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MESSA CRISMA: VESCOVO TISI, IL REGNO E’ DI CHI ASCIUGA LE LACRIME (TESTO OMELIA)

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12.56 - giovedì 13 aprile 2017

(Fonte: Ufficio stampa Arcidiocesi di Trento) – Messa del Crisma, vescovo Lauro: “Fraternità non da predicare ma da vivere”. “Il Regno è di chi, nel silenzio umile, asciuga lacrime”.

“Ci è chiesto non di predicare fraternità, ma di praticarla. Noi per primi. La fraternità non s’insegna, si vive”. Il richiamo accorato dell’arcivescovo Lauro è risuonato questa mattina in cattedrale a Trento, rivolto in particolare a oltre trecento preti e religiosi (in prima fila gli infermi) riuniti da tutta la Diocesi per la s. Messa crismale del giovedì santo.

Cuore della liturgia la benedizione degli olii santi, tra cui il “crisma” per i sacramenti di Battesimo e Cresima e le ordinazioni sacre, l’olio degli infermi e l’olio dei catecumeni (coloro che si preparano al Battesimo).

In cattedrale anche molti laici e in particolare quasi duecento ragazzi cresimandi provenienti da diversi angoli del Trentino, a cominciare dalla Rendena, la valle del vescovo Lauro. “Rappresentate tutto il grande popolo di Dio che ringraziamo – ha detto monsignor Tisi in apertura – per la collaborazione e la creatività che sta mostrando nelle nostre comunità, nonostante le difficoltà”.

Nell’omelia le elenca: “Assemblee eucaristiche disertate, strutture ormai sproporzionate della nostra pastorale, la fatica a trovare collaboratori, gli acciacchi dell’età…”. Ma non sono questi, secondo l’Arcivescovo, i parametri per leggere l’oggi della Chiesa: “Il Regno di Dio non si misura con l’imponenza dei numeri, delle strutture, con il sentirsi al centro della mappa del potere.

Il Regno si nutre, al contrario, di gesti nascosti, di tanti uomini e donne che, nel silenzio umile, asciugano lacrime. Ma quelle altrui, non le proprie”. Di qui l’invito ai preti ad essere “ministri della fraternità e della prossimità di Dio”: “La nostra gente ci possa trovare accanto al letto dell’ammalato, seduti ad ascoltare storie di fatica e desolazione, impegnati a riaprire porte di riconciliazione”.

A conclusione, tornando a parlare ai ragazzi, Tisi ha ricordato la comunità di Cles colpita negli ultimi tempi dalla perdita di due quindicenni molto attivi anche in parrocchia: Giulia, stroncata da un male incurabile e Mirko, vittima pochi giorni fa di un incidente in moto.

Questa sera, con la s. Messa “In Coena Domini”, a memoria dell’ultima cena di Gesù, inizia il Triduo Pasquale. L’arcivescovo la presiede in cattedrale con inizio alle ore 20.30. Come Gesù con i suoi discepoli, Tisi rinnoverà il gesto della lavanda dei piedi compiendolo questa sera per sei preti infermi e sei religiose.

 

 

 

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TESTO INTEGRALE OMELIA MESSA DEL CRISMA

(cattedrale di Trento – 13 APRILE 2017)

 

Oggi, la nostra cattedrale è la sinagoga di Nazareth. Quest’affermazione non è un azzardo.  Infatti, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, “Cristo è sempre presente nella sua Chiesa: è lui che parla quando si legge la Sacra Scrittura” (SC 7).

Oggi Gesù è realmente, per noi, lieto annuncio, liberazione, anno di grazia. Oggi, riavvolto il rotolo della Parola, i nostri occhi si trovano a tu per tu con il Signore della vita. Non stiamo rievocando antichi fatti, eventi lontani; la Parola Eterna del Padre è in mezzo a noi e apre sentieri di novità, di libertà, di gioia. L’“ora X” della Storia è scoccata nel Cristo. Egli è la pienezza dell’Amore del Padre: non c’è anfratto della storia umana che ne rimanga escluso.

Al di fuori di quest’oggi di Dio, che è Gesù Morto e Risorto, il tempo dell’uomo diventa barbarie, violenza, accaparramento, ossessione narcisista.

Penso di non allontanarmi dal vero, se azzardo l’ipotesi che il volto dei discepoli di Emmaus ben rispecchi il nostro stato d’animo, davanti alla Parola che abbiamo udito.

Le assemblee eucaristiche disertate, le strutture ormai sproporzionate della nostra pastorale, la fatica a trovare collaboratori, gli acciacchi dell’età ci portano a dire con i discepoli di Emmaus: “Noi speravamo…” (Lc 24,21).

Anche noi, come loro, rischiamo però di non accorgerci che il viandante di Emmaus ci sta indicando nuovi parametri per leggere la nostra storia, la nostra vita ecclesiale e presbiterale.

Quali sono questi nuovi criteri? “Io sono l’Alfa e l’Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!” (Cfr. Ap 1,8). Quale onnipotenza? Quella di colui che fascia le ferite, libera i prigionieri, restituisce la vista ai ciechi. Il Regno non si misura con l’imponenza dei numeri, delle strutture, con il sentirsi al centro della mappa del potere. Il Regno si nutre, al contrario, di gesti nascosti, di tanti uomini e donne che, nel silenzio umile, asciugano lacrime. Ma quelle altrui, non le proprie. Perché vivono il grande sacerdozio del farsi servo.

Abbandoniamo ogni tentazione di mantenere il nostro Dio, l’Onnipotente, imbottigliato nei vetri oscurati di un cristianesimo di pura conservazione. Il nostro Dio è vino nuovo in otri nuovi. È sorgente che scorre, senza precedenti. È Parola inedita che non smette di far ardere il nostro cuore.

I discepoli di Emmaus camminano insieme, perché lo Spirito non seleziona maratoneti solitari, fuoriclasse assoluti. Ci chiede piuttosto di offrire al popolo santo di Dio la buona notizia della nostra fraternità presbiterale. Ci chiede non di predicare fraternità, ma di praticarla. Noi per primi. La fraternità non s’insegna, si vive. Chiediamo a Dio il dono di percepirci ministri della fraternità.

Paradossalmente, vorrei dirvi questo, cari presbiteri: se per assurdo dovessimo scegliere tra l’essere generosi e vivere la fraternità, ascoltandoci e stimandoci, in una parola volendoci bene tra noi preti, non avrei alcun dubbio a optare per quest’ultima.

La “sinagoga di Nazareth” ci consegna un ulteriore mandato: portare ai poveri il lieto annuncio, proclamare la liberazione ai prigionieri, rimettere in libertà gli oppressi. Ci auguriamo, vicendevolmente, di avere la nostra stabile dimora lì dove le donne e gli uomini soffrono, conoscono l’affanno della vita, non hanno nome e dignità.

Da questa cattedrale parta una liturgia di prossimità. La nostra gente ci possa trovare accanto al letto dell’ammalato, seduti ad ascoltare storie di fatica e desolazione, impegnati a riaprire porte di riconciliazione. In questa direzione ci spinge anche la consacrazione degli olii santi.

In questo momento piego le ginocchia davanti al Padre per dire grazie per ognuno di voi, cari sacerdoti. Agli anziani, per la loro testimonianza di fedeltà nella preghiera e nel silenzio. Grazie ai parroci che, andando spesso oltre le loro forze, portano carichi pastorali sempre più pesanti; a tutti i preti impegnati nell’attività di curia, nell’educazione e nell’insegnamento; ai preti giovani, che ci regalano frequenti pagine di collaborazione e di comunione. Grazie alla bella lezione dei nostri preti ammalati. Grazie ai religiosi e alle religiose, ai diaconi e ai seminaristi, per tutto il loro servizio. Infine, grazie a chi, lungo quest’anno, ci ha lasciati e celebra con noi la Pasqua nella comunione dei santi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In allegato il comunicato stampa:

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Foto: da comunicato stampa

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