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CONFINDUSTRIA – TRENTO * “TRENTINO INDUSTRIALE” – EDITORIALE MANZANA: « ALLARME RUSSO, ANCHE L’ECONOMIA ALLA PROVA DEL CONFLITTO »

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11.54 - venerdì 15 aprile 2022

È online, a questo link, il nuovo numero di Trentino Industriale: “Allarme Russo. Anche l’economia alla prova del conflitto”. La rubrica di copertina del giornale è dedicata alle conseguenze della guerra in Ucraina, con la presentazione di sanzioni e contro-sanzioni, riflessioni di carattere geopolitico e un’analisi del nostro Centro Studi sull’andamento economico.

Di seguito l’editoriale del presidente Fausto Manzana.

 

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Emergenze e lezioni di unità

Siamo di fronte a una immane tragedia umana. Anche per chi, come noi, è chiamato ad occuparsi dell’impatto di questa nuova crisi sulle economie del territorio, il primo devastante dato di realtà, è questo. Non c’è nulla che possa essere paragonato alla guerra. Il secondo dato di realtà è nell’unità, che a livello Istituzionale come nelle manifestazioni spontanee dei singoli, delle Associazioni, delle Comunità, è capace di affermare quelle “ragioni della civiltà umana” richiamate di recente dal presidente Mattarella.

Nel nostro ruolo, siamo costretti a osservare che non abbiamo fatto in tempo a voltare una pagina che già se ne è aperta un’altra, parimenti dolorosa e problematica: per il numero, incredibile e inaccettabile, di vittime, e per le conseguenze su tanti soggetti già prossimi alla soglia di povertà. L’aumento dei costi di materie prime ed energia, saliti alle stelle già prima della guerra, grava sulle famiglie così come sugli stanchi bilanci delle imprese e della Pubblica Amministrazione, che a valle di questi due anni di pandemia faticano ad avere una stabilità, figuriamoci poi a far fronte a una nuova crisi. Secondo il Centro Studi Confindustria, anche nell’ipotesi più ottimistica che entro tre mesi si pervenga a una risoluzione diplomatica del conflitto, nel 2022 avremo una crescita del Pil dell’1,9%, e non più oltre il 4% come atteso, e dell’1,6% nel 2023.

Se la guerra in ucraina dovesse spingersi fino alla fine dell’anno, la crescita 2022 scenderebbe ulteriormente all’1,6%, e all’1% nel 2023. Se invece dovesse proseguire nel 2023, con l’anno a venire saremmo in recessione conclamata. Numeri che spaventano, e che richiamano all’urgenza di un’azione congiunta, immediata e lungimirante a sostegno non solo dell’attività delle imprese, ma anche e soprattutto della loro propensione a investire, che è fondamentale per la messa a terra del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. E su questo, una riflessione merita di essere fatta: dobbiamo selezionare investimenti che potremo permetterci di mantenere e che abbiano un ritorno economico. Ferma la transizione energetica, ferma la sostenibilità sociale delle nostre scelte, è forse il caso di concentrarci anche sulla loro sostenibilità economica: condizione necessaria per un successo che sia anch’esso sostenibile.

La crisi sanitaria non è completamente alle spalle, l’incremento delle materie prime e tra queste le commodity del settore alimentare porteranno alla fame milioni di persone nel mondo e spingeranno molte famiglie dentro la soglia di povertà anche nel nostro Paese. Abbiamo un incredibile numero di authority ma nessuno è in grado di quantificare e stroncare la speculazione finanziaria sui prodotti necessari a imprese e famiglie per vivere dignitosamente. Rammentiamo come l’interconnessione delle economie ci porti a vivere in un solo grande mercato e che le sanzioni verranno pagate dal popolo russo e da tutta l’umanità a partire dalla povera gente. Il nostro Paese ha la straordinaria capacità di unirsi nelle emergenze e di dividersi non appena l’emergenza sembra superata. Dovremmo imparare invece a preservare questa unità anche “in tempo di pace”: ci sono scelte che ci attendono da sempre. Smettiamo di annegarle in una sterile dialettica che si traduce di fatto nell’incapacità di prendere decisioni strategiche di lungo termine.

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