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COMUNE TRENTO * BELLUNO – CERIMONIA IN MEMORIA DI MARIO PASI: SINDACO IANESELLI, « LA SUA È STATA UNA VITA PARTIGIANA, MESSA A SERVIZIO DI MALATI ED OPPRESSI »

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13.59 - domenica 12 marzo 2023

Orazione in memoria di Mario Pasi – Bosco delle Castagne. Saluto il vicesindaco Paolo Gamba, i rappresentanti dell’Anpi, gli amici bellunesi che ci ospitano, i trentini e tutti i presenti. È per me un grande onore e un’emozione fortissima essere qui oggi, nel luogo in cui si è conclusa la breve, eroica vita di Mario Pasi, “il più bell’italiano di mezzo secolo”, come lo definisce l’amico Mario Tobino. Non è un’iperbole quella del poeta romagnolo, perché Pasi fu davvero un uomo di grande coerenza morale e politica, un uomo che nell’Italia sempre più fascista della fine degli anni Trenta scelse di andare in direzione ostinatamente contraria. A cosa si opponesse il partigiano Pasi lo dice la sua morte atroce, per impiccagione e dopo torture indicibili. Lo dice anche la sua vita clandestina in un mondo ostile e pericoloso, in cui ci si poteva perdere per una parola o un gesto sbagliato, dove potevi essere tradito dal caso, dalla convenienza, dalla delazione zelante. In quest’Italia resa cupa e infida dal regime fascista, Mario Pasi insieme ai suoi compagni partigiani riuscì a vedere la possibilità di un’alternativa democratica: e di questa possibilità remota fece la sua patria, ideale e quasi utopica, eppure l’unica a cui valesse la pena di rimanere fedeli.

Ogni aspetto della vita di Pasi ha ben poco di ordinario. Romagnolo, di origini umili, studia medicina a Bologna, trasgredendo alla regola non scritta che riservava il camice bianco ai giovani di buona famiglia e diventando il più giovane laureato della sua sessione. Ufficiale medico in Albania fino al congedo per ragioni di salute, Pasi si distingue per le sue doti professionali all’ospedale Santa Chiara a Trento, dove si prodiga per salvare i feriti dei bombardamenti che nel settembre del 1943 sventrano il centro città. Poi, quando la sua adesione alla Resistenza non gli lascia altra scelta, passa alla clandestinità e prende la strada delle montagne bellunesi. Questa biografia rivela già nei suoi tratti essenziali una personalità forte, un carattere generoso e un’intelligenza non comune nutrita da vaste letture che permettono a Pasi di comprendere come pochi altri la situazione politica nazionale e internazionale. La sua è stata una vita costantemente partigiana, messa precocemente a servizio dei malati, degli oppressi, del riscatto degli umiliati e offesi dal fascismo. I suoi valori sono agli antipodi di quelli di una dittatura violenta e autoritaria che, insieme all’alleato nazista, negli ultimi giorni di guerra si è macchiata di crimini rabbiosi nei confronti di partigiani, civili, ebrei e oppositori. In questo periodo convulso perde la vita Pasi, che viene giustiziato 45 giorni prima di una Liberazione conquistata anche grazie al suo contributo.

È la prima volta che vedo il Bosco delle Castagne, un luogo il cui nome è familiare a tutti i trentini perché compare in ogni biografia di Mario Pasi. L’immagine dei corpi impiccati tramandata dalle sgranate fotografie del tempo stride con la realtà di questo luogo ameno e richiama alla mente altri morti per impiccagione, altre fotografie: quella, più antica, di Cesare Battisti, finita nel frontespizio della tragedia “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus e quelle più recenti dei giovani appesi a un palo in Iran, vittime di un regime liberticida e disumano. Non voglio sminuire la memoria di Mario Pasi accostandolo ad altre vittime della violenza di Stato e dell’oppressione antidemocratica, ma anzi sottolineare come il suo antifascismo condotto fino alle più estreme conseguenze sia la manifestazione di una battaglia per la libertà che è senza tempo. Il testimone di Pasi è oggi in mano ai giovani curdi, ai siriani democratici, agli ucraini che respingono l’invasore, a chi clandestinamente tiene accese le aspirazioni libertarie in Russia o in Corea del Nord o in Mali. Ma non dimentichiamoci che anche noi siamo gli eredi diretti delle conquiste del partigiano Montagna e dei suoi compagni, siamo noi a beneficiare della loro capacità di vedere lontano e di immaginare un’Italia liberata dall’arbitrio e dalle ingiustizie. A noi tocca dunque amministrare questo lascito nella vita di tutti i giorni: innanzitutto assumendoci l’onere della memoria e poi respingendo ogni tentativo di erodere i diritti costituzionali, di discriminare, di sabotare la giustizia sociale. Morto quando non aveva ancora compiuto 32 anni, Pasi è oggi nel panteon dell’Italia democratica e nel cuore di tutti noi. Che il ricordo della sua testimonianza ispiri le nostre scelte e renda salda la nostra opposizione al fascismo di ogni tempo.

 

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Franco Ianeselli
sindaco di Trento

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