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CGIL CISL UIL – TRENTINO * LETTERA APERTA A FUGATTI – NICOLETTI – MASÈ: «ASSESTAMENTO BILANCIO 2022, IN QUESTO DECENNIO RIDOTTI TASSO DI CRESCITA E INVESTIMENTI, COMPRESO NEL SETTORE PRIVATO »

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15.11 - lunedì 11 luglio 2022

Oggetto: osservazioni unitarie al ddl 157/XVI recante “Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2022 – 2024” e al Documento di economia e finanza 2023.

 

Gentilissima Presidente,
dopo l’impetuosa ripresa registrata nel corso dello scorso anno che ha permesso al Trentino di reagire alla crisi provocata dall’emergenza sanitaria per la pandemia da Covid-19, il rallentamento della dinamica economica si è fatto sempre più evidente. Lo stesso Documento di Economia e Finanza provinciale 2023-2025 certifica che le previsioni di crescita per il 2022 risultano in ridimensionamento rispetto alle previsioni di fine 2021.

L’aumento dei prezzi delle materie prime, l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, l’impennata dei prezzi dell’energia e la conseguente ripresa dell’inflazione, la generale instabilità dell’assetto geopolitico insieme all’ormai evidente impatto dei cambiamenti climatici sulle attività economiche e sociali hanno reso molto più incerto il contesto dentro il quale si pone il Trentino. Proprio per affrontare questo mutato scenario è fondamentale che le politiche pubbliche, a partire dalla manovra di assestamento in discussione, traccino delle traiettorie chiare spingendo il sistema delle imprese a rafforzare i propri investimenti.

Infatti, proprio quando la gran parte dei fattori che rendono instabile la crescita sono di natura esogena (pandemia, guerra, riscaldamento globale), bisogna intervenire con più forza sui fattori di natura endogena che, insieme a quelli esterni, possono contribuire a rallentare ulteriormente il ciclo economico. Ciò vale a maggior ragione per un territorio come quello Trentino dotato di istituzioni autonomistiche che permettono/impongono l’uso di tutte le leve utili a favorire la crescita. Solo utilizzando al meglio le risorse finanziarie disponibili e le potestà di autogoverno del territorio le previsioni del DEFP 2023-2025, che indicano nel 4,1% di crescita del Pil provinciale l’obiettivo per il 2022, sostenuto per circa lo 0,7% dalle misure previste dalla manovra per il 2021 e dall’assestamento per il 2022, potranno effettivamente realizzarsi.

 

Una ridotta propensione agli investimenti
Il primo e forse più importante fattore che in questo ultimo decennio ha ridotto il tasso di crescita del Trentino è stata la riduzione degli investimenti, compresi quelli del settore privato. Giustamente il DEFP 2023-2025 riporta come positivo il dato della ripresa degli investimenti nel corso del 2021 rispetto all’annus horribilis dello scoppio della pandemia, quando le restrizioni e i vincoli indispensabili a ridurre la pressione sulle strutture sanitaria a di fatto bloccato larga parte degli investimenti privati. Se è vero che gli investimenti lo scorso anno sono cresciuti del 14%, va rilevato però che questo dato è inferiore alle media nazionale che per lo stesso periodo si è attestata introno ad un +17%.

Il deficit di capacità di investimento, in particolare dei settori privati, è stato negli ultimi quindici anni e resta tutt’ora il vero tallone d’Achille dell’economia trentina. Un deficit che si ripercuote inevitabilmente sulla produttività del lavoro (che, secondo la Banca d’Italia, nel decennio 2008-2017 si è ridotta in Trentino più della media nazionale) e quindi sulla competitività delle stesse imprese locali riducendo il valore aggiunto prodotto dal sistema economico e con esso la qualità della domanda di lavoro.

I dati Istat degli ultimi quindici anni non lasciano dubbi su questo fronte soprattutto se si compara il Trentino all’Alto Adige.
Come dimostrano i grafici riportati qui di seguito, che elaborano i dati Istat sui conti nazionali dei periodi immediatamente antecedenti lo scoppio dell’emergenza sanitaria da Covid-19, nella Provincia autonoma di Bolzano, dopo la fine del primo decennio degli anni 2000, si è registrato un un progressivo aumento della capacità di investimento dei settori privati tanto che il tasso di investimenti altoatesino è rimasto costantemente più alto di quello trentino e non è mai sceso se non in un’occasione sotto la soglia del 20%. Se poi si osserva l’andamento degli investimenti fissi lordi di tutti i settori pubblici e privati questa volta registrati a valori concatenati (riferimento anno 2015) allora diventa evidente come rispetto alla fine del primo decennio di questo secolo gli investimenti sono rimasti stagnanti mentre nel vicino Alto Adige sono continuati a crescere accelerando il divario tra le due economie provinciali.

Ecco che in un quadro internazionale profondamente mutato rispetto al 2021, oggi per sostenere la dinamica degli investimenti privati anche nel corso del 2022 servono politiche anticongiunturali che agevolino la spesa in conto capitale ed innovazione dei soggetti economici operanti a livello locale. Anche per questo riteniamo del tutto sbagliato immobilizzare ora una cifra consistente dell’avanzo di amministrazione nei fondi di riserva. I 100 che la Giunta non intende allocare vanno destinati subito alle politiche di investimento e di sostegno alle famiglie così da poter alimentare la domanda di beni e servizi e i consumi di imprese e famiglie, corroborando in questo modo la competitività del nostro sistema economico. Allo stesso tempo riteniamo che gli strumenti di incentivazione delle imprese vadano resi sempre più selettivi, individuando quegli ambiti (digitalizzazione, sostenibilità ambientale, conoscenza, ricerca) che davvero possono contribuire alla crescita del valore aggiunto prodotto. Proprio sul turismo, uno degli ambiti dove più forte è il gap del Trentino rispetto all’Alto Adige, vada resa sempre più stringente la selettività degli incentivi. Il bando qualità previsto dalla Giunta come riedizione di quello già previsto nel 2020, deve puntare su due o tre specifiche finalità per orientare gli investimenti nelle aree di maggior efficacia e produttività per il sistema.

Il 27 giugno scorso, quindi prima del varo del disegno di legge per l’assestamento di bilancio per il 2022, abbiamo segnalato alla Giunta provinciale alcune priorità che ritenevamo particolarmente urgenti per dare risposte immediate e di prospettiva ai crescenti bisogni sociali ed economici di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionate e delle loro famiglie che in Trentino sono particolamente colpite dalla congiuntura in atto, nonché delle imprese. In quel documento scrivevamo che “Il rallentamento della crescita economica che aumenta l’instabilità e la precarietà dei nuovi rapporti di lavoro, la particolare situazione demografica che rende meno dinamico il nostro mercato del lavoro, l’asfittica dinamica delle retribuzioni che non permette più nemmeno il recupero del potere d’acquisto nominale delle famiglie a reddito fisso, l’aumento costante dei prezzi dell’energia e delle materie prime che deprime i consumi e mette a rischio il ciclo economico a livello locale con il rischio di entrare a breve una fase di stagflazione, gli effetti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici prodotti dal riscaldamento globale che in Trentino risultano particolarmente impattanti per un territorio alpino già fragile, sono tutte sfide che richiedono politiche ad hoc non estemporanee ma tali da sostenere nel breve e nel medio periodo la crescita economica, la qualità dell’occupazione, l’inclusione sociale e la sostenibilità ambientale. La manovra di assestamento deve partire da queste priorità ed inserirsi in un orizzonte temporale che includa il bilancio di previsione per il 2023 attraverso un Documento di economia e finanza provinciale capace di delineare una strategia per lo sviluppo del Trentino interpretando gli scenari inediti e i potenziali impatti territoriali prodotti anche dal mutato quadro internazionale e dal conflitto in Ucraina”. Il presente documento conferma questa necessità e ribadisce l’urgenza di utilizzare tutte le risorse disponibili per favorire subito il rafforzamento della crescita economica e l’adozione di quelle riforme che, accanto alle politiche di investimento, rappresentano un fattore propulsivo dell’innovazione dei comparti pubblici e privati.

 

Promuovere la crescita economica e la sua sostenibilità

Ben prima della tragedia della Marmolada, più volte come organizzazioni sindacali abbiamo chiesto alla Giunta provinciale di dare reale e concreta priorità alle politiche per la sostenibilità e l’adattamento ai cambiamenti climatici. L’ottica non è solo quella eminentemente ambientale – già di per sè decisiva se si parla di un territorio alpino come quello del Trentino dove più della metà della popolazione vive in contesti montani – ma oggi più che mai si tratta di una prospettiva imprescindibile sul fronte economico e produttivo. L’esplosione dei costi energetici, iniziata ben prima della tragica invasione russa dell’Ucraina e delle conseguenti sanzioni imposte al regime di Putin dall’Occidente, rappresenta un punto di non ritorno che deve spingere tutti gli attori economici ad investire con maggiore convizione sul risparmio energetico e all’approvvigionamento da fonti rinnovabili. Le eccezionali condizioni meteorologiche registrate nel corso del 2022 caratterizzata dall’assenza di precipitazioni significative per molti mesi hanno poi messo in crisi anche la produzione di energia idroelettrica ed oggi rischiano di colpire le nostre produzioni agricole.

Come avevamo scritto nel documento unitario di osservazioni al bilancio provinciale di previsione per il 2022, la Strategia provinciale per lo sviluppo sostenibile andava tradotta subito in scelte concrete e vincolanti. Per questo come organizzazioni sindacali avevamo proposto per esempio che il 60% delle risorse europee finanziate sul fondo FESR in Trentino – circa 180 milioni in sette anni – fossero dedicate alla transizione ecologica del territorio e delle nostre imprese. Purtroppo la Giunta provinciale aveva deciso che di non accogliere questo suggerimento. Saranno così minoritarie le risorse dedicate allo sviluppo sostenibile sulla programmazione dei fondi strutturali europei 2021-2027. Una scelta che può essere rivista anche subito alla luce della emergenza energetica e ambientale in atto. Servono politiche strutturali che sostengano gli investimenti privati nella produzione di energia fotovoltaica. Il recente bando promosso dalla Giunta provinciale con uan dotazione di 14 milioni di euro, infatti non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi necessaria ad una maggior sostenibilità del nostro sistema produttivo.
A questo proposito, crediamo che fin dalla revisione della legge 6/1999 sugli incentivi alle imprese di debba privilegiare politiche che spingano il sistema delle imprese ad aumentare considerevolmente l’investimento nelle nuove tecnologie legate al risparmio energetico e alla produzione e all’approvigionamento di energia rinnovabile, sostenendo anche il settore della ricerca e del trasferimento tecnologico in questo campo, rafforzando le infrastrutture necessarie all’implementazione delle strategie di sviluppo sostenibile proprio per rendere il Trentino un territorio capace di creare innovazione in campo ambientale e di attrarre nuovi capitali e nuove imprese.

Anche nella definizione dei progetti finanziabili attraverso il Piano di ripresa e resilienza va data priorità a questa sfida, a partire dall’efficientamento del sistema idrico provinciale, riducendo la dispersione degli acquedotti comunali attraverso un piano pluriennale di manutenzione, anche sbloccando le risorse destinate agli investimenti che giacciono non spese nelle casse dei Comuni, come certificato recentemente dalla Banca d’Italia.
Inoltre come ribadito fin dall’ottobre 2020, come Cgil Cisl Uil reclamiamo un piano straordinario di manutenzione, infrastrutturazione intelligente, monitoraggio e messa in sicurezza del territorio minacciato da eventi atmosferici sempre più estremi che dipendono dall’accelerazione dei cambiamenti climatici prodotta dalle emissioni clima alteranti e dal riscaldamento globale. Purtroppo anche in questo assestamento di bilancio mancano le risorse utili a realizzare un piano di questo tipo. Sappiamo però che più si procrastinano questo tipo di investimenti maggiori saranno i rischi per un territorio fragile come quello alpino e maggiori saranno gli impatti sulle attività economiche come il turismo e l’agricoltura.

 

Qualificare la domanda di lavoro
La scommessa sulla rivoluzione ambientale è decisiva anche per migliorare le dinamiche del mercato del lavoro e per rafforzare nel medio periodo la qualità della domanda di lavoro delle imprese locali. La transizione ecologica sta subendo una netta accelerazione in Europa. Per questo nel prossimo futuro molte nuove opportunità di lavoro nasceranno proprio nei settori dell’innovazione ambientale e delle tecnologie legate a questo settore. Sarebbe quindi prioritario, nel mentre si ampliano gli investimenti pubblici e privati nella sostenibilità, orientare il mercato del lavoro a quelle professioni più legate a questo ambito.
Invece dopo aver concluso gli Stati generali del Lavoro, l’individuazione di nuovi interventi sul fronte del lavoro si sono inopinatamente bloccati. Va quindi convocata immediatamente la cabina di regia per riprendere le fila degli Stati generali del Lavoro ed riattivare il dialogo tra le parti sociali. Dopo la rottura prodotta sulla riforma del Progettone, sul cui fronte come organizzazioni sindacali stiamo aspettando risposte dalla Giunta sulle proposte di miglioramento del ddl, va ripresa la concertazione.

Riteniamo infatti che in questo contesto, si debba dare priorità a chi più di altre soffre le conseguenze del rallentamento della crescita in primo luogo giovani, donne e lavoratori senior. Al netto delle risorse che affluiranno ad Agenzia del Lavoro per il riavvio dopo lo stop di due anni di reddito di attivazione e staffetta generazionale, servono interventi immediati per superare i tirocini come strumento di inserimento lavorativo di giovani qualificati per puntare invece sull’apprendistato che può garantire una retribuzione reale a tanti ragazzi in possesso di un titolo di studio, estendendo invece i meccanismi duali anche fino all’istruzione terziaria. Inoltre, come chiediamo da tempo, è necessario individuare le risorse – del tutto assenti ancora una volta anche in questo assestamento – per il potenziamento degli organici dei centri per l’impiego necessari alla qualificazione sei servizi pubblici per l’impiego.
Una forza di sostegno al lavoro di qualità è anche l’estensione delle clausole sociali negli affidamenti pubblici. Se con le modifiche alla legge 2/2016 la Giunta provinciale ha previsto un rafforzamento delle tutele di lavoratrici e lavoratori in appalto, con il crescente affermarsi delle modalità di affidamento attraverso il partenariato pubblico privato, si rischia che queste tutele vengano meno. Per questo chiediamo un’immediata iniziativa legislativa per estendere le tutele previste dal comma 4 dell’articolo 32 della legge provinciale sui contratti pubblici anche ai meccanismi di affidamento di servizi ricadenti all’interno dell’ambito del partenariato pubblico privato.

Inoltre come chiediamo da almeno due anni, va introdotta una previsione di legge che, sulla falsariga di quanto accade per le agevolazioni Irap alle imprese, vincoli i benefici pubblici al rispetto dei contratti collettivi sottoscritti da sindacati maggiormente rappresentativi. Qui di seguito una proposta di modifica della legge 6/1999 sugli incentivi alle imprese utile a impedire il sostegno a datori di lavoro che promuovono il dumping contrattuale.

 

Emendamento
Nella “Sezione VII – Disposizioni in materia di attività economiche e lavoro”, siamo a proporre l’introduzione di un nuovo Articolo che preveda una ulteriore modifica della Legge Provinciale n. 6 del 1999 (legge provinciale sugli incentivi alle imprese) anche a modificazione ed integrazione dell’art. 16, co. 6, lettera c).

 

Motivazione

L’intenzione delle scriventi è sostenere e promuovere la contrattazione maggiormente rappresentativa sul piano nazionale, come già previsto in numerose norme dello Stato e dalla stessa legislazione provinciale, in tema di appalti e concessioni, nonché a riguardo delle agevolazioni fiscali previste dall’articolo 2, comma 4 della L. Provinciale n. 21 del 2019, nell’ambito degli sgravi IRAP.
La finalità consiste nella promozione della qualità del lavoro e dell’impresa, quale elemento di crescita della competitività e della produttività del tessuto economico trentino, di coesione sociale attraverso il sostegno quale politica redistributiva dei redditi, nonché di contrasto all’irregolarità nelle attività produttive evitando il ricorso al fenomeno del c.d. “dumping contrattuale”.
La norma proposta, peraltro, si pone in piena sintonia col dibattito europeo e nazionale in tema di salario minimo e certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali.

Le scriventi si propongono di sostenere la partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori nella vita delle imprese, nel pieno rispetto delle medesime finalità della L. P. n. 6 del 1999, nello specifico all’articolo 1, comma 1, lettera m.

Art. XX – Promozione della qualità del lavoro e della competitività del sistema economico provinciale 1. Gli incentivi alle imprese a qualsiasi titolo concessi attraverso le previsioni di cui alla presente legge, sono revocati o non concessi nel caso in cui i datori di lavoro non dimostrino l’osservanza delle leggi in materia di lavoro, previdenza e assistenza e delle disposizioni in materia di tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori e non rispettino, nei confronti della generalità o di intere categorie di dipendenti, gli accordi e i contratti collettivi nazionali, nonché quelli regionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Agli stessi soggetti non si applicano le eventuali agevolazioni previste da altre disposizioni provinciali. Questo comma non si applica nel caso in cui il trattamento normativo e retributivo, pur non discendendo da contratti collettivi, sia identico o migliorativo rispetto agli accordi e ai contratti sopra nominati e purché siano rispettate tutte le norme di legge, a qualsiasi titolo vigenti, e che regolamentino l’applicazione della contrattazione collettiva.

2. Per fruire dei benefici di cui alla presente legge, in aggiunta al comma 1 precedente, l’operatore economico deve altresì rispettare tutti i diritti di coinvolgimento dei lavoratori stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi, anche territoriali e aziendali, in particolare in attuazione del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25.

3. Al fine di favorire la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, diritto riconosciuto dall’art. 46, Cost. e in attuazione dell’art. 1, comma 1, lettera m) della presente Legge provinciale, i benefici oggetto di trattazione sono modulati in relazione all’intensità dei diritti di coinvolgimento di cui godono i lavoratori dell’operatore economico richiedente il beneficio. Alle forme di coinvolgimento che attribuiscono ai rappresentanti dei lavoratori maggiori possibilità di influire sulle decisioni datoriali corrispondono importi più elevati dei benefici economici suddetti.

4. Le forme di coinvolgimento dei lavoratori di cui al comma 3 devono essere previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 o, comunque, concordati dall’operatore economico con organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, dalle loro rappresentanze sindacali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
5. Le forme di coinvolgimento dei lavoratori, graduate da quelle meno intense a quelle più intense, sono individuate con deliberazione dalla Giunta provinciale, d’intesa con le organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano provinciale.

 

Una politica provinciale dei redditi per rafforzare il potere d’acquisto delle famiglie

La qualità del lavoro passa necessariamente anche dal rilancio della contrattazione e del miglioramento delle condizioni salariali degli occupati. In questo senso va nella giusta direzione lo stanziamento delle risorse per chiudere il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici concordate dalla Giunta con le organizzazioni sindacali di categoria e fissate nel protocollo d’intesa del 15 dicembre 2021. Ora però si deve velocemente riaprire il tavolo negoziale per individuare, fin dal bilancio 2023 le risorse necessarie per rinnovare i contratti pubblici per il triennio 2022-2024. Inoltre va promossa una nuova stagione di contrattazione nei settori privati. Per questo abbiamo sollecitato, condividendo questa priorità con le associazioni datoriali, gli interventi necessari a dare attuazione agli accordi interconfederali sulla rappresentatività anche in Trentino e quelli indispensabili ad escludere dai contributi provinciali le aziende che fanno dumping contrattuale applicando contratti diversi da quelli firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi. Su questo fronte accogliamo con favore che, anche su impulso di un disegno di legge di iniziativa delle opposizioni depositato oltre un anno fa e discusso a più riprese dalla commissione competente, anche la Giunta si sia convinta a scommettere sulla certificazione della reale rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali (si veda art. 30 del ddl in oggetto).

Va poi sostenuta la definizione di contratti collettivi territoriali nei settori dove la contrattazione aziendale è pressocché assente o è molto limitata. In questo senso si discute da anni sull’opportunità di stipulare un contratto collettivo provinciale del settore turismo come accade già da tempo in Alto Adige. E’ tempo che la Giunta provinciale faccia la propria parte e decida di stare a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori stagionali promuovendo la definizione di un percorso tra le parti in modo che si apra davvero una trattativa per migliorare sensibilmente le condizioni retributive di chi accoglie i milioni di turisti che il Trentino ospita ogni anno.

Una vera politica dei redditi passa necessariamente dal sostegno e dalla tutela del potere d’acquisto delle famiglie. La marcia indietro della Giunta sulla questione dell’esenzione dall’addizionale regionale all’Irpef è una prima risposta ancorché tardiva, perché ripristina, migliorandolo, il livello di riduzione fiscale introdotto dall’ultima giunta di centrosinistra. Alle famiglie, alle prese con il caro energie, servono però interventi immediati che non possono attendere l’entrata in vigore nel 2023 dei nuovi limiti per l’esenzione dell’addizionale Irpef. Per questo dopo aver chiesto invano per mesi che i 25 milioni annunciati a marzo per il bonus provinciale per le bollette venissero spesi subiti senza escludere come fatto finora le famiglie con figli minori già beneficiarie dell’assegno unico provinciale, abbiamo accolto positivamente la decisione della Giunta di accogliere la nostra proposta, mutuando tra l’altro quanto deciso recentemente dalla Giunta provinciale altoatesina. Crediamo che dentro l’assestamento di bilancio, ed in particolare a partire dai 100 milioni messi a riserva, ci siano le risorse per coprire altri nuclei famigliari, ossia pensionati, single, nuclei senza figli o con figli maggiorenni. In questo senso riteniamo indispensabile prevedere uno stanziamento di ulteriori 25 milioni di euro per raggiungere l’obiettivo di coprire con un sostegno alla copertura dell’aumento delle bollette e dell’inflazione almeno 70mila nuclei familiari come promesso più volte dalla Giunta provinciale stessa.

Per le famiglie infine, come abbiamo avuto modo di fare a fine marzo senza aver mai ricevuto risposta, chiediamo però alla Giunta una serie di misure strutturali. Le indichiamo qui di seguito: l’indicizzazione al costo della vita delle misure del welfare provinciale e dell’indicatore Icef; il mantenimento dell’attuale sistema dell’Assegno Unico Provinciale evitando riduzioni dei benefici per le famiglie in Trentino e utilizzando l’anno in corso per un’analisi compiuta degli effetti dell’attuazione anche in provincia dell’Assegno unico universale statale; la garanzia del consolidamento del flusso complessivo di risorse stanziate annualmente negli ultimi tre anni come sostegni alle famiglie con figli e alla natalità (AUP quota A, quota B, assegno provinciale di natalità) con l’impegno comune a concertare la revisione dei singoli interventi, ad invarianza di risorse, allo scopo di renderli concretamente più efficaci, anche in coerenza con quanto stabilito dagli Stati generali del Lavoro; l’eliminazione del requisito dei 10 anni di residenza in Italia per l’accesso all’assegno provinciale di natalità e all’Quota A dell’Assegno Unico Provinciale, anche in coerenza con le recenti sentenze della Corte di Giustizia europea e della Corte costituzionale; l’innalzamento della deduzione dei redditi da lavoro femminile ai fini Icef fino a 15.000/20.000 euro annui e infine il rafforzamento del sistema di conciliazione vita-lavoro per i nuclei familiari con figli, in particolare portando al 60% i posti di asilo nidi a disposizione su ogni territorio dei bambini della fascia 0-3 anni.

 

Potenziare il sistema di welfare provinciale
Proprio a partire dai crescenti bisogni delle famiglie, crediamo che il potenziamento del welfare provinciale sia parte integrante di una politica provinciale dei redditi, in primo luogo perché all’interno di questo sistema operano decine di migliaia di persone, molte delle quali fuori dal perimetro pubblico, i cui contratti purtroppo sono stati rinnovati solo con anni di ritardo rispetto alle loro scadenze naturali. Anche per questo poco meno di due mesi fa abbiamo scritto all’assessora Segnana per sollevare il tema dei finanziamenti alle Comunità di valle per i servizi di assistenza sociale. Crediamo infatti che sia arrivato il momento di investire nuove risorse nel settore nel duplice obiettivo di dare risposta puntuale ai bisogni di assistenza delle persone anziane (senza per questo dover dipendere in toto dalle loro famiglie, anche nell’ottica di sgravare la componente femminile dal lavoro di cura e liberare risorse umane per il mercato del lavoro) e di garantire un miglioramento delle condizioni di lavoro di migliaia di operatori del terzo settore che non vedono rinnovato il contratto collettivo provinciale da oltre un decennio. Su questo fronte tra l’altro le recenti disposizioni della Giunta provinciale mettono a rischio anche la stessa sussistenza della contrattazione decentrata laddove questa sia presente, in particolare la deliberazione della Giunta provinciale dell’11 marzo 2022 n. 347 con la quale è stato adottato il quarto stralcio del programma sociale provinciale per la XVI legislatura recante “Criteri per la determinazione del costo dei servizi socio-assistenziali”.

Come da nostra comunicazione del 24 novembre 2021, dobbiamo infatti che “in analogia con le clausole sociali previste dalla legislazione provinciale in materia di appalti di servizi di cui all’art. 32, co. 4 della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2, nei costi del servizio riguardante il personale direttamente impiegato nei servizi socio-assistenziali va riconosciuto non solo il costo del lavoro previsto in attuazione del contratto collettivo nazionale e territoriale di riferimento ma, se superiore e più vantaggioso per gli addetti stessi, il costo del lavoro reale degli addetti dei soggetti accreditati già affidatari di servizi da parte della pubblica amministrazione a livello provinciale o locale”. Considerata la scarsa chiarezza con cui la delibera affronta il tema, rendendo incerto per gli enti affidatari la reale determinazione dei costi finanziabili da parte pubblica, crediamo sia necessario dare alla stessa un’interpretazione autentica che accolga la richiesta delle nostre organizzazioni. Se così non fosse, si metterebbe a rischio la garanzia salariale di migliaia di operatrici ed operatori di servizi essenziali nell’ambito socio-assistenziale, minando anche la possibilità per gli addetti di un settore così importante di poter accedere a miglioramenti delle condizioni contrattuali contrattate a livello aziendale.

Tra l’altro proprio il tema dell’assistenza a livello territoriale è al centro della missione 5 e 6 del Pnrr. Su questo fronte, anche a seguito del varo del DM 77/2022, la Provincia autonoma di Trento entro sei mesi dovrà adottare il proprio piano per l’assistenza sanitaria e socio-sanitaria a livello provinciale. Su questo tema, come su quello della riorganizzazione della Apss fino ad oggi non c’è stato un reale coinvolgimento, né alcuna vera concertazione su un tema così centrale per la nostra comunità. Senza adeguati stanziamenti di risorse si rischia di perdere l’opportunità del Pnrr lasciando in piedi un sistema sanitario ormai inadeguato alle esigenze di prevenzione e cura della nostra comunità. L’orizzonte verso cui muoversi resta quello della riforma della medicina e dell’assistenza prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede una serie di azioni che non è chiaro come la Giunta intenda declinare sul territorio, in primo luogo sul rafforzamento e sull’implementazione della medicina digitale e della tele-assistenza nonché su quello relativo alle case della salute, alla sinergia con i medici di base e con l’assistenza territoriale. Il tutto mentre la pandemia ha reso non più ignorabile il problema della carenza di medici, infermieri, oss e di tutte le figure del sistema sanitario, carenza che va affrontata con prospettiva e non solo come dato emergenziale. Per questo, oggi più che mai, è necessario che si individuino risorse certe e stabili per un piano–obiettivo straordinario per assunzioni nella sanità.

Infine c’è il tema della casa che con l’inflazione galoppante rischia di diventare una vera e propria emergenza sociale. La Giunta su questo fronte è del tutto immobile. Mentre il fabbisogno di alloggi a canone sociale aumenta, Itea non riesce neppure ad assegnare gli alloggi ancora liberi, alimentando così il bisogno abitativo dei ceti più deboli che non riescono a rivolgersi al mercato immobiliare.
Per finanziare nuove iniziative e le riforme necessarie su questi fronti proponiamo, in analogia a quanto fatto dalla Giunta Kompatscher in Alto Adige, di eliminare gli sgravi Irap non selettivi garantendo così un aumento del budget provinciale tale da permettere nuovi investimenti nell’assistenza, nella sanità e nelle politiche per la casa.

 

Osservazioni specifiche sulla PA e sul pubblico impiego

Valorizzazione del personale
E’ necessario, come più volte sottolineato in sede Apran, inserire una revisione del meccanismo di accesso alla P.A. anche sulla falsa riga di quanto disposto a livello nazionale dal D.L. 80 del 09/06/2021, il quale ribalta le modalità di accesso alla P.A. consentendo la possibilità, nei limiti del fabbisogno complessivo, di reclutare il 50% delle posizioni disponibili mediante la professionalizzazione interna con procedura comparativa (non più selettiva). In questo senso serve dare piena attuazione alle norme provinciali e regionali in materia e qualora lacunose integrarle. Vanno quindi garantite le risorse pubbliche necessarie a favorire le progressioni di carriera attraverso meccanismi di professionalizzazione.

Inoltre, sempre sulla base del citato Decreto Legge, in sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi 2019-2021 dovrebbero prevedere la possibilità di un nuovo reinquadramento sulla base di requisiti di esperienza e professionalita’ maturate per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno.
Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro

E’ urgente intervenire con assunzioni straordinarie nei comparti pubblici con funzioni di vigilanza e controllo sull’applicazione delle norme sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Ispettorato del Lavoro) e prevenzione e tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (Uopsal). Il personale addetto è – anche a causa di funzioni assorbenti gran parte delle attività quali ad esempio quelle di supporto all’azione giurisdizionale per il personale Uopsal (70 %) – assolutamente insufficiente a svolgere i compiti previsti dalla legge e, soprattutto, le attività di vigilanza sul territorio. In un momento in cui gli infortuni denunciati in Trentino sono in drammatico aumento rispetto allo scorso anno gli investimenti nelle attività di controllo per la sicurezza sul lavoro diventano prioritari.

 

Revisione Ordinamenti Professionali e Sistemi di Classificazione

Deve essere previsto un accantonamento di risorse per dare seguito agli impegni del Protocollo di Intesa del 15 dicembre sul tema della riqualificazione professionale e revisione degli ordinamenti dei comparti pubblici.
Osservazioni sul testo

ART. 7
Notevole l’incremento delle risorse per il reclutamento di figure professionali (a tempo determinato) necessarie per l’accesso ai finanziamenti del PNRR (ben 2.000.000 di euro per gli anni 2023 e 2024, in aggiunta ai 500.000 stanziati a dicembre). E’ necessario comprendere modalità e obiettivi del reclutamento, nel quadro generale del pubblico impiego trentino. Vanno previste analoghe risorse per assunzioni straordinarie nel comparto pubblico a partire dalle finalità di prevenzione e controllo sull’applicazione delle norme sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Sezione V
Disposizioni in materia di salute e politiche sociali

ART. 13 comma 3
La previsione di ricorrere ad assunzioni a tempo determinato o a contratti di lavoro autonomo con medici privi di diploma di specializzazione non è condivisibile. Il rischio è l’arretramento della qualità delle prestazioni e la mortificazione degli specialisti del servizio pubblico. Proponiamo accordi che, enucleando il ricorso a questi professionisti quale misura estremamente emergenziale, provvisoria e residuale, inquadrino il contesto generale strutturale, a partire dall’assistenza territoriale, dal potenziale dei MMG, dal supporto delle figure infermieristiche e tecnico amministrative, dall’esperienza delle Usca quale filtro al pronto soccorso di grado non urgente o di urgenza minore.

ARTT. 16 e 17
Gli artt. 16 e 17 confermano l’esclusione dei lavoratori delle Apsp e dei lavoratori privati impegnati nell’emergenza pandemica e nelle attività di trasporto sanitario dal riconoscimento sia dell’una tantum che della specifica indennità per malattie infettive. Con le maggiori risorse è necessario sanare questa ingiustificata disparità che alimenta le differenze retributive tra i vari settori del sistema socio sanitario assistenziale trentino.

ART. 19 – Legge provinciale sulle politiche sociali
Nel dichiarare che l’agevolazione può essere concessa solo temporaneamente e solo al fine di “sostenere il processo di attuazione del suddetto piano pluriennale di razionalizzazione” escludendo così che possa essere invece garantita per adeguarsi agli standard contrattuali previsti dalla legge, rischia di essere interpretata in senso restrittivo come una mera operazione di facciata che poi si potrebbe ridurre all’applicazione del CCNL di riferimento come standard inderogabile ma anche a ribasso appiattendo tutte le retribuzioni sui suoi minimi retributivi e imponendo agli enti che corrispondevano trattamenti migliorativi, un percorso di razionalizzazione, ossia dei tagli del costo del lavoro e quindi delle retribuzioni in essere. Per superare questo rischio, come proposto nel documento andrebbero rafforzati

Tabella A
La tabella allegata all’assestamento riporta al punto 12.03 -2.390.000 € nella voce “interventi per gli anziani” (pag. 32). Si tratta di tagli prioritariamente all’indennità di accompagnamento, in evidente contraddizione con quanto si proclama nel DEFP sul tema dell’invecchiamento quale problema principale da affrontare.

 

Tra l’altro, tra le varie dichiarazioni di intenti si parla di completare la riforma del welfare provinciale attraverso la messa a regime di Spazio Argento (p. 200). Se le risorse messe a disposizione per la sperimentazione nell territorio della Val d’Adige di Spazio Argento ammontavano a circa 200.000 euro, non si capisce come questo strumento sia adesso diventato centrale. Non ci risultano infatti reali investimenti tanto che l’Assessora ci aveva detto che non erano previste neppure le risorse per il personale necessario, mentre adesso viene riproposto come una possibile soluzione per l’anziano e la non autosufficienza nel momento in cui si aumenta il rapporto tra anziani e infermieri all’interno delle RSA.

 

*

per la CGIL del Trentino – Il Segretario generale Andrea Grosselli

per la CISL del Trentino – Il Segretario Generale Michele Bezzi

per la UIL del Trentino – Il Segretario Generale Walter Alotti

 

 

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