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CESCHI – FRESCHI – BROCCHIERI – MELCHIORI – ANDREOTTI * SCUOLA : « RIGUARDO L’ISTRUZIONE IN TRENTINO ED IL “PIANO B” MANCA SEMPRE LA CHIAREZZA NECESSARIA »

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17.45 - domenica 23 agosto 2020

Scuola e “piano B”. Manca sempre la chiarezza necessaria.

-) Le misure cui accenna Sbardella definiscono solo due situazioni, senza nessun riferimento ai quattro “scenari”, sia pur vaghi, indicati il 17 e il 22 luglio; ci si aspetterebbe che quell’impostazione venga via via precisata, confrontata, migliorata; non che ad ogni nuova settimana appaia una nuova “narrazione”

-) Le misure di distanziamento ecc. con cui dovrebbero ripartire le scuole non sono sicuramente lo “scenario 1” di cui si diceva a luglio (irrealisticamente indicato come “contagio zero” mentre poteva essere di ragionevole “all’erta”), ma corrispondono ad un livello di “allarme” sanitario, come infatti viene dipinta la situazione, specie su scala nazionale; cioè corrispondono in qualche modo allo “scenario 2”.

-) C’è una prospettiva distorta che presiede a tutta la questione della riapertura delle scuole. Bambini e ragazzi si sono incontrati e mescolati a frotte durante l’estate (e certamente non nelle discoteche ma nelle loro normali frequentazioni); come mai non è scoppiato nessun contagio di massa? e perché dovrebbe succedere a settembre?

-) Famiglie e insegnanti non possono organizzarsi nei loro rispettivi compiti sulla base di decisioni prese caso per caso; un approccio del genere è ragionevole da un punto di vista sanitario ma non è compatibile con la vita famigliare e soprattutto con il coordinamento e la continuità senza i quali non ci può essere attività didattica.

-) Stupisce che la dott. Sbardella non se ne renda conto; del resto se ci presenta i “compiti a casa” come “flipped classroom” (che è metodologia per la didattica in aula) sembra che stia giocando con le parole, piuttosto che formulare indicazioni da un punto di vista competente e quindi autorevole.

-) Esiste invece il Consiglio del Sistema Educativo Provinciale: che lo si consulti ‒ com’è nei suoi compiti istituzionali ‒ nella stesura di protocolli e linee guida, invece di farle redigere in segrete stanze da persone che mai hanno lavorato a scuola o che, forse, se ne sono dimenticate.

-) La didattica a distanza ha funzionato male alle superiori, non ha funzionato affatto nel primo ciclo dell’istruzione, se non per via del supporto delle famiglie, che però ora non potrebbero garantirlo. Non tutti lavorano in uffici pubblici o hanno a che fare con carte che possano aspettare. Non basta parlare di congedi retribuiti per chi non può assentarsi dal lavoro senza rischiare di perderlo o di perderci.

-) Dunque la scuola non può essere trattata con criteri sanitari di “cautela” senza metterne in crisi il funzionamento e senza mettere in crisi le famiglie. La ricetta non può uccidere il malato: dunque l’unica soluzione non è la prevenzione (se non ovvie misure igieniche) ma la cura dei casi che effettivamente si presentano e che la richiedono.

-) Infine si chiede che l’autonomia provinciale venga valorizzata, ma per farlo si devono anticipare le decisioni nazionali, non aspettarle per limitarsi poi a piccole correzioni di facciata. Altrimenti non ci si nasconda dietro i diktat di Roma e si dichiari di non essere in grado di assumersi pienamente la propria responsabilità politica.

 

*

Giovanni Ceschi
Presidente del Consiglio del Sistema Educativo Provinciale

 

Maurizio Freschi
Presidente della Consulta Provinciale dei Genitori

 

Andrea Brocchieri, Tania Melchiori, Andrea Andreotti del gruppo “Diritti nella scuola reale”

 

 

 

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