(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Michele Malfer, insegnante e Consigliere provinciale, interviene in merito all’accordo siglato tra Provincia, le Procure ordinarie e la Procura dei minorenni.
“La scuola non può diventare un Tribunale dell’Inquisizione. E’ questo il rischio paventato dagli avvocati della Camera Penale di Trento e dagli psicologi dell’Ordine trentino, e lo ribadisco anch’io: l’intesa siglata dalla vicepresidente della Provincia di Trento, Francesca Gerosa, con la Procura generale, rischia di rovesciare sull’istituzione scolastica un modello esclusivamente sanzionatorio. Il risultato sarebbe una corsa alle denunce, alimentata dalla paura di incorrere in omissioni e dall’assenza di quei percorsi di prevenzione, mediazione e supporto indispensabili per sostenere gli studenti in difficoltà.
Una delle critiche principali riguarda il metodo con cui il protocollo è stato definito. Senza il coinvolgimento del Garante per i Minori, degli psicologi, dei neuropsichiatri e delle rappresentanze dell’avvocatura, si è scelto un approccio calato dall’alto, che trascura la natura educativa della scuola. Lo spazio scolastico, infatti, dovrebbe favorire la crescita personale e l’integrazione, intervenendo solo in ultima istanza con la segnalazione formale all’autorità giudiziaria. Pur riconoscendo che l’intento del protocollo potrebbe, forse, essere anche astrattamente lodevole, è evidente che l’approccio adottato è profondamente errato. Una denuncia prematura può esacerbare problemi già complessi, trasformando i ragazzi in imputati invece che in soggetti da ascoltare e aiutare. La letteratura pedagogica indica chiaramente che la collaborazione tra famiglie, docenti, operatori sociali e psicologi rappresenta la strategia migliore per affrontare il disagio minorile.
Prima di rivolgersi ai magistrati, servono interventi integrati: mediazioni tra pari, incontri formativi, sostegno psicologico e colloqui con le famiglie. Anche in caso di bullismo o cyberbullismo, prima di varcare le soglie della Procura bisognerebbe privilegiare percorsi di giustizia riparativa e di responsabilizzazione individuale. Per arrivare a un modello equilibrato occorre un tavolo di confronto inclusivo. La Provincia di Trento dovrebbe sospendere il protocollo e avviare una co-progettazione con tutte le parti coinvolte: insegnanti, dirigenti, psicologi, assistenti sociali, avvocati e il Tribunale per i Minori e il Garante dei Minori.
Si potrebbe così elaborare una formazione specifica per il personale scolastico, imparando a distinguere comportamenti occasionali da veri segnali di malessere. La segnalazione alla Procura va prevista solo se nessun altro strumento educativo o clinico risulta efficace. Se davvero l’obiettivo è tutelare i ragazzi, dobbiamo rendere la scuola un luogo di dialogo, non di repressione. Agire in fretta, dall’alto, e senza un progetto condiviso produce insicurezza tra gli operatori scolastici e distorce la loro missione. La via da seguire è chiara: far dialogare le istituzioni e le professionalità, formare il personale sul piano giuridico e psico-pedagogico, coinvolgere le famiglie in un rapporto di fiducia e riservare la denuncia all’autorità giudiziaria alle circostanze più gravi. Solo così la scuola potrà rimanere davvero un luogo di crescita, in cui gli studenti si sentano protetti e seguiti, non giudicati o temuti”.
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Michele Malfer, insegnante e Consigliere Provincia autonoma Trento