(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
///
Trento Nord: barriera idraulica reale o virtuale? Nella questione del SIN di Trento c’è un convitato di pietra ed il suo nome è “barriera idraulica”. Una barriera idraulica è un sistema di pozzi opportunamente posizionati per abbassare il livello di falda e obbligare il flusso della falda a scendere di quota fermando il deflusso superficiale, e contestualmente, portare gli eventuali inquinanti ad essere estratti dai pozzi medesimi grazie ad un sistema di pompaggio. In inglese il sistema viene definito “pump and treat” (pompare e trattare) cogliendo il senso dinamico del processo, in cui il pompaggio è elemento essenziale.
Le barriere idrauliche sono tipicamente poste ai limiti dell’area contaminata ed usufruiscono di consolidate tecnologie per funzionamento e resa ottimali. Tra le suddette tecnologie sono fondamentali elettropompe sommerse in grado di catturare i flussi idrici inquinanti derivanti dalla depressione piezometrica. Le acque emunte vengono trattate attraverso un sistema di assorbimento dei solventi organici (pozzo-barriera) e di risanamento, così da arrestare integralmente la propagazione verso valle dei contaminanti. Tale sistema estrae le acque contaminate inviandole al trattamento (anche attraverso tecnica di bonifica Pump&Treat) e, quindi, allo scarico in pubblica fognatura.
In sostanza la barriera è costituita di una serie di pozzi cosiddetti piezometrici che deprimono il livello di falda, atti anche a funzionare da elementi di misura della falda stessa ma ad essi deve essere accoppiato un sistema di pompaggio che serve ad estrarre l’acqua del pozzo nella quale si concentrano gli inquinanti; solo in questo modo essi non possono proseguire il loro viaggio sotterraneo. La sequenza di pozzi senza le pompe può alterare momentaneamente il livello di falda ma non è in grado di bloccare il deflusso degli inquinanti.
Se escludiamo il pompaggio e costruiamo solo una linea di pozzetti o di pozzi piezometrici avremo una alterazione del livello di falda all’altezza della linea dei pozzi ma gli inquinanti continueranno a defluire con la falda medesima.
Si tratta di un sistema ingegnoso che impedisce con una semplice azione fisica il deflusso dell’inquinamento, ma a patto di intercettarlo e incanalarlo in un sistema di depurazione o di bonifica; i tempi di azione di questi sistemi semplici sono dell’ordine degli anni.
Non a caso nell’unico altro sito SIN sovrapponibile a quello di Trento Nord per storia e tipologia di inquinanti, ossia il SIN di Fidenza, il Comune di Fidenza ha dichiarato che preoccupazioni e spesa principale nell’intervento di bonifica sono derivate proprio dalla gestione della barriera idraulica, i cui liquidi estratti dovevano essere depurati ed avviati in depositi opportuni anche in altri paesi europei. I tecnici di Fidenza hanno fornito i dati dei volumi depurati, le spese sostenute e le destinazioni dei liquidi.
E’ invece del tutto ignota la situazione della cosiddetta barriera idraulica di Trento Nord di cui tanto si parla.
E’ ben conosciuta l’esistenza di una serie, purtroppo non continuativa nel tempo, di pozzetti piezometrici, usati prima di tutto per la misura degli inquinanti da parte di APPA ma l’impiego di tali pozzetti come barriera idraulica non è adeguatamente documentato.
E’ pur vero che in una relazione il dott. Rampanelli, all’interno della relazione di cui al seguente link https://www.consiglio.provincia.tn.it/news/giornaleonline/articoli/Documents/Slide%20Ram panelli%20primo%20intervento.pdf dichiara che “come misura di messa in sicurezza dell’acquifero è in funzione una barriera idraulica dal 2001. Questo impianto preleva l’acqua di falda contaminata in uscita dal sito ex Carbochimica impedendo che si propaghi nell’ambiente. L’acqua captata viene filtrata e depurata, per poi essere scaricata nel rio Lavisotto rispettando i limiti di legge”.
Non vengono però forniti dati e notizie su chi gestisce o abbia gestito tale barriera, sulle quantità trattate, sulle spese sostenute e sugli effetti ottenuti. Riguardo questi ultimi, non dovrebbero essere molti visto che il rio Lavisotto è ancora soggetto ad inquinamento e in corso di bonifica facendo sorgere molti dubbi sulle modalità di condotta della barriera idraulica di cui trattasi. In ogni caso è chiaro che la barriera di cui si parla esclude la SLOI.
Quindi una barriera idraulica propriamente detta per il sito SLOI non è mai stata attuata e quella di cui si parla per la Carbochimica non ha riscontri fisici: volumi, costi, zone di discarica, risultati finali … che consentano di coglierne l’efficacia.
Tutto ciò premesso si interroga la Giunta provinciale per sapere 1. quanti metri cubi di acqua sono stati estratti dalla messa in funzione della barriera idraulica citata nella relazione di APPA e se la stessa opera effettivamente solo per la Carbochimica;
2. quali sono le modalità di trattamento dei liquidi;
3. quali istituzioni, enti o aziende hanno gestito le fasi di estrazione, depurazione, trasporto e messa in sicurezza, con quali tempi, quali costi, quali volumetrie e quali destinazioni finali.
*
Filippo Degasperi
Consiglio provincia Pat (Onda)