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CONSIGLIO PROVINCIALE TRENTO * QUARTA COMMISSIONE: « « NO AL DDL ROSSI PER ESTENDERE AL PRIVATO I DIRITTI DI MATERNITÀ DIPENDENTI PAT / CIA SOSPENDE SUO DDL SU TAGLIO TEMPI ATTESA VISITE SPECIALISTICHE »

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14.08 - martedì 19 ottobre 2021

Quarta commissione, no al ddl Rossi che mira a estendere al privato i diritti di maternità dei dipendenti Pat. Cia sospende il suo ddl sul taglio dei tempi di attesa per le visite e le prestazioni specialistiche.

In Quarta commissione oggi si parlato di sanità e di maternità. Claudio Cia (FdI) ha sospeso il suo disegno di legge n. 7 che ha come obiettivo il taglio dei tempi di attesa per le visite e le prestazioni specialistiche; bocciato il ddl n.25 di Ugo Rossi (Azione) che mira a parificare il trattamento di maternità delle dipendenti del settore privato a quello della Provincia e degli enti locali e a favorire la diffusione del congedo parentale.

Cia “congela” il ddl sulle visite specialitiche.

In apertura di seduta Claudio Cia, presidente della commissione e esponente di Fratelli d’Italia, ha ricordato di aver incontrato ieri l’assessora Segnana e dopo il confronto, durante il quale sono stati presentati i dati sulle prenotazioni delle visite e delle prestazioni specialistiche, ha deciso di sospendere il suo ddl che riguarda le liste d’attesa. Ogni giorno, ha affermato, ci sono 5000 mila prescrizioni, con picchi di 8 mila, una mole di lavoro enorme che ha intasato il Cup, al punto che lo si è dovuto rinforzare con nuovi addetti. Numeri hanno impressionato il consigliere di FdI e che stanno sottoponendo a un grave stress il personale che sta lavorando al limite delle forze. Le telefonate non evase, ha ricordato ancora Cia, sono state spesso recuperate dagli addetti con telefonate ai pazienti anche dopo le 21. Luca Zeni (Pd) ha detto di essere sorpreso dalla sorpresa di Cia e ha chiesto, come aveva fatto nella seduta precedente, di avere ufficialmente i dati sulle prescrizioni dall’assessorato.

Rossi: il ddl è una risposta concreta al tema della parità di genere.

Si è passati poi al ddl di Ugo Rossi, respinto con 4 no e 3 sì, che mira a equiparare il trattamento di maternità delle dipendenti del settore privato a quello degli Enti locali. L’esponente di Azione, ricordando che il ddl, che risale al 2019, era stato accompagnato da alcuni emendamenti bocciati dalla Giunta, ha chiesto all’assessore Spinelli quali siano le intenzioni dell’esecutivo. Alcuni mesi fa, ha ricordato Rossi, la Giunta ha risposto che era stato predisposto un tavolo, dopo 5 mesi dalla sua costituzione sono stati nominati i componenti e dal giugno scorso si sta aspettando una risposta concreta sulla possibilità di equiparare, almeno per le donne, il trattamento del settore privato a quello pubblico. Un tema concreto, ha aggiunto l’esponente di Azione, e per la parità più importante di quello delle preferenze. In sintesi Rossi ha chiesto se la Giunta abbia o no la volontà di mettere in campo azioni concrete che vadano in direzione dei due obiettivi contenuti nel ddl: la parificazione del trattamento per le donne e il potenziamento del congedo parentale.

Spinelli: le misure previste dal ddl costerebbero troppo.

Achille Spinelli ha ricordato che il ddl risale all’epoca pre Covid e quindi c’è bisogno di riprendere il filo del discorso. La dottoressa Laura Pedron, dirigente generale del Dipartimento sviluppo economico e lavoro, ha detto, dati alla mano, che l’utilizzo congedo parentale segue un andamento costante: nel 2019 ha interessato 3.487 persone delle quali 2.698 donne. Uno strumento che ha giocato una parte importante durante le fasi più acute dell’emergenza Covid. Per ciò che riguarda le differenze di trattamento della maternità tra pubblico e privato le misure di equiparazione previste dal ddl Rossi impatterebbero sul bilancio Pat per 8 milioni e mezzo. C’è poi in ballo, a livello nazionale, l’assegno unico universale che dovrebbe racchiudere tutti gli strumenti di welfare familiare. Sembra complessa anche la strada dei contributi Pat alle imprese perché, con il de minimis, le aziende grandi non riceverebbero nulla; così come complicata appare anche la strada della contribuzione volontaria. La dirigente ha detto che il tavolo istituito dalla Giunta è attivo e ha ricordato che gli strumenti previsti dalla legge nazionale hanno permesso di arrivare a 800 congedi parentali maschili. Aperto rimane, invece, il tema della maternità delle donne libere professioniste e imprenditrici.
Sul piano politico l’assessore Spinelli ha detto che la Giunta non ha l’intenzione di aderire il ddl perché non sembra apportare novità e ha un impatto finanziario importante. Quindi, come già detto in passato, il governo provinciale non intende sostenere la proposta.

Rossi: un no che va contro la legge di assestamento 2019.

Rossi ha preso atto della decisione della Giunta e ha ammesso che il tema dei congedi assume oggi un significato diverso perché si deve attendere il risultato dell’assegno unico nazionale. Ma sarebbe bene per il Trentino che la misura venisse resa compatibile con quelle provinciali per avere risorse aggiuntive e perché non va dimenticato che siamo stati all’avanguardia sulle misure di welfare. Sulla questione della maternità l’esponente di Azione ha registrato che le misure citate nella risposta della Giunta sono quelle approntate nelle scorse legislature e non c’è intenzione di farne di nuove. Però, ha ricordato, c’è un articolo dell’assestamento di bilancio 2019, che prevede l’introduzione di misure per promuovere, in tema di diritti di maternità, il progressivo avvicinamento tra il trattamento del pubblico e del privato. Quindi, ha chiesto: il governo provinciale come intende attuare questo articolo? Quali soluzioni, al di là dei tavoli, delle dichiarazioni di principio e delle parole, si intendono adottare? Non ricevendo risposta, Rossi ha detto di voler andare avanti col il ddl anche per mantenere vivo un tema che non è né di destra né di sinistra ma riguarda la vita concreta di tutte le donne trentine.

Demagri: va valutato anche l’impatto positivo sulla vita delle donne.

Paola Demagri del Patt ha detto che si sono presentati solo i dati del possibile impatto sul bilancio del ddl ma non si è valutato quello positivo sulla vita della donne. L’assessore, ha aggiunto, non ha fatto cenno alle ricadute sulla conciliazione lavoro – famiglia e sul tasso di natalità che la maggioranza dice di voler aumentare. Un no, quello di Spinelli, che contrasta con il mantenimento dei punti nascita, le aperture degli asili, la volontà di riduzione il numero dei lavoratori stranieri. Difficile, quindi, per la consigliera, trovare un filo conduttore tra gli obiettivi politici che la maggioranza si è posta e si pone e i mezzi per raggiungerli.

Zanella: i costi per la parità sono investimenti.

Anche Paolo Zanella (Futura), che ha condiviso il ddl, ha detto di far fatica a capire le ragioni del no della Giunta a un ddl che va a favore delle donne e dell’aumento della natalità. Va inoltre tenuto conto, ha sottolineato, della qualità della natalità, quindi del bisogno del bambino di avere vicino almeno uno dei genitori. Inoltre, ha continuato, non è giusto che i lavoratori del privato o autonomi si vedano riconosciuti meno diritti rispetto a quelli del pubblico. I costi andrebbero visti come un investimento; andrebbe valutata la ricaduta economica positiva di un maggior impiego femminile. La parità di genere, poi per Zanella richiede l’introduzione di ulteriori correttivi, oltre a quelli nazionali, anche nella legislazione sul lavoro provinciale. Inoltre, ha sottolineato, votando no alla proposta di legge si è bocciato anche il principio della parità contenuto nell’articolo uno.

Spinelli: dobbiamo concentrarci sul piano fiscale e sugli incentivi.

Spinelli ha ribattuto che gli strumenti dovrebbero concentrasi sul piano fiscale e sull’incentivazione alle imprese per migliorare i contratti di secondo livello o il welfare aziendale. Ugo Rossi ha riconosciuto che anche da parte della maggioranza c’è sensibilità su questi temi, ma nel ddl si potrebbe trovare lo spazio, meglio se condiviso da tutti, per iniziative che mirano ad incentivare misure a favore della natalità nei contratti di secondo livello. Su questo un segno di apertura da parte della Giunta sarebbe importante perché permetterebbe di arrivare a un ddl politicamente di tutti vista la concretezza e l’importanza dell’argomento.

Dalzocchio: le criticità finanziarie sono evidenti.

Mara Dalzocchio (Lega) ha detto che gli obiettivi del ddl sono condivisi da tutte le donne, ma risultano evidenti le criticità finanziarie ed è difficile mettere assieme il lavoro pubblico e quello privato, perché le dinamiche e le esigenze sono diverse. Passi avanti, comunque, ne sono stati fatti, anche da parte della Giunta Fugatti, ma la strada è ancora lunga anche perché ci vogliono risorse che non sono disponibili ora e la Giunta è concentrata sui problemi sanitari. Per questo non è possibile approvare ora proposte in linea di massima condivisibili, ma che comportano un impegno finanziario non indifferente. Va inoltre tenuto conto delle iniziative che stanno venendo avanti a livello nazionale come l’assegno di cura che si spera venga in aiuto alle donne.

Cia: obiettivi giusti ma il ddl non è lo strumento giusto.

Infine, Claudio Cia ha detto di apprezzare gli obiettivi della proposta, ma ha ricordato che col ddl si propone di modificare la legge del benessere familiare che risale al 2011 e se nelle precedenti legislature non si è fatto quello che si vuol fare oggi significa che alcune valutazioni economiche sono state fatte anche allora. Inoltre, l’Agenzia del lavoro, in audizione, ha aggiunto, aveva rilevato problemi di applicabilità della norma. Insomma, per Cia gli obiettivi sono condivisibili ma il ddl Rossi non sembra lo strumento idoneo per raggiungerli.

Rossi: la Giunta doveva fare una proposta e non limitarsi a dire: non ci sono i soldi.

Ugo Rossi ha detto in conclusione (ricordando che la legge sul benessere familiare del 2011 ha permesso di mettere in campo soluzioni innovative) che se gli obiettivi del ddl sono condivisi la Giunta avrebbe dovuto cercare una via tecnica e non limitarsi semplicemente a dire che costerebbe troppo. La realtà, ha detto ancora, il no deriva dal fatto che non si vuole intestare ad un esponente dell’opposizione un provvedimento. Anche si fronte alla disponibilità, espressa più volte, a ritirare il ddl a fronte di una proposta migliore. Proposta che non si è mai vista. Infine, Rossi ha detto che il continuo richiamo a ciò che si sta facendo a Roma non fa bene all’autonomia che anche su questi temi è sempre stata all’avanguardia. Anche la mancanza di risorse è una scusa visti i trasferimenti dello Stato per la crisi Covid.

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