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FEDERCOOP * CONTRATTO INTEGRATIVO SAIT: LA LETTERA INVIATA AI DIPENDENTI, LE MOTIVAZIONI DELLA DISDETTA

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19.05 - venerdì 28 settembre 2018

 Si possono sacrificare i livelli occupazionali, dare un giro di vite alla produttività, ridurre  i costi di fornitura, dei trasporti, delle banche, e poi tenere in vita un contratto integrativo aziendale che ignori tutto ciò, incorporando inerzialmente gli istituti  del passato? Si può, da una parte, spronare e, dall’altra, accondiscendere ad una comoda routine, con istituti come il «premio di presenza»? Si può modernizzare usando logiche contrattuali anacronistiche?

La risposta del Consiglio di amministrazione del Sait è evidentemente «no». Per questo ha deciso di disdettare il contratto integrativo aziendale, scaduto a fine 2016. Oggi la comunicazione ufficiale, preceduta da una lettera ai dipendenti.

La disdetta sarà operante dal 1° gennaio 2019, ma – sottolinea con forza l’azienda – l’obiettivo non è assolutamente quello di togliere risorse ai lavoratori; l’obiettivo è invece di distribuire le stesse o maggiori risorse correlandole più strettamente a risultati concreti e misurabili. Questo è già previsto per gli addetti del magazzino (il cui premio è commisurato alle quantità movimentate); ma il criterio del merito deve permeare ogni cellula dell’azienda, anche per non creare situazioni di disparità interna.

Da poco più di due anni – ricorda la lettera ai dipendenti – il Sait ha intrapreso un ambizioso percorso di rilancio, la cui efficacia è dimostrata dai risultati del bilancio 2017. Notevoli i risparmi conseguiti, ma soltanto la metà derivano dal minor costo del lavoro; il resto proviene da varie altre aree di attività o di fornitura, sottoposte a una profonda revisione organizzativa e comportamentale, da cui nessun centro di costo è rimasto escluso. L’azienda, quindi, non può e non deve fermarsi, ma «mantenere il coraggio dimostrato», per essere più efficiente nel servizio ai Soci e più agile nella competizione. Ciò implica anche riscrivere una piattaforma contrattuale nata dalla sedimentazione di innumerevoli fasi negoziali fin dagli anni settanta, e da una serie di accordi che, se ebbero un senso in passato, appaiono oggi più lontani dagli specifici obiettivi del processo di rilancio del Sait.

Questo processo sta procedendo speditamente, e non soltanto in senso frustrante per i lavoratori, come dimostrano i nuovi strumenti i fase di approfondimento, come ad esempio il welfare aziendale. Ma c’è bisogno di un più stretto raccordo con la contrattazione di secondo livello, per esigenze di equità e di semplificazione.

Pertanto, nel ricordare che tre mesi sono «un periodo più che congruo» per un confronto costruttivo con le rappresentanze aziendali, coadiuvate dalle rispettive Organizzazioni sindacali, il Sait considera la disdetta non come un atto ostile nei confronti dei lavoratori, ma al contrario come un vigoroso stimolo a concordare «un nuovo contratto integrativo che sappia coniugare gli aspetti normativi ed economici con le esigenze di competitività, produttività e redditività».

Come? Fissando «indicatori e obiettivi chiari, coerenti e sfidanti per consentire di accedere ad almeno tutte le risorse previste dal vigente accordo»: ai dipendenti lo si dice espressamente, per fugare il sospetto che la disdetta nasconda in realtà il proposito di un semplice taglio della retribuzione. Non è così: benché disdettato, il contratto integrativo aziendale potrà essere rapidamente riformulato a parità di budget, quindi «non rinnegato, non abbandonato, ma rivisto nella sua interezza e adattato agli obiettivi futuri dell’azienda».

«Spero che questa decisione non sia strumentalizzata – ha dichiarato il Presidente Renato Dalpalù – Il Consorzio intende semplicemente discutere con i lavoratori e con le loro rappresentanze sindacali modalità più adeguate per distribuire risorse che oggi sono elargite senza tener conto di alcun fattore di performance. Questo perciò è un passaggio importante sia per l’efficacia del lavoro sia per l’equo trattamento dei lavoratori, ossia un passaggio costruttivo, non repressivo. Al punto che pensiamo di utilizzare proprio questo momento – ha concluso il Presidente – per introdurre strumenti innovativi che garantiscano una maggiore partecipazione dei lavoratori alla vita e agli sforzi dell’azienda. I Soci, gli amministratori e i dipendenti sono ben determinati a rafforzare il ruolo del Sait come presidio della comunità trentina. Faremo di tutto perché sia veramente così.».

 

 

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