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“COMITATO LEGALITÀ E TRASPARENZA TRENTINO“ * PFAS: « INQUINAMENTO FIUME ADIGE, ESPOSTO A PROCURE ROVERETO – VERONA – PADOVA – VENEZIA – ROVIGO » (VIDEO)

Scritto da
15.48 - lunedì 26 giugno 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rovereto;
Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona;
Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova;
Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia;
Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo;

per i danni derivanti dall’inquinamento del fiume Adige lungo il suo percorso.

Esposto

Il Comitato per la Legalità e la Trasparenza del Trentino in persona della sua legale rappresentante Gloria Canestrini, nata a Rovereto il XXXXX e residente a Rovereto XXXXX, e l’Associazione Rinascita Rovereto nella persona del suo rappresentante Germano Fatturini, nato a XXXXX e residente a Rovereto in Vicolo Tintori 16, con sede a Rovereto, via Campagnole 30, espongono quanto segue.

 

 

Abbiamo appreso da numerosi articoli usciti recentemente sulla stampa che:

1. al depuratore di Rovereto giungono rifiuti contenenti sostanze dette PFAS, ossia sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, un gruppo di componenti chimici artificiali utilizzati in varie produzioni industriali (quali, ad esempio, l’impermeabilizzazione dei tessuti, il rivestimento delle pentole antiaderenti in teflon, la produzione di schiume antincendio, di vernici e detergenti) sostanze pericolose solubili in acqua che se irrimediabilmente disperse si accumulano nell’ambiente e negli esseri umani causando varie forme di patologie tumorali a carico di reni, fegato e testicoli, danni al fegato, colite ulcerosa, ridotta immunità, problemi di fertilità ed altri effetti negativi per la salute. Essendo tali agenti chimici qualificati come interferenti endocrini ormonali risultano dannosi per l’organismo a qualunque concentrazione e, una volta dispersi nell’ambiente non è più possibile rimuoverli. Qualora presenti nelle falde d’acqua del sottosuolo il solo modo per evitare la diffusione ambientale è quello di non mobilizzare le acque, cosa che invece non è accaduta e non accade laddove, come di seguito riportato, l’industria attinge per le proprie lavorazioni alle falde, reimmettendo poi le acque contaminate in ambiente, spesso anche utilizzando piccoli corsi d’acqua superficiali come, ad esempio, il Rio Coste, un bel ruscello di Rovereto divenuto una cloaca chimica.

2. nella zona industriale di Rovereto, area dell’ex industria Gallox (produzione galvanica)ora di proprietà del gruppo BNP Paribas, si sono accumulate dette sostanze, che poi, essendo idrosolubili, finiscono in falda e successivamente in Adige.Ciò è particolarmente grave, atteso che possono passare nella catena alimentare sia per quanto riguarda la pesca nel fiume che nel mare.

3.nella zona ove sorge lo stabilimento Sunfarma a Lizzana di Rovereto sussiste una mobilizzazione ad uso industriale delle falde acquifere, laddove le acque pulite attinte vengono utilizzate per diluire le lavorazioni. Ciò parrebbe ancor più grave allorché nel rilascio delle acque inquinate siano riscontrabili anche i PFAS, particolarmente pericolosi perché indistruttibili (l’incenerimento può dare risultati solo sotto una soglia minima di contaminazione) e dichiarate a livello internazionale “sostanze performative pericolose per l’umanità”. A tale proposito si veda l’intervento dei NAS nel 2020.

 

La situazione testé descritta presente in entrambi i siti sopraindicati è nota all’Agenzia Provinciale per la protezione dell’ambiente (APPA) con sede a Trento sin dall’anno 2019 e, sino alle inchieste giornalistiche sopra richiamate, non è stata resa nota.

In base al Regolamento europeo sui POPS (Regolamento UE 2019/1021, i rifiuti contenenti le sostanze PFAS andrebbero inceneriti e, solo in deroga a quest’obbligo (si veda comma 2) , trattati adeguatamente mediante osmosi inversa per impedire che fuoriescano dai depuratori, come da anni accade in Veneto con i percolati di discarica.
Anziché adottare tutti i dispositivi e gli interventi oggi conosciuti, atti a prevenire la diffusione nell’ambiente dei PFAS, di recente alcuni dirigenti provinciali hanno pubblicamente dichiarato: “Siamo certi che non ci sono danni alla salute dei cittadini per colpa dei PFAS… Le concentrazioni rilevate, comunque, non sono tali da mettere a rischio la salute”.

Oggi sappiamo che le prime indicazioni di contaminazione della falda a Rovereto risalgono al 2017 e riguardavano il cromo esavalente. Il gruppo bancario attuale proprietario dell’area aveva avviato di conseguenza la bonifica, ma successivamente, constatata la presenza di PFAS, questa è stata interrotta e ci si è limitati alle analisi e a un saltuario monitoraggio, che peraltro ha rilevato la presenza di tali sostanze pericolose.

Come si è detto, attualmente i dirigenti provinciali di APPA sostengono l’insussistenza di un significativo rischio per la salute umana, esprimendosi in tal senso anche nella loro partecipazione via meet alla Commissione ambiente del Comune di Rovereto tenutasi il 14 giugno 2023. (In tale sede il Direttore generale di APPA dott.Enrico Menapace e il Dirigente del Settore controlli e autorizzazioni di APPA ing. Gabriele Rampanelli si sono palesemente contraddetti , escludendo dapprima che i PFAS finiscano in Adige, ma confermando poi, a domanda di un Consigliere, che le sostanze arrivano al fiume attraverso il Rio Coste). Anche i dirigenti dell’Azienda sanitaria trentina si sono espressi ufficialmente in tal senso: “ Si ritiene opportuno evidenziare che i livelli di contaminazione riscontrati nei punti esterni dell’area in parola sono significativamente inferiori ai valori limite per l’acqua ad uso potabile, rappresentando il fatto che detto utilizzo rappresenta la via espositiva più rilevante per la salute…”.

Da parte dell’organo di governo locale preposto alla sicurezza e alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica, ossia il Sindaco della città di Rovereto dott. Francesco Valduga (oltre che sindaco anche medico oncologo e quindi probabilmente edotto della pericolosità intrinseca delle sostanze inquinanti in parola), non si è realizzato alcun intervento né informativo né fattivo in ordine all’accertamento dei fatti e all’applicazione delle norme di bonifica, da attuarsi mediante opportune nonché doverose ordinanze, circa:

a) l’interruzione (accertata la provenienza dei contaminanti da tale sito) dei conferimenti di percolato proveniente dalla discarica della Maza di Arco (TN) nel depuratore di Rovereto ( che continuano a pervenire al depuratore di Rovereto mediante cisterne da trenta tonnellate a carico, fatti che già sembrerebbero configurare l’ipotesi di ripetuto illecito, atteso che il percolato viene qualificato come rifiuto e come tale non potrebbe mai essere conferito in un depuratore, a maggior ragione se contaminato da PFAS).

b) La prescrizione urgente della bonifica dell’area Gallox nella zona industriale di Rovereto, e ciò ai sensi della Legge n.319 del 3 giugno 1976, che prevede l’obbligo di bonifica dei siti inquinati (così anche L.426/1998, D.Lgs 152/2006).
Si riassumono qui sinteticamente i mancati, pur doverosi, interventi a livello comunale: valutazione degli impatti ambientali, richieste di bonifica ai proprietari dei siti, avvio delle operazioni necessarie per la rimozione delle sostanze pericolose e il ripristino del suolo, richiesta di deposito di cauzioni per garantire l’esecuzione dei lavori di bonifica, controllo dell’esecuzione dei lavori di bonifica, applicazione di sanzioni verso i soggetti responsabili dell’inquinamento ambientale, comunicazione dei rilasci di sostanze potenzialmente pericolose per la salute ai sensi del cogente Regolamento Unione Europea n.1021 del 2019, qui integralmente richiamato.

Per finire, a una specifica interrogazione presentata in Consiglio Provinciale dal Consigliere Filippo Degasperi, l’Assessore Mario Tonina rispondeva, tra l’altro, che “nei percolati delle discariche sono comunemente presenti PFAS “e che” nel percolato della discarica di Arco “non si tratta di un’enorme presenza di PFAS”, (omettendo con ciò il fatto che parte di tale percolato viene poi trasferito al depuratore di Rovereto, sguarnito di sistema di osmosi inversa, l’unico che, sotto una specifica soglia di contaminanti PFAS, possa impedire la dispersione nell’ambiente delle sostanze in parola). Quanto alle quantità riscontrate di detto gruppo di sostanze nella discarica di Arco, l’”enormità” parrebbe invece raggiunta, solo a considerare la presenza rilevata di 7800 nanogrammi litro.

Ciò premesso, data l’incertezza, la superficialità e la contraddittorietà e l’omertà degli stessi Enti preposti ai controlli, ci si chiede:

A. Con quali criteri, in che periodi e in quali zone specifiche siano state effettuate le rilevazioni relative ai PFAS nell’area industriale di Rovereto e nella zona ove è situato il depuratore di Rovereto;

B. Se sia stata messa a punto ai sensi di legge la Mappa dell’area di esposizione a PFAS, così come invece fatto dalla Regione Veneto ( DGR n.691/2018) attraverso molteplici monitoraggi di falde e corsi d’acqua.

C. Quale sia attualmente l’attività di controllo e monitoraggio della contaminazione delle acque superficiali a Rovereto, posto che la contaminazione è comprovata dalle rilevazioni eseguite. Certo è una fortuna per i cittadini roveretani che l’acqua potabile non provenga dalle falde ma sia costantemente erogata attraverso la sorgente di Spino in Vallarsa, posta a monte della città: rimane però il fatto che, qualora le acque provenienti dal depuratore e dai siti Gallox e Sunfarma siano contaminate, vengano poi immesse in Adige, inquinando irrimediabilmente questo fiume che lambisce poi diverse città.

D. Perché non sia stata mai eseguita la valutazione dell’esposizione pregressa della popolazione residente nelle due aree maggiormente esposte con uno studio di biomonitoraggio biologico e per una compiuta conoscenza dei livelli di emungimento delle falde.

E. Se corrisponda al vero che la Provincia Autonoma di Trento abbia redatto un proprio Regolamento che disciplina il conferimento nei depuratori ove non siano opportunamente distinte le sostanze ivi sversate.

Si chiede pertanto che la Procura in indirizzo voglia accertare, qualora sussistenti, le eventuali responsabilità penali a carico di:

Menapace Enrico (qualifica in epigrafe), Rampanelli Gabriele (qualifica in epigrafe), Tonina Mario (Assessore provinciale all’Urbanistica, Ambiente e Cooperazione), Valduga Francesco (qualifica in epigrafe), Segnana Stefania (Assessore provinciale alla salute, politiche sociali, disabilità e famiglia), Gatti Giovanbattista (titolare autorizzazioni conferimenti al depuratore) e quanti altri dirigenti preposti alle attività sopra richiamate ( ed eventuali altre, quali l’ADEP, Agenzia per la depurazione che affianca l’APPA nel rilascio delle autorizzazioni per lo smaltimento, l’APOP, ossia l’Agenzia per le opere pubbliche, l’APRIA, l’Agenzia che autorizza lo sfruttamento delle risorse idriche) )dovessero essere individuati in ordine alle supposte condotte attive o omissive da essi commesse in ordine ai fatti testé esposti. Si chiede che nelle relative condotte vengano ravvisati tutti gli eventuali reati perseguibili in relazione alle seguenti fattispecie : disastro ambientale in concorso, omessa bonifica, impedimento del controllo, falsità in atti, lesioni colpose, getto di sostanze pericolose, omissione di atti d’ufficio, e quante altre ipotesi di reato dovessero emergere dall’istruttoria.

A tale proposito, si chiede di disporre, se necessario, perquisizioni locali, procedendo all’eventuale sequestro dei summenzionati siti e l’acquisizione alla fonte della documentazione necessaria presso gli Enti citati in narrativa. Si chiede espressamente di essere notiziati in caso di richiesta di archiviazione.

Con osservanza

Rovereto, lì 26 giugno 2023

 

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Gli esponenti
Gloria Canestrini
Germano Fatturini

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