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CORTE COSTITUZIONALE * IMPUGNAZIONE RICONOSCIMENTO FIGLIO: « PER L’AUTORE DEL RICONOSCIMENTO IL TERMINE ANNUALE DECORRE DALLA SCOPERTA DELLA NON PATERNITÀ »

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11.48 - venerdì 25 giugno 2021

Non è ragionevole che, nei casi diversi dall’impotenza, il termine annuale per impugnare il riconoscimento del figlio decorra, per l’autore del riconoscimento, dal momento dell’annotazione dell’atto invece che dalla scoperta di non essere il padre biologico.

È quanto ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 133 depositata oggi (redattrice Emanuela Navarretta), dichiarando illegittimo l’articolo 263, terzo comma, del codice civile nella parte in cui non prevede che il termine annuale per impugnare il riconoscimento decorra, per l’autore del riconoscimento, dal giorno in cui abbia avuto conoscenza della non paternità.

In particolare, la Corte ha ravvisato un’irragionevole disparità di trattamento tra chi può provare la propria impotenza e chi, pur non essendo affetto da tale patologia, abbia ugualmente scoperto la non veridicità della paternità biologica dopo un anno dall’annotazione del riconoscimento. Quest’ultimo si vedrebbe inibito l’accesso a un giudizio nel quale l’interesse alla verità biologica viene, comunque, sempre bilanciato in concreto dal giudice con l’interesse del figlio.

La Corte ha ritenuto, inoltre, irragionevole che la norma censurata rendesse più difficile al padre non coniugato sottrarsi alla decadenza del termine annuale per l’impugnazione del riconoscimento, rispetto a quanto consentito al padre coniugato dall’articolo 244 del codice civile, relativamente alla decadenza del termine annuale per l’azione di disconoscimento della paternità.

La stessa sentenza ha dichiarato, viceversa, non fondata – in riferimento all’articolo 117, primo comma, della Costituzione, relativamente all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – la questione di legittimità costituzionale sollevata sullo stesso articolo 263, terzo comma, del codice civile nella parte in cui prevede che l’azione di impugnazione del riconoscimento debba essere proposta nel termine di cinque anni dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. La Corte ha infatti ritenuto che il decorso di un tempo così lungo radichi il legame familiare e, dunque, che la prevalenza dell’interesse alla stabilità dello stato di figlio realizzi un bilanciamento non sproporzionato fra gli interessi in conflitto.

 

 

 

 

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