È in atto una emergenza climatica da codice rosso. Nel suo sesto rapporto l’Intergovermental panel on climate change (Ipcc) dichiara, senza ombra di dubbio, che vi è la responsabilità umana nel riscaldamento globale.
Siamo stati noi, abitanti della terra dell’era industriale a surriscaldare l’atmosfera, la terra, gli oceani scatenando cambiamenti rapidi e irreversibili nel nostro pianeta. Un prossimo futuro più caldo, il termine di riferimento è il 2050, è oramai certo.
Tutto ciò ha delle conseguenze: ondate di calore, siccità prolungate e quindi lo scioglimento dei ghiacci e il conseguente innalzamento dei mari, improvvise alluvioni e inondazioni, il deterioramento della qualità delle acque e la conseguente carenza di risorse idriche; l’aumento di incendi e siccità, danni alle abitazioni e alle infrastrutture.
Non solo, diminuzione della produttività agricola e della sicurezza alimentare ma anche la scomparsa di specie animali e vegetali.
I dati riportati dall’Ipcc sono sconfortanti e mettono in primo piano l’inadeguatezza delle politiche mondiali sul clima. Basti pensare all’esito del G20, che si è tenuto recentemente a Napoli, dove non si è riusciti a raggiungere un’intesa sul dimezzamento delle emissioni CO2 entro il 2030 e l’uscita dal carbone.
Invece l’obiettivo dovrebbe essere proprio quello di limitare al massimo le emissioni di CO2 in un’atmosfera che è ormai satura. Basti pensare che la concentrazione di biossido di carbonio è al massimo rispetto ai livelli degli ultimi due milioni di anni, quella di metano e ossido nitroso è la maggiore in 800 mila anni.
Ecco che l’obiettivo diventa l’abbandono progressivo delle fonti fossili per arrivare a un tasso di emissioni zero nel 2050.
I leader politici mondiali dichiarano il loro impegno. Bisogna però passare urgentemente dalle parole ai fatti. Serve un cambiamento culturale forte per tradurre in realtà ciò su cui tutti ormai sono d’accordo.
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Lucia Coppola
consigliera Gruppo Misto/Europa Verde
Portavoce dei Verdi del Trentino