Green Pass nelle chiese. Dopo la passività dimostrata ai diktat statali che imponevano la chiusura dei luoghi di culto nel corso dei lockdown a contenimento dell’emergenza Covid-19, fa discutere la possibilità – evocata recentemente da alcune figure del clero apicale – di estendere l’utilizzo della certificazione verde per accedere alle chiese e per ricevere i sacramenti. È evidente che siano ormai un lontanissimo ricordo le manifestazioni di fede che vedevano sacerdoti e fedeli convocarsi e riunirsi nei luoghi di culto per invocare l’intervento divino contro i flagelli come guerre, persecuzioni, calamità, epidemie e altro ancora. Al giorno d’oggi, è brutto dirlo, novene, processioni, invocazioni paiono essere cose superate. Pare quasi non ci sia più spazio per queste esternazioni, forse non ci si crede più, forse i miracoli non sono più di moda.
È triste dover constatare come la religione cristiana, in questo frangente storico, dia l’impressione di aver abbandonato lo spirito delle origini, dove non a caso si parlava di “celebrazione” dell’eucarestia con pane e vino simboli tanto dell’evoluzione di una società, quanto di festa e comunità. E’ evidente a tutti che una Chiesa esclusiva, dai posti limitati, senza liquidi nelle acquasantiere ma con il dispenser di soluzione igienizzante posto ben in vista all’entrata e senza la possibilità di scambiarsi il segno della pace è come una casa senza focolare, dove non solo si è rinunciato al tentativo di riunire tutta la famiglia cristiana ma si è pure tolto lo sguardo dal cielo nella convinzione che siano la scienza e la razionalità a dover svolgere la parte degli attori principali sul palco delle nostre vite e dove Dio è relegato a un ruolo di secondo piano, finendo per diventare l’estraneo eccellente della nostra storia.
Si presti ben attenzione, le mie parole non vogliono essere un invito alla selvaggia liberalizzazione dei comportamenti all’interno dei luoghi di culto, quanto piuttosto un monito nei confronti di coloro che hanno abbandonato gli attrezzi sul campo appena hanno visto l’approssimarsi delle nuvole, nell’immotivato timore che un temporale finisse per bagnarli. Nel corso della storia, i momenti difficili hanno sempre finito per rinsaldare la fede cristiana nella convinzione che la sofferenza non andasse rifuggita, quanto piuttosto accolta quale missione di vita in grado di avvicinare i fedeli all’esperienza in croce del Cristo.
Per essere dei buoni fedeli, infatti, non basta solamente credere in Dio, occorre anche che il credo si estrinsechi in comportamenti, riti, preghiere che pur senza alcunché di scientifico e senza che siano in grado di garantire qualcosa si ripetono da secoli nella convinzione – tutta primitiva e al tempo stesso spirituale – che l’uomo, da solo, non può salvarsi né tanto meno essere salvato.
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Cons. Claudio Cia
Presidente del Gruppo Consiliare Fratelli d’Italia – Consiglio provinciale Trento