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OPENPOLIS * DISPARITÀ GENERE: « VERTICI AZIENDE OSPEDALIERE O SANITARIE, LE DONNE SONO AL 33,97% / REGIONE PIÙ VIRTUOSA LA TOSCANA CON IL 57,14% / IL TN-AA CON 33,33% » »

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08.08 - domenica 10 marzo 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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La disparità di genere nei ruoli apicali della sanità. Per quanto nel settore sanitario sia sempre più importante la presenza femminile la maggior parte dei ruoli chiave della politica sanitaria sono ancora ricoperti da uomini.

Tra i nuovi capi dipartimento del ministero della salute non è stata nominata neanche una donna.
Nelle aziende sanitarie o ospedaliere le donne che ricoprono ruoli di vertice sono solo il 33,97%.
In Toscana le donne che ricoprono questi incarichi sono quasi il 60%, nelle Marche esattamente la metà, ma solo in altre 4 regioni il dato supera il 40%.
Negli incarichi di vertice la distribuzione di genere non è uniforme. Se tra i direttori amministrativi le donne sono il 42,1%, le direttrici generali sono appena il 25%.

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Continua a crescere la quota di donne che operano nel settore della sanità. Nei prossimi giorni l’ordine dei medici e degli odontoiatri dovrebbe diffondere i dati più recenti, ma il trend è ormai consolidato da molti anni.

Complessivamente nel 2023 le donne erano ancora una minoranza dei medici. Tuttavia questo dato sale al 52% se si considerano solo quelli sotto i 69 anni e continua a crescere osservando i medici più giovani. 52% le donne tra gli iscritti all’ordine dei medici e degli odontoiatri con età inferiore ai 69 anni.

Nonostante questo però la politica sanitaria continua a essere gestita in larga maggioranza da uomini, sia nelle aziende sanitarie locali, che al ministero.

Nuovo ministero stessa disparità

Una novità importante del 2024 riguarda la riforma del ministero della salute che ha cambiato la propria struttura organizzativa (Dl 173/2022). Fino allo scorso anno al vertice del ministero si trovava un segretario generale a cui facevano capo 12 direzioni generali. Da ora invece la struttura si compone di 4 dipartimenti composti a loro volta da 3 direzioni generali ciascuno. Come il governo Meloni sta riorganizzando lo stato.

Ciascun ministero può avere come vertice amministrativo o un segretario generale o più capi dipartimento. Vai a “Come sono organizzati i ministeri”
Un primo effetto della riorganizzazione (non ancora ultimata) riguarda la sostituzione degli incarichi di vertice. Lo scorso 15 febbraio infatti il consiglio dei ministri, su proposta del ministro della salute Schillaci, ha nominato i nuovi capi dipartimento.

La guida del dipartimento dell’amministrazione generale, delle risorse umane e del bilancio è stata attribuita a Giuseppe Celotto, già direttore generale del personale, dell’organizzazione e del bilancio.

A capo del dipartimento della salute umana, della salute animale e dell’ecosistema (One Health) e dei rapporti internazionali invece è stato posto Giovanni Leonardi che in precedenza ricopriva il ruolo di segretario generale del ministero. A quest’ultimo inoltre è stato conferito anche l’incarico ad interim di capo del dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie. È rimandata a un secondo momento, quindi, la scelta del capo dipartimento vero e proprio.

Infine a Francesco Saverio Mennini è stato attribuito il ruolo di capo dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del servizio sanitario nazionale. Quest’ultimo è l’unico tra i nuovi capi dipartimento che non ricopriva in precedenza un incarico nell’amministrazione, svolgendo piuttosto il ruolo di consigliere del ministro esperto in economia sanitaria. Zero le donne che ricoprono il ruolo di capo dipartimento al ministero della salute. Tra i nuovi vertici del ministero non è stata scelta neanche una donna. Uno squilibrio piuttosto evidente che potrà essere ribilanciato solo in parte in futuro, quando si procederà alla nomina del capo dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie oltre che dei vari direttori generali.

 

I vertici delle aziende sanitarie e ospedaliere

Le aziende sanitarie (Asl) e ospedaliere (Ao) sono le strutture amministrative del sistema sanitario più prossime al cittadino. Oltre ad essere le realtà che offrono nella pratica quotidiana le prestazioni. In tutti i vertici aziendali di queste strutture devono essere presenti un direttore generale (Dg), un direttore sanitario e un direttore amministrativo. In alcuni casi possono essere previste anche altre figure, come i direttori scientifici o sociosanitari, ma non sempre. Per questo l’analisi si limiterà agli incarichi che devono essere sempre presenti, almeno in via ordinaria. Talvolta infatti al posto del direttore generale può essere temporaneamente nominato un commissario, secondo quanto previsto da norme nazionali e regionali. 33,97% le donne che ricoprono ruoli di vertice nelle aziende sanitarie o ospedaliere.

Rispetto allo scorso anno la quota di donne che ricopre questi incarichi è in leggera crescita (era il 31,5%), ma si tratta ancora comunque di un dato molto basso. Eppure ci sarebbe stato ampio margine di miglioramento. Solo nei primi mesi del 2024 infatti sono stati rinnovati ben 115 incarichi, ma solo il 29% di questi sono stati attribuiti a delle donne. Un dato persino più basso, anche se sostanzialmente in linea, con quello complessivo.

La situazione comunque è tutt’altro che omogenea tra le diverse regioni. In Toscana ad esempio le donne arrivano a ricoprire quasi il 60% degli incarichi di vertice (57,1%). Nelle Marche invece sono esattamente la metà (50%), mentre in altre 4 regioni il dato si pone sopra il 40% (Lazio, Liguria, Emilia-Romagna e Piemonte). Ancora poche le donne al vertice delle aziende sanitarie e ospedaliere. La quota di donne che ricopre un incarico di vertice in un’azienda sanitaria o ospedaliera nel 2024.

 

 

In fondo alla classifica invece troviamo l’Abruzzo (9,1%) e la Valle d’Aosta (0%). In quest’ultimo caso bisogna precisare che esiste un’unica azienda sanitaria nella regione. Resta il fatto che nessuno dei 3 incarichi apicali esistenti nella struttura è ricoperto da una donna.

I diversi equilibri negli incarichi di vertice

Come anticipato, l’analisi si concentra sui ruoli più importanti. Ovvero quello di direttore generale (o alternativamente di commissario straordinario), di direttore amministrativo e di direttore sanitario. La distribuzione di genere tra questi incarichi non è uniforme e non stupisce, purtroppo, che siano proprio gli incarichi più importanti quelli in cui il contributo femminile è meno valorizzato. Al vertice delle Asl la presenza femminile è meno valorizzata per gli incarichi apicali. La quota di donne nei diversi incarichi di vertice delle aziende sanitarie e ospedaliere.

 

 

Infatti mentre nel caso delle direzioni amministrative le donne sono il 42,1%, e in quello delle direzioni sanitarie il 36,1%, attualmente solo il 25% dei direttori generali è una donna. Ancora meno quelle con il ruolo di commissario (21,9%), un incarico che a seconda dei casi può essere anche molto delicato.

Considerando unitariamente il ruolo di direttore generale e quello di commissario, solo in Trentino-Alto Adige la quota di donne in posizione apicale raggiunge il 50%. In questo caso però si tratta di soli 2 incarichi, uno di direttore generale presso l’azienda provinciale di Bolzano (ricoperto da un uomo), e uno di commissario nell’azienda di Trento (ricoperto da una donna).

Al secondo posto l’Emilia-Romagna con il 46,1% e a seguire il Lazio con il 43,7%. In questo caso è interessante osservare che, se si escludono i 5 commissari (tra cui si trova solo una donna) la regione passa al primo posto per quota di direttrici generali, superando la metà (54,5%). Ancora più evidente il caso della Calabria, dove molte delle aziende sanitarie sono ancora commissariate (e 5 commissari su 6 sono donne), ma nelle uniche due in cui è presente un direttore generale il ruolo è ricoperto in un caso da un uomo e nell’altro da una donna. Sono solo uomini invece i direttori generali (o commissari) in Abruzzo, Basilicata (in entrambi i casi 4 su 4), Umbria (3 su 3) Molise e Valle d’Aosta (in cui è presente solo un’Asl per regione).

 

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Foto: Marek Levak

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