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RCC * GAZEBO: « “I LIKE CHOPIN“ RIMANE IL MIO PIÙ GRANDE SUCCESSO, IL PROBLEMA È CHE QUANDO FAI UN SUCCESSO DEL GENERE, L’ASPETTATIVA PER QUELLO CHE FAI DOPO È SEMPRE PIÙ ALTA »

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10.11 - giovedì 11 luglio 2019

La star degli anni ’80 Gazebo: “I Like Chopin rimane il mio più grande successo, purtroppo. Il problema grosso è che quando fai un successo del genere, l’aspettativa per quello che fai dopo è sempre più alta. La gente mi identifica solo con quella nonostante io abbia fatto 10 album. E’ stato molto sottovalutato l’aspetto dei testi della musica anni ’80. Tutta la musica degli anni ’80 era fatta da musicisti. oggi il pop non è fatto con la stessa artigianalità, del musicista che suona con lo strumento, che ha studiato lo strumento. Oggi la tecnologia digitale dà la possibilità a tutti di fare qualsiasi cosa. Trap? Non ne sono attratto, tra i contemporanei faccio fatica a dire chi mi piace”.

Paul Mazzolini, in arte Gazebo, autore della hit degli anni ‘80 “I Like Chopin”, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

La canzone ‘I like Chopin’ di Gazebo fu inserita nella colonna sonora di ‘Vacanze di Natale’ 1983 dei fratelli Vanzina. Enrico Vanzina ha rivelato che ‘I like Chopin’ era uno dei brani preferiti di Carlo e che rappresenta il loro cinema. “Mi hanno colpito le parole di Enrico Vanzina, non me l’aspettavo –ha affermato Gazebo-. Ho incontrato Carlo Vanzina l’anno scorso, c’era anche Jerry Calà. Ho avuto modo di conoscerlo anche se con i fratelli Vanzina abbiamo frequentato la stessa scuola a Roma anche se loro erano più grandi quindi non li ho mai incontrati. Quando ci siamo incontrati ci siamo scambiati i complimenti e sapere che suo fratello avesse detto quella cosa mi ha emozionato. Gli anni ’80 che sono arrivati dopo un momento difficile politicamente e socialmente sono stati un momento di pausa, dove sembrava che il Paese potesse tornare a crescere, c’era ottimismo, la gente voleva divertirsi. Questi cinepanettoni, che sarebbero stati diversi negli anni ’70, rappresentano stereotipi degli anni ’80, della Milano da bere. I Like Chopin rimane il mio più grande successo, purtroppo. Il problema grosso è che quando fai un successo del genere l’aspettativa per quello che fai dopo è sempre più alta. Alla fine la gente mi identifica solo con quella nonostante io abbia fatto 10 album. Alle mie serate c’è sempre qualche coppia che mi dice che si è incontrata grazie a questa canzone. La cosa bella è che questi brani entrano nella vita delle persone.

Io venivo da un Paese come l’Italia che di certo non dominava le classifiche a livello internazionale. La produzione italiana era artigianale rispetto a quella americana e inglese. Era un po’ Davide contro Golia, noi avevamo budget ridicoli, ti può succedere una volta di competere. Infatti ‘I like Chopin’ è stato un colpo di fortuna, una magia. Il testo parla della storia d’amore paradossale tra un musicista e una scrittrice francese. Una storia d’amore complicata e piena di colpi di scena. E’ stato molto sottovalutato l’aspetto dei testi della musica anni ’80. I critici non vanno ad approfondire questo. Chi ha fatto la musica negli anni ’80 è cresciuto negli anni ’70. Tutta la musica degli anni ’80 era fatta da musicisti. oggi il pop non è fatto con la stessa artigianalità, del musicista che suona con lo strumento, che ha studiato lo strumento. Oggi la tecnologia digitale dà la possibilità a tutti di fare qualsiasi cosa”.

Sulla musica trap. “Non ho approfondito molto il discorso della trap, non ne sono attratto. Tra i contemporanei faccio fatica a dire chi mi piace. Sulla scia di quello che mi inculcano i miei figli, ogni tanto sento delle cose nuove, soprattutto sul rock alternativo inglese. Lì mi riportano un po’ all’atmosfera del post punk inglese degli anni ’70. Quando i miei figli ascoltano la mia musica? Ho la fortuna che tutti e due hanno avuto una bella educazione musicale, sono nati in mezzo agli strumenti. Mio figlio ascolta solo Jimi Hendrix. La femmina invece ascolta solo musica soul. La discografia è in crisi nera, le major stanno licenziando persone a tutto spiano, il mercato è cambiato, non si vendono più i dischi, si punta molto sul download, sulle visualizzazioni, su Spotify. Gli artisti hanno acquisito, come me, la possibilità di gestirsi da soli”.

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