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QUANTITATIVE EASING: CGIA, IN ITALIA PRESTITI ALLE IMPRESE -21,2 MLD IN UN ANNO

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11.17 - lunedì 27 febbraio 2017

(Fonte: Cgia Mestre) – A poco meno di 2 anni dall’avvio dei massicci acquisti di titoli da parte della Banca Centrale Europea (attualmente pari a 80 miliardi di euro al mese), non trovano soluzioni i problemi nell’Eurozona della bassa inflazione e della stretta dei prestiti alle imprese, in particolar modo in Italia.

È l’Ufficio Studi della Cgia a stilare un bilancio del Quantitative Easing (Qe), l’operazione avviata dalla Bce il 9 marzo del 2015 con l’intento di riportare il tasso di inflazione al 2 per cento e di ridare fiato all’economia. In meno di 2 anni  nell’area dell’euro la Bce ha comprato titoli di Stato per 1.344 miliardi di euro (ultimo dato disponibile al 31 gennaio 2017).

I risultati del Qe non sono stati particolarmente positivi specie se si considera che, nell’ultimo anno, il livello medio dei prezzi nell’Area dell’euro è cresciuto di appena lo 0,3 per cento. Anche in Germania e in Francia, dove le previsioni di crescita economica per il biennio 2016-2017 sono più favorevoli che in Italia e dove i prestiti alle società non finanziarie sono aumentati negli ultimi 12 mesi, l’inflazione è prossima allo zero (+0,4 per cento per i consumatori tedeschi e +0,3 per cento per quelli francesi).

E in Italia? Sebbene la Bce abbia acquistato 222 miliardi di titoli di stato italiani (dati al 31 gennaio 2017 pari al 16,5 per cento del totale), l’inflazione nel 2016 è stata negativa (-0,1 per cento), mentre i prestiti alle società non finanziarie (cioè alle imprese) sono scesi del 2,4 per cento (pari a una contrazione di 21,2 miliardi di euro tra novembre 2015 e lo stesso mese del 2016) .

“L’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi dell’Euro – precisa il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – ha contribuito a garantire una certa stabilità finanziaria riducendo il costo del nostro debito pubblico, ma è evidente come questa grossa iniezione di liquidità non abbia ottenuto i risultati sperati, tant’è che l’inflazione è ferma, i prestiti alle imprese non ripartono e la crescita economica non trova lo slancio che servirebbe. Insomma, il bazooka  di Draghi non ha sortito gli effetti sperati. Una quota rilevante di questi 222 miliardi di euro sono finiti alle nostre banche che, però, hanno preferito trattenerseli, aumentando così il livello di patrimonializzazione come richiesto dalla Bce, anziché impiegarli nell’economia reale”.

Sui risultati del Qe e sulla situazione di difficoltà in cui versano le banche, in particolar modo quelle venete, il Segretario della Cgia, Renato Mason, dichiara:

“Le regole si stanno assestando sempre più in alto. Prima l’Europa chiedeva alle banche un  patrimonio dell’8 per cento degli impieghi; ora bisogna avere il 10-12 per cento circa. In altre parole, la banca per prestare 100 milioni deve avere un patrimonio di oltre 10-12. L’asticella che varia nel tempo per  gli istituti di credito è un problema. Infatti, dura da 2 anni la corsa per adeguarsi alle nuove regole europee, applicate con rigidità e nel periodo peggiore, ovvero nel bel mezzo di una crisi. Al di là delle responsabilità, comunque,  rimane un fatto; la nostra economia ha bisogno di un sistema creditizio efficiente e attento ai territori, in particolar modo alle piccole e medie imprese che continuano ad essere l’asse portante della nostra economia”.

 

 

 

 

In allegato il documento contenuto nel comunicato stampa:

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