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ASSOCIAZIONE “ STATI GENERALI DELLE DONNE ” * CASO PEDRI: COGO E CHILLÀ, «L’ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE INTERNA APSS NON GARANTISCE IL NECESSARIO DISTACCO E OBIETTIVITÀ DELL’INDAGINE »

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09.57 - giovedì 24 giugno 2021

All’attenzione dell’Assessora Stefania Segnana.

Gentile Assessora,

nella qualità di aderenti all’associazione “Gli Stati Generali delle Donne”, che si occupa della promozione delle Donne e di tutelarne i legittimi interessi, siamo a chiederLe se il reparto di Ostetricia e Ginecologia, presso l’ospedale Santa Chiara di Trento, sia nelle condizioni di offrire le migliori prestazioni sanitarie.

Le notizie circa un clima difficile e poco sereno esistente nel reparto gestito dal dott. S. Tateo sono decisamente molto diffuse e pare siano accompagnate dal timore di esporsi nel denunciarne l’esistenza.

L’istituzione di una Commissione interna, presieduta dal dott. A. Ferro, non rassicura, giacché riunire nei membri della commissione le figure del controllore e del controllato, non garantisce il necessario distacco e obiettività dell’indagine, tanto più che le condizioni di tensione e il notevole tourn-over siano elementi già noti, ma mai considerati critici o anomali dai dirigenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale.

La scomparsa della dott.ssa Sara Pedri, che ha rassegnato le dimissioni in un’ora insolita, di notte alle 23.00, forse a seguito di un’esasperazione, giacché avrebbe confidato di sentirsi “terrorizzata” nello svolgere l’attività professionale nel reparto dell’ospedale e la cui formazione universitaria pare venga “derisa per gli studi a Catanzaro” (questo il titolo di un articolo apparso sulla Gazzetta del Sud dd.19/06/21), non è l’unico caso e un precedente clamoroso è costituito dalla vicenda che ha riguardato la dott.ssa E. Giaculli.

In data 1 giugno 2012, la dott.ssa E. è stata assunta dall’APSS, con contratto a tempo indeterminato, presso il reparto del dott. S. Tateo, in data 22 novembre 2012, a seguito dei giudizi negativi formulati in merito al periodo di prova, l’Azienda ha deciso la risoluzione del rapporto di lavoro.

Tempestivamente la dott.ssa ha impugnato il licenziamento, contestando l’illegittimità dello stesso.

Il giudice ha affidato una CTU ad un esperto, che rispondendo ai quesiti del giudice ha stabilito che la dott.ssa E. ”ha operato secondo i criteri della corretta pratica clinica “.

Successivamente, quindi, le parti hanno avviato trattative per la soluzione transattiva della controversia, addivenendo nel settembre 2015 ad una conciliazione, con la revoca del licenziamento e la dichiarazione dell’avvenuto superamento del periodo di prova, al rimborso delle spese legali e di consulenza sostenute dalla dott.ssa E. ed infine, al pagamento delle spese del CTU da parte dell’Azienda.

Sarebbe utile capire se l’Azienda, a fronte della perizia del CTU e della soluzione della controversia in via conciliativa, che ha fatto registrare punti a sfavore dell’Azienda, che ha dovuto rinnegare, il licenziamento, i giudizi negativi del periodo di prova, l’esborso risarcitorio di migliaia di euro, abbia poi ritenuto di dover adottare un qualsiasi provvedimento oppure abbia ritenuto irrilevante la vicenda.

La dott.ssa E. ha poi vinto altri due concorsi a tempo indeterminato in altre Regioni e attualmente è assunta con incarico a tempo indeterminato in un Ospedale italiano.
La stessa afferma che i 6 mesi trascorsi presso il reparto siano stati drammatici, perché era oggetto di continue vessazioni pubbliche da parte del dott. Tateo, che la umiliava quotidianamente durante le riunioni di staff e non solo, in sua assenza chiedendo chi avesse da riferire circa la sua incompetenza e a fronte di attestazioni di adeguatezza e stima, in presenza e in sua assenza, da parte delle colleghe o dei colleghi, rimaneva stizzito e intimava loro di stare zitti.

Ciò che la dott.ssa E. ha trovato davvero sconcertante, nel momento in cui ha dovuto e voluto difendersi da un licenziamento ingiusto, è stato l’atteggiamento indisponibile registrato, infatti ha cercato d’interloquire con il Primario, che non ha mai accettato un confronto, intimandole solo il silenzio. La dott.ssa ha inviato ben 9 raccomandate alla dirigenza dell’Azienda, senza mai ottenere risposte e men che meno la possibilità di un colloquio.

Tutto ciò detto, è auspicabile che la Commissione sia istituita in modo tale da garantire l’inesistenza di conflitti d’interesse e dunque di specchiata imparzialità e che la dott.ssa E. sia audita.

Infine, va fugato il sospetto che nel reparto vi sia un atteggiamento discriminatorio nei confronti delle giovani professioniste e a tal riguardo si auspica che tra i compiti della Commissione vi sia il vaglio anche di tale aspetto.

In attesa di essere ricevute, Le inviamo cordiali saluti

 

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Margherita Cogo, membro del Comitato Scientifico degli Stati Generali delle Donne
Minella Chillà, responsabile regionale degli Stati Generali delle Donne

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