Questa sera a Striscia la notizia (Canale 5, ore 20.35) Antonio Casanova torna a occuparsi dei poeti e degli scrittori che hanno collaborato – a loro insaputa – ai testi di Claudio Baglioni e delle amnesie del celebre “cantautore” nei confronti delle proprie fonti.
L’inviato di Striscia mostra una clamorosa “costruzione ingegneristica” di Baglioni, che avrebbe preso tre versi di tre autori diversi (Salvatore Quasimodo, Marguerite Yourcenar e Alfred Tennyson) mettendoli uno in fila all’altro per comporre addirittura un’intera strofa di una sua canzone.
Quasimodo: “Ma come è sempre tardi per amare”
Yourcenar: “L’amore è un castigo. Veniamo puniti per non essere riusciti a rimanere soli”
Tennyson: “È meglio aver amato e perso, che non aver amato mai”
Tre tessere di un puzzle che in Mai più come te di Baglioni sono diventate un’unica costruzione: “E com’è sempre tardi per amare, l’amore è la pena da scontare per non volere stare soli e meglio è amare e perdere che vincere e non amare mai”. E non è neppure un’operazione che avrebbe richiesto letture raffinate visto che l’ultimo verso, quello di Tennyson “rielaborato”, era addirittura apparso in un Bacio Perugina.
Altro che possibili «echi di frasi che mi hanno colpito», come ha sostenuto il “cantautore” romano nell’intervista concessa ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera una settimana fa. Qui siamo di fronte ad uno smaccato “triplete” (di autoreti). Secondo un calcolo aggiornato di Striscia i passaggi “citati” sarebbero oltre un centinaio. Un tempo era più difficile individuare i “prestiti”, ma con Internet è immediato ed è impossibile farla franca.
Sempre nell’intervista al Corriere, Claudio Baglioni ha detto, a proposito della querelle che lo contrappone ad Antonio Ricci: «È un duello decennale con un solo duellante, lui». L’ennesima amnesia. L’autore di Questo piccolo grande amore dimentica di aver chiesto e ottenuto il sequestro di “Tutti poeti con Claudio”, libro che svela solo una parte dei tanti scrittori dai quali avrebbe preso in prestito frasi inserendole nelle sue canzoni senza citarli.
In attesa che Antonio Ricci e gli altri imputati nella causa per diffamazione possano far valere le proprie ragioni in Tribunale nel gennaio del 2025, ricordiamo che Claudio Baglioni già in passato aveva denunciato il papà del tg satirico per ben due volte, ma sempre senza successo, poiché è sempre stato accertato il corretto esercizio del diritto di satira da parte di Striscia la notizia.
Dice Antonio Ricci: «Baglioni può scatenare contro di noi tutti i suoi uffici stampa, le sue tifoserie, le cricche di amichetti, ma non riuscirà a giustificare una concezione predatoria della cultura che io aborro. Il saccheggio può anche essere una forma di arte, ma non in un modo così sfacciato. Grazie a De André che citava le fonti, io e quelli della mia generazione abbiamo potuto conoscere ed apprezzare Brassens, Cohen, Lee Masters, Villon, Kavafis, Mutis. Faccio un esempio: se Baglioni avesse dichiarato che la canzone “Il Pivot” era fortemente “ispirata” a Dennis Trudell, molti avrebbero potuto interessarsi al poeta americano da noi praticamente sconosciuto.
Fare cultura è condividere, discutere, i libri si criticano, non si fanno sequestrare con azioni intimidatorie e proterve. Non stupiamoci se poi l’Italia perde posti nella classifica mondiale della libertà di stampa. Pretendere di censurare la satira è un atto ignobile e che venga fatto da un personaggio che si definisce “democratico” è un altro dei paradossi di questo nostro Paese: tutto quello che è scritto nel libro è vero e verificato. Un consiglio al Passerotto: ammetti e fatti una bella risata. I tuoi fan ti amerebbero ancora di più».