le misure del dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita: in Italia nel 2023 il tasso di mancata partecipazione al lavoro (14,8%) supera di quasi sei punti percentuali la media Ue27 (8,7%); il tasso di occupazione è di 9,1 punti percentuali più basso di quello medio europeo (75,4%) e la percentuale di persone in part time involontario (10,2% nel 2022), nonostante in calo da quattro anni, è quasi il triplo della media dei 27 paesi dell’Unione (3,6%).

Tutte le misure di Istruzione e formazione posizionano l’Italia più in basso della media Ue27. Le distanze maggiori riguardano la quota di persone di 25-34 anni che hanno acquisito un livello di istruzione terziario (43,1% nell’Ue27%; 30,6% in Italia) e la maggiore incidenza di giovani che non lavorano e non studiano (Neet; 16,1% in Italia, 11,2% nell’Ue27 nel 2023).

Diffusi ritardi rispetto all’Europa si ravvisano anche nel dominio Innovazione, ricerca e creatività dove nessuno dei sei indicatori disponibili per il confronto si avvicina alla media europea. In particolare la quota di Pil investito in R&S in Italia (1,43% nel 2021) è decisamente più bassa della media Ue27 (2,27%) e l’incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione totale mostra un gap di -7,6 punti percentuali rispetto alla media Ue27 (25,4% nel 2022).

 

Salute

Nel 2023 la speranza di vita è pari a 83,1 anni e risulta in aumento rispetto al 2022 (82,3), recuperando quasi del tutto il livello del 2019 (83,2 anni). Gli uomini con 81,1 anni di vita media attesa tornano allo stesso livello del 2019, mentre per le donne (85,2 anni) mancano ancora 0,2 anni (85,4 nel 2019).
• La speranza di vita in buona salute nel 2023 è pari a 59,2 anni e si riduce rispetto ai 60,1 anni del 2022. Tale riduzione ha riportato l’indicatore quasi al livello del 2019 (58,6 anni), ridimensionando l’incremento anomalo verificatosi tra il 2020 e il 2022 dovuto alla componente soggettiva, per effetto della più diffusa percezione di condizioni di buona salute in tempi di pandemia.
• È pari a 10,6 anni la vita media attesa senza limitazioni a 65 anni, in aumento rispetto ai 10 anni registrati sia nel 2022 sia nel 2019.
• L’indicatore di salute mentale assume nel 2023 un punteggio pari a 68,7, valore analogo a quello del 2022 (69,0). La misura si mantiene stabile anche rispetto al 2019 (68,4), ma, a fronte di questa relativa stabilità, a partire dal 2020 si è osservato un preoccupante peggioramento del benessere psicologico soprattutto tra i più giovani, in particolare le ragazze.
• Nel 2022 (ultimo anno disponibile per questo indicatore) il 49,0% degli anziani di 75 anni e più si trova in condizione di multicronicità e con gravi limitazioni, in peggioramento rispetto a quanto osservato nel 2021 (47,8%).
• Nel 2021, la mortalità evitabile della popolazione di 0-74 anni è risultata pari a 19,2 ogni 10mila residenti, in riduzione rispetto al 2020 (19,7 per 10mila residenti). Va evidenziato che nel 2020 e nel 2021 l’indicatore ha comunque subito un importante incremento, in controtendenza con la riduzione di lungo periodo osservata per tutto il periodo 2005-2019, sul quale ha certamente pesato la mortalità attribuibile al COVID-19.
• La mortalità evitabile risulta molto variabile rispetto al titolo di studio posseduto: è pari a 39,6 decessi per 10mila residenti nella popolazione con titolo di studio basso (licenza elementare o meno), mentre scende a 20,3 nella popolazione con titolo di studio più alto (laurea o titolo superiore).
• Nel 2021 il tasso di mortalità per tumori della popolazione adulta di 20-64 anni è pari a 7,8 per 10mila residenti e si è ridotto rispetto a quanto osservato nel 2020 (8,0 per 10mila residenti). Tale andamento decrescente è in linea con la tendenza alla diminuzione in atto da diversi anni.
• Si osservano disuguaglianze socioeconomiche anche per la mortalità per tumori della popolazione adulta, con uno svantaggio che aumenta al diminuire del livello di istruzione. Tali disuguaglianze sono più marcate nei maschi, dove gli individui meno istruiti hanno una mortalità 2,1 volte maggiore dei più istruiti. Nelle femmine tale rapporto scende a 1,4.
• Nel 2021 la mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso delle persone di 65 anni e più è risultata pari a 33,3 per 10mila abitanti, in diminuzione sia rispetto al 2020 (35,6 per 10mila abitanti) sia rispetto al 2019 (33,9 per 10mila abitanti).
• La mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso delle persone dai 65 anni e più conferma il gradiente che vede la mortalità aumentare al diminuire del livello di istruzione. Chi ha un titolo di studio basso ha una mortalità 1,2 volte superiore di chi ha conseguito un titolo universitario, indipendentemente dal sesso.
• La mortalità per incidentalità stradale dei giovani di 15-34 anni si è attestata nel 2022 a 0,7 per 10mila abitanti, in crescita rispetto al 2021 (0,6 per 10mila abitanti), riporta l’indicatore esattamente al livello del 2019, dopo la riduzione osservata nel 2020-2021, imputabile però alla minore mobilità sul territorio dovuta alle restrizioni degli spostamenti disposta per contrastare la diffusione della pandemia da COVID-19.
• Nel 2021 la mortalità infantile è risultata pari a 2,6 per 1.000 nati vivi, in peggioramento rispetto al
2019-2020 (quando il valore era pari a 2,5 per 1.000 nati vivi).
• Sul fronte degli stili di vita, nel 2023 è pari al 34,2% la quota di persone di 14 anni e più sedentarie, in deciso miglioramento sia rispetto al 2022 (36,3%), sia al 2019 (35,5%). Stabile sia rispetto all’anno precedente sia al 2019 la quota di persone in eccesso di peso tra la popolazione di 18 anni e più (44,6%), sebbene l’indicatore abbia subito un peggioramento relativamente alla componente dell’obesità, che si conferma in aumento nel medio e lungo periodo.
• Nel 2023 la percentuale di popolazione di 3 anni e più che ha consumato giornalmente almeno quattro porzioni di frutta o verdura è pari al 16,5%. Tale quota è lievemente inferiore rispetto al 2022, ma con una flessione più marcata se confrontata con i valori osservati fino al 2019.
• Nel 2023 è pari al 19,9% la quota di fumatori tra le persone di 14 anni e più, valore in lieve diminuzione rispetto al 2022, ma con crescita costante a partire dal 2020 (nel 2019, la quota di fumatori era il 18,7%).
• Nel 2023 è pari al 15,6% la quota di popolazione di 14 anni e più che ha comportamenti a rischio nel consumo di bevande alcoliche, stabile rispetto all’anno precedente (15,5%) e su livelli simili al 2019 (15,8%).

 

Istruzione e formazione

• Nel triennio 2021-2023, il 31,7% dei bambini tra 0 e 2 anni ha frequentato i servizi per l’infanzia
(2,2 punti percentuali in più rispetto al triennio 2020-2022). Alcune regioni e ripartizioni hanno raggiunto e superato il target europeo del 33% previsto per il 2010, mentre il target del 2030 del 45% di bambini frequentanti è stato raggiunto per ora solo dalla Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (48,3%) e dalla Sardegna (46,5%).
• Arrivati all’età di 4-5 anni, la quasi totalità dei bambini sono, comunque, inseriti nei percorsi educativi. Nell’anno scolastico 2021/2022, la quota dei bambini di questa età che hanno frequentato la scuola dell’infanzia o il primo anno di scuola primaria è risalita al 94,0% (era 92,8% nel 2020/2021), con valori più bassi per il Centro (91,6%) e più alti al Sud (97,5%).
• Nel corso dell’anno scolastico 2022/23, la quota di ragazzi e ragazze che frequentano il terzo e ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado e non raggiungono la sufficienza (i low performer) è del 38,5% per le competenze in Italiano e del 44,2% per quelle in Matematica. La quota più alta di studenti che non raggiungono un livello sufficiente di competenze in Italiano o in Matematica è nelle regioni del Mezzogiorno: per l’Italiano, le situazioni più critiche sono in Sicilia (insufficienti il 50,2% degli studenti), in Calabria (49,4%), in Campania (46,1%) e in Sardegna (45,9%); per la Matematica in Sicilia (61,4%), in Calabria (60,7%), in Sardegna (58,1%) e in Campania (57,7%).
• Nel 2023, i giovani di 18-24 anni che hanno conseguito al più il titolo di scuola secondaria di primo grado e sono usciti dal sistema di istruzione e formazione (gli early leavers) sono il 10,5% dei giovani della stessa età. Questa quota è in continua diminuzione rispetto agli anni precedenti e ormai vicina al 9%, target proposto dall’Unione europea per il 2030. Permane un gap di genere a svantaggio dei ragazzi, che lasciano la scuola più spesso (il 13,1% contro il 7,6% delle ragazze), con percentuali particolarmente elevate in Sardegna (23,4% dei maschi abbandonano la scuola), Campania (19,3%) e Sicilia (18,6%).
• In calo anche la percentuale di giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non impegnati in un’attività lavorativa, i Neet (Neither in Employment nor in Education and Training). Nel 2023, sul totale dei 15-29enni la quota di Neet è del 16,1%, in calo rispetto al 2022 (19,0%). Quattro regioni del Mezzogiorno presentano tuttavia valori superiori al 20%: la Sicilia, la Calabria, la Campania e la Puglia.
• Nel 2023 il 65,5% delle persone di 25-64 anni ha almeno una qualifica o un diploma secondario superiore (+2,5 punti percentuali rispetto al 2022). Tra le donne sono il 68,0% mentre tra gli uomini il 62,9%. Ancora sotto il 60% Campania (56,8%), Puglia (55,7%), Sardegna (55%) e Sicilia (54,9%).
• Nel 2023, i giovani di 25-34 anni che sono in possesso di un titolo di studio terziario sono il 30,6% (erano il 29,2% nel 2022). L’aumento di laureati e di persone in possesso di altri titoli terziari tra i residenti
di 25-34 anni è dovuto principalmente alle donne, con quote più elevate di quelle degli uomini e in maggiore crescita.
• Nel 2021, 17,8 persone di 20-29 anni ogni 1.000 ottengono una laurea nelle discipline STEM (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), in aumento rispetto al 2020 (16,5 ogni 1.000) e anche rispetto al 2019 (16,1 ogni 1.000). Distinto per genere, questo indicatore mostra come le donne scelgano in proporzione decisamente minore degli uomini le discipline STEM: 14,3 donne ogni 1000 si laurea in discipline STEM, contro 21,0 uomini ogni 1.000.
• Il ricorso alla formazione continua nelle quattro settimane precedenti l’intervista riguarda l’11,6% della popolazione di 25-64 anni residente in Italia nel 2023, 2 punti percentuali in più rispetto al 2022. Tale valore si presenta in netta crescita, non solo se paragonato alla bassa partecipazione registrata nel 2020 (7,0%) ma anche se confrontato con i livelli del 2018 e del 2019 (8,1% entrambi gli anni).
• Nel 2023, in Italia, il 45,9% delle persone di 16-74 anni che ha usato Internet negli ultimi tre mesi ha competenze digitali almeno di base. Questo valore è stabile rispetto al 2021, circa 10 punti percentuali sotto al livello europeo del 55,5%. Dall’analisi delle singole regioni italiane emerge un forte gradiente tra
Centro-nord e Mezzogiorno a sfavore di quest’ultimo, con l’eccezione della Sardegna che si attesta attorno al valore medio.
• Nel 2023, l’indicatore che monitora i livelli di partecipazione culturale fuori casa della popolazione dai 6 anni si attesta al 35,2%, in forte aumento rispetto al 2022 (+12 punti percentuali), tornando, per la prima volta dopo quattro anni, ai livelli pre-pandemia (nel 2019 era pari al 35,1%).
• L’indicatore che monitora la lettura di libri e quotidiani è diminuito di 2,5 punti percentuali negli ultimi quattro anni, dal 38,0% dei residenti del 2019 al 35,5% del 2023, su cui pesa l’andamento costantemente decrescente dei lettori di quotidiani. La percentuale di coloro che hanno letto quotidiani almeno tre volte la settimana passa dal 25,2% del 2019 al 21,3% del 2023 mentre la quota di persone che hanno letto quattro o più libri è rimasta stabile (22,3% nel 2019 e 22,6% nel 2023).
• Nel 2023, il 12,4%, delle persone di 3 anni e più si è recato in biblioteca almeno una volta nei 12 mesi precedenti l’intervista. Il dato è in aumento di 2,2 punti percentuali rispetto al 2022 ed è quasi raddoppiato rispetto al 2021 (7,4%, il valore più basso degli ultimi anni), ma ancora inferiore alla quota del 15,3% osservata nel 2019.

 

Lavoro e conciliazione dei tempi di vita

• Nel 2023 prosegue l’aumento del numero di occupati tra i 20 e i 64 anni (+404 mila unità, +1,8% rispetto al 2022), sebbene con un lieve rallentamento rispetto all’anno precedente. Il tasso di occupazione raggiunge il 66,3% (+1,5 punti percentuali rispetto al 2022), superando di 2,7 punti percentuali quello del 2019. La crescita è più forte tra le donne (+1,6 punti percentuali, +1,3 tra gli uomini) e nel Mezzogiorno (+1,7 punti percentuali, rispetto a +1,4 al Nord e +1,2 al Centro). Rispetto al 2022 il tasso di occupazione è aumentato soprattutto tra gli ultracinquantacinquenni (+2,3 punti percentuali) e tra i 25-34enni
(+2 punti percentuali) superando, per questi ultimi, di oltre 5 punti percentuali i livelli pre-pandemia.
• Nel 2023 prosegue la riduzione del tasso di mancata partecipazione (14,8%, -1,4 punti percentuali), seppure in rallentamento rispetto all’anno precedente. Il miglioramento è diffuso per genere, classi di età e territorio ed è più forte laddove si registrano valori di mancata partecipazione più alti; restano tuttavia particolarmente elevati i divari per titolo di studio (il tasso di mancata partecipazione è pari al 22,5% per chi possiede al massimo la licenza media, contro il 7,2% per i laureati) e, soprattutto, quello territoriale (28,0% nel Mezzogiorno, contro il 7,8% nel Nord).
• Nel 2023, si riduce il lavoro a termine, a sintesi di un lieve aumento del numero di collaboratori e del più forte calo di quello dei dipendenti a tempo determinato. La riduzione riguarda esclusivamente coloro che svolgono un lavoro a termine da meno di cinque anni, mentre aumentano quanti lo svolgono da cinque anni e più. Il rapporto tra gli occupati con lavoro a termine da almeno cinque anni nell’attuale lavoro e il totale dei lavoratori a termine passa dal 17,0% del 2022 al 18,1% del 2023.
• Permane nel 2023 il problema della inefficiente allocazione del capitale umano anche tra i laureati, che in circa un terzo dei casi possiedono un titolo di studio superiore a quello più frequente per svolgere la propria professione. Tra i settori in cui la presenza di laureati è significativa, quelli in cui è più elevata la quota di sovraistruiti sono la Pubblica amministrazione (46,8%) e i Servizi assicurativi (65,5%).
• Nel 2023 prosegue per il quarto anno consecutivo il calo della quota di occupati in part time involontario, ovvero quanti dichiarano di lavorare part time perché non sono riusciti a trovare un lavoro a tempo pieno, che si attesta al 9,6% (-0,7 punti percentuali rispetto al 2022). Nonostante l’indicatore diminuisca maggiormente per la componente femminile (-0,9 punti percentuali rispetto a -0,5 degli uomini), la quota di part time involontario tra le donne è ancora tripla rispetto a quella degli uomini (15,6% contro 5,1%).
• Rimane inalterato il divario occupazionale tra le donne (25-49 anni) con almeno un figlio tra 0 e 5 anni e quelle senza figli: il tasso di occupazione aumenta per entrambe (rispettivamente +1,1 e +0,9 punti percentuali) e il rapporto tra i due indicatori resta sostanzialmente stabile a 73,0 (un valore dell’indicatore pari a 100 indicherebbe l’uguaglianza tra i due tassi). Il valore più basso si osserva nel Mezzogiorno (66,6), con un valore del tasso di occupazione delle donne con figli piccoli particolarmente più basso rispetto alle altre ripartizioni (38,0% contro il 66,9% nel Nord e il 64,4% nel Centro).
• Nel 2023 la quota di occupati che hanno svolto lavoro da casa nelle quattro settimane precedenti l’intervista si attesta al 12,0%. Il valore era 12,2% nel 2022 e rimane molto più alto rispetto ai livelli
pre-pandemia, questa modalità lavorativa potrebbe aver assunto carattere strutturale. Il ricorso al lavoro da casa è più elevato tra le donne (13,4% rispetto all’11,0% degli uomini) e tra gli occupati tra 35 e 44 anni (13,3%).
• Anche dagli indicatori soggettivi emerge un quadro del mercato del lavoro in miglioramento. Il 51,7% degli occupati si dichiara molto soddisfatto per il lavoro svolto (punteggio tra 8 e 10 su una scala
da 0 a 10), quota in aumento rispetto al 2022 (quando era 50,2%); contestualmente la quota di coloro che ritengono probabile perdere il lavoro entro sei mesi e improbabile trovarne un altro simile scende al 4,1% (era 4,9%).
• Prosegue la tendenza alla riduzione del tasso del lavoro non regolare: a partire dall’anno di picco 2015 (13,5%), la quota di occupazione irregolare ha iniziato un progressivo e costante calo, sino ad arrivare, nel 2022, a toccare il suo valore più basso, attestandosi al 10,8%. A livello settoriale, i comparti dei Servizi e dell’Industria registrano un calo, mentre la quota di occupazione irregolare dell’Agricoltura si mantiene sostanzialmente stabile (23,1% nel 2022).

 

Benessere economico

• Nel 2021 il reddito medio delle famiglie (33.798 euro) è tornato a crescere sia in termini nominali (+3%) sia in termini reali (+1%). Migliora anche l’indice di disuguaglianza del reddito netto, che registra un valore di 5,6, in diminuzione rispetto all’anno precedente (era 5,9 nel 2020) e con valori lievemente inferiori a quelli pre-pandemici (era pari a 5,7 nel 2019): in assenza di misure di sostegno alle famiglie (trasferimenti emergenziali e reddito di cittadinanza), l’indice di disuguaglianza sarebbe risultato pari a 6,4, valore molto superiore a quello osservato. Rimane sostanzialmente stabile rispetto ai tre anni precedenti la popolazione a rischio di povertà, pari al 20,1% nel 2022.
• Con la ripresa dell’economia, si riduce significativamente la popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,5% rispetto al 5,9% del 2021), quella che vive in famiglie a bassa intensità di lavoro (9,8% rispetto al 10,8% del 2021) e quella in condizione di grave deprivazione abitativa, con livelli solo lievemente superiori a prima della pandemia da COVID-19 (5,2% rispetto a 5,9% del 2021 e a 5,0% nel 2019). In contrazione anche l’indicatore di sovraccarico del costo dell’abitazione che risulta rappresentare un peso difficilmente sostenibile per il 6,6% della popolazione (7,2% nel 2021 e nel 2020 e 8,7% nel 2019).
• La ripresa economica impatta in modo significativo anche sul modo in cui le famiglie percepiscono la propria condizione, invertendo il trend negativo registrato a partire dall’inizio della pandemia: la quota di coloro che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all’anno precedente, si riduce finalmente nel 2023 (33,9%), dopo una crescita nei due anni di pandemia (era il 25,8% nel 2019) e arrivando nel 2022 al 35,1%, livello mai raggiunto in precedenza. Si inverte il trend negativo anche per la quota di persone che dichiarano di arrivare a fine mese con grande difficoltà: si contrae nel 2022 attestandosi al 6,9% dopo l’aumento dall’8,2% nel 2019 al 9,1% nel 2021.
• La povertà assoluta dal 2019 al 2023 (serie storica ricostruita secondo la nuova metodologia di stima) presenta una crescita dell’incidenza individuale. Nel 2019 era scesa al 7,6% in concomitanza dell’introduzione del Reddito di cittadinanza, trasferimento monetario non indicizzato all’inflazione come le altre prestazioni socio-assistenziali, nel 2020, l’incidenza riprende a crescere, arrivando al 9,1% e rimanendo stabile nel 2021. Nel 2022, l’incidenza torna ad aumentare al 9,7%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione, che ha colpito in particolar modo le famiglie meno abbienti e rimane sostanzialmente stabile con 9,8% nel 2023.

 

Relazioni sociali

• Nel 2023, la soddisfazione per le relazioni amicali, che aveva registrato una forte flessione durante la pandemia soprattutto tra i giovani, si attesta al 22,7%, registrando una crescita di 1,1 punti percentuali rispetto al 2022 e tornando quasi ai livelli pre-pandemia (23,0% nel 2019).
• Nel 2023 il 33,2% della popolazione di 14 anni e più si dichiara molto soddisfatta per le relazioni familiari (rispetto al 32,6% del 2022). Dopo la lieve diminuzione registrata durante la pandemia, il valore torna in linea con quello del 2019 (33,4%).
• La soddisfazione per le relazioni familiari e amicali presenta differenze di genere contenute a favore degli uomini, mentre sono più accentuate le differenze per età. La soddisfazione per le relazioni familiari è più alta tra i 14 e i 44 anni, con la quota di molto soddisfatti nel 2023 tra il 35,0% e il 38,0%, declina lievemente all’aumentare dell’età, fino a toccare il valore più basso tra la popolazione di 60-64 anni (27,6%), per poi risalire leggermente nella popolazione anziana di 75 anni e più (32,2%).
• La soddisfazione per le relazioni con gli amici è più elevata tra i giovani di 14-19 anni (38,6%) e tra quelli di 20-24 anni (33,0%) che hanno, solitamente, una rete di amicizie più ampia. Diversamente dalla soddisfazione per le relazioni familiari, a partire dai 25 anni quella per la rete amicale diminuisce in modo accentuato, per toccare il valore più basso nella popolazione anziana (14,5% nella fascia di 75 anni e più)
• Nel 2023, aumenta, arrivando all’83,9% (+2,9 punti percentuali), la quota di popolazione di 14 anni e più che dichiara di avere parenti non conviventi, amici o vicini su cui contare in caso di bisogno. Questa crescita compensa la lieve flessione registrata durante la pandemia, consentendo all’indicatore di superare nel 2023 il livello del 2019 e di raggiungere il valore più alto degli ultimi dieci anni.
• Un valore più basso rispetto alla fase pre-pandemica si registra per l’attività di volontariato: nel 2023 la quota di popolazione che dichiara di svolgere attività di volontariato si attesta al 7,8%, (-2 punti percentuali rispetto al 2019). I livelli più alti di coinvolgimento si riscontrano tra i 45 e i 74 anni e in particolare tra la popolazione di 60-64 anni (9,7%). Se sul totale della popolazione non emergono differenze di genere (il valore è al 7,7% per gli uomini rispetto al 7,9% per le donne), considerando le varie fasce di età l’analisi mostra come fino ai 54 anni i livelli di coinvolgimento siano più alti tra le donne (in particolare tra quelle di 14-24 anni), le differenze di genere si annullano nella classe 55-59 anni e poi si invertono a favore degli uomini a partire dai 60 anni.
• La fiducia verso gli altri, storicamente molto bassa nel nostro Paese, durante la pandemia aveva registrato il valore più alto della serie storica. Nel 2023, il valore dell’indicatore si attesta al 24,8%, confermandosi più alto rispetto a quanto registrato prima della pandemia (23,9% nel 2019). Non emergono grandi differenze legate all’età: la fiducia negli altri si attesta intorno al 23-29% in tutte le fasce di età (il valore più alto è il 29,3% tra la popolazione di 60-64 anni), per poi diminuire solo tra la popolazione di 75 anni e più dove si riscontra la quota più bassa (19,4%).
• La quota di popolazione di 14 anni e più che dichiara di aver svolto attività di partecipazione sociale, prendendo parte alle attività di associazioni di tipo ricreativo, culturale, politico, civico, sportivo, religioso o spirituale, si attesta al 26,1% (rispetto al 25,4% del 2022). La partecipazione sociale, che durante la pandemia aveva toccato il valore più basso degli ultimi dieci anni, nel 2023 non è ancora tornata sui livelli pre-pandemia (31,3% nel 2019).
• La quota di persone di 14 anni e più che dichiara di svolgere attività di partecipazione civica e politica diminuisce di 2,7 punti percentuali (dal 63,4% del 2022 al 60,7% del 2023), confermando il calo di interesse della popolazione soprattutto verso il parlare e l’informarsi di politica. Nonostante questa diminuzione, la partecipazione civica e politica resta su valori più elevati rispetto alla fase pre-pandemica (era il 57,9% nel 2019).
• La partecipazione civica e politica, nel 2023, si conferma meno diffusa tra i più giovani (45,2% nella classe 14-19 anni), cresce con l’età e raggiunge il massimo nella popolazione adulta (68,2% nella classe
60-64 anni), per poi diminuire fino al 54,0% tra gli over 74, un livello che è comunque più elevato di quello rilevato tra i più giovani. Si osservano marcate differenze di genere a favore degli uomini: il 66,4% rispetto al 55,3% delle donne.
• La quota di persone di 14 anni e più che dichiara di aver versato contributi economici ad associazioni è in flessione, attestandosi all’11,0% (-1,8 punti percentuali rispetto al 2022), il valore più basso dal 2005 e molto al di sotto del valore del 2019 (13,4%).

 

Politica e istituzioni

• Gli indicatori del dominio mostrano un miglioramento o una situazione stabile in base ai dati più recenti, con le uniche rilevanti eccezioni dell’affollamento degli istituti di pena e della durata media dei processi civili, peggiorati nell’ultimo anno.
• Nel 2023 si osserva una leggera crescita del livello medio di fiducia per il Parlamento e per i partiti politici, e (più contenuta) per il sistema giudiziario. I punteggi medi restano comunque ben al di sotto della sufficienza, in particolare quello per i partiti, che si ferma a 3,5 punti su una scala da 0 a 10 (era 3,3 nel 2022) distante anche dai voti medi di fiducia per il Parlamento (4,8 nel 2023; 4,5 nel 2022) e per il sistema giudiziario (4,9 nell’ultimo anno; 4,8 nel 2022).
• Non progredisce la presenza delle donne nella politica e nei ruoli istituzionali di vertice. All’inizio del 2024 nelle posizioni apicali presso Ambasciate, Corte Costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura e Autorità amministrative indipendenti troviamo soltanto il 21,3% di donne, sostanzialmente la stessa quota del 2023; nei Consigli regionali le donne nel 2023 sono soltanto il 23,1%, un valore che segnala un forte ritardo anche in confronto alla media Ue27 (35,7%). Invece si consolida l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società italiane quotate in borsa dove le donne nel 2023 sono il 43,1% (33,8% la media Ue27).
• La durata media effettiva dei procedimenti civili definiti presso i tribunali ordinari continua a crescere e nel 2023 raggiunge i 460 giorni (erano 433 giorni nel 2022 e 421 nel 2019). L’andamento dell’indicatore risente del maggiore impulso dato allo smaltimento dell’arretrato patologico: i procedimenti ultra-triennali definiti nel 2023 sono l’11,1% del totale (erano il 9,7% nel 2022).
• Nell’ultimo anno l’indice di affollamento carcerario è in rapido ulteriore peggioramento, per la crescita della popolazione carceraria (+7,1%) a capienza pressoché invariata. L’indicatore al 31 dicembre 2023 raggiunge 117,6 detenuti presenti ogni 100 posti regolamentari (8 punti percentuali in più nell’ultimo anno), appena 2,3 punti percentuali al di sotto del livello critico del 2019 (119,9%). Nell’ultimo anno in 40 istituti penitenziari (sui 189 complessivi) il sovraffollamento raggiunge o supera il 150%.
• Nel 2023, i dieci item della scala relativa al senso di democrazia e tolleranza registrano un generale spostamento verso giudizi di importanza più bassi di quelli rilevati nel 2022. La quota delle persone
di 14 anni e più che considerano molto importanti tutti gli aspetti sottoposti a giudizio scende al 39,2%
(-1,7 p.p.); i cali maggiori sono tra i residenti al Mezzogiorno (-3,2 p.p.) e tra le persone di 45-54 anni. Invece, la percentuale di quanti esprimono prevalentemente o esclusivamente giudizi bassi (poco o per niente importante) sale al 4,5% (era il 3,7%), e cresce al 22,8% la quota di quanti esprimono giudizi bassi, anche se non prevalenti (era il 20,7%).
• Solo il giudizio per la parità di genere resta invariato su livelli elevati (78,3% di molto importante). I maggiori arretramenti si segnalano per l’importanza assegnata al fatto che in Italia “i partiti di opposizione possano operare liberamente” e che “si tengano periodicamente libere elezioni”, aspetti che erano già in fondo alla graduatoria dell’anno precedente e che nel 2023 sono giudicati poco o per niente importanti dal 13,9% e dal 13,3% delle persone di 14 anni e più (+1,8 p.p. rispetto al 2022 in entrambi i casi).
Sicurezza
• Nel 2023, la quota di persone di 14 anni e più che si dichiarano molto o abbastanza sicure quando camminano al buio da sole nella zona in cui vivono registra un miglioramento: cresce di +1,4 punti percentuali, arrivando al 62,0%, un valore migliore rispetto al periodo pre-pandemico (57,7% nel 2019).
• Rimane pressoché stabile al 6,8% la quota di popolazione che dichiara di aver visto nella zona in cui abita persone che si drogano o spacciano droga, prostitute in cerca di clienti o atti di vandalismo contro il bene pubblico. Anche per questo indicatore il valore rimane migliore rispetto al periodo pre-pandemico (8,3% nel 2019).
• La percezione del rischio di criminalità conferma la tendenza al peggioramento iniziata nel 2022. Nel 2023 aumenta la quota di famiglie le quali affermano che la zona in cui vivono è molto o abbastanza a rischio di criminalità, arrivando al 23,3% (+1,4 punti percentuali rispetto al 2022). Nonostante questa crescita, il valore rimane migliore rispetto al periodo pre-pandemico (25,6% nel 2019).
• Dal 2021, con l’allentamento delle misure restrittive e il ritorno alla normalità, i reati predatori hanno mostrato una lieve crescita, proseguita anche nel biennio 2022-2023. Nel 2023 il tasso di vittime di furti in abitazione si attesta all’8,3 per 1.000 famiglie (7,6 nel 2022) e quello delle vittime di borseggi a 5,1 persone ogni 1.000 abitanti (4,6 nel 2022). Hanno subito rapine 1,1 persone ogni 1.000 abitanti, un valore sostanzialmente stabile rispetto all’1,0 nel 2022. Nonostante questa crescita, nel 2023 il tasso delle vittime di furti in abitazione rimane al di sotto dei valori pre-pandemia, mentre i borseggi e le rapine sono tornati sui valori del 2019.
• Nel 2022, in Italia sono stati commessi 332 omicidi (0,56 ogni 100mila abitanti). Il tasso di omicidi mostra un lieve aumento rispetto al 2021 (0,52 per 100mila abitanti). Pur confermando l’andamento decrescente di lungo periodo, nel 2023 gli omicidi superano i valori del 2019 (0,53).
• Nel 2022, le vittime di omicidio sono state 204 uomini e 128 donne (rispettivamente 0,71 e 0,42 omicidi per 100mila abitanti dello stesso sesso). Tra il 2021 e il 2022 si registra una crescita del tasso di omicidi di uomini, che ritorna quasi sui livelli pre-pandemia (0,72 nel 2019). Il tasso di omicidi delle donne, rimasto stabile nel biennio 2019-2020, prosegue nel 2022 la lieve crescita iniziata nel 2021, registrando valori più alti risetto al periodo pre-pandemico (0,38 nel 2019).
• Nel 2022, l’84,9% degli omicidi femminili è stato commesso da una persona conosciuta: circa cinque donne su 10 sono state uccise dal partner attuale o dal precedente, il 34,1% da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e il 2,4% da un’altra persona che la donna conosceva (amici, colleghi, ecc.). La situazione è molto diversa per gli uomini: nel 2022 solo il 28,1% è stato ucciso da una persona conosciuta, tra cui solo il 4,1% da un partner o ex partner, mentre il 71,9% risulta ucciso da uno sconosciuto o da un autore non identificato dalle Forze dell’ordine.

 

Benessere soggettivo

• Il benessere soggettivo mostra valori stabili o in leggero miglioramento rispetto al 2022. Si recuperano i livelli raggiunti prima dell’emergenza pandemica, quando si era registrato un evidente declino, in particolare della soddisfazione per il tempo libero.
• La percentuale di persone che valutano tra 8 e 10 la loro soddisfazione per la vita nel complesso raggiunge nell’ultimo anno il valore più alto di sempre (46,6%; oltre 3 punti percentuali in più rispetto al 43,2% del 2019). Il 68,2% delle persone si dichiara molto o abbastanza soddisfatto per il tempo libero. Il giudizio sulle prospettive future è in lieve miglioramento: il 30,3% ritiene che la propria vita possa migliorare nei prossimi cinque anni (si torna ai livelli del 2019), mentre il 12,1% vede prospettive di peggioramento (in diminuzione rispetto al 2022).
• Continua ad aumentare il divario tra uomini e donne in termini di soddisfazione per la vita. Se nel 2019 la differenza tra percentuale di molto soddisfatti e di molto soddisfatte era di 2,6 punti, nel 2023 raggiunge 3,9 punti con il 48,7% degli uomini che si dichiara molto soddisfatto a fronte del 44,8% delle donne. L’indice di parità, dato dal rapporto tra percentuale di donne e di uomini molto soddisfatti per la vita, si attesta a 0,92 nel 2023. Per gli altri indicatori di benessere soggettivo il divario di genere rimane pressoché invariato con un indice di parità pari a 0,94 per la soddisfazione per il tempo libero e a 0,87 per il giudizio positivo sulle prospettive future.
• La soddisfazione per la vita permane notevolmente più alta tra i giovanissimi (14-19 anni). Tuttavia i valori sono molto differenti tra ragazzi (59,4%) e ragazze (51,9%), con un indice di parità di 0,87. Il divario è aumentato rispetto all’anno precedente per la marcata diminuzione della quota di giovanissime soddisfatte per la vita (-4,5 punti percentuali), mentre i loro coetanei mantengono i valori del 2022. Cresce il gap anche tra i 20 e 24 anni: i giovani soddisfatti registrano il massimo incremento (+5,6 p.p.), mentre le giovani manifestano una diminuzione di 1,9 punti. La fascia tra 55 e 59 anni è l’unica in cui si verifica per gli uomini una diminuzione dei soddisfatti per la vita (-2,7 p.p.) a fronte di un aumento per le donne (+4,3).
• La soddisfazione per il tempo libero tra i giovanissimi si attesta all’80,7%, ma malgrado il buon livello essa non raggiunge i valori del 2019 (84,4%). In particolare le ragazze tra i 14 e i 19 anni, con una quota di abbastanza o molto soddisfatte pari al 78,6%, sono ancora al di sotto di 5,5 punti percentuali rispetto alle loro coetanee del 2019. I ragazzi, con l’82,6%, si collocano invece a -2,1 punti rispetto ai ragazzi del 2019.
• Come per gli anni precedenti si guarda al futuro con maggiore ottimismo se si è occupati (37,5% dicono che la propria vita migliorerà) e in particolare se si è dirigenti, imprenditori, liberi professionisti, direttori, quadri, impiegati. Ma anche tra chi è in cerca di nuova occupazione gli ottimisti sono il 37,7%.

 

Paesaggio e patrimonio culturale

• Nel 2023 l’Italia conferma il primato nella Lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco con 59 beni iscritti e 32 candidati all’iscrizione. A tutto il 2023, inoltre, l’Italia ha ottenuto il riconoscimento di 20 Riserve della Biosfera, 11 Geoparchi e 19 Patrimoni culturali immateriali. Tutte le regioni d’Italia sono rappresentate con più di un elemento nei diversi inventari dell’Unesco. Si contano inoltre cinque nuove iscrizioni nel registro nazionale dei paesaggi rurali storici e delle pratiche agricole tradizionali del Masaf.
• La spesa corrente dei Comuni per la gestione di beni e attività culturali recupera nel 2021 solo in parte il forte calo dell’anno precedente, attestandosi su un valore medio di 18,8 euro pro capite (+1,5 rispetto al 2020, ma ancora lontano dai 19,9 euro pro capite del 2019). Le disuguaglianze non accennano a ridursi: rispetto all’anno precedente, il valore è aumentato di 2 euro nel Centro-Nord (dove i Comuni spendono in media 24,5 euro pro capite) e di soli 0,6 euro nel Mezzogiorno, dove la spesa è di 7,7 euro pro capite.
• Nel 2022, le strutture espositive aperte al pubblico (musei, monumenti, siti archeologici) sono 1,46 ogni 100 km2, un valore sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente e ancora inferiore a quello del 2019 (1,62). L’indicatore, che a livello regionale è ponderato con il flusso dei visitatori, presenta il valore più alto nel Lazio (6,13), seguito a molta distanza da Campania e Toscana (fra 3 e 3,50), Veneto e Lombardia (fra 1,50 e 2). Nella maggior parte delle regioni i valori sono ancora inferiori a quelli del 2019, con avanzamenti significativi soltanto in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Umbria e Abruzzo (oltre il 20% in più). Marche, Puglia e Basilicata appaiono, invece, le regioni più lontane dal pieno recupero dei livelli del 2019. Nel confronto fra le ripartizioni, resta molto ampio il vantaggio del Centro (3,35) nei confronti di Nord-ovest e Nord-est (1,29 e 1,33), Sud e Isole (0,80 e 0,61).
• Anche nel 2022 sono state costruite più abitazioni di quelle autorizzate dai Comuni. Secondo le stime provvisorie del Cresme (Centro di ricerche di mercato), la proporzione fra nuove abitazioni abusive e autorizzate (15,1 ogni 100) è sostanzialmente invariata rispetto all’anno precedente, così come le sue differenze territoriali. L’abusivismo edilizio resta un fenomeno marginale nelle regioni del Nord, ma conserva un peso rilevante nel resto del Paese e soprattutto nel Mezzogiorno, dove l’indice è molto più alto (42,1 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate nel Sud e 36,3 nelle Isole).
• Dopo la battuta d’arresto del 2020, connessa alla pandemia, torna a crescere la pressione delle attività estrattive sul paesaggio. Nel 2021, l’indicatore (una misura dell’intensità di estrazione di risorse minerali non energetiche) si attesta a 310 m3/km2 a livello nazionale, contro i 274 dell’anno precedente, segnando il valore più alto dal 2013. Nel Nord-ovest il livello è nettamente superiore a quello delle altre ripartizioni (437 m3/km2, con un massimo di 598 in Lombardia). Nel Nord-est e nel Centro, che presentano valori prossimi a quello nazionale, l’attività estrattiva è particolarmente intensa in Umbria (483 m3/km2), in Veneto e nel Lazio (intorno a 415 m3/km2), mentre nel Mezzogiorno i valori più elevati si rilevano in Molise e Puglia (448 e 378 m3/km2).
• Nel 2022, l’impatto degli incendi boschivi è stato minore dell’anno precedente, dopo una fase triennale di crescita. In tutta Italia si sono registrati circa 6.500 incendi per un’estensione complessiva di 725,7 km2, pari al 2,4‰ del territorio nazionale (circa la metà del 2021, nonostante un incremento del 9% del numero di incendi). Nel Centro-nord l’incidenza delle superfici percorse dal fuoco, benché più limitata, è in aumento rispetto al 2021 (dallo 0,3 all’1‰ nel Nord-ovest, dallo 0,1 allo 0,5‰ nel Nord-est e dall’1,6 al 2‰ nel Centro). Nel Mezzogiorno, invece, dove i valori sono più elevati, il 2022 segna un netto miglioramento rispetto all’anno precedente, con incidenze in calo dal 7,4 al 2,3‰ nel Sud e dal 17,2 al 7‰ nelle Isole. Nonostante il miglioramento, la regione più colpita resta la Sicilia con il 9,8‰ del territorio regionale (23,2 nel 2021), seguita a molta distanza da Calabria, Sardegna e Lazio con valori intorno al 4‰.
• Nel 2022 continua a crescere il numero delle aziende agrituristiche: +1,8% rispetto all’anno precedente e +5,2% rispetto al 2019. I comuni che ospitano almeno un agriturismo sono oltre 5mila (quasi il 64% del totale), ma oltre un terzo delle aziende si concentra in Toscana e nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen. Nel 2022 si contano in Italia 8,6 aziende agrituristiche ogni 100 km2, con densità molto più elevate al Centro (16,1) e nel Nord-est (12). Tra le regioni, valori nettamente superiori alla media Italia si osservano anche nelle Marche, in Liguria e Umbria, mentre nel Mezzogiorno il valore medio scende
a 4,1 aziende per 100 km2 (6,6 superato in Campania, 5,4 in Abruzzo).
• Nel 2021, la dotazione di verde storico (parchi e giardini specificamente tutelati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio) è di 1,7 m2 per 100 m2 di superficie urbanizzata nei comuni capoluogo (2,3 nel Nord, 1,4 nel Centro e 0,9 nel Mezzogiorno), stabile nell’ultimo decennio.
• Nel 2023 cresce lievemente, per il secondo anno consecutivo, la percentuale di persone che esprimono insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita, ritenendo di abitare in luoghi “affetti da evidente degrado” (21,3%, contro il 18,7% del 2021), dopo la flessione congiunturale del biennio 2020-2021, probabilmente connessa all’esperienza del lockdown. La variabilità territoriale dell’indicatore resta molto accentuata: la quota delle persone insoddisfatte è del 14,8% al Nord, con un minimo del 7,4% nella provincia autonoma di Trento, sale al 22,9% nel Centro e raggiunge il 29,2% nel Mezzogiorno, con un massimo del 36,5% in Campania.
• Resta sostanzialmente stabile la quota di quanti esprimono preoccupazione per il deterioramento del paesaggio: il 12,3% della popolazione di 14 anni e più, un dato che non presenta variazioni significative dal 2019, dopo il lento declino osservato nel quinquennio precedente. La variabilità territoriale, anche se piuttosto contenuta, è quasi speculare rispetto a quella dell’insoddisfazione, con valori generalmente più bassi nel Mezzogiorno e più alti al Nord (sotto il 10% in Molise, Basilicata, Puglia e Sicilia; sopra il 15% in Liguria, provincia di Bolzano e Veneto).

 

Ambiente

• Nel 2022, si osserva un aumento della percentuale dei superamenti di PM2,5 che arriva al 76,2%, contro il 71,7% del 2021 (valore minimo della serie storica), questo allontanamento dalla soglia dei 10 µg/m³ (interim target OMS – IT4) di un numero maggiore di stazioni di monitoraggio, rende difficile una riduzione della mortalità prematura causata dall’inquinamento da PM2,5.
• Nel 2022 le emissioni di CO2 e degli altri gas climalteranti (o gas effetto serra) prodotte dalle attività economiche e dalle famiglie continuano a crescere, raggiungendo le 7,3 tonnellate di CO2 equivalente per abitante (+0,1 tonnellate rispetto all’anno precedente) e attestandosi sullo stesso valore del 2019 cui si è giunti gradualmente a partire dal 2009.
• Si conferma la tendenza generalizzata all’aumento delle temperature (media, massima e minima) in tutto il Paese. Tra il 2011 e il 2023 il numero di giorni ricadenti nei periodi di caldo intenso è quasi sempre maggiore a quello del periodo di riferimento 1981-2010. Negli ultimi due anni, il fenomeno risulta molto più accentuato e nel 2023 il valore nazionale ha raggiunto 42 giorni di caldo intenso (+36 rispetto al valore mediano del periodo di riferimento).
• Nel 2023 prosegue la crescita del numero dei giorni consecutivi non piovosi, raggiungendo, a livello nazionale, il valore di 29 giorni (+5,5 rispetto alla mediana del periodo 1981-2010). A livello di ripartizione geografica le differenze rispetto al periodo di riferimento risultano avere una minore variabilità rispetto all’anno precedente. Si riscontrano deboli anomalie negative nelle ripartizioni del Nord (-1), valori molto simili nelle altre tre ripartizioni, con lo scarto maggiore al Centro (+5,5), Sud e Isole (+4).
• Nel 2022, il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,4% dell’acqua immessa in rete. L’indicatore è sostanzialmente stabile rispetto al 2020 (42,2%), confermando lo stato di inefficienza di molte reti di distribuzione.
• A causa delle dispersioni nelle reti di distribuzione, agli utenti finali sono erogati complessivamente
4,6 miliardi di metri cubi di acqua per usi autorizzati (214 litri per abitante al giorno), comprensivi sia dei volumi fatturati sia di quelli non fatturati agli utenti finali. Il volume erogato si riduce dell’1,6% rispetto al 2020, proseguendo così la lenta contrazione dei consumi di acqua che si osserva ormai da oltre vent’anni.
• Nel 2021 l’incremento di coperture artificiali impermeabili che genera “consumo di suolo” ha riguardato altri 76,8 km2 rispetto al 2020, in media più di 21 ettari al giorno, mostrando una preoccupante accelerazione rispetto a quanto rilevato negli anni passati per un totale di suolo consumato del 7,14% del territorio nazionale. Anche a causa della flessione demografica, il suolo consumato pro-capite aumenta dal 2021 al 2022 di 2,46 m2/ab e di 16,23 m2/ab dal 2006.
• Nel 2022, rispetto all’anno precedente, diminuisce la produzione di rifiuti urbani in Italia attestandosi a 29,05 milioni di tonnellate (-1,8% dell’ammontare complessivo rispetto al 2021), pari a 492 chilogrammi per abitante (-8,2 kg/ab.), tornando quasi al livello del 2020 (487 kg/ab.). Il calo appare maggiormente rilevante se considerato insieme ai dati positivi dell’economia nel 2022, che non hanno dunque avuto il consueto effetto di aumento nella produzione di rifiuti urbani.
• Nel 2022 il consumo di energia elettrica generata da fonti rinnovabili (idroelettrico, geotermico, eolico, fotovoltaico, termico da biomasse) è il 30,7% del consumo interno lordo. L’indicatore è nettamente più basso rispetto al 2021 (35,1%) e ai valori registrati a partire dal 2013.
• Nel 2023, la percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che i cambiamenti climatici o l’aumento dell’effetto serra e il buco dell’ozono siano tra le 5 preoccupazioni ambientali prioritarie (70,8%), rimane sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente in tutte le ripartizioni ad eccezione del
Nord-est, dove si osserva una riduzione significativa (dal 72,6% al 70,2%).

 

Innovazione ricerca e creatività

• Nel 2023 accelera la domanda di investimento in prodotti della proprietà intellettuale (PPI), con una stima provvisoria di 62.876 milioni di euro, (valori concatenati, anno base 2015), e un incremento del 5,9% rispetto al 2022. La crescita maggiore (+6,1%) è da attribuire agli investimenti in software e basi dati, mentre per la ricerca e sviluppo (R&S) si stima un incremento (+5,5%) ben maggiore di quelli del biennio precedente (+1,9% nel 2021; +1,2% nel 2022).
• La rilevazione della spesa effettivamente sostenuta nel 2021 per attività di R&S registra una crescita del 3,8% rispetto al 2020, che però è più contenuta dell’incremento del Pil; ne consegue una flessione dell’indicatore di intensità di ricerca, che scende all’1,43% (era 1,51% nel 2020) allontanandosi dalla media Ue27 (2,27%).
• Nel settore delle imprese, che nel 2021 rappresenta il 60,2% della spesa complessiva in R&S, la dinamica dell’ultimo anno è positiva soltanto per le grandi imprese (+3,8%), mentre nelle piccole e medie imprese si ha una marcata flessione (-4,5%). Nell’ultimo anno crescono lievemente le quote di spesa in R&S della Pubblica Amministrazione e dell’Università (rispettivamente pari al 24,0% e al 14,0% del totale nel 2021).
• Nel 2023 l’occupazione qualificata nelle professioni scientifico-tecnologiche registra un aumento del 5,4% rispetto al 2022, più deciso di quello registrato dal numero di occupati nel complesso (+2,1%). L’incidenza dei lavoratori della conoscenza sale quindi al 18,8%, circa un punto percentuale in più rispetto al 2022 e al 2019. L’incidenza maggiore si ha tra gli occupati più giovani, in particolare nelle classi di età 25-34 e 35-44 (24,5% e 22,8%), specialmente se donne (33,0%; 29,6%). In queste classi di età si registrano i maggiori incrementi nell’ultimo anno (tra +1,2 p.p. e +1,4 p.p.).
• L’occupazione culturale e creativa nel 2023 è invariata al 3,5% dell’occupazione totale e ancora al di sotto del livello pre-pandemico (3,6% nel 2019). La distribuzione tra le classi di età conferma la maggiore incidenza di occupati in settori o professioni culturali e creativi tra i 25-34enni (4,2%), in particolare donne (4,9%). Il Centro resta l’area del Paese con i livelli più elevati con una crescita apprezzabile del 4,5% (era 4,2% nel 2019), in particolare per le donne, che salgono al 4,6% (dal 4,1% del 2019).
• Nel 2022 si ha una ripresa delle migrazioni qualificate, con una perdita verso l’estero di 4,5 laureati di cittadinanza italiana di 25-39 anni per mille residenti con le stesse caratteristiche (valore analogo
al 2019: -4,9 per mille). I tassi migratori con l’estero sono negativi e in peggioramento in tutte le aree del Paese, più alti al Nord (-4,9 Nord-ovest e -5,9 Nord-est), rispetto al Centro (-3,4), al Sud (-3,9) e alle Isole (-4,0). Alle perdite verso l’estero delle ripartizioni meridionali (-3.906 giovani laureati) si sommano quelle verso il Centro-nord (-25.319), che portano il bilancio totale a -33,6 per mille al Sud e -30,4 per mille nelle Isole. Gli stessi flussi fanno salire al +10,7 per mille il bilancio complessivo del Nord (+14 mila giovani laureati) e al +4,3 per mille quello del Centro.
• Nel 2022 più di un Comune italiano su due (53,6%) offre interamente online almeno un servizio per le famiglie, la quota scende al 36% se si considerano almeno due servizi interamente online e al 24% se i servizi sono almeno tre. È raddoppiata, rispetto al 2018, la quota di Comuni che offrono almeno un servizio per le famiglie interamente online (erano il 25,1%), è più che triplicata quella dei Comuni che ne offrono almeno due (era il 10%), e quintuplicata la quota degli enti che ne offrono almeno tre (era 5%). Nel 2022 il 97,4% (77,1% nel 2018) dei Comuni con almeno 60mila abitanti offre uno o più servizi interamente online.
• Nel 2023 il 14,0% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha venduto beni e servizi via web a consumatori finali (B2C) tramite propri canali, piattaforme digitali o intermediari di e-commerce (anno di vendita 2022). La crescita complessiva dal 2019 è di +4,6 punti percentuali, maggiore al Mezzogiorno (+6,9 punti percentuali) dove l’indicatore è pari al 18,0%. I maggiori incrementi sono nel commercio al dettaglio (+12,5 punti percentuali), nei servizi di alloggio e ristorazione (+11 p.p.), nelle telecomunicazioni (+10,2 p.p.) e nelle industrie alimentari (+9,5 p.p.).
• Nel 2023, il 77,7% della popolazione di 11 anni e più ha usato Internet in modo regolare (oltre 41 milioni di persone; +11 punti percentuali rispetto al 2019). I divari digitali legati all’età si sono ridotti ma non per i più anziani: nel 2023 oltre il 90% delle persone di 11-54 anni naviga in rete regolarmente, la quota si mantiene al di sopra dell’80% tra i 55-64enni, e scende drasticamente tra le persone di 65-74 anni (57,8%) arrivando al 22,8% tra le persone di 75 anni e più.
• Nel 2023, l’83,7% delle famiglie dispone di un accesso a Internet da casa; si scende al 67,2% se si considera anche la disponibilità di un personal computer, con ampie differenze tra le famiglie di soli anziani (36,3%) e le famiglie con almeno un minore (86,8%). La distanza tra il Nord (70,8%) e il Mezzogiorno (59,8%) è di 11 punti percentuali.
• Il voto medio di fiducia nei confronti degli scienziati nel 2023 scende a 7,2 su una scala da 0 a 10 (era 7,3 nel 2021 e nel 2022), con circa una persona ogni sei (14,8%) che assegna un voto compreso tra 0 e 5. La fiducia e più bassa tra chi ha conseguito al massimo la licenza media (7,0) ed è maggiore tra i laureati (7,6) per i quali il voto medio si riduce in misura più contenuta.

 

Qualità dei servizi

• Il sistema sanitario italiano, dopo l’esperienza della pandemia, deve fronteggiare una situazione in cui molti medici di medicina generale sono prossimi a lasciare il mercato del lavoro (il 77% è over54enne), la loro dotazione era già in forte diminuzione (da 7,5 per 10mila abitanti nel 2012 a 6,7 nel 2022) ed è in deciso aumento la quota dei “massimalisti” con più di 1.500 assistiti (dal 27,3% al 47,7%). Il sistema ha, anche e da tempo, una carenza di personale infermieristico, con una dotazione pari a 6,8 per mille abitanti nel 2022.
• Nel 2023 il si registra un peggioramento dell’indicatore sulla fiducia nel personale sanitario negli ultimi tre anni: il 20,1% dei cittadini ha assegnato un voto da 0 a 5 ai medici e il 21,3% all’altro personale sanitario; le percentuali sono massime nel Mezzogiorno (rispettivamente 24,2% 26,6%).
• Torna ai livelli pre-COVID l’emigrazione ospedaliera extra-regione: nel 2022 l’8,3% dei ricoveri in regime ordinario per acuti. Basilicata, Calabria, Campania e Puglia sono le regioni con maggiori flussi in uscita non compensati da flussi in entrata; in Sicilia e Sardegna, sebbene l’indice di emigrazione ospedaliera sia contenuto, è molto superiore all’indice di immigrazione ospedaliera.

Nel 2023 sono circa 4,5 milioni cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di lista di attesa o difficoltà di accesso, il 7,6% della popolazione (in aumento rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019), probabilmente per recupero delle prestazioni sanitarie differite per il COVID-19 e difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria). Si assiste ad un raddoppio della quota di chi ha rinunciato per problemi di lista di attesa (da 2,8% nel 2019 a 4,5% nel 2023), stabile la rinuncia per motivi economici (da 4,3% nel 2019 a 4,2% nel 2023), ma comunque in aumento rispetto al 2022: +1,3 punti percentuali in un solo anno.

In continuo aumento la quota di anziani assistiti in Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), dal 2,9% nel 2019 al 3,3% nel 2022, ma permane una forte variabilità territoriale: dal 3,8% nel Nord-est al 2,6% al Sud. Se si considera anche l’assistenza residenziale, rimane il Nord-est l’area con la maggiore presa in carico di anziani fragili (6,2% nel 2021) e il Sud con quella più bassa (2,8% nel 2021). In questa ripartizione oltre l’80% dell’assistenza agli anziani fragili è erogata in ADI, per un’offerta molto inferiore alla media nazionale di posti letto nei presidi residenziali socio-sanitari e socio-assistenziali (33,4 posti letto per 10.000 residenti vs 70,1 nel 2021). Anche il Centro Italia, nonostante il significativo aumento della quota di anziani assistiti in ADI (da 2,6% nel 2019 a 3,2% nel 2021 e 3,6% nel 2022), rimane su valori inferiori alla media nazionale per il totale di anziani fragili presi in carico (4,1% vs 4,5% nel 2021).

Nel 2023, l’Italia ha raggiunto la quota del 59,6% delle famiglie servite da una connessione internet ad alta velocità, dato in continua crescita, ma non omogeneo nel territorio nazionale. Alcuni territori hanno una copertura superiore al 70%: Molise (84,6%), provincia autonoma di Trento (77,6%), Campania (72,1%) e Lazio (71,7%); in altre, non si raggiunge nemmeno la soglia del 40%: Calabria (36,1%) e Sardegna (39,2%). Nella provincia autonoma di Trento e in Molise, che erano le zone più arretrate d’Italia nel 2019 (rispettivamente 5,0% e 6,4%), si sono fatti significativi passi in avanti. Nel 2022, il 60,2% delle famiglie italiane vive in un comune che ha raggiunto l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Le differenze territoriali sono rilevanti: le aree più virtuose sono la provincia autonoma di Trento, la Sardegna e le Marche, nelle quali oltre il 90% delle famiglie vivono in un comune che ha raggiunto il 65%; fanalino di coda sono Lazio e Campania, dove la percentuale scende a poco più del 30% delle famiglie. Il servizio di raccolta differenziata è in continuo miglioramento in tutto il territorio nazionale, anche se con ritmi diversi. Nel 2022, un grande salto in avanti è stato fatto dalla Sicilia, dove l’indicatore, pur restando molto distante dall’obiettivo, aumenta di 8,1 p.p., arrivando al 45,4%. I tassi aumentano anche per le regioni che avevano già alti tassi di raccolta differenziata, come l’Emilia-Romagna (+6,8 p.p.), le Marche (+5,6 p.p.) e l’Umbria (+4,8 p.p.). Le uniche regioni che nell’ultimo anno hanno registrano una flessione sono il Veneto, la Toscana, la Basilicata e la provincia Autonoma di Trento.

Nel 2023 il 12,9% delle persone dai 14 anni di età, ha utilizzato assiduamente i servizi pubblici di mobilità (era il 11,8% nel 2022 e superava il 15% nel 2019). Sul territorio, l’utenza più ampia risiede nelle regioni del Nord (14,7%), e in particolare in Liguria, che, con il 23,2% di utenti assidui, mostra la ripresa più netta rispetto allo scorso anno (19,7%) insieme al Molise, dove si è passati dal 6,5% al 10,8%. Il Sud e le Isole si confermano invece le ripartizioni con una domanda di mobilità che fatica a riprendersi: Sicilia (7,2%) e Calabria (7,5%) sono le regioni con l’utenza più bassa, stazionaria o leggermente in calo rispetto al passato. Rimane stabile la quota di quanti si dichiarano soddisfatti dei servizi di mobilità (il 23,3%). In netto peggioramento rispetto al 2022 la performance del Centro (dal 21,0% al 18,3%) e soprattutto delle Isole (dal 29,2% al 22,8%).

 

 

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