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SAT * “PREMIO SAT 2023“ – VINCITORI: « ROBERTO MAZZILIS – ROBERTO MANTOVANI – GIANNI RIGONI STERN, NELLE LORO ATTIVITÀ SANNO METTERE IN ATTO PROCESSI DI CURA »

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21.08 - venerdì 5 maggio 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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Tante novità per questa nuova edizione del Premio SAT 2023, la 27esima, che porta verso la chiusura gli eventi del Trento Film festival. Un appuntamento importante e atteso, un riconoscimento ambito perché rivolto a coloro che si sono distinti nel tempo in tre categorie: produzione scientifica e letteraria, attività sociale e attività alpinistica.

Quest’anno, in particolare, la giuria del Premio SAT – composta da: Claudio Bassetti, presidente di giuria; la presidente SAT, Anna Facchini; l’alpinista Palma Baldo; il consigliere SAT e CAI Carlo Ancona; il direttore del bollettino SAT, Marco Benedetti; Ugo Scorza, presidente della sezione di Trento – ha deciso di premiare: l’alpinista Roberto Mazzilis; lo storico Roberto Mantovani; l’agronomo solidale Gianni Rigoni Stern. Nomi importanti e di assoluto prestigio e rilievo pronti a ritirare il premio durante la cerimonia di consegna che si è tenuta presso la Casa della SAT.

A consegnare il Premio: la presidente SAT, Anna Facchini; il presidente del Trento Film Festival, Mauro Leveghi; il sindaco di Trento, Franco Ianeselli.

Così il sindaco Ianeselli: “Ringrazio la giuria del premio Sat che ogni anno ci fa scoprire biografie illuminanti e direi esemplari nel senso letterale della parola, perché ci mostrano percorsi esistenziali capaci di incarnare valori irrinunciabili e intimamente legati all’esperienza autentica della montagna. A me pare che i premiati di quest’anno – un agronomo, uno storico e un alpinista – siano accomunati, pur nella diversità degli ambiti di riferimento, dalla fedeltà a una sorta di ‘montagna interiore’, che poi è un approccio alla vita capace di unire la semplicità e la profondità, il perfezionismo e quell’essenzialità che è connaturata a chi sale in vetta e deve alleggerire lo zaino da ogni inutile zavorra. È un onore per Trento poter premiare tre personalità così notevoli”.

Alla presidente SAT, Anna Facchini, il compito degli onori di casa, ricordando anche la Fondazione Larcher nella storia di SAT guidata da Guido Larcher, discendente dell’omonimo Guido Larcher uno dei primi presidenti di SAT. “Ringraziamo questa Fondazione – ha detto la presidente – nata con lo scopo di sostenere nel sociale quello che promuove SAT e a fianco ogni anno anche del Premio SAT.

Anna Facchini ha poi portato i saluti del presidente nazionale CAI, Antonio Montani: “Il premio della Società alpinisti tridentini è un importante riconoscimento a quelle figure che incarnano la straordinaria cultura delle Terre alte. Un riconoscimento che rappresenta un punto di riferimento per coloro che vivono la montagna a 360 gradi. Uno spirito incarnato anche dal Club alpino italiano, che condivide appieno i valori culturali di difesa dell’ambiente montano, di espressione dell’alpinismo di ricerca e del volontariato”.

A soffermarsi e ricordare la “comunità che ama la montagna”, Mauro Leveghi: “Uno slogan che l’anno scorso come Trento Film Festival abbiamo condiviso con SAT e Soccorso Alpino Trentino, in un anno nel quale ricorrevano importanti anniversari per queste tre realtà, che sono un vero e proprio patrimonio di tutta la comunità trentina. Il Premio SAT è una sorta di ringraziamento alle donne e agli uomini che di questa comunità fanno parte, e che hanno dato il loro contributo ad aumentarne la conoscenza e a promuoverne il rispetto”.

Tra le novità il cambio alla presidenza del Premio. A guidare, da quest’anno, la giuria è Claudio Bassetti, già presidente SAT, che riceve il passaggio di testimone da Franco Giacomoni. Così il nuovo presidente della Giuria del Premio, Claudio Bassetti: “C’è un filo conduttore che unisce le persone che abbiamo premiato oggi. Un tratto molto significativo che li accomuna, anche se ognuno agisce in ambiti diversi, in spazi diversi, in attività diverse: l’essere particolarmente attenti a ciò che accade intorno a loro e agire in modo coerente alle istanze che colgono.

In un mondo sempre più dominato dall’io, dal presenzialismo, dall’apparire, dal bisogno di manifestarsi e di competere, dalla prevalenza dell’avere (notorietà, visibilità, successo, contratti) è parso significativo mettere al centro un mondo diverso, fatto di persone che, all’interno di attività di altissimo valore alpinistico, culturale, solidaristico, pongono in atto processi di cura. Cura dell’ambiente, delle persone in grave difficoltà a causa dei conflitti, cura della storia e delle fatiche della gente delle terre alte. Se serve a qualcosa questo Premio, e penso che serva davvero a qualcosa, è quello di dare voce a istanze che voce ne hanno davvero poca”.

Voce dunque ai premiati che nel loro discorso di ringraziamento hanno messo in evidenza doti importanti e non scontate: passione, cura, rispetto per l’ambiente, per la montagna ma soprattutto per gli uomini, per l’altro vicino, e a fianco, a ciascuno di noi.

“Credo che alla mia età continuare ad arrampicare a certi livelli, che per me rappresentano gioia di vivere e gratificazione, rispettando con coerenza, anche con discapito personale, un rapporto leale tra uomo e natura, o meglio tra scalatore e parete, sia un buon esempio da trasmettere ai giovani – ha detto l’alpinista Roberto Mazzilis, riprendendo anche le motivazioni del Premio della Giuria – affinché ambiente, storia alpinistica e futuro dell’alpinismo non siano sviliti irrimediabilmente da falsi miti, traguardi sportivi e degrado ambientale”.

Contagiosa la passione per la montagna dello storico Roberto Mantovani, raccontata nei suoi libri, alcuni dei quali dedicati alle grandi vicende legate agli ottomila e sempre con particolare attenzione alla dimensione profonda dell’aspetto umano, messo in primo piano. “Il ruolo dello storico – ha ricordato Mantovani – è quello di mettere in ordine le cose senza l’urgenza del presente. Dare una prospettiva senza tempo, o meglio amplificando il tempo, significa guardare all’esperienza”.

E ancora l’agronomo solidale Gianni Rigoni Stern, premiato per il suo impegno nella solidarietà sia politica che economica e sociale, come principio costitutivo della società umana. “Sono estremamente contento e fiero di questo riconoscimento per il mio progetto di aiuto alla popolazione rurale di Srebrenica e Milici – ha detto Rigoni Stern – In questa mia ultra decennale attività sono stato sostenuto da tante persone e dedico anche a loro questo premio. Credo che ognuno di noi debba offrire le sue conoscenze a chi si trova in situazioni precarie per indicare la strada e dare dignità e qualità alla vita”.

Ai vincitori è stata consegnata un’opera d’arte unica e non riproducibile: un’incisione di Remo Wolf, prestigioso artista trentino, che insieme a Mario Rigoni Stern tenne a battesimo la Biblioteca della Montagna SAT e autore dell’“ex libris” della Biblioteca stessa. Oltre alla preziosa incisione i premiati hanno ricevuto la spilla commemorativa del Premio SAT e la pubblicazione “Al passo della Montagna. Conoscenza e tutela del territorio nella storia della società degli alpinisti Tridentini” presentata lo scorso anno in occasione dei 150 anni di SAT e premiata con una “menzione speciale” anche al Premio ITAS 2023.

A seguire, immancabile ed emozionante in CORO DELLA SAT che ha eseguito nell’occasione alcuni canti dedicati alle tre regioni di provenienza dei premiati: Piemonte, Veneto, Friuli.

 

MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Premio Attività alpinistica a ROBERTO MAZZILIS

Roberto Mazzilis arrampica da oltre 45 anni, è accademico del CAI fin dal 1987, fa parte del gruppo Italiano scrittori di montagna ed è un punto di riferimento dei raduni di Arrampicarnia. È autore di diverse guide di alpinismo, di vie ferrate, di sentieri. Per molti anni ha collaborato con la Rivista del CAI, curando la rubrica Nuove Ascensioni. È considerato a ragione il “re delle Carniche”, sulle levigate placconate calcaree ha compiuto un centinaio di solitarie, per trovare sull’orlo di quegli abissi poco frequentati “sensazioni uniche”, sentendosi “libero di decidere ogni movimento”.

Roberto le Alpi Carniche e le Alpi Giulie sono un tutt’uno! Di lui parlano le pareti inesplorate delle Carniche che ha iniziato a scoprire verso la fine degli anni ’70, in compagnia del fuoriclasse Lomasti (scomparso troppo presto in una solitaria), e le circa cinquecento vie di sesto/settimo/ottavo grado tracciate su di esse. Naturalmente si è affacciato anche in altri luoghi appartati, come ad esempio in Groenlandia con l’apertura di cinque vie fino al settimo grado! Tutte le sue salite esprimono un’etica inusuale ai nostri giorni, agendo sempre, come afferma in un’intervista “senza modificare l’ambiente… sfruttando ciò che presenta la natura”; infatti considera le protezioni come qualcosa che “non deve stravolgere né la roccia né l’avventura”. Roberto Mazzilis ha una “passione meravigliosa” per la montagna, che alterna con l’importante lavoro di Vigile del Fuoco e con la sua famiglia, dove uno dei figli ha ereditato la passione paterna. Mazzilis è noto soprattutto per l’instancabile apertura di nuove vie, sempre seguendo il principio che era già del nostro Bruno Detassis, di cercare il “facile nel difficile” e questo gli permette, con spirito romantico, di “conoscere ogni piega della roccia, di andare dove vanno solo aquile e corvi, dove nessun essere umano è mai stato”.

Fare un elenco delle sue maggiori salite è praticamente impossibile: sono troppe quelle esteticamente meritorie ed ancor più quelle con notevoli difficoltà, aperte tutte senza praticare fori nella roccia. La motivazione del premio SAT 2023 è affermata da lui stesso: “Credo che alla mia età continuare ad arrampicare a certi livelli, che per me rappresentano gioia di vivere e gratificazione, rispettando con coerenza, anche con discapito personale, un rapporto leale tra uomo e natura, o meglio tra scalatore e parete, sia un buon esempio da trasmettere ai giovani, affinché ambiente, storia alpinistica e futuro dell’alpinismo non siano sviliti irrimediabilmente da falsi miti, traguardi sportivi e degrado ambientale.” Problematiche peraltro divergenti dal modo frenetico della vita odierna, che molto avrebbe da apprendere da questo valido rappresentante di un alpinismo che coniuga magistralmente tecniche moderne e visione esplorativa d’altri tempi, erede contemporaneo dell’indimenticabile Julius Kugy.

 

Premio Attività Scientifico- Storico – Letteraria a ROBERTO MANTOVANI

Nato a Torre Pellice, nel torinese, dove risiede, è giornalista professionista e storico dell’alpinismo europeo ed extraeuropeo. Ha cominciato ad occuparsi di montagna da giovanissimo, prima come escursionista, alpinista e sciatore e successivamente (senza abbandonare mai l’attività sul terreno) come studioso. Oltre ad aver maturato una lunga esperienza nel settore editoriale, ha pubblicato una ventina di libri per vari editori. Si è occupato inoltre di multivision, cinema, allestimenti, mostre, spettacoli teatrali, talk show, festival cinematografici legati alla montagna.

Roberto Mantovani è stato definito “anima strutturale della cultura della montagna” nelle pagine della rivista “montagne 360”, alla quale ha da sempre collaborato e che quest’anno ha chiuso la propria esperienza. Nelle pagine del suo lavoro ha sempre introdotto passione, competenza, discrezione, solidità nelle concezioni e prese di posizione. Le stesse caratteristiche si mettono in evidenza anche per il suo recente lavoro sui film in materia di montagna, dove analizza il confronto tra la “l’illusione del realismo scenico e la sapiente drammatizzazione emozionale”, e la montagna diviene strumento di soluzione della vicenda umana oggetto di racconto, perché quel che conta non è la prestazione narcisistica, ma la dimensione interiore della esperienza, meglio se collettiva.

Ma il suo impegno non si arresta alla descrizione, all’analisi e alla ricostruzione del mondo del progresso che cerca nell’ascesa sui monti la conferma del suo potere fondato sulla competizione e sulla attività che cresce su sé stessa; ad essa si aggiunge, e talvolta su di esso prevale, la presenza del popolo della montagna, protagonista di una vita lenta e dura, custodi di una terra in cui soffrire e con cui cooperare. Nella descrizione di questi incontri, è contagiosa la sua passione per la montagna come luogo di esperienza e di vita, e non occasione per la caccia di sensazioni; non si può dimenticare l’episodio del rinvenimento del diario di una bambina, trovato in una baita abbandonata da decenni, fotocopiato e poi restituito al prossimo visitatore; dove il lavoro dello studioso offre anche testimonianza della sensibilità e del rispetto per i vinti della storia.

 

Premio Attività sociale a GIANNI RIGONI STERN

Nato ad Asiago (Vi) si laurea in Scienze Forestali presso l’Università degli Studi di Padova. Come Funzionario dell’Ufficio Agricoltura e Foreste presso la Comunità Montana della Spettabile Reggenza dei Sette Comuni di Asiago è stato coautore del “Disciplinare tecnico ed economico per la gestione delle malghe pubbliche” e di un disciplinare per la produzione di un formaggio, il Grün Alpe Pennar, a latte crudo, prodotto da bovine al pascolo alimentate solo con erba e dosi misurate di cereali non ONG. È stato Assessore al Patrimonio e all’Ecologia del Comune di Asiago e Componente del Comitato Scientifico del Museo Usi e Costumi della Gente Trentina. Esperto conoscitore di tutti i pascoli e boschi dell’Altopiano di Asiago, è autore di diverse pubblicazioni in tema di malghe alpine e caseificazione. È il promotore e responsabile del progetto per il recupero sociale, economico, paesaggistico dell’area rurale di Sućeska e contrade limitrofe (La Transumanza della Pace) in Bosnia-Erzegovina, oggetto del libro edito per Comunica Edizioni “Ti ho sconfitto felce aquilina”.

“Ero in pensione, avevo tempo e allora mi sono detto potrei dare una mano.” Poche semplici parole che contengono la dimensione di chi sente forte la spinta nel mettersi a disposizione degli altri. Senza clamori, senza annunci, con la concretezza della gente di montagna. Per Gianni Rigoni Stern questa dimensione è sentita come dovere sociale, come impellenza, come imperativo morale, come profonda, intensa, partecipe, pratica vicinanza a persone in gravissima difficoltà. Il dramma degli scampati al genocidio di Sebrenica richiede una solidarietà vera, concreta messa in piedi da persone con una solida base morale e grande competenza. Gianni possiede entrambe le qualità, costruisce un progetto di recupero sociale, economico e paesaggistico dell’area rurale di Sućeska, senza nascondersi la complessità. La grande scommessa è quella di coniugare la realizzazione di un aiuto tempestivo ed efficace e la sua continuità nel tempo, attraverso processi di formazione e di sviluppo di autonomia.

Una scommessa vinta, grazie all’ascolto, all’attenzione ai bisogni, alla cura dei processi attivati, alla ricerca incessante di collaborazioni, di idee, di sostenitori. Una scommessa vinta, con la consapevolezza di aver avviato un percorso che si ramifica, generando miglioramenti e ulteriori aspettative. Un percorso che contiene dentro di sé la forza della pace, della riconciliazione; non a caso Gianni parla di ‘transumanza della pace’ quando racconta la storia delle mucche che dalla val Rendena sono arrivate nei pascoli di Suceska. Un percorso di solidarietà, quella virtù che ‘scardina barriere, demolisce la nuda logica del potere, costruisce legami’ come scrive Stefano Rodotà. Gianni Rigoni Stern ha affermato e sta affermando, con l’aiuto di tante persone, l’urgenza e la necessità della solidarietà sia politica che economica e sociale, come principio costitutivo della società umana.

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