17.09 - martedì 7 gennaio 2025
(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Secondo il Rapporto Caritas sulla povertà in Italia, il 9,8% della popolazione, un residente su dieci, vive in stato di povertà assoluta. Complessivamente si tratta di 5.752.000 cittadini per un totale di oltre 2.234.000 famiglie prive del minimo necessario per vivere dignitosamente. A costoro si aggiungono 13.391.000 persone che vivono in una condizione di rischio di povertà e/o esclusione sociale, pari al 22,8% della popolazione.
L’incidenza più alta di povertà assoluta, pari al 14,7%, grava paradossalmente su bambini e i ragazzi, complessivamente si contano 1.300.000 bambini poveri (un indigente su quattro è minorenne) e un bambino su sette, nell’età 0 – 3 anni, vive al di sotto di uno standard minimo considerato dignitoso. L’incidenza della povertà assoluta sugli over 65 è invece del 6,2%. Molto critica è la condizione di vita della popolazione immigrata, il 35,6% dei nuclei composti di soli stranieri vive in condizione di povertà assoluta. In Trentino i dati ISTAT sottolineano come ben 30.000 cittadini siano sotto la soglia di povertà relativa e 17.000 residenti siano “gravemente deprivati” o indigenti (ad essi vanno aggiunte le persone povere non residenti, come i richiedenti asilo).
Le disuguaglianze sociali ed economiche corrispondono spesso anche a disuguaglianze nell’esercizio del diritto alla salute. Secondo il Rapporto di Cittadinanza Attiva 2024, le persone che in Italia nel 2023 hanno dovuto fare a meno delle cure ammonta al 7,6% dell’intera popolazione (circa 4,5 milioni). La quota di rinuncia ovviamente cresce al crescere dell’età ma incide di più sulle donne (9%) e meno sugli uomini (6,2%). Anche nel virtuoso Trentino, la percentuale di rinuncia alle cure si avvicina al 6% della popolazione. Secondo il Rapporto, le criticità che più hanno afflitto i cittadini che si sono rivolti a Cittadinanza Attiva, sono quelle relative all’accesso alle prestazioni (32,4%), all’accesso alle cure primarie (14,2%), all’assistenza ospedaliera (13,3%), all’assistenza sanitaria di prossimità (11,1%), alla prevenzione (8,6%), alla sicurezza delle cure (5,6%).
Nella discussione corrente sul servizio sanitario spesso prevale l’aspetto economico, molti dati vengono riportati in termini assoluti, senza essere correlati tra loro al fine di costruire un’analisi significativa. Dai dati consolidati 2023 del Rapporto n. 11 del MEF sul monitoraggio della spesa sanitaria, emerge come la spesa sanitaria pubblica nazionale sia stata pari a 132.895 milioni €, abbia inciso per il 6,37% sul PIL (Germania 10,9%, Franca 10,3%, Belgio 8%, Spagna 7,3%, Portogallo 6,7%, Grecia 5,1% – media UE 6,9%) e che la spesa sanitaria pro capite sia stata pari a 2.252 €. Considerando i 5,2 miliardi € di spesa intermediata dalle assicurazioni e fondi sanitari e i 43.100 milioni € di spesa sostenuta di tasca propria dai cittadini, emerge una spesa sanitaria complessiva pari a 181.195 milioni €, sostenuta per il 73,34% dallo Stato, per il 2,87% dalle assicurazioni e per il 23,79% dai cittadini (spesa privata Francia 8,9%, Germania 11%).
La spesa sanitaria pubblica trentina nel 2023 si è attestata a 1.463,3 milioni €, con un’incidenza sul PIL (25,5 miliardi €) del 5,73% ed una spesa sanitaria pro capite di 2.862 €. Essa si compone per il 35,6% da spesa per i redditi da lavoro dipendente, 8,3% da spesa per prodotti farmaceutici (variazione annua +34% a fronte di una variazione nazionale +13,9%), 20,6% da spesa per consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici (variazione annua +41,89% ossia 97,4 milioni a fronte di una variazione nazionale +2,2%), 4,6% da spesa farmaceutica convenzionata, 4,3% da spesa per l’assistenza medico generica in convenzione, 9,9% da spesa per altre prestazioni sociali in natura da privato (variazione annua +8,35% ossia 14,4 milioni a fronte di una variazione nazionale del 2,1%).
Emerge, in particolare, la rilevante crescita dell’aggregato “spesa per consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici” dovuta agli effetti di diversi fattori, tra cui l’importante ricorso alle forme di lavoro flessibile (contratti libero professionali). Considerando i 460 milioni € di spesa sostenuta di tasca propria dai trentini, la spesa sanitaria provinciale complessiva è pari a 1.923,3 milioni € e risulta finanziata per il 76,08% dalla Provincia e per il 23,92% dai cittadini.
Analizzando l’andamento della spesa sanitaria privata trentina – oggi pari a 460 milioni € – trasmessa al sistema tessera sanitaria per la dichiarazione dei redditi precompilata, emerge a livello nazionale un incremento del 7%, con una spesa sanitaria media di 730,54 €, e a livello provinciale un aumento del 6,6%, pari a 30 milioni €, ed una spesa sanitaria media sostenuta dai cittadini di 843 €. Le variazioni più significative sono state: 9,1% vs strutture pubbliche, +8,8% vs strutture private accreditate, +8,5% vs medici, +4% vs odontoiatri, +14,9% strutture autorizzate, +5,2% vs parafarmacie, +4,7% vs ottici, +18,8% vs psicologi, +13,2% vs tecnici radiologi, +4,5% vs infermieri, +11,4% vs ostetrici, +23,8% vs strutture sanitarie militari, +17,4% vs esercenti professioni sanitarie, +22,4% vs professionisti iscritti ad albi.
Con la Finanziaria provinciale 2025 sono state stanziate risorse per 1.500 milioni € (incidenza 5,88% PIL) mentre la spesa sanitaria complessiva è maggiore (circa il 7,54% del PIL provinciale) e maggiori sono anche le potenzialità di investimento pubblico.
Il diritto di salute non è solo diritto alle cure, l’investimento in prevenzione e promozione della salute rappresenta solo il 5% di un fondo sanitario già di per sé insufficiente: va aumentata la spesa pubblica diretta a intervenire sulle cause di perdita della salute, sui cd. “determinanti di salute”, fattori caratterizzati da un rapporto di associazione, ma non necessariamente di causalità, con l’insorgenza della malattia, considerando che la letteratura attribuisce ai comportamenti individuali-comportamentali un’incidenza del 50% sullo stato di salute delle persone, mentre ai fattori ambientali, genetici e di accesso alle cure, rispettivamente il 20%, il 20% e il 10% del peso complessivo.
Ma l’esigenza di rafforzamento del servizio sanitario provinciale è anche di tipo organizzativo: il ricorso rilevante dei trentini a prestazioni a pagamento denota la necessità di una riorganizzazione strutturale dei servizi sanitari per allinearli maggiormente ai bisogni dei pazienti e renderlo più resiliente alle future sfide sanitarie.
La strada tracciata dal Piano Nazionale di ripresa e Resilienza (PNRR), che destina 230,91 milioni al Trentino, mira ad attuare la riforma dell’assistenza territoriale con le Case della Comunità, la telemedicina e gli Ospedali di Comunità; l’ammodernamento del parco tecnologico e ospedaliero, l’ospedale sicuro e sostenibile, il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e il potenziamento della ricerca biomedica del SSN; lo sviluppo delle competenze tecniche-professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario; il consolidamento e il miglioramento delle cd. “infrastrutture sociali”, ivi compresi gli elementi sociosanitari e il ricorso all’assistenza domiciliare, la riforma dell’assistenza agli anziani, la riforma della disabilità per la promozione dell’autonomia individuale.
L’importanza strategica dell’attuazione di queste e altre misure comporta una visione e progettualità complessiva, che derivi da una reale co-programmazione basata sui bisogni e le necessità delle persone, attuata, con gli stakeholders e, in primis, con le Consulte provinciali per la salute e per il sociale, che sono gli organi rappresentativi delle associazioni e delle cooperative sociali su cui parzialmente si fonda la tenuta del presidio territoriale della salute. Perché come diceva Tina Anselmi “Le riforme vincono solo con la concertazione”.
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Dottoressa Elisa Viliotti
Consulta Salute – Provincia autonoma Trento
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