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LUCA MARSILLI * “CIRCOLO UNIVERSITARIO CITTADINO ANNI ’50 E ’60“: « PRESENTAZIONE ARCHIVIO “CUC“ CON BALLARDINI – ROBOL, A ROVERETO 27/4 (17.30) »

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15.30 - mercoledì 26 aprile 2023

Nel 1947, a Rovereto nasceva l’Associazione Universitari Rovereto. Erano studenti che tornavano in Facoltà dopo gli anni della Guerra e, alcuni di loro, la resistenza. Associazione schiettamente culturale e nettamente orientata a sinistra. Nel 1953 una scissione non indolore portava alla nascita del Cuc: Circolo Universitario Cittadino. Di ispirazione più moderata, ma soprattutto più attento alla componente goliardica della vita di studenti. Primo presidente Giampaolo Ferrari, sede nei locali al piano terra del Circolo Italia: palazzo del Ben, in piazza Rosmini. L’Aur una sede fisica non l’aveva mai avuta.

E arriviamo a noi: il Cuc è stato attivo dal 1953 al 1968, quando la contestazione ha spazzato via, col resto, anche la goliardia. I verbali dell’attività del Cuc erano rimasti in mano a tre soci: Piergiorgio Plotegher, Bruno Ballardini e Mauro Lando. Ormai quasi due anni fa, mi avevano proposto di riordinarli e ricavarne un lavoro che potesse fare da presentazione: i materiali sono stati donati agli archivi della Biblioteca Civica. Il risultato è un lavoro per ora ancora inedito che affianca un rapido sunto dei verbali ad alcuni approfondimenti sui temi toccati (vita del Cuc ma anche vita cittadina: i balli, lo sport, la musica, le associazioni culturali, la politica…) e a 16 interviste, a protagonisti di quegli eventi e di quel periodo storico.

Di Aur e Cuc, le due associazioni di studenti universitari vissute a Rovereto dal 1947 al 1968, non avevo mai sentito parlare. Quando all’inizio del 2022 Bruno Ballardini me ne ha accennato, vivevo un momento di eccesso di tempo libero. L’idea di riempirlo in parte con un approfondimento sulla Rovereto dei miei genitori, in cui si muovevano ragazzi o bambini quelli che ho conosciuto da uomini fatti e sono stati i miei dentisti, i miei professori, i miei sindaci, i miei medici, mi era subito piaciuta.

Ballardini, nei pomeriggi interminabili della reclusione domestica da pandemia, aveva ritrovato uno dei quaderni verbale del Cuc. Una serie di telefonate ai compagni di associazione in quegli anni, aveva permesso di recuperarli tutti. Cosa abbastanza miracolosa, considerato che quei verbali hanno guadato 60 anni di vite familiari. Per evitare che andasse disperso, avrebbero donato tutto quel materiale agli archivi della Biblioteca: lì si raccoglie la memoria di Rovereto e lì quei verbali potevano superare la dimensione di cimelio, per diventare testimonianza e occasione di conoscenza.

Volevano però anche tentare un lavoro di rapida analisi e rilettura di quei materiali. Pensandolo come riordino ma anche come riferimento, come segnale visibile e “facile” che potesse ricondurre alla mole di documenti messa al sicuro negli archivi.
Questo lavoro nasce con questo spirito: essere un segnale. E con una premessa essenziale: chi ci si è misurato non è uno storico, ma un giornalista. E l’approccio mentale è completamente diverso: il giornalista si prende tutta la libertà e responsabilità di valutare non solo se e quanto un elemento è “importante” ma anche, e forse di più, quanto possa essere “interessante”. Magari anche nella forma più futile. Questo era l’unico modo in cui mi sentivo in grado di affrontare questo compito. Quindi ricostruire la storia del Cuc, ma contestualizzandola nella vita roveretana di quegli anni. E farlo raccogliendo le testimonianze di chi ha vissuto sia il Cuc che la Rovereto di allora.

Se una conclusione si volesse tentare, da uomo che nel 1968, quando il Cuc spariva spazzato via dalle folate rabbiose della contestazione, aveva 4 anni, potrei dire che alcune cose mi hanno sorpreso più di altre.

La prima: anche il mio dentista, il mio sindaco, il mio professore sono stati ragazzi. E il loro modo di essere ragazzi non è stato così diverso dal mio.

La seconda: la società del secondo dopoguerra era molto meno classista di quanto immaginassi. La classe dirigente che si stava formando era solo in minima parte figlia di borghesi e professionisti, mentre la maggior parte di loro partiva con un solo paio di pantaloni e la camicia cucita dalla tela di un paracadute tedesco. Si sono costruiti classe dirigente: non lo sono nati.

La terza: nella Rovereto che rinasceva dopo le bombe alleate e viveva la sua rapida industrializzazione, c’erano una voglia di divertirsi e una vita sociale molto ricche.

La quarta: quella Rovereto riconosceva ai suoi giovani piena dignità di cittadinanza.

Ultimo: la politica era elemento fondamentale nella vita culturale e cittadina ma anche nella formazione individuale dei ragazzi.

Il Cuc cessa di esistere con il Sessantotto. Lo studio cessa di essere visto come privilegio per diventare, almeno negli intenti, vero e proprio diritto collettivo: una associazione goliardica non aveva probabilmente più senso. Durante questo lavoro, due delle persone che avevano avuto ruoli importanti nel Cuc ci hanno lasciato. Con Pier Giorgio Plotegher ho avuto il tempo e il piacere di parlare: la sua è stata la prima intervista raccolta. Guido Falqui Massidda a inizio lavoro non stava bene: l’incontro è stato rimandato un paio di volte; purtroppo un miglioramento non sarebbe arrivato mai. Gli amici di oggi e di allora hanno voluto dedicare questo lavoro a loro. Del materiale fanno parte parecchi scritti di Bruno Ballardini, che ha seguito passo passo anche il mio procedere, ma si è speso pure direttamente nell’integrarlo.

 

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