(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Soprattutto uomini giovani e donne adulte o anziane tra le vittime di omicidio. Nel 2023 si sono verificati 334 omicidi (+3,7% rispetto al 2022): 117 donne e 217 uomini. L’aumento ha riguardato soltanto le vittime di sesso maschile (+10,7% rispetto al 2022), mentre le donne uccise sono diminuite (-7,1%).
Nell’ultimo anno sono aumentati di un punto percentuale i casi in cui è noto l’autore dell’omicidio (dall’88,5% all’89,5%). Nei casi in cui si è scoperto l’autore, l’88,9% delle donne e l’80,6% degli uomini sono vittime di un omicida uomo.
Le vittime sono in prevalenza cittadini italiani (74%), per il 26% stranieri. Il 94,3% delle donne italiane è vittima di italiani, il 43,8% delle donne straniere di propri connazionali.
Sono 63 le donne uccise da un partner o un ex partner, quasi tutti (61) sono uomini.
A livello europeo nel 2022 l’Italia ha il tasso di omicidi più basso.
In questo report sono presentati i dati relativi agli omicidi volontari consumati – rilevati dalle Forze di Polizia nel corso dell’anno 2023 – inseriti nel database della Direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell’Interno. Tali informazioni sono di notevole interesse in quanto indicano la relazione, ove esistente e conosciuta, tra la vittima dell’omicidio e il suo assassino. Sempre grazie a queste informazioni è possibile ricostruire il movente, le modalità dell’uccisione della vittima e il tipo di arma eventualmente utilizzata.
Ciò ha un’importanza fondamentale, in particolare, nello studio delle dinamiche degli omicidi di donne, che presentano, come è noto, profonde differenze rispetto a quelli di uomini.
In Italia livelli di omicidi più bassi rispetto al resto d’Europa
La ripresa degli omicidi successiva alla pandemia di Covid-19 è continuata anche nel 2023. Dopo il minimo storico registrato all’inizio del decennio gli omicidi volontari consumati hanno registrato due anni in controtendenza. Più precisamente nel 2023 si sono registrati 334 casi (+4% circa[i] rispetto all’anno precedente, +17% rispetto al 2020). Il dato non consolidato 1° gennaio – 7 novembre 2024 indica, tuttavia, un arresto di questa crescita e una lieve diminuzione. Gli aumenti di questi ultimi due anni mantengono comunque il nostro Paese tra quelli storicamente a minor rischio.
La media Ue del tasso di omicidi per 100mila abitanti nell’anno 2022 (ultimo anno disponibile) è
0,9 omicidi per 100mila abitanti. L’Italia dei 26 Paesi che rendono disponibili i dati per questo anno è quello che presenta la più bassa diffusione del fenomeno (0,55) prima di Slovenia, Spagna e Polonia (rispettivamente 0,62, 0,69 e 0,72 omicidi per 100mila abitanti).
Al polo opposto si trovano i Paesi baltici, Lussemburgo e Malta, con tassi che vanno dal 3,57 della Lettonia all’1,50 omicidi per 100mila abitanti dell’Estonia.
I Paesi europei si distinguono per la diversa composizione demografica delle vittime. Tra gli uomini il rischio di essere ucciso è decrescente con l’andamento dell’età in Francia, Spagna, Germania e Repubblica Ceca. In Francia il fenomeno è molto pronunciato, nei giovani tra i 15 e i 29 anni il tasso di vittimizzazione è, infatti, pari a 3,77 omicidi per 100mila francesi di quella fascia di età, più del triplo della media nazionale. In Irlanda, Danimarca, Paesi Bassi, Polonia e Italia, è la classe di età tra 30 e 45 anni – a prescindere dai diversi livelli che presentano i Paesi – a essere più esposta al rischio (rispettivamente un tasso del 2,08; 2,05; 1,64; 1,38 e 1,06) che scende poi con l’età. Tra le donne Ungheria, Germania, Austria, Croazia e Italia condividono una struttura di età delle vittime in cui sono le più anziane ad essere più a rischio (rispettivamente 1,62; 1,24; 1,16; 1,06 e 0,53 donne uccise per 100mila donne residenti). Al contrario Danimarca e Irlanda condividono un rischio più alto per le giovani donne: 1,09 le donne uccise sotto i 30 anni per 100mila residenti in Danimarca e 0,65 in Irlanda. La Danimarca, l’Austria, la Repubblica Ceca, la Germania, l’Ungheria, l’Irlanda e la Francia – se si escludono i paesi baltici – sono le nazioni europee con un tasso di omicidi delle donne tra 15 e 29 anni sopra la media.
Uomini giovani più a rischio, per le donne rischio in aumento con l’età
In Italia i profili di rischio per età hanno andamenti opposti secondo il genere di appartenenza. Nel caso dei maschi vengono uccisi i giovani con un profilo di rischio crescente fino alla classe di età tra i 25 e i 34 anni (1,63 per 100mila abitanti) per poi decrescere. È pari a 0,84 per 100mila tra i 18 e i 24 anni, 0,91 per i 35-44enni e 0,97 per i 45-54enni. Sono 18 gli uomini uccisi nel contesto della criminalità organizzata e di questi il 44,4% aveva meno di 34 anni. La partecipazione in organizzazioni criminali non gioca un ruolo specifico rispetto alle altre fasce di età. Il movente per cui due terzi dei giovani adulti (dai 25 ai 34 anni) è rimasta uccisa nel 2023 è riconducibile a una lite (66,7%) o rimane imprecisato pur essendo stato scoperto l’autore (11,9%).
Per le donne invece il rischio di restare vittima di omicidio cresce con l’età e raggiunge il suo picco nella classe delle molto anziane (0,67 omicidi per ogni 100mila donne con più di 84 anni), soprattutto per mano di partner o familiari. Questi ultimi motivano l’omicidio spesso con l’idea di mettere fine alla sofferenza della donna, o con segnali di squilibrio psicologico, nel caso delle donne più anziane questi aspetti rappresentano più della metà dei casi di omicidio (55,5%). Il contesto in cui avvengono gli omicidi di donne è prevalentemente quello familiare/affettivo (81% circa) senza differenze significative per età.
La popolazione straniera ha profili di rischio per età differenti da quella italiana, soprattutto per le vittime di sesso femminile, per le quali manca il picco di donne uccise tra le anziane, vista anche l’esigua numerosità della popolazione straniera nelle fasce di età sopra i 75 anni, tra le quali non si rilevano vittime così come tra i bambini tra zero e 13 anni.
Le donne straniere sono uccise perlopiù in ambito familiare (14 su 16 casi) e più frequentemente nella fascia di età tra 25 e 34 anni (5 vittime nel 2023). Nel caso maschile la distribuzione per età delle vittime è simile a quella dei maschi italiani con un picco tra i 25 e i 34 anni ma con tassi di vittimizzazione più alti che si riducono progressivamente nelle classi di età successive fino ad annullarsi dopo i 75 anni.
Nuoro per gli uomini, Enna per le donne: le province più ad alto rischio
La distribuzione geografica degli omicidi è, da sempre, molto diversa tra uomini e donne. La criminalità organizzata, che miete prevalentemente vittime uomini, è storicamente più presente nel Mezzogiorno, mentre i contesti familiari violenti, nei quali si consumano quasi interamente gli omicidi femminili, non hanno una caratterizzazione geografica precisa e risultano distribuiti su tutto il territorio nazionale, dove si localizzano, di anno in anno, punte di omicidi in maniera estemporanea e abbastanza casuale.
Nel 2023, la geografia della concentrazione territoriale degli omicidi appare estremamente diversa, nel caso degli uomini le prime tre regioni sono la Sardegna, la Calabria e la Liguria, nel caso delle donne l’Abruzzo, il Trentino Alto Adige con le Province Autonome di Trento e Bolzano/Bozen e l’Umbria. Da notare che, nel caso degli omicidi femminili, la Sardegna, che ha il primato delle vittime maschili di omicidio, è invece in fondo alla graduatoria delle regioni in cui è presente il fenomeno. Per analizzare meglio queste diversità si è scelto di analizzare per la prima volta il dettaglio provinciale che consente di analizzare con più precisione il ruolo di traino di alcune aree, all’interno degli spazi regionali. Dato che la scala di osservazione territoriale più ravvicinata potrebbe amplificare i problemi connessi alla instabilità del fenomeno, per minimizzare questo effetto sono stati usati i dati medi del primo (2012-14) e dell’ultimo (2021-23) triennio che la fonte “Sistema di Indagine” (SDI) del Ministero dell’Interno mette a disposizione. Le classi di intervallo sono state calcolate sulla distribuzione triennale del 2013 e lasciate fisse in modo da poter apprezzare la distribuzione territoriale del decremento.
Per gli uomini, nel 2012-2014, la concentrazione territoriale era particolarmente accentuata nella Sardegna orientale e nella Calabria meridionale, oltre che nella provincia di Foggia. Le province in cui il fenomeno era assente erano sette (due nel Centro e cinque nel Nord), mentre nel 2021-2023, nonostante la notevole diminuzione del fenomeno, sono diventate sei (tre nel Nord e tre nel Centro). Le uniche province che hanno mantenuto valori così alti da rimanere nello stesso range di quelli di nove anni prima sono Foggia e Nuoro. Per tutti gli altri territori vi è stata una diminuzione particolarmente evidente nell’area dell’Appenino centrale e della Pianura padana tra Lombardia ed Emilia, ma la gerarchia dell’appartenenza alle classi non è stata stravolta.
La diminuzione del tasso di omicidi fra le donne nell’ultimo decennio ha avuto invece effetti più importanti sulle manifestazioni territoriali del fenomeno. Nel 2012-2014 erano solo quattro le province in cui non si rivelava il fenomeno (un omicidio in Sardegna, uno al Centro e due al Nord), mentre sono ben 14 nel 2021-2023 (sei al Mezzogiorno, sette al Nord e uno al Centro). La massima densità del fenomeno nel triennio 2012-2014 si riscontrava nella provincia di Siracusa, circondata da valori regionali mediamente alti, nella provincia di Avellino, di Piacenza e di Vercelli, che presenta i valori più elevati dell’intera area del Piemonte Orientale. La densità del fenomeno più alta è riscontrabile anche nella ripartizione centrale in un’area che va dalla costa tirrenica a quella adriatica passando per l’Appennino. Delle precedenti aree di densità, nel triennio 2021-2023 non è rimasto molto. Sono solo due le aree che confermano e superano i livelli del 2012-2014: una è la provincia di Enna che si avvicina ai valori alti di quella di Catania, in una regione in cui però diminuisce notevolmente la densità del fenomeno, l’altra quella di Chieti, circondata però da un’area in cui il fenomeno è completamente assente.
Il 93,3% degli autori di omicidio è un uomo
Per 35 dei 334 omicidi commessi nell’anno 2023 (il 10,5%), non è stato ancora possibile individuare un autore presunto. La percentuale è un po’ più bassa (8,1%) nel caso di vittime di cittadinanza non italiana. Solo in minima parte (cinque casi) gli omicidi con autore ad oggi non identificato riguardano vittime donne (il 95,7% dei casi sono risolti). La probabilità di scoprire l’autore dell’omicidio è infatti molto più alta nel caso di vittime femminili, perché tali delitti si verificano per lo più in ambito familiare e di coppia, con conseguente restrizione del campo delle indagini a una cerchia più delimitata di sospetti. Al contrario il tasso di risoluzione si abbassa per gli uomini (86,2%) e ancora più drasticamente per gli omicidi maturati in un contesto di criminalità organizzata, per i quali nel 36,8% degli omicidi commessi nel 2023 non ha ancora un autore identificato.
L’analisi delle caratteristiche dell’autore e della vittima è limitata quindi ai 299 casi residui. L’autore è quasi sempre un uomo, cui sono attribuiti il 93,3% degli omicidi, contro il 6,7% di quelli commessi da donne. Gli uomini uccidono in prevalenza altri uomini (175 su 279, il 62,7%). Le 20 donne autrici di omicidio hanno ucciso 12 uomini e otto donne.
Analizzando congiuntamente la relazione tra i sessi della vittima e dell’autore e la loro nazionalità, si può affermare che i maschi prevalgono sia tra le vittime sia tra gli autori, ma gli uomini stranieri, nel 2023, hanno ucciso con più frequenza altri uomini (72,8%) rispetto agli uomini italiani (58,6%).
Le 20 donne autrici di omicidio sono quasi tutte italiane (15 su 20). Le omicide italiane hanno ucciso più maschi che femmine (nove maschi e sei femmine); le omicide straniere tre maschi e due femmine. Solitamente viene dato per acquisito che per superare l’asimmetria nella forza fisica le donne utilizzino per uccidere le armi da fuoco, ma nel 2023 queste sono state usate dalle autrici di omicidio solo una volta, mentre sono prevalse le armi da taglio e le armi improprie.
Come ampiamente riportato in letteratura, gli omicidi e molti altri tipi di reato violento sono prevalentemente intra-etnici. Nel 2023 i dati confermano questa situazione con una differente gradazione rispetto ai sessi e alla cittadinanza, e la sola eccezione delle donne straniere vittime di omicidio. Infatti le donne italiane sono uccise per la grandissima maggioranza da uomini e donne della stessa nazionalità (86,5%), nel caso degli uomini questa percentuale è lievemente più alta (88,6).
Le persone straniere hanno una maggiore probabilità di essere uccisi da altri stranieri, cumulando il rischio di venire uccisi sia da italiani sia da altre persone di nazionalità diversa dalla propria. Questo si verifica soprattutto per le donne (circa 56% dei casi).
Non è la paura degli omicidi a rendere più insicuri i cittadini
L’omicidio è il più rilevante crimine violento contro la persona, perché i danni causati sono ovviamente irreversibili e per le sue implicazioni morali e simboliche a livello sociale. È interessante quindi guardare la relazione tra paura percepita e livello diffusione degli omicidi.
La paura del crimine può essere misurata utilizzando l’Indagine sulla Sicurezza dei Cittadini, condotta dall’Istat nel 2022-2023, che interroga gli intervistati sulla percezione di sicurezza personale camminando da soli al buio. Se si confronta il dato regionale di chi risponde ‘poco’ o ‘per nulla’ a questa domanda con il tasso di omicidio regionale del periodo corrispondente (gli anni 2022-2023) si ha una blanda relazione positiva, che non risulta però in un’associazione significativa tra i due fenomeni.
La relazione è, infatti, quasi interamente riconducibile ai valori di Campania e Puglia, due regioni in cui la percentuale di persone che provano paura è rispettivamente del 15,9% e 13,5% (il valore nazionale è del 12%), e il tasso medio di omicidi sulla popolazione è 0,80 e 0,70 (il valore Italia media 2022-2023 è 0,56). La Campania e la Puglia sono due regioni che hanno d’altronde come capoluogo regionale due importanti e popolose città, caratterizzate da maggiore insicurezza e tassi di delittuosità più alti della media, in reati in cui la relazione col senso di paura percepito è molto più stretta (come lo scippo).. La geografia della percezione di insicurezza vede infatti i valori più alti in quattro regioni molto urbanizzate (Piemonte, Campania, Lombardia e Puglia). Tuttavia, ci sono anche molte regioni che disconfermano questa relazione come la Calabria e la Sardegna (le regioni con i tassi di omicidi più alti ma alta percezione della sicurezza) o la Lombardia con bassi tassi di omicidi e livelli elevati di sentimenti di paura.
Va detto, tuttavia, che il sentimento di insicurezza non dipende solo dal livello di criminalità quantificato dalle denunce, ma anche da altri fattori determinanti che influiscono sulla paura, come ad esempio la vulnerabilità di alcune categorie di persone: le donne, gli anziani, le persone con basso titolo di studio.
Liti e futili motivi le motivazioni alla base di quasi metà degli omicidi
Nel 2023 “liti, futili motivi, rancori personali” sono il primo movente per omicidio (45,5%), il valore più rilevante per le vittime di ambo i sessi (53,1% per gli uomini e 31,6% per le donne); per il sesso femminile poco meno della metà di queste liti (il 40,1%) va riferita ad un contesto familiare affettivo. Per gli stranieri le liti per futili motivi sono un motivo ancora più determinante per il dispiegamento della violenza (il 61% circa).
Tra le motivazioni degli omicidi seguono i “motivi passionali” che riguardano il 12% circa delle vittime uccise. Nel caso delle vittime di sesso femminile questa percentuale sale al 27,4% e al 60% se si considerano le vittime femminili di 35-44 anni. I motivi classificati come derivanti da disturbi psichiatrici dell’autore sono stati la causa del 9,3% degli omicidi, valore che aumenta al 14,3% per le vittime donne e raggiunge il 65% circa per le donne sopra i 55 anni.
Le armi da taglio sono state, nel 2023, il mezzo più utilizzato per l’omicidio, impiegate nel 37,4% dei casi, seguite dal 30,2% delle armi da fuoco. Il 9,5% degli omicidi è invece stato portato a termine con l’uso di armi improprie, mentre nel rimanente 22,7% dei casi l’omicidio è avvenuto con altre modalità. Gli omicidi di criminalità organizzata (18) sono stati tutti commessi con armi da fuoco. Nel caso in cui il movente dell’omicidio riguardi faide criminali o vendette, contesti che prevedono premeditazione e professionalità, lo strumento utilizzato è l’arma da fuoco nel 90% dei casi.
Anche nella scelta del mezzo, come in tante altre caratteristiche degli omicidi, esistono distinzioni se si considera il sesso della vittima.
Le armi da fuoco vengono usate prevalentemente contro gli uomini (33,2% dei casi di omicidi di maschi e 24,8% di quelli delle donne). Le differenze di genere nel rimanere vittima di un omicidio operato con armi da taglio non sono significative, mentre c’è una grande differenza quando l’omicidio avviene a mani nude, caso conteggiato nella categoria “altro” (30,8% delle donne e 18,4% degli uomini). Il dato è orientativo, perché oltre alle morti in seguito a percosse, soffocamento e altro, nella categoria possono essere comprese alcune morti causate da altri mezzi (avvelenamento per esempio) che tuttavia sono molto più rare.
Anche le differenze per nazionalità sono significative. Gli stranieri sono più frequentemente vittima di arma da taglio, utilizzate nel 52% dei casi in cui la vittima è uno straniero, contro il 32% dei casi in cui la vittima è italiana. Questa corrispondenza si verifica anche tra i cittadini non italiani se il movente della lite è per futili motivi che vede l’utilizzo di armi da taglio nel 40% dei casi.
Morti violente delle donne soprattutto nell’ambito della coppia
Per le donne si conferma un quadro stabile in cui le morti violente avvengono soprattutto nell’ambito della coppia. Nel 2023 è pari allo 0,21 per 100mila donne il tasso delle donne uccise da un partner o un ex partner – sia esso un coniuge, un convivente o un fidanzato o un amante – del tutto simile a quello del 2022 (0,20). Mentre per gli uomini, lo stesso tasso è pari a 0,02 per 100mila uomini.
In particolare, sono i partner con cui la donna ha una relazione al momento della morte (coniugi, conviventi, fidanzati) a compiere il maggior numero degli omicidi nella coppia (il 41%), mentre sono il 12,8% gli ex partner (ex coniugi, ex conviventi, ex fidanzati). Il rischio di essere uccise da un partner non si differenzia a seconda delle età (a partire dai 18 anni).
61 sono i partner maschi (96,8%) delle 63 donne uccise nell’ambito della coppia, mentre i sei uomini vittime di partner sono stati uccisi tutti da donne. Le donne italiane vengono uccise dai partner, attuali o precedenti, nel 51,5% dei casi, le straniere nel 68,7%. Risulta lievemente in diminuzione il tasso delle donne uccise da parenti (0,10 nel 2023; 0,14 nel 2022).
Le donne uccise da altri familiari (31) sono state uccise da uomini nell’83,8% (26 casi) e da donne in cinque casi. Sono 40 gli uomini uccisi dai parenti, 37 dei quali sono stati assassinati da altri uomini.
I più piccoli sono uccisi tutti in ambito familiare e da donne, si tratta di bambini sotto i tre anni e una tredicenne. Il tasso è praticamente uguale per i maschi e le femmine, 0,09 e 0,06 per 100mila ragazzi e 100mila ragazze con meno di 14 anni. Tra i 14 e i 17 anni, la situazione cambia, e iniziano a riprodursi le differenze tra i sessi che esistono per maschi e femmine da adulti. Le due ragazze di 14-17 anni sono uccise da uomini, un parente e un conoscente; per i cinque maschi, la situazione è più variegata, prevalgono gli omicidi effettuati da sconosciuti alla vittima o da autori non identificati, uno è ucciso da un parente e un altro da un conoscente, tutti autori di sesso maschile. Inoltre i ragazzi sono uccisi da altri giovani, fatta eccezione del parente adulto.
I parenti sono autori anche degli omicidi di persone in età avanzata, ma in questo caso le differenze tra i sessi sono importanti, a svantaggio delle donne (0,14 per 100mila uomini con più di 75 anni; 0,25 per 100mila donne della stessa età), sebbene in misura minore rispetto al 2022, quando per le donne il tasso era pari a 0,36. La morte per mano dei parenti colpisce anche gli uomini di 65-74 anni (0,24 per 100mila uomini) e di 55-64 anni (0,20). Per le donne tassi più elevati sono anche per le 55-64enni (0,13) e le 65-74enni (0,12 per 100mila donne della stessa età).
I giovani di 25-34 anni presentano più del doppio di uccisioni rispetto alla media da parte di sconosciuti (0,96 contro 0,37). Tassi elevati anche per le classi di età limitrofe (0,60 per i 18-24enni e 0,56 per i
35-44enni). Per i maschi di 25-34 anni si verifica il picco di omicidi con autore non identificato (0,31 per 100mila uomini di 25-34 anni).
Elevati al Sud gli omicidi commessi dai parenti
Nel 2023 il tasso di omicidi di donne uccise dai loro partner è più elevato nelle Isole (0,28 per 100mila donne residenti nelle Isole) e nel Nord-est (0,24); nel 2022 il tasso più elevato era al Nord-est (0,32 per 100mila donne. Il Sud invece si conferma per il dato più basso al di sotto della media (0,17).
Al contrario, le uccisioni per mano dei parenti sono più elevate tra le donne residenti al Sud (0,15) e nelle Isole (0,12 per 100mila donne isolane). Anche per gli uomini il tasso è maggiore al Sud (0,24 per 100mila uomini abitanti al Sud), un dato in linea con il 2022.
Sud e Isole sono i luoghi in cui è anche maggiore il rischio per gli uomini di essere uccisi da sconosciuti, rispettivamente 0,41 e 0,48 per 100mila uomini della stessa zona, o in contesti di omicidi non risolti (0,23 e 0,16). Nelle ripartizioni del Centro-nord gli omicidi di uomini hanno tutti un autore identificato.
A livello europeo, i tassi di donne uccise dai partner nel 2022 sono più elevati in Lituania (0,53 per 100mila donne), seguita da Lettonia (0,40), Slovenia (0,38), Ungheria (0,34) e Germania (0,32). Malta raggiunge lo 0,8 per 100mila donne, ma essendo un Paese molto piccolo il dato non è stabile (era pari a zero nel 2021 e 0,4 nel 2020). Anche in questo caso l’Italia si colloca sotto la media.
I femminicidi stimati sono pari a circa l’82% del totale delle donne uccise
A marzo 2022 la 53a sessione della Statistical Commission ha approvato lo “Statistical framework for measuring the gender-related killing of women and girls (also referred to as “femicide/feminicide”)[i]. In questo ambito sono stati definiti omicidi di genere, comunemente detti femminicidi, quelli che riguardano l’uccisione di una donna in quanto donna. L’Italia ha scelto di aderire a questo framework delle Nazioni Unite, anche se la produzione di statistiche armonizzate è un cammino complesso verso cui tendere, che richiederà tempi lunghi per avere una comparazione internazionale, anche a livello europeo. Il primo rapporto delle Nazioni Unite sui femminicidi, che segue l’approvazione dello “Statistical framework for measuring the gender-related killing of women and girls”, presenta una prima comparazione, per alcuni Paesi, dei tassi per 100mila donne di omicidi con vittima donna da parte di un partner, di un ex partner o un famigliare[ii].
Le variabili necessarie per identificare un femminicidio sono molte e riguardano la vittima, l’autore e il contesto della violenza. Sinteticamente, dal punto di vista statistico nella definizione afferiscono tre tipologie di gender-related killing: gli omicidi di donne da parte del partner; gli omicidi di donne da parte di un altro parente; gli omicidi di donne da parte di un’altra persona, sia conosciuta sia sconosciuta, che però avvenga attraverso un modus operandi o in un contesto legato alla motivazione di genere.
Tra queste vi sono informazioni riferite a specifiche condizioni, in base alle quali occorre sapere: se la vittima ha subito altre violenze in precedenza da parte dell’autore dell’omicidio; se ha subito forme di sfruttamento illecito (ad esempio tratta di persone, lavoro forzato, schiavitù nell’ambito della criminalità organizzata); se si trovava in una situazione in cui è stata rapita o privata illegalmente della sua libertà; se lavorava nell’industria del sesso; se vi è stata una violenza sessuale contro la vittima prima e/o dopo l’uccisione; se vi era una differenza di posizione gerarchica tra la vittima e l’autore; se il corpo della vittima ha subìto mutilazioni; se il corpo è stato abbandonato in uno spazio pubblico; se la motivazione dell’omicidio costituiva un crimine d’odio di genere (cioè se vi era un pregiudizio specifico nei confronti delle donne da parte degli autori).
In Italia tutte queste informazioni non sono disponibili e solo in futuro si potranno rilevare grazie alla collaborazione inter-istituzionale con il Ministero dell’Interno. Tuttavia, già a partire dalle informazioni disponibili (relazione tra vittima e autore, movente, ambito dell’omicidio) è possibile fornire una stima del fenomeno: sono 63 le donne uccise nell’ambito della coppia, dal partner o ex partner; sono 31 le donne uccise da un altro parente; due le donne uccise da un conoscente con movente passionale. In totale si tratta di 96 femminicidi presunti su 117 omicidi con una vittima donna. Nel 2019, erano 101 su 111, nel 2020 erano 106 su 116, nel 2021 104 su 119, nel 2022 105 femminicidi presunti su 126 omicidi.
Tra le restanti 21 vittime donne: quattro sono state uccise per rapine, una per follia, tre per interessi economici o debiti, sei per futili motivi, liti o rancori da conoscenti e sconosciuti, una per motivi legati agli stupefacenti ed una per regolamento di conti nell’ambito mafioso, mentre per cinque non è stato stabilito il movente e di queste tre non hanno un autore identificato. Di questi 21 casi, 15 omicidi sono stati perpetrati da uomini, uno da una donna conoscente e per quattro non si conosce il sesso dell’autore, in quanto si tratta di casi di omicidio non risolti.