Caro direttore,
è difficile non essere d’accordo con la recente circolare del Ministero dell’Istruzione che mette finalmente al bando l’uso di asterischi e schwa – quella sorta di “e” rovesciata – introdotti per evitare di attribuire una connotazione di genere. Questa iniziativa afferma con determinazione il diritto alla chiarezza, alla leggibilità e alla comprensibilità nella comunicazione ufficiale all’interno delle scuole.
Non si tratta di imporre censure sul linguaggio informale o personale, ma di proteggere la grammatica italiana da simboli politicamente corretti ma grammaticalmente scorretti. L’italiano ha regole precise e consolidate, e a ricordarcelo con autorevolezza è l’Accademia della Crusca. Essa ribadisce chiaramente che questi simboli non appartengono al nostro vocabolario, ma esclusivamente a quello fonetico internazionale.
Quindi, non appartengono alla nostra scuola.
Eppure, ci sono forze politiche pronte a piegare queste regole con forzature ideologiche, accarezzando l’orecchio di chi preferisce ignorare la realtà. È così che il linguaggio viene trasformato in un terreno di scontro per negare l’evidenza, per distorcere l’ovvio e allontanarsi dalla verità.
Il paradosso è lampante: chi promuove queste trovate linguistiche afferma di voler essere inclusivo, ma il risultato è esattamente l’opposto. Si promuove confusione, non inclusione.
E mentre una certa politica si aggrappano agli asterischi e agli schwa, il Paese reale è impegnato in battaglie serie e urgenti: una scuola che fatica a garantire stipendi adeguati agli insegnanti, cittadini alle prese con la disoccupazione o la precarietà del lavoro, una sanità che non offre le giuste garanzie, e un potere d’acquisto che si sgretola giorno dopo giorno.
È tempo di smettere di rincorrere e giocare con asterischi e schwa!
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Claudio Cia
Consiglio Provincia autonoma Trento
