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PATT * OSPEDALE CAVALESE: MARCHIORI, « NO A ZONE D’OMBRA IN GRADO DI ALIMENTARE SOSPETTI, POI PRENDERE UNA DECISIONE »

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14.47 - martedì 27 dicembre 2022

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –
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La vicenda dell’ospedale di Cavalese continua a riempire le pagine dei giornali senza, tuttavia, sembrare avviata a una sua definizione.
Come PATT eravamo intervenuti, mesi orsono, per evidenziare come fosse necessario definire un piano sanitario in grado di chiarire quali servizi possono essere erogati nelle valli dell’Avisio (e negli ospedali periferici in generale) e poi pensare a che tipo di progetto sia funzionale questa visione. A distanza di tempo, tuttavia, questo passaggio non è stato preso in considerazione e le preoccupazioni emerse da alcuni sindaci della valle di Fiemme, che si sommano a quelle di Cavalese, contribuiscono a far capire che c’è bisogno di un cambio di passo.

Riteniamo prioritario rivedere la visione generale della sanità trentina: i rapporti fra ospedali di valle e il (nuovo?) ospedale di Trento, i servizi erogati attualmente e quelli erogabili in futuro, l’attrattivitá delle nostre strutture ospedaliere ed il reclutamento dei professionisti sono solo alcuni dei problemi da affrontare che vanno ragionati come parti di un unico sistema che comprende anche altri settori critici come quelli delle case di riposo, piuttosto che le cure territoriali e palliative. Se parliamo della Valle di Fiemme, infatti, al netto della querelle ospedale nuovo si, ospedale nuovo no, non possiamo fare finta che si tratti di un caso a parte che non riguarda anche Tione, Cles, Borgo o Arco.

Ma trovandoci di fronte al problema impellente dell’ospedale inteso come edificio “in ferro e cemento”, come autonomisti siamo convinti che innanzitutto vada sgomberato il campo da dubbi che contribuiscono a opacizzare l’intera operazione. Se ci sono irregolarità (o, peggio, illegalità) è giusto che si passi dalle pagine dei giornali agli organi giudiziari competenti, ma la si smetta di ricorrere alla gogna mediatica e alle teorie complottistiche buone solo per creare audience. Va, poi, presa in mano da un punto di vista politico la scelta sanitaria da fare. Va spiegato perché sia da preferire una nuova costruzione rispetto alla ristrutturazione dell’esistente e viceversa, ma va anche stabilito con quale criterio si sceglierà l’area su cui concentrare i servizi sanitari perché la collocazione dell’eventuale nuova struttura pare il risultato di una discussione sommaria piuttosto che frutto di una reale valutazione tecnica e strategica.

Va anche data voce ai sanitari che l’ospedale lo vivono tutti i giorni affinché possano esprimere un giudizio concreto su come vedono questa delicata fase e sui reali bisogni degli operatori. Una voce che, nei fiumi d’inchiostro finora versati, non ha ricevuto la benché minima attenzione.
Siamo convinti, inoltre, che vada rispettato anche il principio secolare di autogoverno delle nostre comunità che, proprio in Valle di Fiemme, trova una delle sue più complete espressioni e che in passato è riuscito anche a dar vita proprio all’ospedale di cui oggi si parla: sicuramente è la politica che è chiamata a scegliere, ma va fatto coinvolgendo concretamente i cittadini, ascoltando la loro opinione. La Provincia, oltre che farlo celermente, per riuscire a ricucire lo strappo creatosi tra istituzioni, deve farlo anche dando le giuste informazioni affinché amministratori e cittadini possano esprimersi a ragion veduta: la questione non è semplice; non si tratta di scegliere fra ospedale vecchio o ospedale nuovo. La scelta sarebbe scontata: una nuova struttura, anche da un punto di vista pratico e sanitario, è preferibile ad una vecchia e obsoleta. Vanno chiariti, semmai, punti di forza e debolezze dei progetti in campo. Ci sono soluzioni per le criticità, in particolare viabilistiche, che il mantenimento dell’ospedale nel luogo attuale offre? È compatibile con la prosecuzione dell’attività sanitaria la ristrutturazione dell’esistente? E il progetto Gilmozzi che prevedeva la ricostruzione ex novo a moduli è ancora valido?

E ancora, passando al nuovo progetto, quanto e su che settori avrebbe potere decisionale il privato? Sarebbero ancora garantite la qualità e la gratuità delle prestazioni? Quali sono i reali costi e che differenza ci sarebbe se l’ente pubblico decidesse di procedere autonomamente alla realizzazione di un nuovo ospedale? È possibile avere tempi certi di realizzazione o si rischia un altro calvario in stile NOT?
E infine (ma forse più importante), in caso di ristrutturazione o di nuovo edificio, si è tenuto conto dei servizi e delle potenzialità presenti in Valle di Fiemme? Dalla futura Casa della Comunità (o casa della salute) di Predazzo, agli edifici pubblici inutilizzati presenti nei vari comuni, passando per le APSP, quanto si è cercato di fare sistema, magari delocalizzando servizi che non necessariamente devono trovare spazio in un ospedale e recuperando di conseguenza spazi per altre attività?

Le domande sarebbero ancora molte, ma quello che preme evidenziare è che ora va fatta chiarezza. Non possono esserci zone d’ombra in grado di alimentare sospetti o prestare il fianco alla polemica. Solo a quel punto sarà possibile prendere una decisione, anche interpellando i cittadini (partendo da quelli di Fiemme) se si ritiene. Altrimenti sarà sempre uno scontro ideologico in cui ognuno salirà sulle barricate chiudendosi nelle proprie certezze o difendendo i propri orticello. Stiamo per affrontare un nuovo anno: a tenere banco non deve essere la campagna elettorale ma un nuovo modo di affrontare le scelte in grado di dare risposte alle persone e ai pazienti. Altrimenti farne le spese saranno i cittadini e, prima di tutto, l’ospedale stesso, i cui bisogni resterebbero sullo sfondo aprendo una fase di inarrestabile declino.

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