“Memoria grafica e oblio concettuale dello zero greco”, a cura di Antoine Houlou-Garcia dell’Università di Trento ed EHESS Parigi.
Questo seminario ha avuto luogo presso il Dipartimento di Lettere dell’Università il giorno 3 aprile.
Nel mondo antico e nei suoi sistemi di numerazione lo zero non è sempre esistito. Presso gli Egizi e presso i Romani, ad esempio, non esisteva e tuttavia era possibile esprimere ugualmente numeri come 303 o 1010 solo scrivendone i simboli in maniera posizionale (per esempio CCCIII e MX in numerazione romana e con sequenze di simboli simili per la numerazione egizia).
Nella civiltà greca (nella quale non esistevano simboli specializzati per indicare i numeri, designati con le lettere minuscole dell’alfabeto) esisteva il concetto di zero per quanto riguarda la sottrazione, da una quantità preesistente di oggetti, di una uguale quantità (per es. 3 – 3). Il risultato veniva espresso con il termine greco oudén (ουδέν), che significa “nulla”. La “o” breve greca (omicron) è stata successivamente utilizzata per indicare lo zero numerico, talvolta sovrastata da un trattino per distinguerlo dalla “o” letterale.
La civiltà ellenistica era diffusa in vasti territori che confinavano con le culture dell’Indo e il simbolo greco per “nulla” passò ai matematici indiani, dai quali tornò in occidente tramite i commercianti arabi assieme alle nove cifre della numerazione posizionale detta appunto “araba”.
Il termine che significava “nulla” fu tradotto in arabo con “sifr”, che in italiano ha dato come esiti sia “cifra” che “zero”.