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TRENTINO / CONSULTE “SALUTE” E ” POLITICHE SOCIALI”: DORI E TONELLI, « LA PANDEMIA HA ACCELERATO L’ISOLAMENTO SOCIALE DI ANZIANI – GIOVANI – PERSONE CON DISABILITÀ – ADULTI A RISCHIO EMARGINAZIONE »

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17.26 - martedì 7 giugno 2022

Oggetto: Documento congiunto della Consulta provinciale per la salute e della Consulta provinciale delle politiche sociali.

CAMBIO DI PARADIGMA NELLA PRESA IN CARICO DELLA PERSONA
L’esperienza fatta durante il difficile periodo della pandemia ha evidenziato l’inadeguatezza degli attuali modelli su cui si fondano i sistemi sanitari, socio sanitari e sociali, caratterizzati da forme di attivazione innescate da manifestazioni acute, la cui cura viene spesso realizzata in ambiente ospedaliero.
Queste criticità si sono evidenziate con particolare chiarezza e drammaticità in riferimento alla popolazione anziana e a tutte le persone in condizione di fragilità, che hanno conosciuto una forte regressione degli interventi rispetto alla promozione della salute, alla prevenzione ed alla riabilitazione.

L’emergenza pandemica ha messo ancor più in evidenza la carenza, se non assenza in molti casi, dell’integrazione tra ambito sanitario e sociale. Il sistema di welfare provinciale necessita di un cambio di paradigma capace di affrontare la complessità dei processi che influiscono sui temi della salute e della malattia. Incentivare un sistema di avvicinamento alla persona con fragilità, con una strutturazione dei servizi di prossimità, domiciliari, che possono essere personalizzati, tendendo conto non solo delle azioni necessarie alla cura della patologia ma anche, e soprattutto al benessere della persona. Non abbiamo bisogno di nuovi luoghi di salute ma di reti e servizi flessibili, che adeguino la propria azione alla molteplicità di domande e condizioni che caratterizzano l’esperienza quotidiana delle persone e del loro contesto di vita.

L’aumento delle patologie croniche, connesse in gran parte all’invecchiamento della popolazione, rappresenta una sfida senza precedenti per il nostro sistema sanitario e socio assistenziale, che sarà sollecitato da una domanda di aiuto amplificata dallo squilibrio demografico che vedrà crescere l’incidenza della popolazione anziana sul totale della popolazione con un incremento della domanda di aiuto:

I dati Istat tratti dall’Indagine di salute europea EHIS 2019 delineano una fotografia preoccupante della domanda di assistenza che, nella classe di età 75 e più, assume una rilevanza preponderante a causa della compromissione di capacità funzionali, della mancanza di supporto sociale, del bisogno di sostegno, delle sfavorevoli condizioni abitative, delle difficili condizioni economiche. Su una popolazione di riferimento composta da circa 6,9 milioni di over 75, sono stati identificati oltre 2,7 milioni di individui che presentano gravi difficoltà motorie, comorbilità, compromissioni dell’autonomia nelle attività quotidiane di cura della persona e nelle attività strumentali della vita quotidiana. Tra questi, 1,2 milioni di anziani dichiarano di non poter contare su un aiuto adeguato alle proprie necessità, di cui circa 1 milione vive solo oppure con altri familiari tutti over 65 senza supporto o con un livello di aiuto insufficiente. Infine, circa 100mila anziani, soli o con familiari anziani, oltre a non avere aiuti adeguati sono anche poveri di risorse economiche, con l’impossibilità di accedere a servizi a pagamento per avere assistenza. È dunque della massima importanza intercettare la domanda economica e sociale di questo “popolo” di anziani spesso soli, con scarse disponibilità economiche e senza aiuto, traducendola in un’offerta di servizi di sostegno, prioritariamente presso l’abitazione e sul territorio; oltre ad assicurare loro una migliore qualità di vita, ciò permetterà di evitare che la condizione di svantaggio si trasformi ed esploda come domanda sanitaria dalle dimensioni insostenibili.

La pandemia ha rappresentato un acceleratore delle dinamiche che portano all’isolamento sociale di anziani, giovani, persone con disabilità, adulti a rischio di emarginazione.
Di fronte a tutto ciò è necessario assumere piena consapevolezza che tali sfide non possono essere affrontate adeguatamente né con un atteggiamento di attesa (intervenire quando il patrimonio di salute della persona è già depauperato), né attraverso approcci di impostazione esclusivamente sanitaria. È oggi fondamentale spostare il baricentro dei sistemi sanitari verso la Primary Health Care, verso cioè un sistema di assistenza non solo limitato al trattamento delle patologie, ma orientato fortemente alla salute con al centro le persone e le comunità.

Questo nuovo modello può aiutare a superare l’attuale frammentazione degli interventi, legata a logiche “a silos” e a piccoli progetti scarsamente incisivi. Perché la salute, la sua cura e protezione, rappresentano un tema unificante che coinvolge necessariamente tutti gli attori, a differenza della  malattia che ha generato divisioni, incomunicabilità, esclusività di trattamento. Si potrà così garantire la creazione di reti assistenziali multi-professionali, multisettoriali e multidimensionali a partire dal coinvolgimento delle Persone e delle Comunità come soggetti attivi della propria salute (welfare community).

La pandemia ha evidenziato la capacità del Terzo Settore di costruire relazioni, di tessere reti e approfondire percorsi e obiettivi che hanno permesso di offrire risposte adeguate alle persone in condizioni di fragilità e hanno contribuito a dare sollievo al sistema ospedaliero in grande affanno per l’emergenza Covid-19. Quanto costruito non può essere disperso e offre anche la possibilità di condivisione, di approfondimento di dati, di visioni che hanno un valore aggiunto e sono premessa ad un approccio sistemico e olistico in grado di rilevare le carenze del sistema in un’ottica integrata di efficienza ed efficacia.

 

LA CASA COME LUOGO DI CURA
Prima delle Case di comunità (previste nel PNRR) va affrontato in modo approfondito il tema del come sia possibile – in un contesto di riforma della sanità orientato a modelli di medicina territoriale, di vicinanza al cittadino, di medicina predittiva, di presa in carico e continuità assistenziale – garantire forme di sopporto ed assistenza, capaci di affrancarsi da modelli prestazionali o ospedalieri per realizzare una presa in carico integrata della persona nel suo ambiente di vita e per pervenirne l’ istituzionalizzazione.

Affinché sia possibile riqualificare, in un contesto di riforma della medicina territoriale, l’assistenza domiciliare e la permanenza il più a lungo possibile a domicilio di persone fragili o non autosufficienti, dovranno essere risolti i nodi che attualmente risultano non sciolti dentro l’ambito delle politiche socio-sanitarie; dovrà essere garantita “pari dignità” del sociale rispetto al sociosanitario e sanitario; dovrà essere riconosciuto il ruolo fondamentale che l’assistenza domiciliare può garantire in termini di continuità assistenziale e di qualità relazionale; dovranno essere aperti i canali di comunicazione e condivisione dei percorsi di cura con le equipe territoriali. Ritenere che la riforma della medicina territoriale possa essere realizzata dimenticando o mantenendo in un ruolo marginale il settore dell’assistenza domiciliare globalmente inteso, significa di fatto negarne uno dei presupposti più importanti. Se il nuovo sistema di assistenza deve orientarsi ai temi della prevenzione oltre che della cura, alla salute centrata sulle persone e sulle comunità è fondamentale l’apporto positivo, di esperienze e buone prassi del settore del Terzo Settore. Il nuovo modello di salute ha necessariamente bisogno per “completare” il suo percorso di forme di integrazione stabili ed evolute tra ambito sociale e sanitario.

La collaborazione tra gli attori del welfare è l’unica strada percorribile per cercare di affrontare la marea montante di bisogni legati all’invecchiamento della popolazione che certamente non potrà essere fronteggiata con interventi settoriali e attraverso modelli di committenza-fornitura. Se il Terzo Settore viene coinvolto nel processo di costruzione delle politiche di welfare in qualità di mero fornitore di prestazioni, non c’è margine per un’azione che faccia i conti con la portata della sfida legata all’invecchiamento e con le specificità del territorio trentino, che rischia di disperdere il suo ricco tessuto di organizzazioni non profit, oggi alle prese con rilevanti difficoltà sul piano della sostenibilità economica.

La carenza di indicazioni, di risorse e di ipotesi di lavoro contenute nell’azione 5 del PNRR va colmata in un’ottica di integrazione, presa in carico e continuità assistenziale. Superare le attuali oggettive difficoltà in cui si dibatte questo importante settore di “care” deve rappresentare per tutti e

ancor più per la politica provinciale un impegno chiaro e senza fraintendimenti. L’azione 6 salute – medicina territorio – e l’azione 5 – sociale – del PNRR in questo settore specifico dell’assistenza domiciliare vanno declinate puntando a reale unitarietà di interventi se vogliamo veramente garantire un nuovo futuro all’assistenza territoriale e dell’assistenza/cura di prossimità.
Un progetto innovativo che comprenda oltre alla prevenzione, la medicina predittiva, l’assistenza alla persona, la sua presa in carico e la continuità assistenziale non può prescindere dal ruolo del settore socio assistenziale.

 

 

CONCLUSIONI
Tutte le recenti indagini sociali e sanitarie mettono in risalto che c’è sempre più bisogno di affrontare le questioni che riguardano la persona sia sotto il profilo della fatica e/o del disagio psico- sociale, sia sotto quello sanitario. C’è bisogno di un approccio olistico e questa modalità, quando applicata, dimostra ottimi risultati in termini di ben-essere, di salute e di risparmio economico. Nonostante ciò, il rischio è che si proceda verso una ancor maggiore divaricazione fra sanità e assistenza con la prima che assume un ruolo gerarchico rispetto alla seconda.
Lo stesso aumento delle specializzazioni e delle parcellizzazioni, anche se tecnologicamente e professionalmente elevate, se assolutizzato, non permette di raggiungere i risultati attesi perché non si può “fare a pezzi” una persona. Essa è un unicum in cui convivono cuore, cervello, sentimenti, emozioni e fatiche.

Abbiamo bisogno di azioni politico-amministrative capaci di rimuovere gli ostacoli che frenano il pieno sviluppo dei servizi a favore, in particolare, delle persone con fragilità e dare vita ad un modello inclusivo, in grado non solo di garantire salute, ma soprattutto benessere. Abbiamo bisogno di un modello di salute incentrato sul territorio che contempli un sistema strutturato di presa in carico globale, capace di generare occasioni di dialogo, confronto e collaborazione tra i diversi attori della salute collettiva e basato su un nuovo paradigma di cura della persona e non solo della patologia.

 

*

Renzo Dori – Presidente Consulta Provinciale per la salute

Paolo Tonelli – Presidente Consulta provinciale delle politiche sociali

 

 

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