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SEI COMPONENTI ASSEMBLEA GENERALE CGIL – TRENTINO * REPLICA A GROSSELLI: « O NON ABBIAMO MAI DELIBERATO NULLA CHE RIGUARDI UN PATTO FEDERATIVO CON CISL E UIL »

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13.26 - sabato 6 maggio 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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Comunicato in merito alle dichiarazioni del segretario generale della Cgil del Trentino Andrea Grosselli al giornale l’Adige. In qualità di componenti dell’Assemblea generale della Cgil del Trentino, desideriamo esprimere la nostra opinione nei confronti delle posizioni espresse dal segretario generale confederale Andrea Grosselli al giornale l’Adige.

Avremmo preferito che Grosselli utilizzasse la pagina intera del giornale per spiegare in modo approfondito ad una vasta platea qual è la piattaforma della Cgil nei confronti del governo Meloni, della Giunta Fugatti e delle controparti datoriali ma le sue affermazioni necessitano di una risposta immediata da parte di chi, all’interno della Cgil del Trentino, non ha condiviso le sue dichiarazioni.

L’Assemblea generale della Cgil del Trentino non ha mai né discusso né deliberato nulla che riguardi un patto federativo con Cisl e Uil.

Non sono stati coinvolti nemmeno gli iscritti; tantomeno gli altri lavoratori e pensionati. La posizione di Grosselli è quindi da ritenere un’inopportuna, ingiustificata e unilaterale fuga in avanti e non è la prima.
Ci chiediamo peraltro se tale proposta sia stata o meno discussa fra gli iscritti e le iscritte di Cisl e Uil o se tutto sta passando sopra le loro teste altrimenti ci troveremmo difronte ad un segretario della Cgil del Trentino che in prima persona rende pubblica una proposta che non è stata discussa preventivamente da nessuno!

Venendo al contenuto, sembra che questo patto federativo serva ad evitare la firma di accordi separati. Con un atto autoritario, attraverso un dispositivo denominato impropriamente “camera di compensazione”, le segreterie confederali appianeranno in modo unilaterale le posizioni discordanti delle singole categorie, finendo per sostituirsi ad esse. Questo strumento organizzativo, fatto di decisioni calate dall’alto, non rappresenta né il principio di confederalità né quello di democrazia. La dialettica tra confederazione e categorie è ben altra cosa e non può essere né negata né superata attraverso l’accentramento di poteri. Altrimenti a cosa servono le singole categorie se ci sono il re, la regina ed i principi che dispongono per tutti gli altri?

Riteniamo che le eventuali divisioni sindacali possano essere superate attraverso lo strumento del confronto preventivo e del voto vincolante da parte dei lavoratori e dei pensionati, che in ultima analisi sono le persone che rappresentiamo e che devono avere l’ultima parola. Una piattaforma va innanzitutto discussa all’interno del sindacato; poi ci si confronta con le piattaforme degli altri sindacati e si vede se si riesce a fare una sintesi. Se si riesce, si presenta unitariamente la stessa piattaforma ai lavoratori e pensionati per il loro parere vincolante altrimenti ci si presenta davanti a loro con piattaforme diverse e saranno loro a decidere qual è il miglior percorso da intraprendere.

Nel caso di Grosselli, ancora una volta ci troviamo difronte ad un ragionamento ribaltato: il vertice confederale, composto da poche unità, decide al posto delle categorie, degli iscritti, degli altri lavoratori e pensionati.
Non ci pare proprio che questa forma di appropriazione di poteri possa favorire né nuove iscrizioni al sindacato né evitare l’inasprirsi di conflitti fra categorie e confederazione o fra le categorie dei tre sindacati che seguono i medesimi comparti o fra le stesse segreterie confederali, quanto piuttosto facilitare ulteriori tentativi individuali di chi, sentitosi messo in disparte, decide unilateralmente come gestire una trattativa e magari tenta di accreditarsi alla controparte datoriale o amministrazione pubblica come il soggetto più affidabile, più meritevole e di solito questo porta ad un abbassamento della qualità delle trattative, con conseguenze che poi finiscono a colpire i lavoratori e i pensionati. Cosa che peraltro non fa che replicare il comportamento individualista che Grosselli ha dimostrato in questa situazione.

Va evidenziato inoltre che le differenze di fondo tra Cgil, Cisl e Uil esistono eccome, a livello territoriale come a livello nazionale e lo viviamo quotidianamente sia nelle categorie sia nelle decisioni confederali e non è necessario qui fare degli esempi. Negare la realtà non aiuta certo a fare chiarezza e genera ulteriore scoramento fra i dirigenti sindacali, gli iscritti e gli altri lavoratori e pensionati.
E’ necessario inoltre correggere l’affermazione di Grosselli sulla flessibilità delle assunzioni. Non siamo d’accordo quando afferma che questa vada bene nei momenti di crisi perché le aziende possono così assumere senza caricarsi di troppi oneri mentre in altri momenti di ripresa economica sia meno giustificabile. La flessibilità è un problema a prescindere, perché non è frutto della scelta consapevole del singolo lavoratore ma è una costrizione che si trova a dover affrontare quotidianamente e che lo priva della possibilità di costruirsi un futuro.

Fare dei distinguo su una buona o cattiva flessibilità è sconcertante, ora come nel passato e non aiuta a sostenere né fra i lavoratori né fra i dirigenti sindacali la necessaria consapevolezza che i lavoratori hanno il sacrosanto diritto ad avere un posto fisso!
Non abbiamo bisogno di uomini soli al comando o di minuscoli conclave che decidono per tutti gli altri. La presa di posizione di Grosselli indebolisce tutta la Cgil, mentre invece abbiamo bisogno di discutere e di coinvolgere di più lavoratori e pensionati, iscritti e non iscritti nell’azione del sindacato per essere più forti, facendo anche appello a partecipare alla manifestazione sindacale che si terrà il 13 maggio a Milano contro le politiche del governo Meloni.

 

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Omar Cimarolli
Mirko Sighel
Romano Vicentini
Francesca Cassarà
Giuseppe Cancellaro
Antonio Caramelle

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