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BRUNO DORIGATTI * LAVORO NERO: « DI FRONTE ALLA REAZIONE PUBBLICA DELL’ASSESSORE PAT SPINELLI NON SI PUÒ CHE RIMANERE ESTERREFATTI »

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11.46 - martedì 24 agosto 2021

Davanti  alla questione sollevata nei giorni scorsi dalla stampa locale sul “lavoro nero” in Trentino e di fronte alla reazione pubblica dell’Assessore competente non si può che rimanere esterrefatti.

Se da un lato i dati della Cgia di Mestre (ndr – sotto il lancio Agenzia Opinione), ovvero dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese e non quindi di  un’emanazione della sinistra militante, parlano di  una platea calcolata pari a 26.700 lavoratori “in nero” , dall’altro la minimizzazione operata dalla Giunta provinciale, che riduce tutto a qualche errore dovuto ad algoritmi matematici, rende l’intera vicenda oltremodo preoccupante anche perché sovrappone un problema ulteriore alla già complessa situazione del mercato del lavoro trentino ed italiano in genere.

Le stime fatte dall’organizzazione di ricerca degli artigiani veneti, cioè di un territorio che sicuramente non è governato dal tanto vituperato centrosinistra ed è anzi fiore all’occhiello del leghismo più avanzato, parlano comunque di irregolarità pari all’ 8,8% e si riferiscono soprattutto a categorie di lavoratori stranieri e deboli, prevalentemente attivi nei settori stagionali come agricoltura, turismo e l’edilizia.

Sarà pur vero che si tratta di calcoli errati, di dati sovrastimati, di esiti impossibili in un territorio che è  fedele alla fiscalità; sarà pur vero che gli ispettori del lavoro fanno controlli regolari e costanti; sarà pur vero che non c’è alcun problema, ma la realtà sembra ben diversa da come la vorrebbe dipingere l’ottimismo ad ogni costo della Giunta provinciale e si tratta di una realtà ricca di incognite e domande irrisolte.

E’ ormai evidente che le politiche attive  del lavoro non sono il terreno prediletto di questa maggioranza provinciale. Altri sono gli orizzonti di interesse, come i concerti e i grandi eventi a carico delle casse pubbliche. Eppure non si può nascondere l’evidente carenza di ogni minima programmazione nelle politiche del lavoro e dell’occupazione; l’abbandono nel quale è stato lasciato uno strumento eccezionale come l’ Agenzia del Lavoro; la palese preferenza accordata dalla politica alle imprese, trascurando quasi completamente i lavoratori e la malcelata sopportazione dell’impiego pubblico, troppo spesso e frettolosamente iscritto nelle categorie del “parassitismo”, dimenticando come una quota non proprio ultima del reddito provinciale viene dal lavoro pubblico dipendente.

Questa è oggi la situazione delle politiche del lavoro.

Manca evidentemente una globalità di intervento; manca una sintesi fra governo e una cultura del mercato del lavoro, nuovi incentivi, collocamento e formazione professionale; manca una qualche minima volontà di concertazione, mentre si inseguono superati modelli che non tengono conto del cambiamento sociale ed economico, della diversità del conflitto sociale e della crisi della politica dovuta sostanzialmente alla scissione fra libertà e responsabilità. In una parola insomma, manca la politica e tutto pare ridursi alla singola vertenza, al problema individuale, alla parcellizzazione delle istanze. E così ci si ritrova a dibattere sull’ aumento di stipendio a qualche “fedelissimo”, piuttosto che sui diritti vecchi e nuovi, adattando tutto alla liquidità del contingente e lasciando il sistema in balia di un mercato del lavoro selvaggio, senza regole né obiettivi, in sintesi senza  futuro.

Quello che pare essere incomprensibile per le attuali maggioranze è la centralità della persona in quanto lavoratore e produttore di un profitto giusto e non ingordo; è la difesa dei posti di lavoro davanti all’invadenza della tecnologia; è l’urgenza di tutele e diritti schiacciati dalla pandemia, anziché di vincoli astratti. Fino a quando ciò non diventerà parte fondamentale delle scelte politiche ed amministrative, la situazione di oggi non rimarrà invariata, ma sarà destinata a peggiorare ulteriormente, declinando verso forme di lavoro che ricordano troppo bene lo sfruttamento totale, segnato appunto dal “lavoro nero”, che caratterizzò epoche trascorse e che innescò quei conflitti sociali prima e politici poi con i quali si macchiò il Novecento.

 

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Bruno Dorigatti

Già Presidente del Consiglio provinciale di Trento

 

 

CGIA MESTRE * LAVORO NERO – 2019: « IN ITALIA IL TASSO DI IRREGOLARITÀ È DEL 12.8% / LA MAGLIA NERA SPETTA ALLA CALABRIA (22,0%) / AL QUINTO POSTO IL TRENTINO (4,1%) »

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