«Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Quarta commissione, via libera ai contributi contro lo spopolamento. Parte l’iter del ddl Masè sui rischi digitali degli adolescenti
In Quarta commissione, oggi pomeriggio, si è aperto l’iter del ddl di Vanessa Masè (La Civica) sul contrasti all’abuso dei mezzi digitali da parte degli adolescenti. Parere positivo, inoltre, alla delibera sugli incentivi all’acquisto di immobili nei comuni a rischio spopolamento, a quella che rivede in parte i criteri dell’assegno unico. Infine, la presidente della Commissione pari opportunità, Marilena Guerra ha presentato alla commissione il lavoro svolto dalla Cpo lo scorso anno e il rapporto sulla situazione delle disparità tra uomo e donna in Trentino.
Fugatti: Comuni a rischio spopolamento, un’iniziativa inedita e sperimentale
Il presidente della Giunta, Maurizio Fugatti, ha presentato la proposta di delibera sulla rivitalizzazione delle aree a rischio di abbandono (parere positivo con 3 sì, 2 contrari, un astensione) affermando che l’iniziativa nasce dai numerosi percorsi che si stanno facendo sul tema casa. Il Trentino – ha continuato – ha delle aree con criticità abitative, come le città o i centri turistici, però ci sono zone dove le realtà abitative ci potrebbero essere ma dove è difficile far rimanere gli abitanti e anche farne arrivare di nuovi. Al fondo di questa scelta della Giunta – ha detto ancora – sta l’obiettivo di far rimanere le persone nelle loro realtà.
Una scelta in linea con le ultime leggi di bilancio; un percorso sperimentale che mette in campo incentivi straordinari per animare i centri che si stanno spopolando che in alcuni casi di trovano a pochi chilometri da luoghi ben abitati.
I comuni interessati sono 32 e sono stati scelti in base al livello di decrescita della popolazione negli ultimi 20 anni. E’ stato escluso Palù del Fersina perché interessato da investimenti del Pnrr. Il 19 maggio uscirà il bando, ma ha aggiunto Fugatti non sarà un “click day”. In bilancio, ha ricordato ancora, ci sono 10 milioni inseriti nella legge di assestamento 2024, ma non si è ancora in grado di prevedere quale sarà il numero di domande. Il presidente ha ribadito che si tratta di una sperimentazione che potrà andare bene come no, ma si doveva comunque incominciare a dare una risposta al grave problema dello spopolamento.
Paolo Zanella (Pd) ha ricordato che la delibera è stata presentata precipitosamente alla stampa mentre in Consiglio si discuteva dei ddl sugli affitti brevi vera emergenza per il diritto alla casa. Una misura, ha aggiunto, da campagna elettorale permanente e se è vero che ci sono problemi di spopolamento ma questo non è certo lo strumento adatto. Anche perché si presta a “giochi” sulla residenza per ottenere il contributo. Inoltre, il problema dello spopolamento dipende molto dai servizi, in primo luogo i trasporti. Prova ne è che molte persone preferiscono emigrare in aree con maggiori servizi anche se le case costano molto di più. Francesca Parolari (Pd) ha detto che, contrariamente a quanto detto dal presidente, il 19 maggio ci sarà un clic day e non ci sono garanzie, visto che si parla di cronologia delle domande, sulla precedenza ai trentini. Inoltre, non ci sono criteri patrimoniali e c’è il rischio di cambi di residenza da un comune all’altro per ottenere i soldi della Pat. Chiara Maule (Campobase) ha chiesto se sia previsto il recupero delle case abbandonate e che tipo di famiglie dovrebbero aderire a questa iniziativa.
Stefania Segnana (Lega), difendendo il presidente e la sua scelta di presentare la delibera alla stampa, ha ricordato che la Provincia in questi anni ha sempre sostenuto i servizi nelle zone periferiche e quindi questa misura va vista nel quadro delle iniziative contro lo spopolamento. Un esempio di successo è quello di Luserna e di Canal S.Bovo dove il coliving ha dato ottimi risultati. Il centro sinistra, invece, ha chiuso scuole periferiche come le elementari di Torcegno nel 2015.
Daniele Biada (FdI) ha detto che il tema è di fondamentale importanza, ma ha sottolineato che la delibera parla solo di
comuni e non di frazioni che in molti casi sono a rischio spopolamento. L’esponente di FdI ha aggiunto che serve un mix di iniziative dai servizi agli incentivi per la casa. Per Maria Bosin (Patt) il provvedimento è molto positivo anche se è fondamentale incentivare la permanenza nei paesi periferici dei locali pubblici e i servizi come i trasporti. Nel merito della delibera Bosin ha chiesto lumi sul rischio di incentivare le seconde case per turisti visto che il limite di età di 45 anni per accedere il contributo per chi viene da fuori non c’è.
Il presidente ha replicato affermando che quando ci si inventa un’iniziativa inedita come questa possono esserci delle criticità. Sui servizi ha affermato che non sembra che il Trentino sia così privo di servizi. Il periodo delle chiusure delle scuole, ha detto ancora, è finito nel 2018, ma è certo che si deve fare in modo che le persone vadano ad abitare nelle aree periferiche e se ci sarà un’inversione di tendenza si potranno anche riaprire negozi o bar. Riguardo i rischi di speculazioni, il problema delle seconde case mascherate c’è, ma questo non può paralizzare le decisioni per il contrasto allo spopolamento. La ratio del limite dei 45 anni, ha aggiunto, sta nel fatto che c si ritiene che un giovane sia più motivato ad accettare di spostarsi. Se poi uno da Cles si spostasse a Novella o da Malè a Vermiglio andrebbe bene, ha detto Fugatti, perché lo spopolamento non è solo verso Trento o Rovereto ma anche nelle località più grosse delle valli.
Il dottor Giovanni Gardelli, dirigente generale dell’Urbanistica ha ricordato che ci sono state 400 richieste di informazione per questo provvedimento e, visto il livello di interesse, è stato chiesto ai 32 sindaci di svolgere un’attività di accompagnamento delle persone che aderiranno costituendo cooperative o attraverso il volontariato in modo di creare una rete sociale. Le domande, ha detto ancora, si fonderanno su criteri come la presenza dell’immobile in centro storico, poi si favoriranno gli under 45 anni, poi chi li ha superati e infine ultimo criterio la cronologia di presentazione delle domande.
Masè: Smartphone la situazione è grave, gli adolescenti sempre più a rischio
Avviato sempre nelle riunione di oggi della Quarta commissione l’iter del ddl n. 36 di Vanessa Masè (La Civica) sui rischi per gli adolescenti derivanti dall’uso di smartphone e digitale. Masè ha più volte messo in evidenza che su un tema importantissimo come sul va aperto un dibattito. Tutte le evidenze scientifiche, ha detto ancora, ci dicono che l’uso dello smartphone in età infantile è deleterio.
Ci sono bambini a due anni che hanno in mano un telefonino che surroga i genitori. La consigliera ha detto che se si riesce a creare consapevolezza sull’uso dei mezzi digitali sotto i 12 si fa un deciso passo avanti. Le dipendenze da cellulare sono documentatissime al punto che negli stati europei c’è un grande dibattito. Non si tratta, ha aggiunto, di combattere la modernità ma gli abusi che nei bambini creano danni neurologici e psicologici. Non solo, ma più i più piccoli rimangono attaccati ai mezzi digitali più rischiano di cadere vittime di malintenzionati.
Non si tratta, ha ribadito, di vietare ai ragazzi delle medie l’uso del telefonini ma di avviare un dibattito come è stato fatto sul piano della cultura alimentare. Il ddl si rivolge a tutto l’ecosistema che sta attorno ai ragazzini, dalla scuole alla famiglia perché il problema non può essere messo sotto il tappeto o dimenticato. Su questo Masè ha riferito alcuni dati contenuti in un documento presentato alla settima commissione del Senato nel quale si elencano impietosamente i gravi danni dell’abuso degli smartphone e dei videogiochi e dipendenze paragonabili a quelle da cocaina.
Gerosa: impossibile vietare i telefoni a scuola, ma devono rimanere negli zaini
Francesca Gerosa, vicepresidente della Giunta, ha affermato di condividere completamente gli obiettivi del ddl. Il tema è quanto mai attuale anche perché c’è la piena consapevolezza dei danni che questi mezzi possono arrecare agli adolescenti. Sui mezzi si può trovare una sintesi e ha ricordato che fin dall’inizio della legislatura sono state messe in campo iniziative per favorire la disconnessione dei giovani. C’è quindi un lavoro già avviato, sono state adottate le linee giuda sul benessere digitale e la disconnessione e si sta lavorando a un regolamento sull’uso dei cellulari nelle scuole.
Inoltre, si stanno preparando questionari per avere il polso della sensibilità delle famiglie. Si sta progettando con Tsm e Servizio infanzia un corso per i genitori di bambini della fascia 0 – 6 proprio sui danni dall’esposizione dei mezzi digitali. Iprase ha formato il personale scolastico sull’educazione all’uso consapevole del web che interessa 11 istituti scolastici. Sul divieto dell’uso dello smartphone a scuola Gerosa ha detto di aver già manifestato la condivisione di questa scelta, ma, ha aggiunto, è impossibile pensare che i ragazzi non possano portare il cellulare a scuola – anche perché è indispensabile per mantere i contatti con le famiglie – ma questo deve rimanere negli zaini.
Francesca Parolari ha detto che la crescita della tecnologia è inarrestabile (al punto che, paradossalmente, si fanno corsi online per educare all’uso del digitale) quindi ci si deve adattare per convivere nel migliori dei modi anche con i patti digitali citati da Vanessa Masè.
Stefania Segnana, condividendo il ddl, ha detto che va avviato un dibattito, anche fuori dal Consiglio, su una questione di questa importanza. Sul divieto dei mezzi informatici la consigliera ha fatto presente che i ragazzi devono usarli per la scuola anche al di là delle lezioni in aula. Quindi, pensare al divieto del cellulare a scuola ormai è complicato. Ma non c’è dubbio che va fatta una riflessione approfondita.
I contenuti del ddl
Al centro del ddl di Vanessa Masè (La Civica) sta la corretta informazione sui rischi che i bambini al di sotto dei 12 anni corrono a causa di un uso incontrollato degli smartphone e in genere degli strumenti elettronici. In base al testo della proposta Masè, il cui iter è stato aperto oggi in Quarta commissione, la Provincia dovrebbe farsi carico di un’azione di sensibilizzazione. Primo, organizzando corsi di formazione rivolti agli operatori socio – sanitari, agli insegnanti a partire dai nidi fino alle scuole medie sui pericoli per la salute psico – fisica associati all’esposizione agli schermi digitali. Secondo, promuovendo interventi di informazione per i genitori sull’uso degli strumenti
elettronici, in particolare per i bambini fino ai tre anni, anche attraverso i distretti famiglia. Terzo, la Pat, in base al ddl, dovrebbe anche organizzare interventi formativi per le associazioni giovanili sull’uso corretto di smartphone e computer. Il disegno di legge Masè mira a introdurre questi interventi modificando la legge sui giovani del 2007.
La consigliera de La Civica, in questo caso integrando la legge sulla scuola del 2006, prevede anche il divieto dell’utilizzo a scuola dei telefonini per gli alunni delle elementari e delle medie. Le scuole, nel rispetto dell’autonomia scolastica, oltre a fissare le sanzioni per gli alunni che non rispettano i divieti, possono prevedere eccezioni per un uso didattico degli strumenti digitali. Inoltre, il ddl prevede che nei progetti di istituto vengano inseriti progetti formativi sui rischi.
Ok alla revisione dell’assegno unico. Zanella: si fa macelleria sociale
Via libera da parte della commissione (quattro sì e tre no) anche per la delibera che rivede alcuni criteri dell’assegno unico che, ha ricordato il dirigente Walter Viola, una revisione strettamente legata a quella dell’Icef che verrà semplificata portando da 36 a 4 le aree di intervento interessate. Nello specifico per quanto riguarda l’assegno unico la filosofia di fondo della riforma è quella di potenziare l’aiuto per il reinserimento nel mondo del lavoro, quindi la quota A dell’assegno unico. Uno dei passaggi più importanti è il riconoscimento delle donne vittime di violenza come nucleo familiare. Il 15 maggio le famiglie potranno presentare le domande (circa 30 mila) e la delibera prevede che non abbiano penalizzazioni in caso di ritardi.
Paolo Zanella ha sottolineato che in questa modifica si è completamente dimenticata l’inflazione che è stata del 20% e si sono addirittura tolti gli aumenti introdotti con la crisi Covid e con quella energetica. Ci sono i soldi per le case nei paesi di periferia ma non ci sono per aiutare la povera gente. In queste delibere, ha concluso, si tolgono risorse per chi ha bisogno facendo macelleria sociale.
La Cpo, vanno superate le visioni ideologiche. L’obiettivo della parità ha bisogno di tutti
Infine, in commissione è stata ascoltata la presidente della Cpo Marilena Guerra che ha presentato l’attività dello scorso anno e il rapporto “DI(S)PARITA’ TRA DONNE E UOMINI IN TRENTINO redatto da Anna Ress e Letizia Caporusso del Centro Studi Interdisciplinari di Genere. Filo rosso del lavoro della Cpo, ha detto Guerra, la volontà di superare le posizioni ideologiche e il coinvolgimento di tutti e tutte, quindi anche il genere maschile per raggiungere l’obiettivo della parità di genere.
Le diseguaglianze di genere ci sono ancora
Che cos’è accaduto in questi ultimi anni difficili? I risultati mostrano che – ha affermato Marilena Guerra, citando la sintesi del rapporto – sebbene questo territorio registri dati meno critici rispetto alla media italiana sotto diversi aspetti, restano ancora importanti progressi da compiere nelle politiche di genere, sull’esempio dei paesi più avanzati. Inoltre, in determinati ambiti, emergono squilibri specifici a livello provinciale, che risultano particolarmente evidenti anche nel confronto con il contesto nazionale. Il Trentino si distingue per risultati migliori rispetto alla media italiana in ambito demografico (ha una popolazione più giovane), nelle condizioni di salute, nelle aspettative di vita e nei livelli di istruzione, nonché nei dati occupazionali più generali e nella presenza di servizi conciliativi. Tuttavia, persistono disuguaglianze di genere più accentuate rispetto al Paese che riguardano alcuni specifici temi.
Nelle aziende trentine meno donne rispetto al resto d’Italia
In Trentino si registra un peso maggiore dei nuclei famigliari di persone sole o sole con figli/e. Sul tema della segregazione formativa, abbiamo un marcato divario nelle scelte educative, in particolare nelle discipline STEM, superiore a quello italiano. Si conferma un gap importante tra l’Ateneo di Trento e le università statali italiane nelle opportunità di carriera accademica delle donne. A livello provinciale si registra una presenza femminile più ridotta nei consigli comunali rispetto a quanto si osserva in Italia. Analogamente, il tasso di femminilizzazione delle imprese risulta inferiore alla media italiana. In Trentino è presente una maggiore precarietà lavorativa per le donne, che risultano più penalizzate dai contratti a termine e nelle opportunità di stabilizzazione, anche rispetto al panorama nazionale.
Il divario su stipendi e pensioni più alto rispetto alle altre regioni
Il part-time, inoltre, è molto più diffuso in provincia: sebbene questo rappresenti una leva per migliorare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il part-time è anche un elemento critico, in riferimento alle minori prospettive economiche che offre. I divari economici di genere nelle retribuzioni e nelle pensioni sono, infatti, più ampi in Trentino che in Italia. La popolazione sul territorio mostra stereotipi sui ruoli di genere, sul tema della sessualità, più diffusi che a livello nazionale. Anche se in Trentino le condizioni di vita portano ad un benessere più diffuso, tra donne e uomini c’è un divario maggiore che in Italia rispetto alla soddisfazione per la propria vita.
Covid e crisi globali pesano di più sulle donne
I lenti miglioramenti hanno subito un rallentamento durante la pandemia e nel contesto di conflitti e di crisi globali, che portano con sé ripercussioni economiche e finanziarie. In alcuni ambiti si osserva qualche segnale di miglioramento, ad esempio nel superamento del gap digitale, nei miglioramenti nell’accesso al lavoro delle neo-laureate e nella presenza di donne ai vertici, in generale e soprattutto nel pubblico (complici l’introduzione di misure per favorire la parità di accesso alle cariche elettive e le politiche di genere attivate nell’Ateneo 10 trentino).
La condizione delle donne sta peggiorando
Sul tema della segregazione formativa non si muove quasi nulla e in altri ambiti si osserva un arretramento, come nelle condizioni di salute (durante la crisi pandemica molte donne hanno rinunciato a curarsi e sono state colpite da disturbi psichici), ma soprattutto rispetto al tema della conciliazione: l’impatto della nascita di figli/e si traduce sempre più spesso in dimissioni dal luogo di lavoro, aumentate almeno fino al 2021, e nel peggioramento dell’indice di benessere delle madri. Gli squilibri di genere sono ancora presenti in tutti gli ambiti, anche nel nostro territorio: nella salute, nella scuola, nel mercato del lavoro, in politica, in famiglia e nelle relazioni tra donne e uomini.
Francesca Parolari (Pd) ha detto che, di fronte ai ritardi messi in evidenza dalla relazione, vanno fatti investimenti concreti e sistematiche per favorire le donne che lavorano. Anche perchè fa male sentire che il Trentino è in ritardo rispetto ad altre regioni italiane.
E’ in corso la discussione sulla delibera che riguarda l’assegno di cura.