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GRUPPO “ DIRITTI IN SCUOLA REALE ” (LICEO PRATI TRENTO) * COVID: BROCCHIERI, « LA DIDATTICA È UN DIALOGO CONTINUATO, DIFFICILE IMMAGINARLA DIETRO MASCHERE E DIFFICOLTOSA “A DISTANZA” »

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15.34 - venerdì 21 agosto 2020

Il dirigente del Dipartimento Istruzione, dott. Ceccato, si è lamentato a mezzo stampa di osservazioni che giudica polemiche, e forse con una qualche ragione. In verità penso che i problemi sollevati dai suoi critici siano reali e che le risposte, quando ci sono, siano insufficienti. Ma non credo che a fornirle dovrebbe essere solo e prima di tutto il dott. Ceccato.

In primo luogo perché, come rivendica lo stesso presidente Fugatti a proposito delle mascherine in classe, le decisioni spettano ai politici eletti, dunque ‒ aggiungo io ‒ non ai funzionari, benché di alto grado e anche se di fatto vengono delegate ad essi decisioni “politiche”.

In secondo luogo perché il dott. Ceccato ha una lunga esperienza nell’amministrazione del settore scuola ma non ha nessuna esperienza diretta del lavoro nella scuola. Esiste un Consiglio del Sistema Educativo Provinciale (CSEP), che comprende i rappresentanti di tutte le componenti del mondo scolastico trentino compresi i genitori ed è presieduto dal prof. Giovanni Ceschi. Sembrerebbe ovvio che i “protocolli” e le “linee guida” da seguire nelle scuole di fronte ai problemi del covid-19 siano discussi con questo organo consultivo, che è stato istituito proprio per questi fini e in cui siedono anche il dott. Ceccato e la sovrintendente Viviana Sbardella. Invece, al massimo e dopo parecchia insistenza, il CSEP ha ricevuto solo comunicazioni di decisioni discusse altrove e risposte vaghe, prontamente contraddette da scelte diverse della Giunta. Questa evidente incongruenza non è da imputare al dott. Ceccato ma ai responsabili politici.

In terzo luogo sono convinto che vi sia una responsabilità di primo piano dell’Azienda Sanitaria. Ho la netta impressione che i funzionari medici si comportino come se la scuola fosse un ospedale, dove, di norma, è il medico a decidere per il malato, stabilendo le regole a cui deve attenersi, e organizzando cure e assistenza. Ma la scuola non è e non può diventare un ospedale. I competenti sanitari devono discutere le misure da attuare con i competenti della didattica e dell’organizzazione interna delle scuole, cioè ancora una volta col CSEP ‒ visto che c’è e non bisogna creare una qualche task force allo scopo. I responsabili politici devono poi saper decidere sulla base di un tale confronto. Solo così le misure saranno praticabili e, si spera, efficaci.

Faccio solo un esempio, per spiegarmi meglio. Tutti chiedono chiarimenti su cosa succederebbe nel caso che si trovasse un alunno positivo. Si parla di tracciamento, di tamponi alla famiglia, alla classe ma si valuterà caso per caso, di eventuale quarantena, ecc. Questo è il punto di vista dei sanitari, ovviamente. Ma non è l’unico di cui tenere conto. Non mi basta sapere che potrebbero fare un tampone a me o ai miei studenti, vorrei sapere se sarà a risposta rapida o se devo interrompere il lavoro in classe e per quanto tempo. Se mi fermo per due giorni, saltano anche le mie ore di lezione nelle altre classi, nelle quali sono stato diverse ore e nelle quali posso aver infettato chiunque, se fossi positivo. E come me tutti i miei colleghi. Vi immaginate il carosello di sostituzioni che si innescherebbe e vi pare possibile che la didattica vada avanti a singhiozzo, ogni giorno sospesa all’eventualità del “positivo” e soggetta a frequenti interruzioni decise, oltretutto, da funzionari esterni?

Sono problemi molto concreti ed essenziali, di cui occorre tener conto quando si stabiliscono “protocolli”, perché la scuola è didattica e la didattica è un dialogo continuato nel tempo: è difficile immaginarlo dietro maschere, è difficoltoso e discriminante “a distanza”, è impossibile se continuamente interrotto. Una medicina che rendesse impossibile il dialogo didattico ucciderebbe il malato, cioè la scuola. Con l’aggravante che il malato potrebbe perfino essere solo immaginario, perché si parla della mera possibilità che i positivi siano pericolosi. Se in gioco ci sono valori più importanti da preservare, qualche rischio sanitario, finché sia governabile, si dovrebbe forse sopportare. Ma questo lo decide il politico, che sia veramente tale.

 

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Andrea Brocchieri

Liceo “Prati”, Trento

Gruppo “Diritti in una scuola reale”

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