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FRONTIERE DELLA RICERCA: UNITN, IL CIMEC NEI 30 SU MILLE CHE CE LA FANNO

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11.38 - mercoledì 29 marzo 2017

(Fonte: Ufficio stampa Università di Trento) – Frontiere della ricerca: il cimec nei 30 su mille che ce la fanno. Selezionato tra oltre un migliaio di proposte il progetto del neuroscienziato Giorgio Vallortigara nella competizione internazionale promossa dallo International Human Frontier Science Program.

Il progetto indaga le origini della capacità di contare. Al vaglio le basi neurali e genetiche della cognizione numerica, indagate usando uno dei modelli favoriti dalla biologia sperimentale: il pesce zebra. Finanziamento triennale per il centro di ricerca dell’Università di Trento a Rovereto.

C’è anche il Cimec (Centro Mente e Cervello) dell’Università di Trento tra i destinatari del finanziamento da 30 milioni di dollari per la ricerca d’eccellenza che costituiscono quest’anno la dote complessiva messa a disposizione dalla International Human Frontier Science Program Organization (Hfspo). Una selezione dura, su base competitiva, che ha premiato 30 progetti su ben 1073 presentati da 60 Paesi in tutto il mondo (appena il 3% il tasso di successo). Ogni progetto ha conquistato tra i 110 e i 125 mila dollari all’anno per un triennio.

Ambito d’interesse della selezione, la ricerca considerata “di frontiera” sui meccanismi complessi che regolano gli organismi viventi. I finanziamenti erogati dalla Hfspo si distinguono anche perché sono l’unico programma internazionale a sostenere direttamente le applicazioni che partono dal basso, sviluppate da gruppi di ricerca di tutto il mondo.

Il progetto del Cimec, condotto dal neuroscienziato Giorgio Vallortigara insieme alla genetista Caroline Brennan, del Dipartimento di Scienze biologiche e chimiche alla Queen Mary University di Londra e al fisico Scott Fraser del Dipartimento di Ingegneria biomedica della University of Southern California a Los Angeles, riguarda le basi genetiche della capacità di usare i numeri, di contare e più in generale di stimare le quantità.

Da dove deriva la capacità umana di rappresentare in modo accurato il numero degli oggetti all’interno di un gruppo o di fare confronti basati sulla numerosità? L’ipotesi che guida la ricerca fa risalire questa abilità all’evoluzione di una dote innata di stima delle quantità che avrebbe una base genetica (quando è compromessa si manifesta la discalculia). L’abilità di stimare le quantità si sarebbe conservata, attraverso l’evoluzione, poiché si ritrova in varie specie animali, ma sono ancora sconosciuti i meccanismi cellulari che la sorreggono.

Il progetto premiato dal finanziamento – “Imaging the neurobiology of numerosity – the evolution of counting” – ha due obiettivi. In primo luogo, utilizzando, tecniche di apprendimento associativo, studiare lo sviluppo delle capacità di stima della numerosità nel pesce zebra, uno dei modelli sperimentali oggi favoriti dai biologi molecolari e dello sviluppo.

Successivamente, usando tecniche di editing genetico, i ricercatori cercheranno di generare linee di pesci che portano mutazioni dei geni associati alla stima della numerosità nella specie umana, per verificare se la stima della numerosità ha una base genetica che si è conservata nel corso dell’evoluzione.

Infine, usando tecniche di microscopia a due fotoni su un singolo piano di illuminazione (light sheet microscopy) e di imaging neurale funzionale, gli scienziati studieranno a livello dei singoli neuroni i circuiti coinvolti nelle capacità di stima del numero nelle linee di pesci zebra. L’obiettivo è quindi sia quello di comprendere come il cervello generi la nostra capacità di comprendere i numeri, sia quello, a lungo termine, di aiutare le persone che sono affette da disturbi nella cognizione dei numeri come l’acalculia.

Maggiori informazioni sul grant della International Human Frontier Science Program Organization (Hfspo): http://bit.ly/icCsdh

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