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UNIMPRESA * LAVORO: « IN ITALIA 8,2 MILIONI LE PERSONE A RISCHIO POVERTÀ, IN AUMENTO DI 10 MILA UNITÀ RISPETTO AL 2021 »

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12.54 - martedì 28 marzo 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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La ripresa economica registrata nel 2022 non ha migliorato la condizione economica degli italiani: l’area di disagio sociale è leggermente cresciuta e le persone a rischio povertà sono 8,2 milioni, in aumento di circa 10mila unità rispetto all’anno precedente. Si tratta di una variazione dello 0,12% di lavoratori sottopagati (working poor) o precari e di soggetti disoccupati, con i primi arrivati a 6,5 milioni, in crescita di 12 mila unità, e i secondi attestati a 1,9 milioni, in diminuzione di circa 2mila unità. È quanto emerge da un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale la crescita più rilevante, nell’ambito dei “working poor” è fra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato part time involontario, espediente contrattuale che spesso nasconde una fetta della retribuzione in nero. «La vera sfida del governo sta nell’arrivare a fine anno con questo numero, quello dell’area di disagio sociale, più contenuto rispetto all’attuale 8,2 milioni: ci accontenteremo di una riduzione lieve, ma che darebbe comunque l’idea di una traiettoria nuova, di un cambio di passo verso un orizzonte diverso. È un obiettivo ambizioso, ma a nostro avviso raggiungibile. Si tratta di creare le condizioni affinché le imprese possano crescere, investire e creare nuova occupazione. La ricetta è semplice: meno burocrazia e meno tasse, con una quota consistente di incentivi per chi crea nuova, stabile occupazione» commenta il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi.

Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati Istat, l’area di disagio sociale comprendeva, a fine 2022, 8,2 milioni di persone, in aumento di 10mila unità rispetto all’anno precedente (+0,12%). L’area di disagio sociale è la somma dei disoccupati e di alcune categorie di occupati precari o “sottopagati”, definiti anche “working poor”. I disoccupati, tra il 2021 e il 2022, sono rimasti sostanzialmente stabili: sono passati da 1 milione e 983mila a 1 milione e 981mila, in diminuzione di circa 2mila unità (-01,11%).

Tra i disoccupati, gli ex occupati sono passati da 1 milione e 20mila a 1milione e 19 mila, in calo di circa 700mila unità (-0,07%); gli ex inattivi sono arrivati a quota 208mila in aumento di circa 3 mila unità (+0,12%); coloro che sono senza esperienza di lavoro, infine, sono calati di circa mille unità (-1,67%), passando da 60mila a 59mila. Quanto ai “working poor” (precari e sottopagati), questa categoria è passata da 6 milioni e 577mila soggetti a 6 milioni e 589mila soggetti, con una crescita di 12mila unità (+0,18%). Tra gli occupati instabili o a basso reddito, i lavoratori con contratto a termine part time sono passati da 878mila a 880mila, in aumento di 2mila unità (+0,23%); gli addetti con contratto a termine e a tempo pieno, poi, sono aumentati di 21mila (+0,97%) da 2 milioni e 168mila a 2 milioni e 189mila; i lavoratori con contratto a tempo indeterminato part time involontario rappresentano la fascia maggiormente cresciuta, con un aumento di 57mila unità (+2,23%) da 2 milioni e 551mila a 2 milioni e 607mila; i lavoratori con contratti di collaborazione sono aumentati di circa mille unità (+0,26%) da 226mila a 227mila; gli autonomi part time, infine, sono calati di 69mila unità (-9,15%) da 754mila a 685mila.

«Quello dei poveri è un vero e proprio dramma e chi, come me, ogni giorno trascorre del tempo tra le persone, nei negozi e nei mercati si rende conto delle difficoltà delle persone. Chi ha impresa e dà lavoro: crea dignità ed è proprio questo aspetto che sta venendo a mancare. La perdita di lavoro o una retribuzione da fame rappresentano un elemento di vergogna per molti, in tanti hanno timore di chiedere un aiuto economico. Dobbiamo combattere proprio questo e il governo, se davvero vuole mantenere le promesse fatte nel corso della campagna elettorale, deve creare le condizioni per far lavorare al meglio le imprese. Noi non crediamo nei sussidi a tempo indeterminato e siamo convinti che i posti di lavoro possano nascere solo dalle imprese, adeguatamente sostenute in termini normativi e in termini fiscali» aggiunge il presidente onorario di Unimpresa.

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