(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –
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Nuove porzioni di suolo impermeabilizzate e nuovi disboscamenti per lo sci. Il Piano Provinciale di Bolzano è una bomba a orologeria. Il Cambiamento Climatico – il Titanic dei nosti tempi – evitiamo l’impatto distuttivo! Il clima sta cambiando velocemente facciamo scelte coraggiose e riduciamo l’assalto alla montagna. Negli ultimi mesi sul sito delle valutazioni ambientali dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente della Provincia di Bolzano si sono susseguiti numerose richieste di potenziamento di impianti a fune, di nuove piste, di allungamento dei tracciati, di aumento della capacità oraria degli impianti di risalita con conseguenti nuove porzioni di suolo impermeabilizzate e nuovi disboscamenti. Tutto questo in un contesto in cui il Piano provinciale delle piste da sci e degli impianti di risalita è obsoleto, perché essendo stato redatto 10 anni fa, non considera con l’urgenza necessaria, l’emergenza del cambiamento climatico.
Un recentissimo studio relativo al cambiamento climatico pubblicato questo mese sulla autorevole rivista scientifica Nature Climate Change, mette in guardia relativamente alla sopravvivenza di molti comprensori sciistici nelle Alpi, come conseguenza della futura mancanza di neve naturale e dell’impossibilità di poter contare su quella artificiale, a causa dell’aumento delle temperature. Secondo questo studio alla fine di questo secolo il 100% dei comprensori sciistici in Italia non potrà più contare sulla neve naturale e solamente il 50% riuscirà a beneficiare dell’innevamento artificiale.
Riprendendo l’appello lanciato il 3.8.23 durante conferenza stampa organizzata a Passo Sella da diverse associazioni alpinistiche e ambientali locali e d’oltralpe, Mountain Wilderness denuncia l’incongruenza nel continuare a investire su questo modello di turismo invernale, quando invece non avrà futuro.
Questo modello di turismo porta a un eccesso di traffico, come ha recentemente dichiarato lo stesso assessore provinciale alla mobilità, Alfreider, riconoscendo l’emergenza che le associazioni denunciano da anni. Il traffico veicolare, infatti, è una delle principali fonti di gas serra; se il turismo che promuoviamo genera tanto traffico, abbiamo mancato l’obiettivo per due motivi: da un lato perdiamo attrattività turistica, dall’altro contribuiamo all’accelerazione dei cambiamenti climatici, proprio quelli che faranno chiudere i comprensori sciistici. Un atteggiamento di questo tipo è miope, illogico e inspiegabile.
Ad un’attenta analisi la promozione di questa economia pone alcune tematiche su cui riflettere, l’industria dello sci impatta sull’ambiente e più ancora sul paesaggio, modificandolo permanentemente. Non ha senso perdere risorse naturali uniche e importanti per promuovere un industria destinata a morire, lasciando scheletri sulle nostre montagne. Investire soldi pubblici e finanziare con contributi fino al 75% a fondo perduto un’economia morente è privo di senso, sia dal punto di vista dell’ambiente, che dell’utilizzo razionale delle ormai limitate risorse pubbliche.
Per tutti questi motivi Mountain Wilderness si appella alla Cittadinanza, affinché faccia sentire la propria voce, prendendo coscienza di questa criticità, e si rivolge anche alla politica perché sia capace di operare un cambio di passo deciso, avendo come obiettivo il benessere di questa generazione e di quelle future, oltre l’orizzonte temporale della singola legislatura.
L’Associazione invita i tecnici e i politici ad aggiornare il Piano delle piste da sci e degli impianti di risalita in modo tale da impedire una ulteriore infrastrutturazione delle montagne sudtirolesi, rigettando i nuovi progetti, approvando quelli che propongono una razionalizzazione del consumo energetico e una diminuzione delle emissioni climalteranti, sia dirette che indirette. Questo in un contesto in cui sia promossa una campagna di marketing, che metta in luce le scelte di difesa dell’ambiente e del clima che saranno messe in pratica, in modo da attirare un turismo più attento al futuro del pianeta, che non ricorra alla mobilità individuale.