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ARCIDIOCESI TRENTO * DOMENICA PALME: TISI, « LA STORIA ANNOVERA FEDELI CHE HANNO SEGUITO L’UOMO DELLA CROCE, VERSANDO IL LORO SANGUE PER AMORE » (OMELIA INTEGRALE)

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12.14 - domenica 2 aprile 2023

“Sull’esempio del crocifisso, sta a noi generare morte o immettere vita”. Con la Domenica delle Palme inizia oggi la Settimana Santa che conduce alla Pasqua. L’arcivescovo Lauro guida la solenne celebrazione che prende avvio (ore 10) nella basilica di S. Maria Maggiore con la benedizione dei rami d’ulivo e la processione verso la cattedrale. La Domenica delle Palme è detta anche domenica della Passione del Signore con il lungo racconto delle ultime ore di vita di Gesù fino alla morte in croce. “Come è possibile che un uomo crocifisso venga adorato quale Salvatore e Signore?”, si chiede nell’omelia don Lauro, invitando a “staccare gli occhi dalla croce e portarli sul crocifisso”. “Il patibolo – commenta l’Arcivescovo – diventa luogo di vita e non di morte, in quanto su di esso scorre il sangue di un uomo che ha scelto, nella libertà, di non interrompere il flusso dell’amore”.

“Ora lo sappiamo: Dio – ribadisce monsignor Tisi – è amore, solo amore, nient’altro che amore”. “Da quel giorno – argomenta ancora don Lauro – la vicenda umana ha continuato a conoscere pagine tragiche, dove il male, nella sua sconcertante banalità – come ci ricorda Hannah Arendt – ha mostrato accenti di inaudita ferocia. Al contempo, però, da quel giorno, la storia umana può annoverare uomini e donne che hanno scelto di seguire l’Uomo della Croce, versando per amore il loro sangue. E, incredibilmente, hanno fatto fiorire la vita”. Come i martiri della Chiesa trentina. Di qui la conclusione: “Sta a noi generare morte o immettere vita”.

 

 

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Omelia nella Domenica delle Palme (cattedrale di Trento – 2 aprile).

Gesù muore la vigilia del sabato di Pasqua sul palo infame. Questa fine apparve come uno scandalo, ci ricorda la Lettera ai Corinti (1Cor 1,23), un inciampo nel riconoscere in Gesù l’inviato di Dio. Eppure, è il crocifisso colui che “ha raccontato Dio” come sottolinea l’evangelista Giovanni (Gv 1,18). È soprattutto sulla croce che Gesù ha mostrato il vero volto di Dio, trasformando uno strumento per l’esecuzione capitale nel luogo della massima gloria. Come è possibile che un uomo crocifisso venga adorato quale Salvatore e Signore?
Per rispondere è necessario staccare gli occhi dalla croce e portarli sul crocifisso. Il patibolo diventa luogo di vita e non di morte, in quanto su di esso scorre il sangue di un uomo che ha scelto, nella libertà, di non interrompere il flusso dell’amore. L’iconografia orientale rappresenta questo mistero raffigurando il Cristo crocifisso con gli occhi aperti. Gesù non muore per caso: è lui che ha in mano la sua vita, decide, domina gli eventi.
Gesù è andato verso la morte nella libertà e per amore: avendo amati i suoi che erano nel mondo, li amò fino all’estremo, fino alla fine (Gv 13,1).
Egli ha più volte annunciato che la sua Passione “era necessaria”. A quale necessità si riferiva? Al progetto del Padre di non lasciare il mondo orfano dell’amore.

Come ci ricorda il Libro della Sapienza, “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi” (Sap 2,1), a cominciare dal Figlio amato. Ecco, allora, che il morire del Figlio, come ha intravisto il centurione, racconta Dio, toglie dal cuore dell’uomo la paura di Lui. Ora lo sappiamo: Dio è amore, solo amore, nient’altro che amore. Questo è l’Evangelo, la grande notizia per quest’ora drammatica della storia, dove a far scorrere il sangue non è la forza dell’amore ma la barbarie di un odio e di una violenza che ha assunto connotati spaventosi.
Da quel giorno la vicenda umana ha continuato a conoscere pagine tragiche, dove il male, nella sua sconcertante banalità – come ci ricorda Hannah Arendt – ha mostrato accenti di inaudita ferocia. Al contempo, però, da quel giorno, la storia umana può annoverare uomini e donne che hanno scelto di seguire l’Uomo della Croce, versando per amore il loro sangue. E, incredibilmente, hanno fatto fiorire la vita. Il loro dono ha generato vita, cambiamento, pacificazione, ripartenze inattese. La nostra stessa Chiesa così è nata, così ha mosso i suoi primi passi, come ci attesta la morte di Sisinio, Martirio, Alessandro. Sta a noi generare morte o immettere vita.

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