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CONSIGLIO PROVINCIALE TRENTO * PRIMA COMMISSIONE: « CHIUSA LA DISCUSSIONE SULLA MANOVRA DI ASSESTAMENTO, APPROVATO IL DEFP CON 5 SÌ E 4 NO »

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17.11 - mercoledì 14 luglio 2021

Prima commissione, manovra di assestamento, approvato il Defp.

Dopo l’approvazione del ddl assestamento avvenuta ieri, nel pomeriggio, in Prima commissione, presieduta da Vanessa Masè (Civica), si è discusso e approvato, con 5 sì, 4 no, il Defp. Si è così chiusa la tre giorni di discussione sulla manovra che andrà in aula il 26 luglio.

Il Governo intende impugnare la legge 7, la manovra Covid di maggio.

In apertura di seduta Claudio Cia (FdI), citando un comunicato di palazzo Chigi di martedì sera, ha chiesto quale parte della legge 7 del 17 maggio (la manovra urgente Covid) è stata impugnata dal Governo. Il direttore generale della Pat, Paolo Nicoletti ha detto che, da quanto si sa fino a ora, il Ministero degli Affari Regionali intende impugnare alcuni articoli della legge 7, quello sulle funivie (per questo è stata introdotta una nuova manovra nel ddl assestamento), e quello che prevede la partecipazione azionaria della Pat a Itas Mutua. Da quanto ha riferito in Prima commissione il dottor Nicoletti, il Mef (Ministero economia e finanza) ha mosso un rilievo formale: cioè che nel testo unico nazionale sulle società alle quali possono partecipare le amministrazioni pubbliche non vengono esplicitamente citate le mutue assicurative che, normalmente, sono assimilate alle società cooperative. Poi secondo il Ministero dei rapporti regionali le partecipazioni degli enti locali devono riferirsi a società che svolgono attività inerenti alle loro competenze. Una posizione che, ha detto l’assessore Spinelli, molto discutibile. Anche perché, ha aggiunto, la competenza della Pat sullo sviluppo c’è eccome e quindi la partecipazione appare legittima. Tra l’altro la Pat entrerebbe come socio sovventore per rafforzare la presenza sul territorio della società. La Giunta potrebbe comunque giocare la carta Cassa del Trentino che è un soggetto finanziario e quindi, anche senza una norma, potrebbe far partecipare in Itas. Comunque, ha concluso Nicoletti, le ragioni della Pat sono state spiegate al Governo. Giorgio Tonini (Pd) ha ricordato che il comunicato del Consiglio dei ministri dice che l’impugnazione da parte del ministro Gelmini è cosa fatta. In questo caso, ha concluso l’assessore Spinelli, che ha sottolineato la crescenti difficoltà della Pat nel difendere le prerogative autonomiste, si farà ricorso alla Corte Costituzionale.

Rossi: si deve puntare sul capitale umano.

Chiuso questo capitolo, sul Defp, Ugo Rossi (Azione), ha affermato che la situazione finanziaria va descritta com’è nella realtà: l’avanzo rimane attorno sui 200 milioni di euro e dalla Regione vengono 150 milioni, quindi, pur con tutta la necessaria prudenza, l’affermazione che mancano 600 milioni non è corretta. Perché, ha aggiunto, un conto è affrontare il futuro con 600 milioni in meno un altro con 300. Quindi, si dovrebbe dare un’interpretazione più ordinata della realtà anche perché altrimenti si rischia di ragionare su dati viziati. Gli obiettivi del prossimo triennio del Depf, secondo Rossi, sono molto generici e poveri di dati (basti pensare alle guardie mediche, che sono calate anche per la scarsità di medici, basti pensare alla valle di Ledro), ma ha notato con soddisfazione che tra i target ci sono quelli indicati dalla precedente giunta come il social housing, così come il fondo per le imprese che prevedeva, come ha fatto la Giunta Fugatti nel ddl assestamento, un focus per farle crescere. Sul partenariato pubblico – privato, ricordando i 21 milioni di euro che sono serviti a patrimonializzare una sola società, ha chiesto se ci sono già esempi concreti. Sull’obiettivo di incidere sul trend delle spese correnti, Rossi ha detto che si vanno a toccare gli interventi di welfare, mentre su questo terreno la Pat dovrebbe essere all’avanguardia come è sempre stata. Parlando di risparmio si parte dalle famiglie, anche se il Trentino è sempre riuscito a fare Pil con le politiche sociali. Sul tema del lavoro nel pubblico, non c’è un accenno alla possibilità di un percorso virtuoso per il rinnovo del contratto; magari pensando a una riforma complessiva della Pa. Timbrare il cartellino, ha detto Rossi, per generare ore e ore di straordinario non significa produttività. E quindi si dovrebbe pensare ad un lavoro più flessibile recuperando risorse per un rinnovo contrattuale. Insomma, secondo il consigliere di Azione, sul lavoro pubblico così come sugli assetti istituzionali dei comuni, non c’è un ragionamento. Dire ai comuni: restate piccoli tanto ora potete assumere non significa avere un disegno. Anche perché poi, nel concreto, sul bilancio ci sono solo 100 mila euro per assumere personale. Sul capitolo imprese per il consigliere di Azione la sfida vera è quella di potenziare il capitale umano. Cioè formazione e internazionalizzazione. Inoltre, sul turismo vanno spese risorse per fidelizzare il personale. Per l’ex presidente della Giunta sarebbe meglio spostare di tre anni qualche lavoro pubblico, per indirizzare risorse per preparare un po’ di più il dipendenti del settore del turismo. I lavori pubblici, lo è stato dimostrato qualche anno fa, sono una sorta di doping che non rigenerano il sistema economico. Per Rossi infine, il contratto del commercio va rinnovato, anche a costo di metterci qualcosa.

Tonini: usare il rinnovo del contratto per riformare la Pa.

Giorgio Tonini (Pd) ha ricordato che la visione che sta venendo avanti a livello europeo e nazionale per far fronte alla più dura crisi dalla Seconda Guerra Mondiale vede un mix di risorse pubbliche e riforme. Riforme necessarie a rendere sostenibile il debito. La manovra della Giunta, ha affermato, mette nel sistema una quantità significativa di risorse e il timore di una crisi fiscale è stato fugato, anche grazie al confronto positivo col Governo e alla fine ci si trova di fronte a una prospettiva meno preoccupane rispetto allo scorso anno. Ma, ha ribadito Tonini, in questa manovra le risorse ci sono le riforme no. Vero che l’assestamento non è la sede delle riforme, ma lo è il Defp che guarda al 2022, 2023, 2024 e imposta la manovra per il bilancio di dicembre che andrà a scavalcare la legislatura. Al punto che, ha ricordato ancora una volta, l’ultimo bilancio di legislatura è stato quello dello scorso anno. Quindi, non si può perdere il 2022. Il Depf, ha continuato l’esponente dem, è molto serio, ma la parte programmatica vede un segnale di svolta rispetto al passato fissando un obiettivo di crescita superiore di uno 0,4% rispetto a quello nazionale. Un obiettivo che però è un “minimo sindacale” anche perché la crescita del 4% di palazzo Chigi è una media nazionale e la crescita prevista dalla Giunta starebbe a significare il rischio per il Trentino di uscire dagli standard del Nord. Bene che si punti a uno 0,4% rispetto alla media nazionale, ha detto Tonini, ma questa è la metà del problema. Nello stesso Defp si dice che il rischio non sta tanto nell’incremento del debito perché la crescita generata dovrebbe renderlo solvibile, ma nella scommessa di una ristrutturazione del sistema e nella crescita della produttività. Un tema che riguarda appieno anche il Trentino. Il governo Draghi, ha poi ricordato, è nato per fare le riforme per rendere sostenibile il debito e questo pare non riguardare la nostra provincia. Insomma, per Tonini, il Defp manca di un finale, quello appunto delle riforme. Prima tra tutte quella della pubblica amministrazione. A Roma, ha aggiunto c’è il ministro Brunetta che prova a fare una riforma della Pa e allora perché il Trentino non si può candidare ad essere il terreno di sperimentazione di queste riforme? Possibile che questa Giunta non senta l’ambizione a candidare il Trentino ad essere la punta di diamante delle riforme, invece di limitarsi al solo versante delle risorse che danno una spinta temporanea al Pil? C’è il tema dello smart working e c’è l’occasione del contratto che andrebbe usato per scambiare aumenti salariali con l’aumento di produttività. Il consigliere Pd, pur riconoscendo aspetti positivi, ha affermato che il suo giudizio sul Defp è negativo perché il Trenino non può essere indietro nel processo di cambiamento del Paese.
Marini: manca un raccordo tra produzione legislativa e i target del Defp.

Alex Marini (Misto – 5 Stelle) ha fatto il punto sul rapporto tra i processi democratici e l’efficienza della pubblica amministrazione. La Pat potrebbe migliorare l’aspetto della partecipazione, non solo dei portatori di interesse ma anche di idee, perché nelle audizioni si ascoltano alcuni soggetti ma, alla fine, c’è poco tempo per elaborare le proposte legislative. Si potrebbero usare strumenti telematici, sul modello del portale I – Democracy della regione siciliana. C’è poi il tema della programmazione legislativa e del suo rapporto con gli obiettivi del Depf. Marini ha fatto l’esempio del ddl dell’agricoltura bio che è stato inserito nella discussione consiliare in base al fatto che un gruppo di cittadini ha presentato un referendum e non in base ad una programmazione di legislatura. Nella relazione sullo stato di diritto dell’Ue, ha ricordato, si dice che le norme vanno messe in relazione al loro impatto ambientale e sociale, quindi ai target che i governi e i parlamenti si pongono. Una programmazione, ha detto ancora, che andrebbe a vantaggio dello sviluppo economico. Insufficiente, secondo Marini, la partecipazione popolare anche per ciò che riguarda il Consiglio e lo stesso Cal che potrebbe essere protagonista del processo legislativo e intervenire nel Depf. C’è poi il tema della semplificazione degli interventi sugli incentivi, per i quali andrebbero adottati parametri stabili nel tempo per i vincoli anche per rendere coerenti gli interventi di sostegno alle aziende con gli obiettivi, economici, sociali e ambientali, del Depf. Per ciò che riguarda le politiche della montagna non ci sono interventi organici e specifici. Quindi, bene il Depf molto meno il rapporto tra questo e la produzione normativa.

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