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DIA * RELAZIONE II SEMESTRE 2022: « IL TESSUTO ECONOMICO DELLA PROVINCIA DI TRENTO NON È IMMUNE A FORME DI INGERENZA CRIMINALI » (PDF INTEGRALE)

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06.56 - giovedì 14 settembre 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Provincia di Trento
Il tessuto economico della provincia di Trento non è immune a forme di ingerenza da parte delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, sebbene perpetrate con modalità di penetrazione sociale e forme di controllo del territorio meno evidenti di quelle che hanno afflitto nel tempo altre realtà della Penisola. Al di fuori delle aree d’origine e in contesti territoriali particolarmente floridi come quello del Trentino, le mafie sono pronte a cogliere sempre nuove opportunità di business utili a riciclare e reinvestire i loro capitali illeciti145. Assunto questo confermato dalle risultanze investigative del recente passato146 che hanno documentato l’esistenza nella provincia di un locale di ‘ndrangheta, espressione della cosca reggina SERRAINO, inseritasi nel tessuto economico legale grazie anche a consolidati rapporti con locali imprenditori e amministratori pubblici147. Tale modus operandi trova anche conferma dagli esiti dell’indagine

 

Provincia di Trento
Il tessuto economico della provincia di Trento non è immune a forme di ingerenza da parte delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, sebbene perpetrate con modalità di penetrazione sociale e forme di controllo del territorio meno evidenti di quelle che hanno afflitto nel tempo altre realtà della Penisola. Al di fuori delle aree d’origine e in contesti territoriali particolarmente floridi come quello del Trentino, le mafie sono pronte a cogliere sempre nuove opportunità di business utili a riciclare e reinvestire i loro capitali illeciti145. Assunto questo confermato dalle risultanze investigative del recente passato146 che hanno documentato l’esistenza nella provincia di un locale di ‘ndrangheta, espressione della cosca reggina SERRAINO, inseritasi nel tessuto economico legale grazie anche a consolidati rapporti con locali imprenditori e amministratori pubblici147. Tale modus operandi trova anche conferma dagli esiti dell’indagine

 

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Nella giornata di ieri, è stata pubblicata sul sito del Senato della Repubblica la Relazione semestrale della DIA presentata dal Ministro dell’Interno e relativa ai fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso del II semestre del 2022. L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma, ancora una volta, che i sodalizi mafiosi prediligono agire negli ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano ingenti profitti gradualmente immessi nei circuiti legali con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati.

Gli elementi investigativi raccolti, infatti, confermano che le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza e delle intimidazioni, sempre più residuali, con strategie di silenziosa infiltrazione e con pratiche corruttive. Le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni sempre più ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite. Si tratta di “modi operandi” dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e PNRR).

Come di consueto e con la usuale attenzione alle evoluzioni ed alle trasformazioni delle organizzazioni mafiose, la Relazione propone, con particolare riguardo allo sviluppo ed alle trasformazioni delle organizzazioni mafiose, la descrizione del quadro criminale – anche schematizzata con l’ausilio di mappe esplicative della sua evoluzione recanti le presenze dei principali sodalizi attivi in ragione delle risultanze investigative concluse dalla DIA e dalle Forze di polizia – senza tralasciare gli importanti, ulteriori elementi informativi contenuti nei provvedimenti di scioglimento degli Enti Locali.

L’elaborato si sofferma, peraltro, sulla resilienza della criminalità organizzata e sulla capacità di cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni opportunità di profitto e realizzando una notevole espansione speculativa, non da ultimo grazie agli strumenti tecnologici connessi al metaverso, alle piattaforme di comunicazioni criptate e in generale al web (sia la rete internet che il dark web) e ad altri settori del mondo digitale meno conosciuti.

Al riguardo, il documento illustra il percorso di intensificazione della cooperazione internazionale sempre avvalendosi dell’importante progetto della Rete Operativa Antimafia @ON di cui la DIA è ideatore, promotore e Project Leader. Il progetto ha visto un’ulteriore espansione grazie alla disponibilità presso EUROPOL di dati provenienti proprio dalle piattaforme di comunicazioni criptate, poste sotto sequestro da varie Autorità Giudiziarie estere, che hanno permesso di ricostruire ampie dinamiche criminali orchestrate da organizzazioni ben strutturate e ramificate non soltanto all’interno dell’Unione Europea. L’utilizzo sempre più diffuso delle comunicazioni criptate rappresenta una sfida attuale e futura che la tecnologia offre di continuo e che in futuro potrebbe essere affiancata dal diffondersi su scala globale del metaverso, scenario rispetto al quale EUROPOL ha già evidenziato le potenzialità criticità cercando di veicolare alle Forze dell’ordine dell’Unione Europea le raccomandazioni su quello che potrebbe accadere e come adattarsi e prepararsi all’intervento operativo nel nuovo contesto. Proprio in considerazione del sempre più diffuso ricorso a questa tecnologia da parte dei sodalizi criminali, la Relazione contiene uno specifico FOCUS di approfondimento sulle piattaforme di comunicazione criptate.

Un ulteriore FOCUS è dedicato ai gruppi di criminalità albanese che nel tempo si sono integrati con la delinquenza locale, diventando, non solo in Italia, una delle più complesse e articolate espressioni nello scenario della criminalità, quali partners e fornitori di servizi criminali per altri gruppi, forti di una reputazione di notevole affidabilità, soprattutto per il narcotraffico. L’ingente disponibilità di denaro, inoltre, permette alle mafie albanesi di poter disporre di sofisticate attrezzature tecnologiche ed informatiche per eludere il contrasto da parte delle Autorità di polizia e giudiziarie, rendendo sempre difficoltoso ed impegnativo lo sforzo investigativo.
Con riferimento infine all’azione di prevenzione, la DIA ha continuato a garantire il constante monitoraggio dei flussi finanziari finalizzato ad individuare e recuperare i patrimoni illecitamente accumulati dalle mafie, anche fuori dai confini nazionali. Su questo fronte, si riportano di seguito i dati dei provvedimenti preventivi eseguiti nel semestre dalla Direzione Investigativa Antimafia.

 

 

UltimaRelazione Semestrale DIA”, riferita al 2° Semestre 2022

 

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RELAZIONE SEMESTRALE DELLA DIA
II SEMESTRE 2022

ABSTRACT

In continuità con i precedenti, anche il secondo semestre 2022 appare caratterizzato, con esclusione di taluni episodi cruenti registrati nel territorio napoletano e pugliese, da un limitato ricorso alla violenza o ad atti eclatanti anteposti, dagli stessi sodalizi mafiosi, ad una silente e più conveniente penetrazione del tessuto economico imprenditoriale. In linea col passato quindi, assieme alle mai sopite e più visibili attività criminali quali il narcotraffico, le estorsioni, lo sfruttamento della prostituzione e del lavoro clandestino, si registrano anche sempre più diffusi ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano ingenti profitti gradualmente immessi nei circuiti legali con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati. Trattasi di quei reati “satellite”, spesso contestati nelle ipotesi aggravate ex art. 416 bis 1 c.p., rappresentati dal traffico di rifiuti, dalle crescenti fatturazioni per operazioni inesistenti, dalle truffe, dalle false compensazioni di crediti tributari e dall’evasione dei contributi previdenziali ed assistenziali. Su tali fronti, le attività investigative – preventiva e repressiva – risultano più ardue e complesse poiché la fattispecie criminale di natura associativa e l’elemento soggettivo del reato risultano agevolmente dissimulabili. Unitamente alla scarsa visibilità di tali reati “economico-finanziari”, l’attività repressiva risulta ancor più complessa in ragione del flebile allarme sociale sopra richiamato e dalla frequente convergenza di interessi tra le organizzazioni criminali e taluni attori sociali.
Gli elementi investigativi raccolti confermano che le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive e intimidatorie.
Oggi, le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite. Si tratta di “modi operandi” dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e PNRR). Come di consueto e con la usuale attenzione alle evoluzioni ed alle trasformazioni delle organizzazioni mafiose, la Relazione propone la descrizione del quadro criminale – anche schematizzata con l’ausilio di mappe esplicative sulla presenza dei principali sodalizi ancora attivi in ragione delle inchieste concluse dalla DIA e dalle Forze di polizia – senza tralasciare gli importanti ulteriori elementi informativi contenuti nei provvedimenti di scioglimento degli Enti locali.
Bisogna inoltre evidenziare che la soglia di vigilanza sugli appalti ed erogazioni pubbliche va massimizzata con un approccio adeguato ai tempi e superando l’idea che la criminalità organizzata sia confinata entro ristretti limiti nazionali.
È indispensabile una conoscenza approfondita e condivisa del fenomeno criminale che sostenga le attività di contrasto, valorizzando le sinergie e le “best practices”, almeno a livello europeo, coinvolgendo tutti gli attori della cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria. È ormai unanimemente riconosciuta la resilienza della criminalità organizzata e la capacità di saper cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni opportunità di profitto e realizzando una notevole espansione speculativa. Bisogna, quindi, adeguare gli strumenti tecnologici a disposizione delle agenzie di sicurezza alle nuove sfide nel contrasto alla criminalità organizzata, aumentare le capacità di penetrazione del metaverso, delle comunicazioni criptate e in generale del web (sia la rete internet che il dark web) e in altri settori del mondo digitale meno conosciuti, perché le mafie sono capaci di rigenerarsi continuamente, perché hanno a loro disposizione tecnologie e tecnici di altissima specializzazione. Per rimanere al passo dei tempi, cercando di essere magari un passo avanti a loro, poiché esse operano sempre più sul web e nel metaverso. La Relazione contiene uno specifico FOCUS di approfondimento sulle piattaforme di comunicazione criptate, in considerazione del sempre più diffuso ricorso a questa tecnologia da parte dei sodalizi criminali.
Nel secondo semestre del 2022 la situazione della criminalità organizzata in Calabria permarrebbe sostanzialmente immutata rispetto al precedente periodo dell’anno. Sul piano strutturale la ‘ndrangheta si conferma un’organizzazione a struttura unitaria, governata da un organismo di vertice, cd. “provincia” o “crimine”, sovraordinato a quelli che vengono indicati come “mandamenti” che insistono in 3 macroaree geografiche (il mandamento centro, quello jonico e quello tirrenico) e al cui interno operano le locali e le ‘ndrine, assetto ribadito anche dalle pronunce definitive emesse all’esito del noto processo “Crimine”.
Tuttavia, gli elementi emersi dalle inchieste concluse nel periodo in esame, nel prosieguo, hanno mostrato taluni aspetti d’interesse che, da un’attenta analisi, potrebbero rivelare possibili evoluzioni dei gruppi ‘ndranghetisti avvenute nei vari contesti di riferimento.
Fuori dalla regione d’origine, le cosche calabresi, oltre ad infiltrare significativamente i principali settori economici e produttivi, replicano i modelli mafiosi basati sui tradizionali valori identitari, con “proiezioni” che fanno sempre riferimento al Crimine, quale organo unitario di vertice, che adotta ed impone le principali strategie, dirime le controversie e stabilisce la soppressione ovvero la costituzione di nuove locali. Le inchieste ad oggi concluse hanno, infatti, permesso di individuare nel Nord Italia 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. Più di recente, anche in Emilia Romagna le attività d’indagine hanno gradualmente disvelato una ragguardevole incisività della ‘ndrangheta.
Quello degli stupefacenti permane il settore criminale di primaria importanza per la ‘ndrangheta. Nell’ambito del narcotraffico globale le ‘ndrine calabresi occupano ormai da tempo un riconosciuto ruolo di universale livello poiché affidabili sul piano criminale, solvibili su quello finanziario e capaci di gestire una complessa e affidabile catena logistica per il trasporto transoceanico, dai Paesi sudamericani verso l’Europa, dei carichi di droga. Negli ultimi anni, anche alcune aree dell’Africa occidentale e, in particolare, la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana, sono divenute per le cosche di ‘ndrangheta uno snodo logistico sempre più strategico per i traffici di stupefacenti.
Inalterata anche l’operatività delle cosche calabresi nel controllo e nella gestione del patrimonio boschivo e della guardiania, tramite l’imposizione del pizzo anche sulla compravendita dei terreni, guardiania peraltro abusiva ed attività illecita già emersa in pregresse indagini.
In ragione della coesa struttura, delle sue capacità “militari” e del forte radicamento nel territorio, la ‘ndrangheta si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni (Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna). Proiezioni che si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania e Romania), il continente australiano e quello americano (Canada, USA, Messico, Colombia, Brasile, Perù, Argentina, Australia, Turchia ed Ecuador).
L’andamento del fenomeno mafioso nella Regione Siciliana non ha subìto complessivi mutamenti sostanziali rispetto al semestre precedente, in cui cosa nostra manterrebbe ancora il controllo del territorio in un contesto socio-economico tuttora fortemente cedevole alla pressione mafiosa. Nonostante le numerose attività di contrasto eseguite nel tempo cosa nostra continuerebbe a manifestare spiccate capacità di adattamento e di rinnovamento per il raggiungimento dei propri scopi illeciti. Essa, infatti, continua ad evidenziare l’operatività delle sue articolazioni in quasi tutto il territorio dell’Isola con consolidate proiezioni in altre regioni italiane e anche oltreoceano tramite i rapporti intrattenuti con esponenti di famiglie radicate da tempo all’estero.
In cosa nostra palermitana, come nelle consorterie mafiose attive nelle province occidentali e orientali della Sicilia, la prolungata assenza al vertice di una autorevole e riconosciuta leadership starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa. Non mancherebbero, tuttavia, i tentativi da parte di anziani uomini d’onore, recentemente ritornati in libertà, di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di appartenenza.
Nel territorio siciliano si registra altresì la presenza di altre organizzazioni mafiose sia autoctone, sia straniere, che riescono a coesistere con cosa nostra in ragione di un’ampia varietà di rapporti e di mutevoli equilibri. Ad Agrigento continua a registrarsi l’operatività anche della stidda e di altri sodalizi para-mafiosi, come paracchi e famigghiedde. In provincia di Catania e, più in generale nella Sicilia Orientale, risultano ancora attive importanti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra che al suo modello fanno riferimento sotto gli aspetti organizzativo, funzionale e criminale. In tale contesto territoriale operano, inoltre, altri sodalizi di tipo mafioso non ricompresi in cosa nostra che possiedono la medesima articolazione delle famiglie di Catania e, in altri casi, alternano ad una matrice banditesca schemi organizzativi adattivi e fluidi tipici dei quartieri in cui i tali gruppi insistono. Evidente, inoltre, è la propensione dei sodalizi catanesi ad espandere la loro zona di influenza nei contesti circostanti. Difatti, nelle province di Siracusa e Ragusa risultano tangibili le influenze di cosa nostra catanese e, in misura più ridotta, anche della stidda gelese.
Anche nel secondo semestre 2022 la criminalità organizzata siciliana risulterebbe esercitare una “capacità attrattiva” sulle giovani generazioni, coinvolgendo non solo la diretta discendenza delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, un bacino di utenza più esteso al fine di ampliare la necessaria manovalanza criminale.
L’ormai consolidata strategia di “sommersione” dettata dalle organizzazioni siciliane prevede il minimale ricorso alla violenza al fine di evitare allarme sociale e garantire, nel contempo, un “sereno” arricchimento economico tramite l’acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere.
Nel periodo di riferimento vengono confermati quali principali interessi criminali delle mafie siciliane, il traffico di stupefacenti, le estorsioni, l’infiltrazione nei comparti della pubblica amministrazione, nell’economia legale, nel gioco e nelle scommesse online, settore quest’ultimo che garantisce una singolare modalità di controllo del territorio, strumentale anche per il riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.
Nel traffico degli stupefacenti si conferma la capacità di cosa nostra di instaurare relazioni commerciali e di stringere alleanze o forme di cooperazione con altre matrici mafiose, quali ‘ndrangheta e camorra, per l’acquisto di ingenti quantitativi su larga scala. Dalle attività investigative concluse nel periodo di riferimento è emerso come cosa nostra, per l’approvvigionamento di cocaina, abbia mantenuto un privilegiato canale di negoziazione soprattutto con le cosche calabresi. Tuttavia non può escludersi che cosa nostra riesca, nel tempo, a riattivare i vecchi flussi con i fornitori del continente americano e riacquisire lo storico ruolo di player internazionale nell’ambito del narcotraffico. Con riferimento allo spaccio al minuto, le organizzazioni criminali ricercherebbero manovalanza anche tra i più giovani nelle periferiche e più degradate aree urbane.
L’interesse delle consorterie mafiose siciliane fuori regione si rivolge prevalentemente (con riferimento alle presenze in Lazio, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Toscana) all’infiltrazione nell’economia con la commissione di frodi fiscali e riciclaggio di capitali. All’estero, tra i Paesi più interessati al fenomeno si segnalano Spagna, Belgio, Germania, Austria, Romania, Malta, Canada, USA.
La criminalità mafiosa campana, convenzionalmente definita camorra, si manifesta sotto forma di una pluralità di fenomeni delinquenziali, eterogenei e complessi, connotati da peculiarità evolutive indotte dai molteplici fattori storici, economici e sociali derivanti dai contesti territoriali di riferimento.
Nello scenario criminale campano risultano presenti associazioni mafiose storiche con strutture consolidate e persistenti mire crimino-affaristiche protese oltre i tradizionali confini delle aree di origine. Accanto a queste, coesistono formazioni delinquenziali minori, prevalentemente di tipo familistico, il cui principale fattore identitario è rappresentato dal territorio in cui tentano di affermare la propria leadership criminale, ricorrendo spesso anche ad azioni violente.
Nel semestre in esame costante ed incisiva è stata l’attività di contrasto ai sodalizi campani attuata dalle Istituzioni poste a presidio della legalità mediante iniziative sia di natura giudiziaria, sia di prevenzione antimafia, che hanno permesso di contenere il fenomeno soprattutto nelle sue manifestazioni più virulente.
L’analisi dei provvedimenti giudiziari e amministrativi antimafia proseguita nel semestre ha così consentito di delineare il quadro attuale della criminalità nella Regione che permane caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di aggregazioni camorristiche aventi significative differenze a seconda delle rispettive aree d’influenza prese in riferimento.
Le province di Napoli e Caserta rimangono i territori a più alta e qualificata densità mafiosa. È qui, infatti, che si registra la presenza dei grandi cartelli camorristici e dei sodalizi più strutturati i quali, oltre ad aver assunto la gestione di tutte le attività illecite, si sono gradualmente evoluti nella forma delle c.d. “imprese mafiose” divenendo nel tempo competitivi e fortemente attrattivi anche nei diversi settori dell’economia legale. Ne consegue, pertanto, la crescente tendenza dei clan più evoluti a “delocalizzare” le attività economiche anche all’estero per fini di riciclaggio e di reinvestimento con l’obiettivo di trasferire le ricchezze in aree geografiche ritenute più sicure e più remunerative.
Ad un livello inferiore, si rilevano gruppi minori, non di rado in posizione strumentale e funzionale alle organizzazioni sovraordinate, dediti prevalentemente ai tradizionali affari illegali quali lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni e l’usura che incidono in maggior misura sulla sociale percezione di insicurezza. Un’ulteriore e insidiosa minaccia è costituita dalle strategie più subdole e raffinate adottate dalle organizzazioni camorristiche più strutturate ed orientate all’infiltrazione dell’economia e della finanza anche tramite pratiche collusive e corruttive. I consistenti capitali illeciti di cui dispongono tali organizzazioni, derivanti soprattutto dal traffico di stupefacenti, non appena reimpiegati nell’economia legale alterano, talvolta irreversibilmente, le normali regole di mercato e della libertà di impresa, consentendo ad esse di acquisire posizioni dominanti, o addirittura monopolistiche, in interi comparti economici.
Frequenti risultano i casi di pervasiva ingerenza all’interno della pubblica amministrazione campana volti a condizionarne i regolari processi decisionali per l’affidamento degli appalti pubblici, altro settore di prioritario interesse criminale. Grazie alla rete di relazioni intessuta tra taluni esponenti delle Amministrazioni locali e delle imprese, i clan riescono ad aggiudicarsi importanti commesse pubbliche sia con affidamenti diretti in favore di aziende ad essi collegate, sia tramite i sub-appalti.
L’interesse fuori regione delle consorterie mafiose campane si rivolge prevalentemente al narcotraffico e al riciclaggio di capitali, con particolare riferimento a Lazio, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise e Saredgna. All’estero, tra i Paesi più interessati al fenomeno, si segnalano in Europa Spagna, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Germania, Austria, Romania, Belgio e Repubblica Ceca, e al di fuori del continente europeo USA, Repubblica Popolare Cinese ed Emirati Arabi.
La parcellizzazione e il dinamismo dei fenomeni associativi continuano a caratterizzare l’intero scenario mafioso pugliese in cui le diverse costellazioni di clan e di sodalizi, tra loro in altalenanti rapporti di conflittualità ed alleanze, proseguono il loro percorso in ascesa verso l’acquisizione di forme imprenditoriali sempre più complesse e strutturate.
Le organizzazioni criminali della Regione, infatti, benché continuino ad esercitare variegate modalità di controllo militare del territorio, sembrerebbero orientarsi verso l’attuazione di un mirato ed evoluto modello di mafia degli affari.
I dati contenuti nelle Relazioni sull’Amministrazione della Giustizia, presentate in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2023 presso le Corti di Appello di Bari e Lecce, confermano il trend in crescita delle mafie pugliesi nella tradizionale distinzione tra mafie foggiane, camorra barese e sacra corona unita.
Le attività di analisi e di indagine del semestre documentano anche come il polimorfismo mafioso non pregiudichi forme di simbiosi e sinergiche strategie, funzionali al soddisfacimento di comuni interessi illeciti ed altamente remunerativi.
I percorsi di infiltrazione mafiosa nei circuiti economico-imprenditoriali traggono origine dal considerevole afflusso di capitali illeciti derivanti dal traffico, anche internazionale, di stupefacenti e dagli ingenti profitti discendenti dalla recrudescenza del fenomeno estorsivo, attuate con prevaricanti strategie intimidatorie dalle organizzazioni criminali pugliesi ai danni di attività imprenditoriali e commerciali. Le accennate interazioni con le mafie storiche interessano, ad esempio, i clan della provincia di Barletta Andria Trani (BAT) che sembrerebbero interloquire non solo con le realtà criminali del territorio dauno e barese, ma anche con quelle di origine calabrese e campana.
Non si allontana da tale impostazione strutturale la mafia foggiana (con le quattro articolazioni: società foggiana, mafia garganica, malavita cerignolana e mafia dell’Alto Tavoliere) la quale protende verso nuovi e più consolidati assetti organizzativi, fondati su modelli criminali condivisi, al fine di acquisire maggiori spazi d’azione e una spiccata duttilità operativa su più fronti: socio-economico, finanziario e politico-amministrativo.
La camorra barese, anch’essa con spiccato senso degli affari, ha privilegiato i settori più remunerativi come il traffico di stupefacenti, il contrabbando di TLE e, con un trend in progressiva ascesa, la gestione del gioco e delle scommesse online. Parallelamente, anche le tradizionali attività estorsive ed usurarie consentono, ricorrendo alla fama criminale, di ottenere un notevole ritorno in termini sia di redditività, sia di conservazione del controllo del territorio.
Le più recenti analisi elaborate, con riferimento alla situazione delinquenziale della città di Taranto, documentano come la Città dei due mari risulti connotata dalla presenza, ancora oggi vigorosa e pervicace, di gruppi mafiosi che continuano a dominare il territorio.
Le mire fuori regione delle consorterie criminali pugliesi si rivolgono prevalentemente al traffico di stupefacenti e al cosiddetto “pendolarismo criminale” finalizzato alla commissione di reati predatori. Segnali di queste presenze sono stati colti in Lazio, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Molise. Non mancano contatti con territori esteri e, in particolare, con l’Albania per l’approvvigionamento di carichi di stupefacenti via mare, ma anche con Spagna, Paesi Bassi Germania, Romania e Malta, ma anche USA.
In Basilicata, le differenti peculiarità geografiche ed economiche fra le zone territoriali costiere, a forte vocazione agricola e turistica, e quelle dell’entroterra, contrassegnate da frammentate realtà urbane, si riflettono nei diversi contesti criminali che hanno contraddistinto il radicamento dei sodalizi delinquenziali nel territorio. Nella provincia di Matera e, segnatamente, nella sua fascia Jonica, persisterebbero i sodalizi calabresi e pugliesi mentre nella provincia di Potenza agirebbero anche gruppi legati alla camorra e alla ‘ndrangheta.
Gli esiti info-investigativi del semestre confermano il radicamento, in entrambe le province lucane, di sodalizi prevalentemente a struttura clanica e familistica in un equilibrio complessivamente stabile, tenuto conto della frammentarietà delle organizzazioni e dell’assenza di un vertice condiviso.
Al pari di analoghe realtà nazionali più progredite, le compagini criminali lucane sembrerebbero dimostrare una capacità di rigenerazione a fronte delle incisive attività di contrasto eseguite dalle locali Forze di Polizia e dalla Magistratura. Lo dimostra l’apertura a nuove alleanze o inedite forme di cooperazione, quest’ultime stimolate da interessi reciproci connessi con i traffici più remunerativi, primo fra tutti quello degli stupefacenti che continua ad essere molto redditizio e a rappresentare un volano di rapida crescita anche per le neo formazioni criminali.
Il crimine organizzato di matrice etnica costituisce, da tempo, una componente ormai stabile e consolidata nel complessivo scenario criminale nazionale. Le investigazioni condotte da tutte le Forze di Polizia rendono contezza, anche nel semestre in riferimento, della considerevole capacità di azione e di manovra che i sodalizi stranieri dimostrano di aver raggiunto anche a fronte della costante azione preventiva e repressiva posta in essere dalle Autorità preposte.
Il quadro di situazione, come determinato dagli eventi criminali più significativi registrati nel semestre, si pone in termini di continuità rispetto alla cornice di riferimento risultante dalle acquisizioni informative rilevate nel tempo. Se, per un verso, numerosi pronunciamenti giudiziari hanno riconosciuto i caratteri tipici dell’agire mafioso tanto nella struttura quanto nell’operatività criminale di taluni sodalizi, per l’altro verso, è sempre più marcato e ricorrente il riscontro investigativo che dimostra l’esistenza di interazioni tra le consorterie italiane e quelle multietniche. Le diverse organizzazioni criminali etniche agiscono in tutto il territorio nazionale ma presentano connotazioni differenti per origini, composizione e modalità d’azione.
Le organizzazioni criminali albanesi manifestano un’alta pericolosità e una forte incidenza nelle attività illegali, con particolare riferimento al traffico di droga e di armi illegali. Sono ben strutturate e sorrette da una consolidata componente solidale, sovente rafforzate al loro interno da legami parentali. Al tempo stesso, si presentano tecnicamente attrezzate e capaci di organizzare le attività delittuose in sottogruppi dotati di grande mobilità nel territorio, ai quali vengono affidati compiti specifici che fanno capo a referenti in Italia e all’estero. La criminalità albanese, infatti, è tra le più complesse e articolate espressioni nello scenario della criminalità straniera in Italia ma anche in diversi Paesi europei, tra cui Francia, Germania e Svizzera dove il fenomeno è sempre più attenzionato dalle Autorità locali, preoccupati dall’escalation di violenza o di reati ove la stessa è presente.
Al riguardo la Relazione contiene uno specifico FOCUS dedicato proprio alla criminalità albanese all’estero. Le organizzazioni albanesi si sono rivelate ben organizzate anche a livello internazionale, oltre che capaci d’interloquire direttamente con i cartelli sudamericani per l’importazione, dai Paesi tradizionalmente produttori, di ingenti quantità di cocaina destinate all’approvvigionamento delle cellule di connazionali operanti nelle principali piazze italiane. A tal proposito, attività antidroga condotte in diverse Regioni italiane, hanno messo in luce sinergie operative della criminalità organizzata albanese con la criminalità autoctona.
La criminalità nigeriana ha replicato nel continente europeo i modelli costituiti in Nigeria a seguito dell’involuzione criminale delle confraternite universitarie (c.d. cults) variamente denominate (“Eye”, “Black Axe”, “Viking”, “Maphite”) che si sono insediate anche in quasi tutte le aree della nostra penisola con presenze più o meno attive. Le attività criminali dei vari gruppi sono molte e diversificate: sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, immigrazione illegale, spaccio di stupefacenti, frodi informatiche e riciclaggio.
Le organizzazioni nigeriane si manifestano con le caratteristiche tipiche dei sodalizi autoctoni, quali il capillare controllo di aree territoriali, l’omertà, l’assoggettamento delle vittime ed il rigido vincolo associativo. L’elevato livello organizzativo e la pericolosità delle consorterie nigeriane sono testimoniati dal carattere di mafiosità ormai giudizialmente riconosciuta. Si tratta di una criminalità etnica dotata di una struttura “multilivello” in cui una parte dei sodali opera nella veste di semplice manovalanza. La mafia nigeriana, alla stessa stregua di quella albanese, ha evidenziato in diversi contesti investigativi una configurazione simile a quella della ‘ndrangheta poiché i diversi gruppi criminali hanno un’autonomia d’azione a livello locale ma, comunque, devono corrispondere alle direttive strategiche della casa madre.
Le consorterie cinesi in Italia sono strutturate secondo modalità essenzialmente gerarchiche, incentrate principalmente su relazioni familiari e solidaristiche. Si tratta in particolare di sodalizi “chiusi” e, quindi, impenetrabili alle contaminazioni o collaborazioni esterne. Raramente, infatti, si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni criminali italiane o la costituzione di piccole consorterie multietniche. La criminalità cinese appare dedita alla commissione di estorsioni e di rapine quasi esclusivamente in danno di propri connazionali, allo sfruttamento della prostituzione, alla consumazione di reati finanziari, a cui si affiancano attività illecite di money transfer, nonché alla detenzione e allo spaccio di metanfetamina, trattata pressoché in regime di monopolio da pusher cinesi. Tale peculiare forma di condotta criminale rivolta essenzialmente all’interno della comunità cinese viene esercitata in forma silente, senza cioè dar luogo a manifestazioni clamorose. Per questa specifica connotazione, quella cinese può essere considerata una forma di criminalità etnica molto insidiosa, risultando estremamente difficile da reprimere anche in ragione della impermeabilità verso l’esterno, dell’estrema mobilità nel territorio dei soggetti criminali e delle difficoltà nel reperire affidabili interpreti dei molteplici idiomi con cui si esprimono gli affiliati.
La criminalità romena si manifesta in Italia sotto due distinte forme: da un lato, gruppi poco strutturati i cui aderenti si occupano dei reati predatori dando vita a sacche di microcriminalità che amplificano la percezione di insicurezza nella popolazione; dall’altro, sodalizi più complessi ed articolati, del tutto simili alle organizzazioni mafiose autoctone. Le organizzazioni criminali romene sarebbero attive anche nel settore dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento della manodopera (c.d. “caporalato”), talvolta d’intesa con soggetti italiani. Non manca inoltre il coinvolgimento di criminali romeni, con ruoli secondari, in gruppi multietnici dediti al traffico e allo spaccio di stupefacenti.
La criminalità organizzata sudamericana opera soprattutto in varie Regioni del nord Italia e, in misura minore, nel Lazio. Si tratta di sodalizi che oltre a essere dediti alla commissione di reati contro il patrimonio e allo sfruttamento della prostituzione collaborano con altre consorterie straniere o italiane nella gestione dei traffici di droga proveniente dall’America latina. Con riguardo proprio al traffico di droga e, in particolare, di cocaina l’importazione avverrebbe su rotte aeree e marittime che utilizzano scali intermedi al fine di eludere i controlli delle Forze di Polizia e delle dogane.
I gruppi criminali balcanici e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica hanno evidenziato nel tempo la propensione per i reati contro il patrimonio, il traffico di stupefacenti e di armi, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione, il contrabbando e i furti di rame.
Anche le consorterie criminali nordafricane, provenienti soprattutto dalla Regione del Maghreb, sono oggi tendenzialmente di tipo stanziale e radicate in varie aree del territorio nazionale. In virtù della solida integrazione nel tessuto socio-criminale urbano, gestiscono talvolta anche segmenti del traffico transnazionale di stupefacenti.
Le organizzazioni criminali formate da soggetti provenienti dai Paesi del Medio-Oriente e del Sud-est asiatico sono attive principalmente nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nello sfruttamento del lavoro nero e nel traffico di stupefacenti, spesso perpetrati unitamente allo sfruttamento della prostituzione. È stato riscontrato trattarsi talvolta di consorterie multietniche (quelle del Sud-est asiatico a prevalente etnia indiana e pakistana) che agirebbero in cooperazione con la criminalità dell’area balcanica, nonché con quella turca e greca.
Il quadro d’analisi sulle linee evolutive delle mafie impone di continuare nella lotta contro la criminalità organizzata dedicando particolare attenzione all’aggressione dei beni illecitamente accumulati mediante gli strumenti dell’azione giudiziaria e delle misure di prevenzione patrimoniali.
L’entità dei provvedimenti di prevenzione eseguiti nel secondo semestre del 2022 testimonia la priorità strategica assegnata all’aggressione ai patrimoni mafiosi dalla Direzione Investigativa Antimafia le cui attività sono state principalmente orientate verso il contrasto alle infiltrazioni da parte della criminalità organizzata nel tessuto economico del nostro Paese.
Nel periodo in esame, in ambito nazionale, sono state inoltrate ai competenti Tribunali 9 proposte per l’applicazione di misure di prevenzione, di cui 5 a firma congiunta con l’A.G. della provincia interessata. Inoltre, sono stati rassegnati 4 compendi informativi, di medesima natura propositiva, alle Procure richiedenti nell’ambito di attività specificamente delegata.
Considerevole, anche, il progressivo consolidamento dello strumento di contrasto costituito dall’applicazione, ex art. 34 del D.Lgs. 159/2011, dell’“amministrazione giudiziaria” che, sempre nel secondo semestre del 2022, ha visto l’inoltro di ben 3 proposte (di cui 1 ai competenti Tribunali e 2 quale compendio informativo depositato alla Procura mandante), nonché l’applicazione ex novo di 2 provvedimenti che hanno colpito, rispettivamente, un’impresa edile e un consorzio di aziende, oltre alla proroga di 1 provvedimento già adottato nei confronti di una società di navigazione.
Riguardo ai provvedimenti di sequestro e confisca scaturenti da pregressa e/o attuale attività propositiva, nel secondo semestre del 2022 sono stati conseguiti i risultati sintetizzati nelle seguenti tabelle raffrontati con quelli relativi al semestre precedente:

SEQUESTRI
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA su attività autonoma
30.552.335,11
Autorità Giudiziaria su accertamenti DIA
450.000,00
TOTALE
31.002.335,11

SEQUESTRI
1° Semestre 2022

Valore Beni
TOTALE
92.854.991,64

 

CONFISCHE
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA su attività autonoma
3.839.000,00
Autorità Giudiziaria su accertamenti DIA
177.622.000,00
TOTALE
181.461.000,00

CONFISCHE
1° Semestre 2022

Valore Beni
TOTALE
43.404. 081,75

 

Più in dettaglio si elencano i sequestri/confische effettuati nel 2° semestre 2022 distinti per singola matrice mafiosa.

‘NDRANGHETA
SEQUESTRI
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
750.000,00
A.G. su accertamenti DIA
0,00
TOTALE
750.000,00

CONFISCHE
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
0,00
A.G. su accertamenti DIA
177.622.000,00
TOTALE
177.622.000,00

 

COSA NOSTRA
SEQUESTRI
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
786.567,83
A.G. su accertamenti DIA
450.000,00
TOTALE
1.236.567,83

CONFISCHE
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
1.150.000,00
A.G. su accertamenti DIA
0,00
TOTALE
1.150.000,00

 

CAMORRA
SEQUESTRI
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
6.459.038,28
A.G. su accertamenti DIA
0,00
TOTALE
6.459.038,28

CONFISCHE
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
1.200.000,00
A.G. su accertamenti DIA
0,00
TOTALE
1.200.000,00

 

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PUGLIESE E LUCANA
SEQUESTRI
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
50.000,00
A.G. su accertamenti DIA
0,00
TOTALE
50.000,00

 

ALTRE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI ITALIANE
SEQUESTRI
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
22.506.729,00
A.G. su accertamenti DIA
0,00
TOTALE
22.506.729,00

CONFISCHE
2° Semestre 2022
Su proposta
Valore Beni
Direttore DIA
1.489.000,00
A.G. su accertamenti DIA
0,00
TOTALE
1.489.000,00

L’accumulo di ingentissime risorse finanziarie, quale profitto delle poliedriche attività-reato poste in essere dai sodalizi, necessita di un successivo processo di “ripulitura” dei capitali. Per soddisfare tale esigenza le mafie ricercano costantemente soluzioni sempre più raffinate per rendere difficile l’accertamento dell’effettiva titolarità dei cespiti illegalmente acquisiti. È necessario pertanto individuare le future direttrici d’azione delle mafie, soffermandosi sulla loro capacità di infiltrare l’economia.
Nel periodo in esame, la DIA ha continuato a collazionare, tramite il proprio Osservatorio Centrale sugli Appalti Pubblici (O.C.A.P.) e le sue articolazioni periferiche, gli elementi informativi acquisiti nel corso delle operazioni di accesso e dei monitoraggi delle opere pubbliche, elaborando analisi massive anche per quanto attiene all’accesso al credito garantito e ai contributi a fondo perduto, ai dati concernenti la concessione dei menzionati benefici e ai soggetti che si trovano in condizioni ostative, sempre al fine di neutralizzare le menzionate infiltrazioni criminali.
L’attività di controllo eseguita dalla DIA nel semestre in esame ha riguardato, tra gli altri, l’assetto delle imprese interessate all’esecuzione dei lavori pubblici, per individuare eventuali elementi d’infiltrazione, nonché l’esecuzione di mirati accertamenti sia sull’esecuzione diretta delle opere, sia sulle molteplici attività connesse; tra queste, ad esempio, rilevano gli accessi ai cantieri disposti dall’Autorità Prefettizia con lo scopo di accertare, in situ, eventuali anomalie riguardanti la manovalanza e le stesse modalità esecutive.
In quest’ultimo ambito, nel semestre in esame sono stati conclusi 684 monitoraggi nei confronti di altrettante imprese, come compendiati, per macro-aree geografiche, nella tabella seguente.

AREA
II SEMESTRE 2022
IMPRESE
PERSONE
Nord
105
2.779
Centro
49
385
Sud
530
4.137
Estero
0
0
TOTALE
684
7.321

L’azione di contrasto alla forza economico-finanziaria della criminalità organizzata condotta dalla DIA si riflette anche nell’ambito del dispositivo nazionale di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose, delineato dal D.Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007. In tale contesto, la DIA svolge infatti una specifica funzione di presidio per la tutela dell’integrità del sistema finanziario in seno alla quale trae mirati spunti investigativi per l’avvio di indagini giudiziarie e di attività preventive condotte d’iniziativa o su delega dell’Autorità Giudiziaria, finalizzate all’individuazione e al recupero dei patrimoni illeciti, oltre alla repressione dei reati particolarmente gravi commessi, come noto, dalle organizzazioni criminali e di tipo mafioso.
Il principale strumento investigativo utilizzato dalla DIA nel sistema di prevenzione del riciclaggio è rappresentato dalle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette (SOS), caratterizzate, negli ultimi anni, da una crescita esponenziale che trova conferme anche nel semestre in esame.
Le relative implicazioni sul piano operativo sono mitigate dal puntuale ricorso all’applicativo informatico di riferimento, il sistema “EL.I.O.S. – Elaborazioni Investigative Operazioni Sospette, destinato in prima istanza alla consultazione del relativo patrimonio informativo da parte delle dipendenti articolazioni centrali e periferiche. La disponibilità di tale applicativo consente peraltro alla DIA di processare in tempi ristretti i copiosi volumi di segnalazioni ricevuti dall’Unità d’informazione finanziaria per l’Italia (U.I.F.), allo scopo di eseguire una preliminare e immediata selezione dei casi connotati da profili di potenziale attinenza alla criminalità organizzata suscettibili, ex lege, di doverosa evidenza al Procuratore Nazionale antimafia e antiterrorismo (PNA).
Nel delineato contesto si collocano i costanti scambi informativi con il prefato Organo magistratuale aventi ad oggetto estesi flussi documentali destinati ad ulteriori fasi di processo sulla base delle risultanze emerse alle banche dati della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che consentono allo stesso PNA lo svolgimento della funzione di coordinamento delle indagini in corso condotte dalle competenti Direzioni Distrettuali Antimafia, ovvero, nei casi di precipuo interesse, l’esercizio dell’esclusivo potere d’impulso previsto dall’art. 371-bis del Codice di Procedura Penale.
Alcune modifiche apportate negli ultimi anni alla disciplina nazionale di prevenzione del riciclaggio, compendiata dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, hanno avuto maggiore risalto sul piano dell’attività investigativa. Tra queste, si collocano quelle legate al rafforzamento del ruolo della DNA che hanno determinato ulteriori scambi informativi tra quella Direzione e le principali Autorità di settore, tra cui anche la DIA.
Nel secondo semestre del 2022, le SOS complessivamente analizzate dalla DIA risultano 80.249, oltre il 15% in più rispetto al 2021 e circa il 33% rispetto al 2020. In relazione alle 80.249 SOS analizzate, i corrispondenti soggetti segnalati sono risultati 836.536 (dei quali 518.805 persone fisiche) sul conto dei quali sono stati effettuati tutti gli ulteriori riscontri informativi agli atti della DIA.
Tra gli strumenti operativi utilizzati dalla DIA nelle peculiari attività di investigazione preventiva assumono particolare rilievo quelli sottesi a far emergere eventuali fenomeni d’infiltrazione della criminalità mafiosa nel tessuto economico del Paese; fenomeni caratterizzati dal suo inserimento, diretto o indiretto, negli organi sociali, di gestione e controllo, degli Enti e delle imprese ovvero dall’illecito utilizzo dei canali bancari e finanziari.
Le attività preventive condotte dalla DIA sul piano inter-istituzionale sono state caratterizzate dalla consueta partecipazione ai lavori del Comitato di Sicurezza Finanziaria (C.S.F) istituito, come noto, per finalità di contrasto al terrorismo internazionale e successivamente estese anche al riciclaggio dei proventi di attività criminose e all’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale.
Peraltro, la DIA ha fornito il necessario contributo ai fini dell’adozione delle numerose determinazioni deliberate dal C.S.F. e, ancor prima, dalla correlata Rete degli esperti di cui il Comitato si avvale per le attività di analisi, di coordinamento e di sintesi sulle questioni poste all’ordine del giorno, nonché per la raccolta delle informazioni a supporto dei lavori e di ulteriori argomenti eventualmente richiesti dallo stesso Comitato.
Al riguardo, in relazione alle diverse istanze formulate al C.S.F. ai fini del rilascio di autorizzazioni al trasferimento di fondi, al rilascio di garanzie, all’esenzione dal congelamento di risorse economiche, il contributo fornito dalla DIA ha comportato l’esame delle posizioni di 64 persone fisiche e di 212 persone giuridiche.
Con particolare riguardo alla cooperazione internazionale, la DIA svolge un’importante azione investigativa e di supporto informativo legata alla trattazione delle segnalazioni che provengono dalle Financial Intelligence Unit estere (F.I.U.) per il tramite dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (U.I.F.).
Nel semestre in esame l’attività eseguita dalla DIA ha avuto ad oggetto 880 segnalazioni riconducibili a F.I.U. estere, costituite da 182 richieste di scambi informativi e 698 trasmissioni di informazioni, con una conseguente attività di analisi e di monitoraggio dei dati che ha riguardato circa 3.000 persone fisiche e 2.500 persone giuridiche segnalate.
È ormai noto come le organizzazioni criminali anche straniere siano sempre più proiettate a valicare sistematicamente i confini nazionali, costituendo di conseguenza una grave e crescente minaccia per la sicurezza degli Stati, delle loro economie e dei diritti stessi dei cittadini. Tali gruppi criminali organizzati, di matrice italiana o allogena, operano costantemente oltre i confini nazionali. Diventa quindi irrinunciabile giungere ad una conoscenza approfondita e condivisa del fenomeno criminale che sostenga tutte le attività di contrasto per valorizzare quelle sinergie e quelle “best practices” sinora acquisite, coinvolgendo, almeno a livello europeo, tutti gli attori della cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria. Si aggiunga che, dai dati analitici di EUROPOL e delle principali Agenzie di Law Enforcement, è unanimemente riconosciuta la resilienza della criminalità organizzata e la spiccata capacità d’intercettare tutte le trasformazioni tecnologiche e quelle dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni possibile opportunità di profitto e realizzando una rilevante, progressiva espansione speculativa. Ormai da tempo, il denaro in forma elettronica viene movimentato dalla criminalità sempre più velocemente anche nei nuovi ambienti digitali, gli stessi in cui si scambiano anche oggetti ed opere d’arte NFT (Non Fungibile Token). Pertanto, gli investigatori devono acquisire nuove e più moderne competenze in questi universi tecnologici, sempre più evoluti e complessi; diventa irrinunciabile conoscerli nel dettaglio, essere aggiornati sui cambiamenti e sfruttarli adeguatamente, soprattutto, per prevederne i possibili, ulteriori sviluppi e per intercettare, con ampio anticipo, i relativi flussi illeciti per la conseguente azione di neutralizzazione. A questo riguardo, all’inizio del settembre 2022, è stata convocata la Conferenza Globale Annuale sulle finanze criminali e le criptovalute “The 6th Global Conference on Criminal Finances and Cryptocurrencies, nella sede di EUROPOL a L’Aia, con la partecipazione di esperti di criptovalute, qualificati investigatori e rappresentanti delle forze dell’ordine provenienti da tutto il mondo. L’obiettivo è stato quello di accrescere le capacità di tutti gli attori istituzionalmente deputati ad indagare e perseguire, con maggiore successo, le variegate modalità di condotta della criminalità tese al riciclaggio di denaro mediante i beni virtuali e tramite l’uso delle criptovalute, nonché di gestire i correlati rischi per i cittadini, le imprese e i sistemi finanziari globali. La conferenza ha permesso anche di creare una rete di professionisti ed esperti in materia con cui scambiare reciprocamente le migliori pratiche e ricevere eventuale assistenza e raccomandazioni in questo campo in progressiva e rapida evoluzione.
Nell’ambito della collaborazione tra le forze di polizia anche internazionali, va rimarcata l’importanza del Progetto istitutivo della “Rete Operativa Antimafia @ON”, di cui la DIA è ideatore, promotore e Project Leader, alla quale hanno fino al semestre in esame aderito 34 Forze di Polizia in rappresentanza di 29 Paesi. Nel periodo in riferimento il Network ha supportato le Unità investigative degli Stati Membri in 112 investigazioni, ed ha finanziato 424 missioni operative in favore di 1446 investigatori che hanno portato all’arresto di 556 persone, inclusi 6 latitanti, oltre al sequestro di circa 151 milioni di euro, di droga e di armi.
Da quanto sopra rappresentato emerge nettamente la persistenza e la complessità delle organizzazioni mafiose che, dalle Regioni di origine, si sono ormai radicate e diffuse nel territorio nazionale e all’estero, cioè ovunque vi fosse la possibilità di perseguire i propri affari illeciti, d’inserirsi nei circuiti legali dell’economia e, comunque, di trarre rapidi ed ingenti profitti, inquinando i relativi circuiti economico-finanziari. È ormai acclarato che tutte le organizzazioni criminali esercitano una perversa funzione economica e sociale, inserendosi soprattutto nei contesti di rilevante “assistenzialismo” ove l’assenza di lavoro o di servizi generano nella popolazione stati di urgente bisogno.
Le mafie, tuttavia, non si nutrono solo delle note manifestazioni di consenso collettivo; esse incarnano anche quella deviata e deviante “cultura” fondata sull’esercizio sistematico dell’intimidazione e finanche della violenza, sulla confusa attribuzione di diritti e di favori che trasfigurano i cittadini in meri “clientes”, nel consueto e mai immutato intendimento di trarre ingenti e personali profitti con assoluta noncuranza e disinteresse sui sempre deleteri effetti del loro agire criminale.
La penetrazione delle organizzazioni criminali nei gangli dell’economia, i loro rapporti con settori inquinati della politica o esponenti infedeli della pubblica amministrazione, costituiscono, quindi, un ostacolo allo sviluppo di un determinato territorio ed al progresso civile della sua popolazione. Le mafie rappresentano, cioè, un costante ed elevato pericolo poiché insidiano nel profondo la dignità dei singoli e le condivise regole collettive, minando alla base la democrazia, il mercato e la pacifica convivenza civile.
Non è, quindi, pensabile poter sconfiggere una criminalità, vieppiù globale e sempre più inserita nel mondiale circuito finanziario, operando esclusivamente sul versante repressivo e delegando la lotta alle sole Forze dell’ordine ed alla Magistratura. È necessario accrescere nelle coscienze collettive la consapevolezza sull’elevata pericolosità del modello mafioso che, invece di apparire come potenziale ed accattivante modello di comportamento, deve essere considerato nella sua esclusiva radice di ormai primitiva sopraffazione di taluni sugli altri e, come tale, deve esse decisamente disapprovato, respinto e condannato, come ha avuto di affermare più volte il compianto Giudice Paolo Emanuele BORSELLINO: “La lotta alla mafia… non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolga tutti, che tutti abitui a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”[…..] “L’impegno contro la mafia, non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza.”.

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