La mappatura dei 150 progetti di infrastrutturazione localizzati in aree di grande pregio naturalistico, come i siti protetti da Rete Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, o comunque non idonee alla pratica sciistica; l’elenco aggiornato dei 234 impianti sciistici dismessi in cui giocherebbero un ruolo importante, per il riuso e lo smantellamento, i fondi del PNRR e quello delle 135 strutture dal futuro incerto per mancanza di neve, problemi economici e/o gestionali o per fine vita tecnica; la lista dei 149 impianti che restano aperti grazie ai cosiddetti “accanimenti terapeutici”, cioè che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico; e ancora il focus sulle Olimpiadi invernali con una riflessione sulla realizzazione delle grandi infrastrutture e sui possibili rischi di ciò che rimarrà dell’Olimpiadi di Milano Cortina 2026.
Ma anche, fortunatamente, il “rovescio della medaglia” con la cartina delle 10 buone pratiche che dimostrano l’esplorazione delle nuove possibilità di fare turismo montano in Italia. Questi tra i contenuti del dossier di Legambiente “Nevediversa 2022 – Il turismo invernale nell’era dei cambiamenti climatici, tra esperimenti di transizione ecologica, buone pratiche e accanimenti terapeutici”, pubblicato nella Giornata nazionale del Paesaggio. Proprio la protezione del paesaggio naturale è il filo conduttore del report, che offre una panoramica a trecentosessanta gradi delle Alpi e degli Appennini, sulle tendenze future dello sviluppo in quota e sulle sfide imposte dal cambiamento climatico. Come dimostra l’inverno 2021/2022, estremamente mite e siccitoso, nell’arco alpino e su parte degli appennini.
Rete Natura 2000: fioccano gli impianti: Ritornando al monito lanciato quest’anno dal cigno verde, in Italia sono almeno 150 i nuovi i progetti che minacciano siti protetti da Rete Natura 2000: piccoli e grandi interventi sparsi sulle nostre montagne, per la maggior parte ampliamenti di comprensori sciistici. Dall’indagine emerge un quadro problematico, con numerose proposte di impiantistica a quote molto basse, in contesti dove la neve sarà sempre più rara e gli inverni sempre più brevi, con il rischio concreto che, i buoni intendimenti delle direttive europee per la tutela di aree di grande pregio naturalistico e la loro estensione dall’attuale 22% al 30%, vengano clamorosamente disattesi.
A complicare il tutto c’è l’arrivo imminente dei fondi europei previsti dal PNRR: da tempo auspicati ma che, in un clima di poca chiarezza e di insufficiente controllo, possono trasformarsi in un facile volano per la realizzazione di progettazioni molto impattanti. Tra questi il progetto di ampliamento del demanio sciabile del Passo del Tonale, promosso dal Comune di Ponte di Legno che prevede un investimento di 60-65 milioni di euro, in parte finanziati dalla Regione Lombardia e quello per l’ampliamento del comprensorio sciistico dei Monti Sibillini, a cui sono destinati ben 65.292.000 di euro, una parte rilevante e abbondante delle risorse messe a disposizione dal CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo) e dal Fondo Complementare Aree Sisma. Il paradosso, soprattutto nel caso marchigiano, sta proprio nel fatto di prevedere un investimento così alto per il turismo dello sci, in una regione non di certo famosa per i comprensori sciistici, in cui la vetta più alta supera di poco i 2.000 metri di altitudine. Questi solo alcuni degli esempi in cui, i promotori e gli amministratori italiani, attuano scelte dettate da interessi di parte, sacrificando la tutela della biodiversità.
“Necessario indirizzare in modo corretto i fondi del PNRR— ha commentato Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente — in modo da trasformare le nostre montagne da meri luoghi di consumo in sedi di elaborazioni innovative e sostenibili. Questo è possibile solo con progetti e riforme che mettono al primo posto l’ambiente, orientate a una maggior qualità ecologica, oltre che alla ricostituzione e valorizzazione del capitale naturale, base indispensabile per il benessere e per una durevole crescita economica. In questo quadro, sarebbe davvero importante, per un cambio di paradigma, che parte dei fondi venga destinata alla demolizione e la rinaturazione e il ripristino dei luoghi, incrementando le esperienze di recupero, riuso o smantellamento, che, come fotografa l’edizione 2022 del report, sono ancora minime in Italia”.
Le buone pratiche: Nel dossier 10 le esperienze emblematiche in Italia che raccontano e disegnano una nuova dimensione di sviluppo, che coniuga economia del buon turismo e tutela dell’ambiente. Tra queste il progetto Futur Lab – Dolomiti Paganella in Trentino pensato per rendere la Comunità dell’Altopiano della Paganella più resiliente nell’era dei cambiamenti climatici, l’associazione Identità Madonita composta da un gruppo di cittadini che per passione, interesse e competenze ha deciso di impegnarsi nella promozione e nello sviluppo delle Madonie in Sicilia. In Valle d’Aosta, Naturavalp, come esempio di “promotion of responsible tourism” sulle Alpi, premiato anche dalle agenzie FAO (agricoltura) e UNWTO (turismo) dell’Onu.
Altro esempio sulla scena internazionale il Consorzio Turistico Valle Maira, in Piemonte che offre ai turisti di tutta Europa ottime possibilità di praticare sci escursionismo, sci alpinismo e sci di fondo in luoghi incontaminati, di straordinaria bellezza. In Friuli-Venezia Giulia i progetti Saisera wild track e Saisera sound track di Malborghetto-Valbruna: comune che, non avendo impianti da sci alpino, ha investito sull’oculata gestione contadina del territorio, ospitando turisti curiosi di tradizioni e natura. Numerosi gli esempi nel Centro Italia: il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano con il progetto Neve Natura e Cultura d’Appennino e del Parco Nazionale della Majella con L’altra Neve. Nelle Marche, Con in faccia un po’ di sole, per far ripartire l’economia turistica di questi territori post sisma del 2016. E ancora in Calabria, con Camminasila alla scoperta delle bellezze silane con proposte outdoor come il trekking, la mountain bike, le ciaspole, lo sci di fondo e tutte quelle attività eco-sostenibili. Infine, in Sardegna, l’associazione Gennargentu Escursioni che, nel Comprensorio Bruncu Spina, propone attività alternative alla pista, essendo gli impianti sciistici non più attivi.
“Gli effetti generati dalla crisi climatica e dalla pandemia ci insegnano che proteggere la natura è l’unico modo per sottrarsi alla roulette russa dei disastri — ha commentato Sebastiano Venneri, responsabile turismo di Legambiente — I dati parlano chiaro: ancora oggi si dimentica che invadere il bello per fruirne a tutti i costi ne mette a rischio la stessa sopravvivenza. L’offerta turistica che dal dopoguerra ha caratterizzato molte delle nostre montagne, legata allo sci, rappresenta una delle maggiori cause del deterioramento del paesaggio naturale. Le buone pratiche dimostrano che un ripensamento è possibile, promuovendo un turismo a basso impatto basato su sci di fondo, arrampicata, trekking, ospitalità in alpeggio, visite guidate, l’eccellenza dei prodotti tipici.”
Olimpiadi: il destino inglorioso dei grandi impianti: L’associazione ambientalista aggiorna anche i temi descritti nelle precedenti edizioni sulle Olimpiadi invernali, con una particolare attenzione alle opere più impattanti, come gli impianti per il bob. Infatti, la realizzazione di una struttura da bob ex novo è prevista proprio in vista delle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, su spinta delle istituzioni regionali con il supporto del CONI. A nulla sono servite proposte alternative di utilizzare l’esistente anello di Innsbruk. Legambiente, a tal proposito, riflette sulle vicende dell’eredità di Torino 2006, allo scopo di indurre ad un ripensamento sulle scelte intraprese riportando anche i dati ricavati da breve indagine sulla situazione degli impianti per il bob nel mondo, che elencano ben 9 anelli dismessi, oltre a un buon numero di impianti ridotti a un uso esclusivamente turistico. Nel ventaglio di riflessioni offerte anche un commento sulle contraddizioni delle recenti Olimpiadi di Pechino legate alla loro supposta sostenibilità.
Inoltre, a proposito di assenza di neve, preoccupa il destino dei giochi olimpici: secondo uno studio dell’Università di Waterloo, pubblicato su Current Issues in Tourism, se le emissioni di gas serra rimangono sulla traiettoria attuale, nel 2080, solo Sapporo tra le 21 precedenti località delle Olimpiadi invernali sarebbe in grado di ospitare in modo affidabile i Giochi in futuro. Nelle Alpi, secondo lo stesso studio, anche se le emissioni di gas serra fossero drasticamente ridotte, solo Albertville, a 2.100 m sul livello del mare, rimarrebbe un ospite affidabile per i Giochi entro la metà del secolo.
*In allegato la mappa dei casi simbolo di progetti che ricadono in siti montani protetti da Rete Natura 2000, dei casi di “accanimento terapeutico” e degli impianti dismessi.