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CENSIS * AVVOCATURA – VIII RAPPORTO: « IL 54,2% DEI LEGALI DEFINISCE MOLTO O ABBASTANZA CRITICA LA PROPRIA CONDIZIONE LAVORATIVA »

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10.25 - mercoledì 8 maggio 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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VIII Rapporto Censis sull’avvocatura: una ripresa da consolidare. Nel 2023 si registra una lieve diminuzione dei professionisti iscritti alla Cassa Forense (-1,3%), ma le donne avvocato tornano al livello di dieci anni fa con il 47,1%. Il 54,2% degli avvocati definisce molto o abbastanza critica la propria condizione lavorativa, ma i redditi medi annui fra il 2021 e il 2022 crescono del 5,3%. Per il 58,7% degli avvocati l’intelligenza artificiale non è una minaccia ma un’opportunità

Quanti sono gli avvocati in Italia? Si riduce, nel 2023, dell’1,3% il numero degli iscritti alla Cassa, ma in diverse regioni del Paese il numero di avvocati per mille abitanti resta uguale o superiore a sei (6,6 in Calabria, 6,0 in Campania, contro una media nazionale pari al 4,0 per mille). La quota delle donne avvocato sul totale torna, nel 2023, a 47,1%, riportando la distribuzione fra uomini e donne avvocato a quella che era nel 2014. Sale a 48,3 anni l’età media degli avvocati, dato lontano dalla media della popolazione italiana che è pari a 46,6 anni; nello stesso tempo, il tasso di dipendenza (cioè, il numero di avvocati attivi per ogni pensionato) è sceso a 6,7 (era 7,7 nel 2019) mentre il numero dei pensionati è cresciuto nel 2023 del 4,5%. Il 2023 ha registrato 8.043 cancellazioni fra gli iscritti a Cassa Forense; 6.393 le nuove iscrizioni, ma il saldo è negativo per 1.650 unità. Inoltre, sono state 5.408 le cancellazioni da parte di donne avvocato, la metà circa con un’anzianità professionale inferiore ai 10 anni. È quanto emerge dall’VIII Rapporto Censis sull’avvocatura, realizzato dal Censis per la Cassa Forense.

Si riduce l’area del «disagio professionale». Il 54,2% degli avvocati, con una leggera diminuzione rispetto al 2023, definisce abbastanza critica o molto critica la propria condizione professionale (al Sud il dato è intorno al 60%). Per il 50,2% degli avvocati le prospettive 2024-2025 restano stabili, ma per il 27,9% non saranno positive. Non a caso, il 34,6% lascerebbe la professione prevalentemente a causa dei costi eccessivi e del basso ritorno economico. I redditi medi annui fra il 2021 e il 2022 crescono del 5,3% e in parte riescono a conservare il potere d’acquisto della categoria, esposto come altre agli effetti dell’inflazione. Sempre fra il 2021 e il 2022 si è consolidato il rimbalzo della ripresa che ha avuto avvio alla fine del 2021: al Sud, fra i giovani e fra le donne avvocato si riscontra un tasso di crescita dei redditi annui superiore alla media (rispettivamente: +8,1% fra le donne 30-34enni e +11,6% fra le 35-39enni, in confronto al +7,5% del Sud e al +9,5% della Calabria).

Cosa deve cambiare e cosa sta cambiando nella professione di avvocato. Nell’ambito dell’assetto normativo della professione, gli avvocati sollecitano: una regolamentazione della figura dei collaboratori di studio, senza però trasformare il professionista in un lavoratore subordinato (è d’accordo il 48,7% degli avvocati); una revisione delle incompatibilità con qualsiasi attività di lavoro subordinato, anche se con orario di lavoro limitato (il 34,9% è d’accordo); l’estensione dell’esclusività dell’attività dell’avvocato in tutti quegli ambiti in cui può sorgere un contenzioso (per il 46,4%). La quota dell’attività stragiudiziale sul totale del fatturato dei professionisti è in media pari al 40,7%. Nello stesso tempo il 63,3% afferma che i metodi di risoluzione delle controversie alternativi al procedimento giudiziale (Adr) allungano i tempi e i costi della giustizia, mentre il 41,7% concorda con il fatto che l’Adr riduce il ruolo degli avvocati e della giurisdizione. Ampia è l’area di scetticismo sul raggiungimento degli obiettivi previsti dal Pnrr sulla riforma della Giustizia: il 29,7% non crede che la riforma del processo civile verrà portata a compimento nei tempi previsti; un altro 35,1% afferma che gli obiettivi saranno raggiunti solo in parte. L’intelligenza artificiale è percepita dagli avvocati come un’opportunità piuttosto che una minaccia: lo afferma il 58,7% dei professionisti.

L’innovazione passa dagli studi strutturati. Ma forse i più chiari segnali di cambiamento nella professione possono essere individuati dall’esperienza degli studi strutturati. Fra questi emerge soprattutto un fattore comune: la consapevolezza del valore della condivisione delle competenze e delle esperienze professionali, che costituisce il motivo fondamentale della scelta dello studio strutturato. Tale consapevolezza deriva da motivazioni di diversa natura che sono riconducibili a una natura sempre più complessa e articolata della domanda di servizi in campo legale, che richiede la collaborazione e l’intervento di competenze integrate e diversificate e, forse più importante di tutto, la convinzione di poter offrire alla committenza un servizio che garantisca un maggiore livello di qualità complessiva.

Questi sono i principali risultati dell’VIII Rapporto Censis sull’avvocatura, realizzato dal Censis per la Cassa Forense, che è stato presentato oggi da Andrea Toma, Responsabile dell’Area Economia, Lavoro e Territorio del Censis, e discusso da Marisa Annunziata, Consigliere Amministrazione di Cassa Forense, Giovanna Biancofiore, Attuario di Cassa Forense, Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis, Francesco Greco, Presidente del Consiglio Nazionale di Cassa Forense, Anna Rossomando, Vicepresidente del Senato della Repubblica, Mario Scialla, Coordinamento dell’Organismo congressuale forense, Francesco Paolo Sisto, Viceministro Ministero della Giustizia, Valter Militi, Presidente di Cassa Forense e Roberta Floris, giornalista del Tg5

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